agosto 2010

FINI-BERLUSCONI: E’ RESA DEI CONTI SU CALIENDO

Re SilvioRe SilvioGli ultimi giorni dell'impero. E’ showdown tra Berlusconi e Fini. Mi arrivano delle voci (attendibili ed autorevoli) secondo cui il premier è pronto allo scontro finale con presidente della Camera. E la resa dei conti definitiva sarà sulla mozione di sfiducia a Caliendo presentata da noi e dal Pd, che sarà calendarizzata e discussa in Aula mercoledì. La situazione sembra essersi capovolta rispetto a qualche ora fa, quando i rumors dicevano esattamente il contrario. Se fino a qualche ora fa Berlusconi ed i suoi collaboratori erano convinti di dover aspettare l’autunno per cercare di rimettere insieme i cocci della maggioranza, ora pare che abbia prevalso la linea dei ‘falchi’. Magari nel tentativo di andare ad elezioni anticipate. Adesso il pallino è nelle mani della compagine finiana di Futuro e Libertà. Saranno loro a staccare la spina ad un governo che non c’è più o a tenerlo in vita ancora per un po’. Spetta a Fini decidere se cedere all’aut aut di Berlusconi e votare la fiducia a Caliendo o, al contrario, proseguire nelle battaglie di legalità e chiedere le dimissioni del sottosegretario. Se i finiani dovessero scrivere le parole ‘the end’ e mandare a casa un governo delle cricche travolto dagli scandali  guadagnerebbero, da avversari politici, la nostra stima per il coraggio, la coerenza e la determinazione con cui son riusciti a portare nel centrodestra la questione morale. Ma non solo: se votassero con noi la sfiducia a Caliendo, lo scenario politico muterebbe radicalmente. A quel punto potremo guardare con attenzione alle mosse future di una forza politica capace di porre concretamente il tema della legalità in Parlamento. L’era berlusconiana sta per finire e noi dovremo lavorare con chi ci sta per mettere mano a quella legge elettorale che di Berlusconi e del suo sistema di potere è fatta a immagine e somiglianza.

CASO ENRICHETTO E LO STATO VIGLIACCO

Dopo avere parlato con Massimo Gramellini ho deciso di andare al carcere di Asti dove Enrichetto è recluso. Giovedì mattina sarò in carcere per andare a trovarlo. Come uomo e come politico farò tutto quello che è in mio potere per aiutarlo. 

Vorrei che leggeste l’articolo di Massimo Gramellini sulla Stampa di oggi:

Enrichetto ha 55 anni e un cuore di bambino. Gira in bicicletta, estate e inverno, nascosto sotto un cappello con la coda che i bambini veri si divertono a tirare. Un giorno in cui pedala troppo a zig-zag viene fermato per guida in stato di ebbrezza. Due mesi agli arresti domiciliari, come uno della Cricca. Enrichetto. A lui sta persino bene, basta non gli tolgano il suo cane e il suo cappello. Una mattina si alza con la voglia di un salame. Ricorda di averlo visto nella vetrina del macellaio, prima del suo arresto, chissà se c’è ancora. Esce per andare a controllare. Una vicina che si è autoassegnata l’incarico di fare la guardia lo intercetta attraverso lo spioncino e avverte i carabinieri. Allarme, il prigioniero è evaso! Enrichetto torna a casa col salame, tutto contento, ma sulla porta trova le guardie. Adesso giace nell’infermeria del carcere astigiano di Quarto. Rifiuta il cibo, come chi si sta lasciando morire. La sua non è una protesta. E’ che gli è venuta la malinconia. Sa che a settembre lo condanneranno per evasione e a lui non sembra giusto, ecco. Tutto perché una volta è salito in bici un po’ brillo e un’altra volta è uscito di casa per comprare un salame. Per favore, Enrichetto, ricomincia a mangiare. Ti prometto che un giorno instaureremo la repubblica del buonsenso, dove le leggi non saranno più il trastullo dei potenti e la trappola dei semplici. E se nel frattempo qualche magistrato chiudesse un occhio sui tuoi efferati delitti, a casa ci sono un cane, un cappello e un salame che ti aspettano per festeggiare.

Non è possibile ignorare il fatto che le carceri italiane siano piene di persone come ‘Enrichetto’. E che invece uomini potenti e importanti, che hanno commesso reati gravi, riescano sempre a scamparla. Una palese ingiustizia di uno Stato che non sempre riesce ad essere equo e giusto. Lo Stato italiano da troppo tempo è forte con i deboli e debole con i forti. I reati dei grandi poteri finanziari raramente vengono puniti. Anzi mai. Finanzieri, politici e colletti bianchi la fanno franca, anche se hanno gettato sul lastrico migliaia di famiglie o hanno disonorato il loro Paese. Mentre Bernard Madoff negli Stati Uniti è stato condannato a 150 anni di carcere, Calisto Tanzi, in Italia, fa una vita normale e si gode le sue ricchezze. Alla faccia delle famiglie che hanno perso tutto per le spericolate operazioni che hanno portato al crack Parmalat. La depenalizzazione del reato di falso in bilancio è un’anomalia italiana che ha, di fatto, aperto la strada all’impunità per i reati dei colletti bianchi. I tempi lunghissimi della nostra giustizia, poi, fanno il resto. E mentre un poveraccio come Enrichetto rischia la morte in carcere per un salamino, gente come Balducci, il detenuto Balducci, capo della presunta cricca, se la spassa agli arresti domiciliari nella sua villa con piscina a Montepulciano. Questa è l’Italia di Berlusconi. Questa è l’Italia che si deve cambiare. La qualità, la forza l’autorevolezza di una democrazia si dimostrano anche dalla capacità di essere più severi con chi, da ruoli di potere, è chiamato a maggiori responsabilità. Un paese davvero democratico deve avere il coraggio di sbattere in galera i delinquenti della cricca e magari di gettare via la chiave, ma è un atto di vigliaccheria tenere in carcere gente come Enrichetto. O anche come le migliaia di tossicodipendenti (non gli spacciatori naturalmente) di cui sono pieni gli istituti penitenziari. Uno Stato giusto queste persone le manderebbe a curarsi, non le chiuderebbe dietro le sbarre. Non vogliamo lo Stato di Berlusconi, non vogliamo più uno Stato vigliacco e ingiusto. E continueremo a batterci per cambiarlo.

GOVERNO DI LARGHE INTESE? MAI

Questa mattina su La Stampa  è stata pubblicata un’intervista al sottoscritto che, nella sintesi un po’ superficiale e arruffata del giornalista, arriva a travisare completamente il mio pensiero. Per questo, ho inviato una lettera di smentita al quotidiano torinese che ribadisce la mia posizione, chiedendo la rettifica in merito a quanto pubblicato. La pubblico qui di seguito, in modo tale che sia dipanato ogni dubbio su cosa il sottoscritto pensa realmente dei governi di larghe intese:

Ho letto, con profondo stupore la mia intervista a sua firma, pubblicata sull’edizione de “La stampa” di oggi, nella quale il mio pensiero e le mie parole risultano profondamente snaturate, al punto che a leggerla sono il primo a non essere d’accordo con quanto avrei detto. Non ho mai, e sottolineo mai, parlato di governo di larghe intese. Come lei sicuramente ben sa, governo di larghe intese è un governo che mette insieme l’intero arco costituzionale (è l’idea di Casini e Bersani, i quali non a caso contemplano che il candidato premier di questo ipotetico governo di larghe intese possa essere l’attuale ministro Tremonti), per fare tutti insieme una serie di riforme a 360 gradi, in un ambito temporale che si avvicina a quello residuo della legislatura. Di questo non le ho mai parlato, ritengo il governo di larghe intese una sciagura per il Paese e quindi è evidente che ho detto l’esatto contrario. Quello che le ho detto è quanto segue:  alla sua prima domanda se ero favorevole ad un governo tecnico, le ho risposto che trovo il dibattito sul punto una perdita di tempo, in quanto al momento, non vi è alcuna possibilità di trovare in parlamento i numeri che sostengano questa ipotesi. Ho aggiunto che, proprio per questo, oltre che per togliere spazio di manovra politica a terzi e quarti poli, il centrosinistra avrebbe il dovere di occuparsi di altro e cioè di costruire la casa comune, la nuova coalizione, che rappresenti l’alternativa di governo. Con una successiva domanda, lei mi chiedeva cosa avrebbe fatto Italia dei Valori qualora i numeri per un governo tecnico, che oggi non ci sono, ci fossero in futuro. Le ho risposto che qualora ci fossero i numeri in parlamento per modificare, prima di tornare al voto, questa pessima legge elettorale saremmo dei pazzi a non sostenere questa possibilità. Poiché i rapporti sempre intercorsi tra di noi e la mia profonda stima nei suoi confronti non mi lasciano alcun dubbio sulla buona fede di quanto accaduto, sono certo che non vi sarà alcuna difficoltà da parte sua a pubblicare una rettifica che, con la presente lettera, cortesemente le sollecito.

GOVERNO, MORTO CHE CAMMINA

video: 
Oggi si celebra la nascita del terzo polo o la fine della maggioranza? Agli attori in parte di questa nascita in commedia, Fini, Rutelli e Casini, lascio la risposta. Il genere al momento non mi appassiona. Quello che di sicuro oggi festeggiamo è la dissoluzione della maggioranza, ormai ridotta ad un corpo morto che cammina. Quanto andranno avanti in  queste condizioni? Difficile dirlo, mesi o forse settimane. Il tutto dipende dai protagonisti della diaspora, Fini da una parte e Berlusconi dall’altra, che decideranno di staccare la spina al governo quando lo riterranno più conveniente per se stessi. A Fini serve tempo, per costruire il partito sul territorio e prepararsi a nuove elezioni. Berlusconi, invece, guarda ai sondaggi e salirà al  nel momento in cui lo riterrà elettoralmente più proficuo. Una visione miope ed egoistica, in entrambi i casi. Certo il neo gruppo Futuro e Libertà non parte di slancio, anzi, si avvia con il piede sbagliato. La questione morale e la difesa dei valori della legalità non sono negoziabili e non si difendono ad intermittenza. Al di là dell’inchiesta giudiziaria che riguarda il sottosegretario Caliendo, e su cui ci auguriamo venga fatta piena luce, c’è una questione di etica pubblica grande come una casa, che va difesa sempre, senza se e senza ma, e sulla quale non si può prendere tempo. Al momento, il pallino dei numeri è nelle mani di Berlusconi, né esistono maggioranze alternative a questa o governi Tremonti all’orizzonte. Il segretario del Pd Bersani si è lasciato scappare una frase pericolosa e bene ha fatto a precisare poi il suo pensiero, augurandoci che sia buona la seconda. E’ tempo però che l’opposizione si dia la sveglia. Le pause di riflessione sono finite per sempre. Dobbiamo organizzarci, cominciare a lavorare da subito ad una casa comune, un progetto per modernizzare il Paese e lanciarlo nel XXI secolo. Noi di Italia dei Valori lo stiamo chiedendo da mesi, perché siamo i primi a voler tenere alta la bandiera del centrosinistra. Passare le giornate a pensare a scenari futuri, futuribili, impossibili ed irreali, a ciurlar nel manico con tatticismi snervanti è da fessi. E’ un altro il messaggio da mandare agli elettori, quello che il centrosinistra fa sul serio, si sta organizzando perché le prossime elezioni le vuole vincere.

LE API DI RUTELLI? RONZANO MA NON PUNGONO

 Sono neri dalla rabbia. Ieri, con malcelata riluttanza, hanno dovuto accettare la realtà dei fatti e dei numeri: la maggioranza non c’e’ piu. Berlusconi, turbato dalla prima lezione di democrazia inflittagli dal Parlamento, reagirà facendo l’unica cosa che sa fare: tentare, da qui fino agli ultimi giorni dell’impero, la compravendita di qualche deputato finiano, come fosse la campagna acquisti del Milan. Da settembre, per la maggioranza si aprirà la stagione dell’incertezza e dell’instabilità. Saranno in bilico, appesi continuamente al filo su ogni voto, in una sorta di lento logorio che li porterà presto al capolinea. Ieri è stata una giornata straordinariamente importante per il nostro partito, per Italia dei Valori, che ha dato prova di grande forza. Se il Parlamento, ieri, ha dovuto fare i conti con la questione morale e con quei valori nei quali il nostro partito crede da sempre e che da sempre porta avanti con caparbiertà e cocciutaggine, nonostante l'ostilità di molti, è grazie a noi. Siamo noi, infatti, ad aver presentato le mozioni di sfiducia a Scajola, a Cosentino e, infine, a Caliendo. Tutte scelte vincenti che il Partito democratico ha scelto di sostenere e condividere con noi. Siamo noi ad aver vinto, ad aver fatto bene insieme al Pd il nostro lavoro. Su un tema cruciale come quello della legalità non si possono fare sconti e noi lo diciamo da sempre, da quando il nostro partito era una piccola realtà di uomini armati di tanto coraggio. Ieri sera, sulla spinta di un'opposizione che si è mostrata unita e più agguerrita che mai, il tema della legalità, imposto da IDV alla coscienza della politica, ha fatto vacillare il governo. Non vedo davvero dove cosa ci sia di demagogico e di populistico in questo e nella politica di Italia dei Valori, come sostiene oggi il senatore Francesco Rutelli che, in un'intervista sul quotidiano "La Repubblica", si dice a disagio con noi e definisce "invettiva e populismo" la politica che noi portiamo avanti, a meno che il senatore Rutelli non pensi che la difesa della legalità sia invettiva, demagogia o peggio ancora populismo. Noi pensiamo che il senso di responsabilità, di cui il senatore Rutelli si riempie la bocca un giorno si e l'altro pure come fosse a suo esclusivo appannaggio, non sia un vago concetto astratto di cui parlare in verbosissime interviste, ma un valore da difendere con azioni concrete in Parlamento, con mozioni di sfiducia, voti responsabili e scelte coraggiose, a volte anche solitarie. In Afghanistan, ad esempio, riteniamo che da tempo ormai sia fallita ogni operazione di peacekeeping e siccome preferiamo tutelare i nostri soldati, piuttosto che piangerli da morti, abbiamo fatto una scelta coraggiosa e responsabile, e non demagogica e populista come dice il leader dell'Api. l'ex radicale, ex Margherita, ex Pd ora Api Rutelli. Noi abbiamo fatto proposte concrete e di riforma coraggiose per tirare fuori l'Italia dalla crisi ma forse il leader di Api, impegnato su qualche tv, era distratto e non se ne è accorto. Con tutto il rispetto, il ronzio delle Api non ci spaventa, soprattutto se arrivano dall'ex radicale, ex Margherita, ex Pd, ora Api Rutelli e chissà cosa domani. Per questo,se io fossi il segretario del Pd Bersani al leader dell'Api, un partito di profughi, non gli risponderei neppure al telefono. Perchè non esiste che uno che ha spaccato il partito, tradendo il mandato degli elettori, bussi alla porta il giorno dopo e venga trattato come potenziale alleato. Se passasse il messaggio che essere sleali paga, è evidente che a sempre più persone pungerà vaghezza di metter su un partito personale come ha fatto Rutelli perchè conviene, con buona pace di questo martoriato paese.

MAI PIU' UN CASO ENRICHETTO

video: 
Ieri sono andato in visita al carcere di Asti a trovare Enrichetto, di cui abbiamo parlato nel post del 3 agosto. 55 anni, un omino piccolo piccolo, carnagione chiara, barbetta lunga e incolta, piuttosto rada. Occhi azzurri. Aveva una camicia viola a fiori larga e un jeans legato in vita da un filo. E ciabatte ai piedi. Il meglio dei vestiti puliti che la solerzia degli agenti di polizia penitenziaria e' riuscito a trovare per quest'uomo rimasto ragazzino. Ci ha accolto con una frase scioccante 'ordinatemi una cassa da morto'. Poi si e' rinfranco, ha riso tanto, ha raccontato barzellette. E' un po' il 'beniamino', diciamo cosi', del personale carcerario. Consentitemi a questo punto di elogiare l'efficienza, la professionalita' e la grande umanita' di tutti coloro che lavorano in quel carcere. Dalla direttrice ai poliziotti penitenziari, agli assistenti sociali, ai medici e paramedici. Intendiamoci, Enrichetto non e' un privilegiato, queste persone cercano di riservare a tutti i detenuti lo stesso trattamento. E adesso che hanno un problema drammatico di sovraffollamento con tre detenuti per ogni cella, di nove metri quadri, la direttrice le sta pensando tutte per cercare di fargli trascorrere solo la notte tutti insieme in cella. Nel rispetto delle normative di sicurezza, naturalmente. Enrichetto e' diventato, anche grazie all'interessamento dei media, in particolare del quotidiano La Stampa, un caso nazionale. E, a ruota, politico. Almeno in questa occasione devo ringraziare il ministro della giustizia Alfano, che, come ha confermato la direttrice, si e' interessato alla vicenda. La buona notizia e' che tra una decina di giorni Enrichetto sara' libero. Uscira' quando avra' finito di scontare la pena per guida di bicicletta in stato d'ebbrezza. E non e' una battuta. Dopo dovra' affrontare un processo per tentata evasione. Si' perche' era uscito di casa, dove era agli arresti domiciliari, per andare a comprare un salamino. Ci attiveremo per garantirgli un'adeguata assistenza legale, qualora non l'abbi avuta sino ad oggi. C'e' una notizia, invece, molto brutta. Spike, il suo adorato cane, che lui chiamava anche 'bambino', e' morto, investito da un'auto. E lui ancora non lo sa. Una perdita terribile per Enrichetto. I suoi animali sono la sua famiglia. E non e' un'esagerazione, credetemi. Per quest'uomo bambino dal cuore grande, incapace di capire il valore dei soldi, che pero' intende meglio di noi il valore della vita, l'esistenza e' sacra. Anche quella di insetti e lombrichi,che cerca di evitare quando va in bici. ci attiveremo anche per regalargli un nuovo miglior amico. Ma cio' su cui vorrei chiamarvi a riflettere di più' e' che Enrichetto e' un fortunato perche' qualcuno si e' accorto di lui. Sono parole di chi lavora li'. Ma le carceri italiane sono piene di enrichetti di cui nessuno si accorgera' mai. E il loro destino e' uno dei nostri impegni politici.

SQUADRISMO FASCISTA "A MEZZO STAMPA"

 E' quello che è stato definito il metodo Boffo. Per il quotidiano Il Giornale, fare giornalismo è mettersi al servizio del padrone e pubblicare articoli frutto di dossieraggi squallidi, commissionati e appositamente tenuti nel cassetto, fino a che i tempi per la loro pubblicazione non si fanno maturi. E' squadrismo fascista a mezzo stampa, con l'obiettivo di denigrare il nemico fino a distruggerlo. Il metodo è sempre lo stesso. Prima vengono le minacce, per costringere l'avversario a più miti consigli, poi comincia una campagna infamante, a colpi di titoli a caratteri cubitali, che infangano e trascinano tutto con sè, non solo gli ideali e la storia politica, ma anche quella privata e personale. Il presidente del Consiglio non guarda in faccia a nessuno quando l'obiettivo è la distruzione dell'avversario. Il grande manovratore dei gioielli d'informazione di famiglia, Silvio Berlusconi, usa a suo piacimento i giornali di sua proprietà e le tv, quelle che possiede e quelle che comanda come presidente del Consiglio. E' l'unico oligopolista televiso al mondo a controllare, in qualità di politico, l'altro oligopolista. Con i media di sua proprietà racconta al mondo le malefatte del nemico, con quelle che comanda (la Rai, ndr), invece, racconta agli italiani le cose buone e belle fatte in due anni e mezzo di governo, tra cui da ultimo l'indispensabile e prestigioso nuovo codice della strada. Dopo mesi e mesi di copertine ed intere paginate dedicate a inchieste inesistenti, piene zeppe di balle spaziali su Antonio Di Pietro ed il nostro partito - puntualmente smentite dalle procure della repubblica di tutt'Italia, con tanto di condanna al risarcimento dei danni per il quotidiano della famiglia Berlusconi e dei pseudo-accusatori- ora è il turno dei finiani, i grandi traditori, quelli che non ci stanno ad abbassare il capo e mandare giù il verbo berlusconiano. Bocchino per primo, poi Chiara Moroni, sbertucciati, umiliati e messi alla berlina. Man mano seguiranno tutti gli altri. Questo è quanto comanda il padrone, Silvio Berlusconi, e questo è quanto esegue il direttore Feltri, lontano anni luce dal rigore morale e professionale di Indro Montanelli. Oggi il nemico numero uno da abbattere, quello su cui concentrare tutte le mitragliatrici mediatiche di famiglia, è Gianfranco Fini e tutto quello che ruota intorno a lui, al suo passato e al suo presente, anche familiare. Bene ha fatto il presidente della Camera a dirsi sereno auspicando che sia fatta luce al più presto. E' quello che abbiamo sempre fatto noi, di fronte anche alle più infamanti ed astruse delle accuse. Ma quello che serve a questo paese per la vera svolta è cancellare questa anomalia tutta italiana, rappresentata dal gigantesco conflitto di interessi di Silvio Berlusconi, che pesa come un macigno sull'informazione, la democrazia e la libertà in questo paese. "Immaginate un paese dove un solo uomo unisce il potere politico del presidente Bush, l'influenza sui media di Rupert Mardoch e la ricchezza e l'ambizione di Ross Perot e Steve Forbes. Quel Paese è l'Italia e quell'uomo è il primo ministro Silvio Berlusconi" (Wnet Thirteen tv, New York). Per questo, prima se ne andrà a casa, prima questo Paese tornerà a respirare aria di libertà. 

IL PD? E' LENTO. E' ORA CHE DIVENTI ROCK

 Ogni giorno il Partito Democratico ci dà mille motivi per pensare di rompere l'alleanza. Se, non lo facciamo, è solo perchè Italia dei Valori, con il suo primo congresso nazionale, ha fatto una scelta, quella della responsabilità di governo. Questa è l'unica vera differenza, ad esempio, tra noi e Beppe Grillo, cui ci accomuna una visione analoga su molti temi. Noi vogliamo contaminare la politica italiana con le nostre idee, i nostri progetti, la nostra idea di Paese, non limitarci ad un dirompente ma poco costruttivo "vaffa". Vogliamo assumerci la responsabilità di governare e contribuire a creare la vera alternativa. Ora per fare questo, siamo consapevoli che non possiamo uscire dalla logica di coalizione e che ciò comporta anche scendere a qualche compromesso. Questo, però, non ci esime, anzi in qualche modo ci obbliga, a sottolineare quanto non ci piace nel Pd e all'interno del centrosinistra, a partire dall'intervista rilasciata ieri dal vicesegretario democratico Enrico Letta. Il ribaltamento di fronte del vicesegretario democratico sull'antiberlusconismo ne è la riprova. Fino a ieri, infatti, in casa democratica dicevano che il nostro antiberlusconismo era un favore a Berlusconi. Ora, invece, il Pd scopre l'antiberlusconismo, perchè Berlusconi, quello con cui fino a ieri volevano dialogare per fare le riforme, è un pericolo per la democrazia e pur di sconfiggerlo, si deve essere pronti a fare patti con chiunque. Ebbene, ho come l'impressione che il Pd sia una barca alla deriva, senza idee o progetti. Per questo mi permetto di dare qualche suggerimento al vicesegretario Letta:1) Il Pd deve rendersi conto, come spiega anche oggi Ilvo Diamanti su la Repubblica, che fino a quando non costruirà la casa del centrosinistra con progetti validi, non vincerà mai, perchè agli occhi del paese rappresenterà sempre il vuoto di idee e noi non smetteremo mai di ricordarglielo. Al riguardo, rendo noto anche a voi amici del blog, che da più di un mese Italia dei Valori ha chiesto un incontro al Pd e che, ad oggi, la risposta è stata un assordante silenzio.2) Il Pd deve capire, come ribadisce sempre Ilvo Diamanti, che porsi come obiettivo quello di non andare a votare, mostrandosi davanti al paese terrorizzato dalla sfida elettorale, è un pessimo segnale.3) Il Pd deve capire che deve smetterla di inseguire trame di palazzo, come sta facendo ora, e prepararsi alle elezioni, cominciando a costruire una coalizione di centrosinistra intorno ad un programma unitario. Se il centrosinistra tornerà al Governo è solo perchè è passato attraverso il voto degli italiani. Prima di andare al voto si può al limite cambiare la legge elettorale, ammesso e non concesso che ci siano i numeri per farlo.Questo è quello che il Pd deve fare. Prepararsi alle urne con una coalizione di centrosinistra coesa. Poi si può anche ragionare su un fronte nazionale di liberazione, ma come fronte momentaneo di forze che si uniscono per cacciare il tiranno, e non come coalizione che porti a termine la legislatura. Una volta riscritte le regole della democrazia e fatte le riforme, ognuno torna da dove è venuto. Mi domando e vi domando, tutto ciò chiedere troppo?

DONNE E FIGLI NELL'ANNO DELLA CRISI

Donne e WelfareDonne e Welfare

E' da giorni che la politica si arrovella su se stessa. Elezioni o non elezioni, governi tecnici, governi di transizione, comitati di liberazione, fronti nazionali, crisi o non crisi di governo, dimissioni e case a Montecarlo: sono questi i temi che occupano le prime pagine dei giornali. Con tutto il rispetto per la democrazia e le sue dinamiche, credo che tutto questo stia facendo perdere di vista il paese reale ed i problemi veri della gente. Disoccupazione all'insù, immigrazione clandestina in aumento, famiglie, pensionati e ceti medio-bassi soffocati da una crisi economica che non retrocede di un passo. Sono questi i problemi della gente e di questo la politica dovrebbe occuparsi primariamente. Come uomo e come politico, mi fa profonda tristezza constatare, invece, che le questioni che interessano la vita delle persone sono da troppo tempo sullo sfondo, così come i temi etici, aborto, fecondazione, fine vita, diventano importanti solo quando servono ad accendere la polemica tra fazioni rivali. C'è un dato contenuto nella relazione di ieri al Governo del ministero della salute sulla legge 194 che mi ha colpito profondamente. In Italia, c'è scritto nella relazione, si abortisce meno ma le donne che scelgono di farlo sono in quasi la metà dei casi lavoratrici. I dati provvisori del 2009 confermano il calo costante delle interruzioni di gravidanza, con un decremento del 3,6 per cento rispetto al 2008. Ma se da una parte conforta una diminuzione dei casi di interruzione volontaria di gravidanza, dall'altra colpisce che quasi la metà degli aborti è fatta su donne con un lavoro: il 48,6% fra le italiane, il 46,7% fra le straniere. Solo l'11,9% degli aborti fra italiane e il 22% fra straniere e' di donne disoccupate o in cerca di prima occupazione. Io credo che questi dati ci impogano una riflessione. Se in Italia, nel ventunesimo secolo, una donna su due decide di rinunciare ad avere un figlio è il segnale evidente che non solo lo spettro della crisi economica spaventa il futuro delle giovani famiglie ma è la dimostrazione palese che il nostro sistema di assistenza alle giovani donne, madri lavoratrici è fallimentare o meglio, è inesistente. C'è come la sensazione che, nonostante il lavoro, i figli siano un lusso che una famiglia, con magari già un figlio, non possono permettersi e questo anche per colpa di uno Stato che non esiste. Tutto ciò fa accapponare la pelle. Mentre il governo perde tempo ad interrogarsi se sia moralmente lecito dare in via a nuove procedure abortive, come quella farmacologica, c'è una donna ed una famiglia che rinuncia ad un figlio perchè non ce la fa. Non ci sono asili - il fondo per il piano nazionale di asili nido varato da Prodi è stato dimezzato dal governo Berlusconi - non c'è sostegno alle famiglie, non c'è una vera politica a loro sostegno, cioè l'esatto contrario di quello che avviene negli altri paesi europei. Il Governo parla delle donne, ma solo di aumentarne l'età pensionabile per fare cassa. Ebbene, Italia dei Valori ha fatto la sua proposta in materia di maternità, sostegno alle famiglie ed eventuale aumento dell'età pensionabile. C'è una mia proposta di legge, sottoscritta da tutti i parlamentari di IDV, che intende fornire una risposta concreta. Vorremmo parlarne e affrontare la questione in Parlamento, sperando di trovare dall'altra parte interlocutori credibili, non come il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, che ieri commentando i dati della relazione, ha annunciato un piano federale per la vita. Ecco, sì un piano federale per la vita è proprio quello di cui le mamme lavoratrici hanno bisogno. Non di sostegno economico, non di supporto sociale, non di asili nido, non di assistenza. Serve un piano federale per la vita. Cosa sia e a cosa serva Eugenia solo lo sa.

L'ESTREMA UNZIONE AL GOVERNO MORITURO

 Ho sempre pensato che Stato e Chiesa debbano essere ambiti indipendenti e distinti. Trovo, infatti, incomprensibili certi invasioni di campo della Chiesa nel dibattito politico e viceversa. Ritengo, invece, che alcune osservazioni e moniti che giungono Oltretevere debbano rappresentare un momento di doverosa riflessione per la politica, e viceversa. Ieri, Famiglia Cristiana, il settimanale dei paolini, ha pronunciato parole nette ed inequivocabili: l'opinione pubblica è disgustata dallo spettacolo poco edificante che, quasi ogni giorno, viene offerto da una classe politica che litiga su tutto, lontana dalla gente e impotente a risolvere i gravi problemi del Paese. La politica - continua il settimanale - non svolge la funzione che dovrebbe competerle. Un vuoto di leadership, un paese senza classe dirigente, uomini che hanno scelto la politica per sistemare se stessi e le proprie pendenze. Una politica smarrita, da cui non emerge un'idea di bene comune che permetta di superare divisioni ed interessi di parte, se non personali. Una politica, insomma, lontana dall'idea di Paolo VI come "una forma di carità verso la comunità, capace di aiutare tutti a crescere". Ebbene, io non credo non si possa non trovare parole condivisibili in questo giudizio del settimanale Famiglia Cristiana, per quanto severo. Occorre, però, fare alcune distinzioni e dare a Cesare quel che è di Silvio Berlusconi. Non credo ci sia modo migliore per fotograre gli ultimi quindici anni dell'attuale presidente del Consiglio. Gli ultimi quindici anni di vita di questo Paese, infatti, con brevissime pause, sono stati caratterizzati dalle leggi ad personam volute da Silvio Berlusconi, utili a sistemare appunto le sue pendenze giudiziarie. C'è una classe dirigente che Silvio Berlusconi ha portato al governo che continua a macchiarsi di comportamenti non esemplari, magari non rilevanti dal punto di vista penale, ma rilevantissimi dal punto di vista etico e della questione morale. Ricordo i casi dei sottosegretari Cosentino e Caliendo e quello del ministro Scajola, che ancora è in cerca di chi gli abbia dato una mano nell'acquisto dell'appartamento vista Colosseo con il modesto contributo di 900 mila euro. A tutto ciò, si aggiunge lo spettacolo offerto, in questi giorni, dal governo e dalla maggioranza, a dir poco squallido e poco edificante. Dopo aver passato due anni e mezzo ad ingolfare il Parlamento di leggi ad personam, ora sono invischiati in una lotta fratricida e in una spirale d'odio che rischia di trascinare il Paese con sè. Mentre loro litigano c'e' un paese che soffre, che deve fare i conti con una crisi economica spaventosa, che hanno volutamente ignorato per mesi senza mettere in campo uno straccio di riforma. C'è un paese smarrito ed una classe dirigente "inadeguata" a tirarlo fuori dalle secche. E' per questo che il monito di Famiglia Cristiana non può essere ignorato. E' un je accuse preciso ed inequivocabile all'attuale classe di governo. Sono arrivati al capolinea e non sono più in grado di governare il Paese. Quella di Famiglia Cristiana, dunque, è l'estrema unzione. La facciano finita con questo spettacolo indecoroso, dove ogni giorno Umberto Bossi alza il prezzo del biglietto, e si vada al voto. In gioco c'è il futuro di questo Paese.

ALLEATI ANCHE CON IL DIAVOLO PUR DI LIBERARCI DEL CAVALIERE

Pubblico la mia intervista di oggi al quotidiano La Repubblica.

Massimo Donadi, da capogruppo dell´Idv alla Camera come accoglie l´apertura di Bersani a tutte le forze dell´opposizione in caso di elezioni? «Con molto piacere e soddisfazione»

Siete pronti a stringere larghe alleanze per affrontare le urne? «Sì, siamo pronti ad allearci per creare un governo di transizione che cambi la legge elettorale o per andare alle elezioni.
E per questo è bene iniziare subito con idee, programmi e visioni da contrapporre al nulla del centrodestra».
Partiamo dallo scenario del voto anticipato. Oltre al Pd con chi accettereste di allearvi? «Prima si tratta di costruire quello che non esiste, ovvero una coalizione di centrosinistra che non smussi al ribasso gli angoli come avvenne nell´Unione di Prodi. Poi se ci saranno le condizioni per cui possiamo giocarci la partita, bene. Se invece all´ultimo ci dovessimo rendere conto che per chiudere con il conflitto di interessi permanente di Berlusconi serve l´alleanza con il diavolo la faremo».
Chi è il diavolo? «L´Udc e i finiani. Ma non sarebbe una nuova coalizione di centrosinistra, bensì un fronte di liberazione nazionale per salvare la democrazia e ridare vigore alla Costituzione. Un´alleanza per una sola legislatura con quelli che in teoria sono nostri avversari. Dopodiché ognuno tornerà a fare il proprio mestiere, noi il centrosinistra e loro il centrodestra, speriamo più democratico e moderno di questo».
Torniamo al centrosinistra. Nella coalizione vedrebbe anche la sinistra radicale? «Con quella di Vendola che si assume la responsabilità di governo ci dobbiamo certamente consultare. Non si può fare altrettanto con la sinistra che si rivede nel comunismo con una scelta ideologica».
Vendola può essere un candidato premier? «E' sicuramente una delle personalità di primissimo livello della sinistra come lo sono Bersani, Chiamparino e Di Pietro. Però dobbiamo trovare tutti insieme un candidato che motivi gli elettori di centrosinistra e sia capace di parlare a quelli moderati e ho qualche dubbio che Vendola abbia queste caratteristiche, pur potendo avere un ruolo di primissimo piano».
E allora chi scegliere. E come?«Le primarie restano il faro, salvo avere l´intelligenza di trovare una personalità esterna alla politica che metta d´accordo tutti. Un nuovo Prodi».
E il governo di transizione prima delle elezioni? «Andrebbe bene per fare una nuova legge elettorale visto che quella attuale è una ferita alla democrazia. Un esecutivo di larga maggioranza con pochi ministri che durerebbe tre o quattro mesi. Poi le urne».

LEGGI AD PERSONAM, AZIENDAM, CRICCAM

Mondadori DayMondadori Day

Non c'è atto, legge, decreto, norma, provvedimento di questo governo che non porti il marchio di fabbrica di Silvio Berlusconi. E' una marchio inconfondibile, che sforna provvedimenti in serie con su scritto "ad personam", con la variante, ad aziendam, che poi è la stessa identica cosa. Ultimo in ordine di tempo è la cosiddetta norma salva Mondadori, ultimo atto dell'era Berlusconi. Anche questa volta, come tutte le volte, la maggioranza ha camuffato per bene l'ennesima legge ad aziendam e l'ha furbescamente infilata tra le pieghe di un altro provvedimento, il Decreto legge incentivi, che con la materia editoria non ha nulla a che fare. Un abile trucchetto messo in campo ogni volta per imbrogliare il Parlamento. In virtù di questo provvedimento, la Mondadori, casa editrice di proprietà del presidente del Consiglio, che doveva versare al Fisco 173 milioni di euro, saliti a 350 per via degli interessi, ne ha pagati solo 8,6 milioni, chiudendo un contenzioso quasi ventennale con le agenzie delle entrate per il mancato pagamento di tasse evase nel '91, ai tempi della fusione Amef e Arnoldo Mondadori. Insomma, un ennesimo lodo che consente di archiviare i processi tributari arrivati in Cassazione con due sentenze favorevoli al contribuente mediante il pagamento del solo 5 per cento del valore della lite. E sì che la faccenda scocciava parecchio al presidente del Consiglio che, in un'intercettazione con l'ex consigliere dell'Agcom Giancarlo Innocenzi, per descrivere la voracità del fisco la paragonava a quella dell'ex moglie Veronica Lario. Ma in soccorso del presidente è giunto puntuale il governo e la sua maggioranza che gli ha sfornato il provvedimentino ad hoc. Dunque, mentre il 2009 ha segnato un anno difficilissimo per tutta l'editoria, la Mondadori è stata l'unica a chiudere con 34 milioni di utile netto e un giro di affari di 1,5 miliardi di euro. Questo è Berlusconi, la sua concezione della politica al servizio di se stesso e dei suoi interessi. Questo è il berlusconismo che noi combattiamo da sempre: un gigantesco, unico al mondo conflitto di interessi che si fa gioco della democrazia, della Costituzione, delle leggi dello Stato per sistemare se stessi e le proprie pendenze, per usare le parole di Famiglia Cristiana, la difesa e la tutela dei propri interessi a svantaggio degli altri. Ieri Beppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, ironicamente, si diceva certo che tutti i media oggi si sarebbero occupati della norma Salva Mondadori con la stessa attenzione dedicata giustamente alla casa di Montecarlo. Mai come in questo momento c'è bisogno di scrivere una pagina nuova per il bene del Paese.

Questo blog va in vacanza da oggi fino al 19 agosto. Torneremo presto, più gagliardi di prima. Buone vacanze a tutti. Con amicizia,

Massimo Donadi

GLI AFFARI DI BERLUSCONI COL DITTATORE

Riprendiamo da dove ci eravamo lasciati. Governo in crisi, maggioranza che non c'e piu', Berlusconi contro Fini, Italia in piena crisi economica. Non e' cambiato molto dall'ultimo post. Ieri l'Unita' ha pubblicato un interessante articolo sugli affari tra Berlusconi ed il dittatore libico Gheddafi. Pare che i due capi di Stato abbiano, attraverso società' a loro collegate, interessi comuni in campo televisivo. In particolare i due sarebbero comproprietari di una televisione maghrebina, Nessma tv, che aspira a diventare leader nel Sud del Mediterraneo. Rete4, Canale5, Italia1...Nessma tv. Un conflitto d'interessi euromediterraneo per il premier italiano. Un caso interazione di cui si e' occupato anche il prestigioso Guardian. Forse era questo che alcuni deputati vicini a Fini intendevano dire quando hanno sollevato dubbi sui rapporti tra Berlusconi e Gheddafi. Il presidente del Consiglio ha il dovere di riferire immediatamente in Parlamento. L'Italia dei Valori presenterà' un'interrogazione alla riapertura delle camere, per fare luce su questa ennesima oscura vicenda. Ancora una volta si pone il problema del conflitto d'interessi che coinvolge Mr. B. E ombre sul modo spregiudicato in cui sfrutta il potere. La sua parabola politica, pero', sembra essere giunta al capolinea. Ed e'chiaro che l'anomalia italiana deve essere sanata. Servono subito due leggi sul conflitto d'interessi e sul pluralismo dell'informazione.

LO STRANO CASO DELL'AUTORIBALTONE

"La maggioranza non c'è più". Da un pò di tempo noi, come le altre opposizioni, lo affermiamo, per una sorta di semplificazione della comunicazione. In realtà la situazione è più complessa, e la realtà è addirittura eclatante: Berlusconi lavora all'autoribaltone. Questo caso non ha precedenti nella storia delle democrazie occidentali. Non abbiamo notizie di capi di governo che, a metà del loro mandato, con la più ampia maggioranza mai avuta nel parlamento per realizzare il programma, con un sistema dell'informazione amico, per non dire asservito, cerchino ogni pretesto per essere disarcionati. E' vero che c'è stato lo scontro con Fini ed i suoi, ma è anche vero che Fli non ha intenzione di abbandonare il governo. Chiede solo di potersi sedere con pari dignità politica rispetto a Lega e Pdl al tavolo della maggioranza. Berlusconi, invece, solo perché è nata questa nuova forza politica, vuole andare ad elezioni. Evidentemente i veri motivi che spingono il premier sono altri. La scandenza del federalismo, che sarà portato a compimento senza i soldi necessari, per cui la promessa di benefici per i cittadini, del Nord e del Sud, si rivelerà una bufala. E su questo dovrà fare i conti con la Lega. Berlusconi, poi, teme di essere azzoppato da una eventuale sentenza di condanna e sa che sul legittimo impedimento pende la pronuncia della Corte Costituzionale, che già bocciò il lodo Alfano. I conti dello Stato sono in rosso e la situazione economica è disastrosa, per cui a dicembre, nonostante le smentite, si prospetta una nuova manovra economica. Berlusconi, infine, non ha mai accantonato il sogno di salire al Quirinale e vorrebbe arrivare alla scadenza del mandato di Napolitano con un parlamento in grado di eleggerlo al Colle. Questi sono i veri motivi per cui Berlusconi vuole la crisi e dimostrano ancora una volta che non sarà mai uno statista. Continua a pensare solo ai propri interessi personali, infischiandosene dei reali problemi del Paese. Le imprese chiudono e si bruciano migliaia e migliaia di psoti di lavoro, ma le istituzioni sono inchiodate sui suoi interessi privati. Vuole che governo, parlamento, e organi dello Stato siano totalmente al suo servizio, dimostrando una concezione privatistica e cesaristica della democrazia. Altro che Fini, per questo cerca l'autoribaltone.

ENRICHETTO TORNA A CASA

Enrico Gallo all’anagrafe, ‘Enrichetto’ per tutti, ‘Cheyenne’ per se stesso, è uscito dal carcere qualche giorno fa. Ci era finito per essere andato a comprare un salamino mentre era agli arresti domiciliari per guida in stato d’ebbrezza. Guida di bicicletta…Ricorderete questa storia, ne ho scritto più volte, ne ho parlato in Aula col ministro Alfano e sono anche andato a trovarlo. Enrichetto, un bambino di 55 anni, si è fatto due mesi dentro, trattato benissimo da tutto il personale  del carcere di Asti, come lui stesso ha tenuto a precisare. Ho preso a cuore questa vicenda, per la sua evidente ingiustizia di fondo e perché rappresenta il paradosso più sferzante di questa Italia: Enrichetto in carcere, i criminali veri fuori. I potenti nel nostro Paese non pagano. Mentre lo Stato si mostra inflessibile contro i deboli. Uno stato così è uno stato miserabile. Dal punto di vista politico mio impegno sarà per rendere un po’ di giustizia a chi si trova in carcere senza aver commesso reati socialmente pericolosi. Ci sono troppi ‘enrichetti’ nelle patrie galere. Rigore nella lotta al crimine e tolleranza zero verso i delinquenti non sono in contraddizione con il senso di umanità. Ci sono migliaia di persone attualmente in carcere che non ci dovrebbero stare. E ce ne sono troppe, invece, a piede libero che meriterebbero la guardina. Anche questo è un impegno politico. Tornando alla vicenda di Enrichetto, penso che non appena mi sarà possibile andrò di nuovo a trovarlo. Stavolta sarà a casa sua, che mi dicono essere un tetto senza elettricità e senza vetri alle finestre. Enrichetto è diventato – potenza dei media…- un caso nazionale dopo gli articoli della Stampa. Ora ha tante persone che si occupano di lui e che hanno messo in moto una vera macchina della solidarietà. Nel caso ci fosse bisogno di fare qualcos’altro per lui mi attiverò e vi farò sapere.

C'ERA UNA VOLTA LA POLITICA

Tag: Casini , Fini , Lega , Napolitano , udc
 C'era una volta la politica, quella basata sul confronto, sulla discussione, sulle diverse proposte ed ovviamente sullo scontro, la polemica, la divergenza di opinione tra schieramenti. Il tutto entro i limiti della pubblica decenza, di una coerenza di vedute alla base di ogni posizione, del rispetto delle istituzioni e degli elettori.C'è oggi  una politica che ha smarrito non solo la dignità di quella con la P maiuscola, cosa che è accaduta ormai da tempo, ma anche quel minimo di decoro e civiltà che le sono indispensabili. Mi riferisco allo spettacolo che è andato in scena sulle pagine dei giornali in questo agosto singolare sotto il profilo dell'attivismo politico, ma non solo. Una sorta di horror show, una politica che ha definitivamente gettato la maschera per mostrarsi in tutto il suo orrore, una politica avvilita, che è arrivata a mostrare con spudoratezza le sue vesti peggiori.Oggi ne abbiamo un esempio lampante, con lo scontro tra Udc e Lega. Il senatur che definisce Casini "trafficone" e poi "stronzo" si commenta da sé e alimenta l'idea che si sia superata la soglia della decenza nella polemica. E' come se ogni remora  si fosse smarrita, ogni minimo rispetto per la solidarietà di schieramento fosse stato ignorato e oltrepassato, lasciando spazio ad un dibattito che fa vergognare di essere italiani. Tutto è iniziato con la lapidazione mediatica di Fini, un'operazione che ha dell'incredibile e che vede, però, un presidente della Camera che, pur facendo della questione morale il suo cavallo di battaglia, non ha ancora chiarito la propria posizione. Da lì la bruttura della politica non si è mai fermata, con una Lega a cui non importa nulla di nulla e vuole solo andare ad elezioni, con l'Udc che fa il gioco delle tre carte, accomodandosi su tre tavoli, con un premier che grida al golpe nel momento in cui vede vacillare la propria maggioranza e subito dopo ignora ogni logica di coalizione tentando di sostituire Fini con Casini. Ma l'horror show non finisce qui, la mancanza di coerenza prende sempre più piede, con il camaleontico Silvio che, dopo le pesanti asserzioni sulla paura della sinistra di andare al voto, sul timore di votare del vecchio fedele alleato, ora nemico numero uno Fini, dopo le pesantissime accuse a Napolitano che frenava sul voto anticipato, di punto in bianco, dice che preferisce non votare, spiazzando un elettorato che probabilmente non sa più cosa pensare, forse solo perché i conti in casa Pdl non tornano più e non assicurano la vittoria.In un quadro politico così desolante, oltre e forse ancor prima dell'augurio che il Paese possa riavere al più presto una guida seria che rispetti gli interessi della collettività più che i propri, la speranza è che che la politica possa ritrovare quella dignità che dovrebbe contraddistinguerla e che è fondamentale per la pretesa di rispetto da parte degli elettori, perché questa, la politica dell'horror show,  avrà fatto desiderare a chi è andato a trascorrere le ferie all'estero, di non tornare mai più in Italia.    

DIFENDERE LA COSTITUZIONE E COSTRUIRE IL NUOVO CENTROSINISTRA

Mobilitiamoci per la Costituzione. Accogliamo l'appello di Art.21 per una grande mobilitazione nazionale unitaria, di tutte le forze associative, politiche, culturali che al di là di qualsiasi logica di schieramento, abbiano davvero a cuore la legalità repubblicana e non vogliono vedere imbavagliata anche la Carta Costituzionale. L'Italia dei Valori aderisce, sapendo che c'è una distinzione netta tra il partecipare ad una manifestazione per la difesa della Costituzione e fare, invece, un'alleanza di governo con la destra. Perché la difesa della Costituzione è un impegno civile prima che politico, indipendente dalla logica degli schieramenti. E perché ce n'è bisogno. La polemica sollevata dall'editoriale di Famiglia Cristiana, solo per citare l'ultimo caso, è rivelatrice. Il settimanale catolico attacca apertamente il berlusconismo, la logica dell'annientamento dell'avverario e il tentativo di fare carta straccia della Costituzione. Aderiamo dunque, sapendo però, che non è solo con le manifestazioni che si manda a casa Berlusconi e, soprattutto, si vincono le elezioni. Da mesi, da prima che la crisi Fini-Berlusconi fosse conclamata, ripeto che il centrosinistra deve lavorare subito ad una nuova coalizione per preparare l'alternativa di governo. In questo momento c'è una grande confusione politica, che parte dalla spaccatura nel governo. Cade, non cade, quando cade, come cade, si va ad elezioni o no? Domande cui tuttora è impossibile dare una risposta. Certo è che il centrosinistra non può farsi cogliere impreparato. Sarebbe un errore enorme soprattutto perché abbiamo delle responsabilità nei confronti del Paese. La politica non è solo confronto e scontro dialettico, la politica è costruire la società nell'interesse dei cittadini. L'Italia soffre una crisi economica pesante, ma anche poltica, sociale e culturale. Se le forze del ceontrosinistra non si facessero trovare pronte con un programma serio e concreto per rilanciare il Paese verrebbero meno al loro compito. L'asse di questa nuova alleanza, a mio avviso, dovrebbe essere costituito da Italia dei Valori, Partito Democratico e Sinistra Ecologia e Libertà. Alla base dovrebbe esserci un progetto per il rilancio economico e la rinascita civile e culturale dell'Italia. Un piano ambizioso che dovrebbe coinvolgere le menti migliori del nostro Paese. le risorse della società civile, le energie dei giovani. Per realizzare questo progetto è iportante partire subito, già a settembre, e non aspettare di lasciarsi trascinare dagli eventi.

E' IMPLOSO UN SISTEMA DI POTERE

Tanto rumore per nulla. L'atteso vertice di ieri tra Berlusconi e Bossi si è risolto in un nulla di fatto: tutto resta così com'è. Hanno fatto solo 'ammuina', come si dice a Napoli. I tempi per l'autoribaltone che Berlusconi cerca da tempo non sono ancora maturi. Anche perché molto difficilmente ci sarebbero stati i tempi per andare al voto entro la fine dell'anno. Un dato però è certo: è imploso un sistema di potere. Questo governo non è in grado di rilanciare il Paese perché è troppo schiacciato sugli interessi personali del premier ed è ormai logorato da anni di frizioni e conflitti interni. Faccisamo un esempio: il tanto sbandierato federalismo, che poteva introdurre elementi di razionalità e modernizzazione nella struttura dello Stato, si ridurrà ad una scatola vuota perché non ci sono i fondi necessari. Forse anche pr questo Bossi ha spinto sull'acceleratore per andare il voto. E non sto a ripetere quanto è sotto gli occhi di tutti: il confronto politico e spesso anche l'attività del parlamento sono stati determinati soprattutto dalle questioni personali del premier sulla giustizia. Questo conflitto d'interessi ha paralizzato l'attività istituzionale. Per far uscire l'Italia da queste secche è necessario un vero rinnovamento che deve partire da un nuovo centrosinistra, come oggi anche Bersani ha detto a La Reppublica. Una tesi, quella del segretario Pd, che ho già espresso diverse volte sul blog. Ora è il momento di concretizzare. A settembre si deve partire per costruire un'alternativa di governo.

DUE INTERVISTE, TRE IDEE

Nella mia intervista a Repubblica di qualche giorno fa, ho espresso tre posizioni: sì ad un governo tecnico a tempo per fare la legge elettorale; rilancio della nuova alleanza di centrosinistra; apertura ad una alleanza ampia, un fronte di liberazione nazionale, per battere Berlusconi.  Ieri Bersani, in una lettera a Repubblica, ha detto, sostanzialmente, tre cose: governo tecnico per la legge elettorale, costruire il nuovo Ulivo, possibilità di un'alleanza democratica per mandare a casa Berlusconi. Sarà perché sono affezionato alle mie idee, ma non posso che condividere la posizione di Bersani. Alcune di queste cose, come la costruzione del nuovo centrosinistra, o nuovo Ulivo, dipendono da noi e siamo già in ritardo. Altre no, dipendono soprattutto da altri, dal fluire della situazione politica e dalla posizione delle diverse forze in campo. Antonio Di Pietro, intervistato dall'Unità, ha detto che il limite dell'alleanza è Casini. Sono d'accordo. Il limite della coalizione di centrosinistra è Casini. Ma se si dovesse andare al voto con questa legge elettorale porcata e di fronte al rischio di riconsegnare il Paese a Berlusconi, con una minoranza di voti, che cosa sarebbe giusto fare? Resto convinto che in questo malaugurato caso, e solo in questo malaugurato caso, la strada sia quella di un'alleanza di tutte le forze democratiche, di destra e di sinistra, per mandare a casa il videodittatore di Arcore. Su questo tema ci confronteremo all'interno del partito, con grande responsabilità. Sia chiaro, non sto parlando di allargare il centrosinistra all'Udc o a Fli di Fini, non sto parlando di una nuova coalizione, ma della possibilità di formare, una volta ed una volta soltanto, un fronte di liberazione democratico. Poi ogni forza politica tornerà nel suo schieramento. Un'alleanza costituente per riscrivere le regole della democrazia, che oggi è un campo di battaglia.

ALFANO MINISTRO DELLA GIUSTIZIA AD PERSONAM

"Siamo pronti ad investimenti straordinari nel sistema giustizia per adeguare la macchina alle nuove esigenze del processo breve". Parola del ministro Alfano. Ministro della giustizia ad personam. Si' perche' il processo breve serve solo a Berlusconi per salvarsi dai processi, non per velocizzare la giustizia italiana. C'e' infatti, una norma transitoria nel Ddl che da' la possibilita' di applicare la nuova legge ai processi in corso per i reati con pene sotto i dieci anni commessi prima del 2 maggio 2006, cioe' dall'ultimo indulto. Alfano dice che l'opposizione dice no per pregiudizio politico. Io non so quale sia il pregiudizio politico cui fa riferimento Alfano. Forse si riferisce al fatto che non siamo disponibili ne' a salvare Berlusconi dai processi ne' a consentire un'amnistia mascherata. Il processo breve, infatti, fissa un limite di tempo massimo per tutte le sentenze. Scaduto il termine, il processo e' concluso, senza la sentenza.Significa che, nel caso passasse questa sciagurata norma, migliaia di reati resterebbero impuniti. Liberarne mille per salvarne uno...Miglior invito a delinquere non potevano inventarselo. Berlusconi, comprensibilmente, tiene molto a questa norma, che e' una delle cinque su cui passera' la verifica di governo. Mi auguro che dopo aver parlato di legalita' e questione morale, i parlamentari di Fli siano coerenti e non votino questa porcata.Noi daremo battaglia, come abbiamo sempre fatto, per impedire che passi questa ennesima aggressione alla giustizia ed allo Stato di diritto.  

GHEDDAFI, SPETTACOLO OLTRE OGNI LIMITE

In una Roma ancora assopita dalle ferie estive che volgevano al termine, è andato in scena ieri lo spettacolo semiserio della visita di Gheddafi. Non mancava nulla rispetto alla pagliacciata cui il leader libico è abituato. Dal codazzo di amazzoni, alla portentosa auto bianca, la tenda, le centinaia di cavalli, il pubblico di sole donne, pagate per star lì ad ascoltare i vaneggiamenti di chi ieri ha davvero superato se stesso e ogni limite. "L'Islam deve diventare la religione di tutta l'Europa" ha avuto l'ardire di affermare nel cuore più vivo del cattolicesimo, scatenando le reazioni niente di meno che della stessa maggioranza di governo. Qualcuno, tra i berlusconiani più fedeli, si è sentito talmente oltraggiato dal fanatismo del leader libico, che ha addirittura avuto il coraggio di esprimere pubblicamente la propria disapprovazione, con Palazzo Chigi che si affrettava a minimizzare dicendo che "non c'è nessun oltraggio, è solo folklore " e, soprattutto, che "le commesse che il governo ha concordato con i libici hanno aiutato le imprese italiane a fronteggiare la crisi". Di fronte a ciò che l'accordo con la Libia rappresenta per il nostro paese, insomma, ogni cosa passa in secondo piano per il governo, addirittura quel rapporto con il Vaticano cui tanto tiene. Anche la Lega trova i propri buoni motivi per restare in silenzio, a parte poche, flebili, voci di dissenso che rimangono in secondo piano. Il Carroccio ha l'obbligo di restare zitto perché grazie ai libici è stato possibile bloccare gli sbarchi dei clandestini sulle coste italiane. E' la solita coerenza del governo, quella cui questo esecutivo ci ha abituati, quella che funziona al contrario. Niente di cui stupirsi, dunque, nelle mancate reazioni allo sfoggio di onnipotenza fornito ieri da Gheddafi, anche nel parlare della libertà delle donne in Libia, con la stessa faccia tosta con cui il cavaliere di casa nostra invoca l'amore che vince sempre sull'odio. Ora, posso capire che in un momento di crisi economica come quello attuale, un governo, spinto da doveroso spirito di responsabilità nazionale, debba tentare il tutto per tutto pur di aprire nuovi scenari alle imprese del proprio paese. Resta però un limite da rispettare, un livello etico oltre il quale un governo serio non dovrebbe andare e l'impressione è che quel limite ieri sia stato ampiamente oltrepassato.

IL VUOTO DI UN MINISTERO E LO STRAPOTERE DI TREMONTI

Nell'Italia delle incognite, dove ogni giorno ci si domanda che fine farà un governo che non ha più maggioranza e continuamente cambiano i possibili scenari, c'è una questione aperta di cui quasi il dibattito politico sembra essersi dimenticato. Eppure si tratta di una questione della massima importanza, perché è emblematica non solo dello stallo creato dai conflitti interni alla maggioranza, ma di un meccanismo, per quanto politicamente contorto, ormai molto chiaro. La questione si chiama ministero dello Sviluppo Economico. La sede è vacante da quattro mesi e già questo di per sé rappresenta  un nodo singolare, un problema di estrema gravità, in un momento come quello attuale, in cui il mondo dell'impresa, nel tunnel della crisi economica,  non vede ancora luce. Ciò dà una misura dell'immobilismo e dell'irresponsabilità di una classe dirigente paralizzata da meccanismi politici irrisolti. Non mi riferisco solo alle spaccature all'interno della maggioranza, quelle che sono sotto gli occhi di tutti.  C'è molto di più. Dietro la mancata nomina del ministro dello Sviluppo economico, c'è un filo sottile ma molto resistente che manovra un governo il cui capo è ormai solo un'icona. Il filo ha un nome e un cognome: Giulio Tremonti, il cui strapotere di fatto, già quando il ministero dello Sviluppo Economico aveva una guida, si faceva ampiamente sentire. Da quattro mesi a questa parte, poi, dopo le dimissioni di Scajola, è ancora più evidente quanto, in materia di scelte economiche, l'unica mente e la sola mano all'interno dell'esecutivo è quella di Tremonti. Nonostante le pressioni piovute sul caso in sede parlamentare, e non solo, il ministero continua a rimenere privo di una guida. La lettera inviata da me e dal collega capogruppo al Senato, Felice Belisario, il 22 Luglio scorso, ha avuto il solo esito di risvegliare la questione a livello mediatico, con un conseguente appello del Capo dello Stato, che, durante la cerimonia del Ventaglio, diceva che "il governo non può ormai sottrarsi a decisioni dovute, come quella della nomina del titolare del ministero dello Sviluppo Economico", cui Berlusconi prontamente rispondeva sostenendo che la nomina era imminente. Parole, solo parole svanite in un nulla di fatto. Intanto, mentre si fa sempre più palese il meccanismo in base al quale Berlusconi è commissariato dalla Lega per una sorta di patto con Tremonti, il ministero dello Sviluppo Economico rimane vuoto, segno della debolezza del Premier, debolezza che fa gioco ai  due reali protagonisti dell'attuale scena politica. Di fatto, è ormai chiaro che il cavaliere è messo all'angolo di un esecutivo di cui rappresenta solo la facciata e le cui redini sono esclusivamente nelle mani di Tremonti, garante della linea della Lega. La mancata nomina in questione, però, al di là di logiche politiche, rappresenta soprattutto un danno oggettivo per il Paese. Un paese cui poco interessano le dinamiche interne ai giochi di potere, un paese che ha bisogno di risollevarsi e aspetta risposte.