dicembre 2010

GELMINI, TUTTA TAGLI E… MANGANELLI

GelminiGelminiLa nave Gelmini, dunque, va, con buona pace dell’Università. Una cosa sia chiara: questo sciagurato provvedimento che il Parlamento ha approvato non è una riforma. Chiamiamola per quello che è, una presa per i fondelli agli studenti, ai professori e ai ricercatori, in una parola al futuro del Paese. Maria Stella, la mediocre maestrina, ha fatto il suo modesto compitino. L’ha infarcito di titoli altisonanti, che parlano di lotta alle baronie, di meritocrazia, di incentivi per l’eccellenza, di lotta al precariato dei ricercatori, di diritto allo studio e di modernizzazione. Balle colossale. Quando si passa dai titoli ai contenuti la verità viene a galla. La riforma prevede esattamente l’opposto di quanto pomposamente annunciato.
Lotta ai baroni: falso. Invece di introdurre un sistema stringente per cancellare la piaga dei concorsi fasulli o pilotati e di introdurre quello che noi chiedevamo, ovvero,  un sistema trasparente nella selezione del personale docente, da oggi servirà solo un’abilitazione nazionale senza alcuna selezione, comparazione di titoli o graduatoria. Era così prima nella forma, ora è così anche nella sostanza. Non bisogna essere veggenti per predire ciò che accadrà: baroni vecchi e nuovi potranno procedere con una chiamata diretta di chi vorranno loro, all’interno di questo albo, senza alcun vincolo o controllo, consentendo i più sfrontati favoritismi, clientelismi o familismi. Le migliaia di giovani ricercatori meritevoli, che finiranno all’interno di questo albo nazionale, senza parenti in alto o raccomandazioni che contano, non verranno mai chiamati.
Incentivi a università meritevoli: falso. La riforma stabilisce, sulla carta, incentivi  e maggiori contributi pubblici agli istituti più virtuosi: è solo una promessa da campagna elettorale. Vogliono fare le nozze con i fichi secchi perché per l’università non c’è il becco di un quattrino, non c’è un solo centesimo, Tremonti ha tagliato tutto. I maggiori contributi, che ribadisco  non ci sono, non verranno assegnati in base ai risultati dei singoli docenti o dipartimenti virtuosi, ma in base ai risultati di un’intera università dove, come è evidente, i buoni e i cattivi risultati si cancellano a vicenda di modo nulla cambierà in concreto.
Lotta al precariato dei ricercatori: falso. I sei anni previsti come durata massima dell’incarico di ricercatore avrebbe un senso se nel corso di questi anni lo Stato accantonasse le risorse necessarie per l’assunzione quali professori ordinari dei giovani più meritevoli ma non è stato stanziato un centesimo neanche in questo caso. Non c’è alcuna previsione di accantonamento di risorse, come succede nel modello anglosassone, che pure, a parole, vogliono imitare. Finirà così che i giovani verranno sfruttati per sei anni e poi messi in mezzo ad una strada e a venire assunti saranno pochi e rigorosamente raccomandati.
Diritto allo studio: falso. Maria Stella Gelmini si è riempita la bocca con il “diritto allo studio”, ma ha tagliato il 90 per cento dei fondi per le borse di  studio.
Fondo per il merito: falso. Il fondo per il merito tanto decantato, per i prossimi tre anni prevede zero, ripeto, zero euro di finanziamento. La realtà è che il ministro Gelmini si è comportato come una marionetta nelle mani di Tremonti, il cui unico imperativo è tagliare, tagliare, e ancora tagliare.
La maggioranza ha approvato una legge completamente priva di copertura finanziaria, che non dà ma promette ed anche quello che promette è soltanto di restituire una piccola parte dei tagli drammatici che questo governo ha fatto negli ultimi tre anni, mettendo in ginocchio le università italiane.
Lotta alla parentopoli: falso. Italia dei Valori aveva proposto un emendamento affinché non venissero assunti negli atenei parenti ed affini entro il terzo grado. Il Governo ha stravolto il senso del nostro emendamento, rendendolo di fatto un’arma spuntata. Con una semplice e finta lettera di dimissioni temporanee del professore, forme di nepotismo e di familismo continueranno ad essere la regola d’oro degli atenei, con buona pace del merito e delle capacità. L’emendamento di Italia dei Valori intendeva spezzare le redini a questo sistema, non lasciando scampo ai furbi. La riforma finge di combattere la parentopoli negli atenei, in realtà rimarrà tutto come era prima.
Questa è una riforma che la scuola e l’università e le nuove generazioni, che rappresentano il futuro di questo paese, non meritavano e non meritano. Così come non meritavano e non meritano l’ipocrisia del Fli e di Fini che ha protestato insieme agli studenti e ai ricercatori, è salito sui tetti dell’università e, alla fine, non solo ha votato questa burletta di riforma ma l’ha definita una delle cose migliori della legislatura. I giovani, gli studenti, i ricercatori e tutto il mondo dell’università hanno chiesto, in questi mesi, di bloccare i tagli e di procedere ad una riforma vera e seria. Come tutta risposta, sono stati traditi due volte.

MONTECITORIO RESORT, IN VACANZA A SPESE DEI CITTADINI

Aula MontecitorioAula MontecitorioE’ inutile bussare tanto non vi aprirà nessuno. La Camera dei Deputati chiude i battenti fino al 13 dicembre. Il parlamento è chiuso per crisi. Dieci giorni di stop imposti dalla maggioranza a tutto il parlamento per i venti di crisi che l’attanagliano. Siccome loro non sono più in grado di governare il Paese, sono ormai il pallido ricordo pallido di una maggioranza unita e coesa, se ne fregano dei problemi del Paese e decidono di non fare nulla per due settimane, in attesa di ricucire strappi e leccarsi le ferite. Non è mai accaduto nella storia della Repubblica che si imponesse una chiusura forzata di Montecitorio perché il governo non c’è più. In tempi normali e in un paese normale si salirebbe al Quirinale per ammettere i propri fallimenti e restituire il mandato. Ma questa è fantascienza nell’era Berlusconi, abbarbicato alla poltrona come non mai perché spaventato e terrorizzato dai suoi fantasmi giudiziari. Ieri, ci siamo opposti con tutte le nostre forze a questa chiusura forzata ma ci siamo scontrati contro un muro di gomma, contro una maggioranza ed un governo che hanno assunto davanti ai cittadini la responsabilità di governare ma che se ne fregano bellamente. Con bella faccia tosta, Fabrizio Cicchitto, il presidente dei deputati del Pdl, ha avuto il coraggio di dire che non è una vacanza ma una situazione di crisi politica che avrà una verifica il 14 dicembre ed è meglio impiegare il tempo per vedere se si trova un confronto tra le forze politiche. Il Fli, ex partito di maggioranza, ha avvallato la richiesta del Pdl di imporre uno stop forzato dei lavori del parlamento e la Lega, quella di Roma ladrona e fannullona, idem. Un atto di incoerenza e irresponsabilità, non c’è che dire, in entrambi i casi. La chiusura di Montecitorio è un doppio schiaffo in faccia che noi denunciamo con forza. A tutta quella realtà di piccole e medie imprese che sono attanagliate da una crisi economica e finanziaria senza precedenti e che sono costrette a chiudere i battenti. A tutti quei lavoratori, operai in cassa integrazione, insegnanti condannati al precariato a vita, famiglie che non arrivano alla fine del mese. A tutti coloro che hanno perso il proprio posto di lavoro o stanno per perderlo a causa dell’incapacità di questo esecutivo di dare risposte alla crisi. In questi tempi di crisi economica e finanziaria, concedersi il lusso di una settimana di vacanza a spese dei cittadini contribuenti, perché di questo si tratta, è uno schiaffo in faccia al Paese. Vergogna!

MARIA STELLA NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE

video: 

Oggi m’improvviso cuoco come Brunetta. La ricetta del potere berlusconiano: prendete delle menzogne e spargetene in quantità nello studio televisivo; naturalmente assicurandovi prima la presenza di un conduttore compiacente, ribaltate la realtà, impedite agli interlocutori di dire verità scomode et voilà, il gioco è fatto. Semplice no? La puntata di ieri sera di porta a Porta (guarda il video), in cui mi confrontavo col ministro Gelmini, è esemplificativa. Il ministro dell’Istruzione (mah…) Maria Stella Gelmini, che per cultura e competenza non potrebbe neanche insegnare in una scuola, è invece una vera campionessa nell’arte della mistificazione. Di fronte alle critiche puntuali sulla riforma universitaria e alla valutazione politica di quanto pubblicato da WikiLeaks ha reagito mentendo con una disinvoltura straordinaria. Veramente in maniera imbarazzante. Ha descritto una realtà che non esiste, manco fosse Alice nel paese delle meraviglie. In maniera ammirevole ha cercato di negare l’evidenza, parlando con slogan e frasi fatte (scritte chissà da chi) e con tono monocorde ha illustrato i pregi di una riforma universitaria pessima che riporta il Paese a trent’anni fa. L’ha descritta come una legge contro i baroni e gli sprechi. E perché, noi per caso siamo favorevoli a baroni e sprechi? Ha screditato le rivelazioni di wikileaks affermando che erano false, dette da funzionari di terz’ordine sfigati, repressi e magari pure un po’ invidiosi. Peggio di un Capezzone qualunque ha impedito una discussione sullo stato di salute del premier e sulla scarsa considerazione che hanno di lui gli altri paesi. Insomma il ministro ha agito come un automa messo lì a fare la testa di legno. Io non penso che lei possa davvero credere a quello che dice. A meno di voler pensare che sia completamente incapace di intendere e di volere, sa benissimo cos’è la sua riforma, perché è stata fatta e quali gravi conseguenze ha sull’università e la ricerca. Ha recitato una parte E’ evidente che il governo ha paura e che non vuole che si parli di certe cose, neanche nei talk show. Forse è un segno che siamo già in campagna elettorale e questo è stato solo un assaggio. Se è così, dovremo prendere provvedimenti affinché la competizione elettorale si svolga nel rispetto delle regole democratiche, perché una vittoria di Berlusconi consegnerebbe il Paese al declino e all’ingovernabilità.

LIBERA CHIESA IN LIBERO STATO. MA DOVE?

 

In Italia la maggior parte delle scuole private sono cattoliche. Il governo ha tagliato i fondi alla scuola pubblica ma non ha toccato quella privata, vale a dire non ha toccato le scuole cattoliche. In Italia, la Chiesa detiene il 22% del patrimonio immobiliare nazionale. Oltre un quinto del patrimonio immobiliare italiano fa capo alla Chiesa: 200 mila posti letto sono gestiti da religiosi, con 3.300 indirizzi, tra case per ferie, hotel, centri di accoglienza per pellegrini. Il giro d’affari è stimato in 4,5 miliardi. Solo a Roma sono 5.000 i posti letto ufficialmente disponibili in ex conventi e collegi religiosi. Nulla contro la Chiesa e la sua funzione sociale svolta dalle parrocchie e dagli altri enti cattolici, nulla neppure con tante delle attività che molti soggetti cattolici svolgono in linea con lo spirito missionario. Ma bisogna fare delle distinzioni. Certamente non siamo contro l'agevolazione da parte dello stato alla Chiesa, ma il Governo non può saccheggiare risorse, già limitate come per esempio quelle del 5 per mille, e poi utilizzare i pochi fondi che ci sono continuando a deviarle alla Chiesa che attinge già da più parti. Un esempio è quello che è successo con l'Ici. Il Governo Berlusconi ha esentato la Chiesa dal pagamento dell’Ici sul patrimonio immobiliare del Vaticano cosa che non ha senso se tra quelli che non dovranno più pagare  ci sono anche esercizi commerciali o ristoranti. Inoltre, un conto è agevolare le scuole paritarie, un altro è tagliare le risorse alla scuola pubblica e lasciando intatti quelli alle scuole cattoliche, perchè, caro ministro Tremonti, se i soldi non ci sono non per tutti. Entro il 13 dicembre di quest’anno, poi, la Commissione bilancio deve esprime il suo parere sulla distribuzione della quota complessiva dell’8 per mille devoluto allo Stato che, per il 2010, è di circa 145 milioni di euro. I soldi sono stati così ripartiti: 5 milioni per 40 interventi a favore della lotta contro la fame nel mondo, 11 milioni per 13 progetti di assistenza ai rifugiati, 20 milioni per 22 interventi a favore delle popolazioni colpite da calamità naturali e, infine, 107 milioni di euro per 262 interventi volti a conservare beni culturali. Ma c’è un “ma” grande come una casa. Nella voce “conservazione dei beni culturali”, infatti, la maggior parte degli interventi concerne il restauro di chiese e conventi, spesso richiesto da parrocchie ed ordini religiosi. Si tratta di 105 interventi, pari al 40% degli totali. La somma impiegata è pari a circa 66 milioni di euro, ossia il 61% della somma destinata alla conservazione dei beni culturali e al 46% della quota complessiva riservata allo Stato. Non è una novità. Già nel 2009 la deviazione dei fondi spettanti allo Stato verso la Chiesa cattolica fu ingente. Silvio Berlusconi, reduce dall’incidente diplomatico del 28 agosto, dispose che i 10 milioni di euro assegnati al capitolo beni culturali fossero finalizzati a interventi in favore di 26 immobili ecclesiastici. Persino i deputati del centrodestra in commissione Bilancio di Montecitorio storsero il naso, contestando carenze ed incongruenze ma il copione sta per andare di nuovo in scena. Eppure Santa Romana Chiesa, proprio riguardo all’8 per mille, la fa già da padrone, in virtù del concordato del 1984 e anche grazie ad un’opzione che stabilisce che l’otto per mille di quei cittadini che non firmano viene ridistribuito secondo le percentuali calcolate in base a chi ha espresso la scelta. Con tutto il rispetto per Santa Romana Chiesa, già ampiamente beneficiata, perché lo Stato deve dare due volte? Perché con l’ingente somma che la Chiesa già introita grazie all’8 per mille non provvede da sola al restauro dei suoi beni culturali? Italia dei Valori, il prossimo 13 dicembre, in Commissione bilancio chiederà che, tali risorse siano destinate a ripristinare il fondo del 5 per mille al volontariato, brutalmente taglieggiato dal ministro Tremonti. Dalle parole ai fatti.

SILVIO BERLUSCONI LA STAR

Io sono la star”. Non l’ha detto Julia Roberts né Leonardo Di Caprio, che in effetti potrebbero vantare il titolo. Lo ha detto Silvio Berlusconi, durante l’ultimo summit internazionale. Ragione di questa auto definizione, tra lo psichiatrico ed il comico, è che tutti i capi di stato dell’altro mondo gli hanno chiesto di farsi una foto assieme. Un click e via, tanto basta a Silvio Berlusconi e al suo ego ipertrofico per consolarsi di tutto il male che dal suo paese gli giunge. Ma parlare di gigantesca vanità, di immensa immodestia, di ego da manicomio, non basta a spiegare la ragione per la quale il presidente del Consiglio arrivi a pronunciare simili, come dire, stronzate. Nonostante, con ogni probabilità, la prossima settimana calerà il sipario sull’era di Silvio, nonostante Wikileaks lo stia sputtanando in lungo ed in largo, nonostante Gianfranco Fini gliene dice di tutti i colori – se avesse ammesso i suoi errori non saremmo a questo punto, come disse Ted a Joanna in Kramer contro Kramer così disse Gianfranco a Silvio, anche se la loro assomiglia più alla Guerra dei Roses per la spartizione dell’immenso patrimonio -   Berlusconi gongola e mena vanto. Ed è proprio qui la chiave di lettura di “Silvio gongolo”. Con l’arrivo di Berlusconi al potere, è nato un nuovo modello culturale che ha ribaltato il concetto di eroe positivo. Autodefinirsi star è la patetica determinazione di leader populisti nati e cresciuti in tv di mascherarsi da eroi e che, come ha scritto bene oggi su la Repubblica Filippo Ceccarelli, all’azione di governo preferiscono i linguaggi emozionali tipici dell’industria dello spettacolo. Con Silvio Berlusconi, è nato un nuovo eroe, un eroe nero e sporco, più mascalzone che per bene, che ha una condotta personale sfrenata e lussuriosa ma è figo, ha tante donne, poco importa se le paga, è maschio, virile, maneggione, con un passato da imprenditore oscuro, con pesanti ombre di corruzione. Insomma un super Corona della politica, bello e impossibile, trafficone ma muscoloso che se ne frega se qualcuno parla male di lui perché l’importante è che se ne parli. Tra Silvio Berlusconi e uno dei tanti protagonisti dei reality di Maria che imperano sulle tv del presidente biscione, non c’è nessuna differenza perché entrambi hanno capito che l’unica cosa che conta è che si parli di se, bene o male, l’importante è essere sull’onda, non è importante quello che fai ma come appari. E’ anche su questo che il nostro Paese ha bisogno di essere ricostruito. Abbiamo bisogno di una nuova classe dirigente, di eroi positivi, di Tex Willer della politica, eroi di cappa e spada che viaggiano per le praterie di questo stanco Paese a protezione dei cittadini onesti, contro le bande che lo hanno saccheggiato.

DIECI DOMANDE AL DIRETTORE MINZOLINI

 Al direttore Augusto Minzolini piace presentarsi in video per i suoi ormai celebri editoriali. Oggi il Fatto quotidiano pubblica i risultati di un’indagine interna della Rai, ordinata da Mauro Masi, che dà la cifra, o meglio, le cifre della direzione di Augusto Minzolini. Noi chiediamo al direttorissimo, già da questa sera, di rispondere alle dieci domande che riportiamo qui di seguito. Sarebbe una bella azioni di trasparenza, un editoriale quanto mai necessario e dovuto ai cittadini contribuenti che, se le notizie dovessero corrispondere al vero, avrebbero pagato il direttore – che guadagna 500 mila euro l’anno – non per fare il suo lavoro ma per amenità varie.

1) Direttore Minzolini, è vero che in 14 mesi lei avrebbe speso 86.680 euro per pagare i conti di ristoranti in Italia e all’estero?

2) Corrisponde al vero che, da quanto lei ha assunto l’incarico di direttore della testata, è andato in trasferta per 129 giorni, lavorando praticamente la metà del tempo in trasferta?

3) E’ vero che su 56 trasferte da lei effettuate, avrebbe indicato lo scopo della sua missione solamente 11 volte?

4) Risponde al vero che lei avrebbe abbandonato per ben 45 volte la redazione per raggiungere mete spesso esotiche?

5) Quali erano le motivazioni alla base della sua ultima partecipazione al Festival del cinema marocchino di Marrakesh in coincidenza del ponte dell'Immacolata?

6) Quali, invece, quelle alla base del suo viaggio in Kenya nello scorso mese di settembre, testimoniato da fotografie che la vedono ritratta insieme ad un pitone di due metri e alla deputata del Pdl Gabriella Giammanco?

7) Quali motivi di lavoro o ragion di stato l’hanno portata a Istanbul, Londra, Amburgo, Venezia, Cannes e Praga, sempre in coincidenza di weekend, per ben  40 volte in un anno?

8)E’ vero che tutte le sue trasferte non sarebbero state autorizzate preventivamente dalla direzione generale della Rai?

9) C’è un legame tra il concorso per famiglie “Reporter d’alto mare” organizzato dal Tg1 in collaborazione con la multinazionale americana Royal Caribbean e le interviste ai dirigenti della suddetta multinazionale per crociere, andate in onda per ben sei volte su il telegiornale da lei diretto?

10)   Direttore Minzolini, è a conoscenza del fatto che il Tg1 ha perso un milione di telespettatori in un anno?

Noi auspichiamo che Minzolini faccia chiarezza, smentisca le circostanze a lui addebbitate. Diversamente, il direttore generale Masi dovrebbe assumersi le sue responsabilità.

MATTEO RENZI, IL ROTTAMARCORE

E così il rottamatore Renzi, il giovane, è andato ad Arcore e su Facebook è scoppiato il caso Renzi. Molte e molto dure le critiche in casa Pd al sindaco di Firenze, 'reo' di aver preso parte ad un pranzo con Silvio Berlusconi nella di lui dimora privata. Lui, dal canto suo, non ha mancato di sottolineare le sue ragioni in difesa del suo gesto. Ha raccontato che hanno pranzato assieme ed erano solo loro due, lui ed il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, non c’erano né Emilio FedeLele Mora. Dice di essere andato ad Arcore per perorare la causa di Firenze e sostenere la legge speciale per la città. A chi lo ha attaccato duramente ha ribadito che non c’erano altri scopi segreti. Solo in un paese malato, ha detto il sindaco di Firenze, si può pensare che ci sia qualcosa sotto. Premesso che ho sempre guardato a Renzi e ai rottamatori con grande simpatica, perchè in questo paese di inamovibili rappresentano la volontà di dare una scossa per liberare gli alberi dai frutti troppo maturi, questa volta non condivido del tutto il suo gesto. Io faccio il sindaco di Firenze, ha detto Renzi, lui il presidente del Consiglio. Appunto. E’ proprio qui che avverto una nota stonata. Un sindaco quando incontra un presidente del Consiglio non lo fa nella sua residenza privata, ad Arcore, ma a palazzo Chigi, nella sede istituzionale del Governo. E soprattutto, non lo fa pochi giorni prima il voto di sfiducia, quando tutte le opposizioni stanno sostenendo uno sforzo titanico per chiudere definitivamente l’epoca del berlusconismo che ha fatto danni inenarrabili a questo povero Paese. Non ho dubbi che il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che ha provocato più di qualche mal di pancia al segretario del Pd Pierluigi Bersani e a tutta la nomenclatura del Partito democratico, abbia avuto motivi nobili e finalità altamente istituzionali ma scegliere di andare ad Arcore, in questo momento, significa scendere sul piano di quel berlusconismo che ha il suo motore e credo nella confusione dei ruoli, delle istituzioni che confonde pubblico e privato. Sicuramente, come scrive oggi Massimo Gramellini su la Stampa, Renzi appartiene all'attualità e gli altri al museo del Novecento ma, non sarà politicamente sexy dirlo, lo stile come rispetto delle regole e della distinzione dei ruoli è una condizione imprescindibile in politica, è la regola aurea e se l'attualità del centrosinistra passa attraverso il modello Berlusconi, allora vorrebbe dire che abbiamo trovatomagari un nuovo leader ma non siamo riusciti ad uscire dalle secche del leaderismo e personalismo in politica. Per questo, pur ribadendo la mia stima ai rottamatori, stavolta la scelta di Matteo Renzi di andare ad incontrare il presidente del Consiglio nella sua residenza privata e non nella più opportuna sede di palazzo Chigi è un segnale bruttissimo. E' una questione non secondaria di stile e se questo è quello dei rottamatori, spiace dirlo ma viene voglia di dire "niente di nuovo sotto il sole". Cambiano le generazioni ma lo stile resta lo stesso, anzi peggiora. Perché, almeno fino ad oggi, mai nessun alto esponente del Partito democratico avevano varcato i cancelli della residenza privata del presidente del Consiglio.

RISPETTO E DIGNITA' NON SI COMPRANO

Lettera di Scilipoti per le dimissioni dall'IdvLettera di Scilipoti per le dimissioni dall'Idv

Il governo è finito e il voto del 14 dicembre è assolutamente irrilevante. Anche se lo squallido mercato delle vacche parlamentare che Berlusconi sta  conducendo con spregiudicatezza desse come esito qualche voto di vantaggio alla  Camera, non cambierebbe nulla. E' ormai chiaro che la crisi è formalmente aperta e che la parola deve tornare agli italiani. Con il voto. Ma quest’agonia del governo si sta svolgendo in un clima da fine impero che sta trascinando nel fango le istituzioni. Per raccattare qualche voto in più si sta trasformando Montecitorio in un mercato. La compravendita di parlamentari è una delle più squallide manifestazioni di declino politico della nostra storia. E' chiaro che si scelgono le persone più fragili e facilmente lusingabili. Magari con problemi economici e difficoltà personali. Anche l'onorevole Calearo ha parlato di una vera e propria compravendita, con cifre fra i 350 e i 500  mila euro. Tra i  nomi coinvolti ci sono anche quelli dei nostri deputati Antonio Razzi e Domenico Scilipoti, che oggi, in una lettera hanno comunicato le proprie dimissioni dal partito dell’Italia dei Valori. Non so come Razzi e Scilipoti possano votare la fiducia del 14 dicembre, in questi giorni ai giornali hanno detto tutto ed il contrario di tutto. So di certo che a seconda della scelta che faranno si capirà se sono ancora o meno degni di definirsi “uomini”. Fino all’ultimo voglio sperare che in loro prevalga l’onore ed il rispetto di quei migliaia di attivisti che, con il loro duro lavoro, hanno contribuito a farli eleggere, di quei milioni di elettori che hanno riposto anche in loro le speranze di una politica diversa e di un’Italia migliore. Quel che è certo è che se dovessero votare la fiducia a Berlusconi si bolleranno a vita con il marchio del’infamia che si deve ai peggiori traditori. Non credo nel perbenismo ipocrita per cui il rispetto si deve a tutti. Il disprezzo, in questo caso, non è volgarità, ma etica pubblica. E' giusto che i politici comincino a capire che quando si vendono e tradiscono i valori di chi li ha votati il disprezzo lo meritano tutto. E' il prezzo minimo da pagare per la loro corruzione morale. Un parlamentare può cambiare partito, cambiare idea, rompere con il suo partito d’origine. Tutto questo va accettato e anche rispettato se si fonda su scelte ideali e politiche. Ma chi, eletto per rappresentare l’opposizione più intransigente a Berlusconi, finisce per sostenerlo con il proprio voto, solo perché comprato politicamente per trenta vili denari, (che possono essere tante cose: la promessa di rielezione, di incarichi o di denaro) dovrà sapere che, in cambio, riceverà, come Giuda, soltanto il disprezzo delle persone oneste e perbene.

AGGIUNGI UN POSTO ALL'ATAC

Manifesto Idv contro la parentopoli di AlemannoManifesto Idv contro la parentopoli di AlemannoAggiungi un posto all’Atac (o all’Ama) che c’è un amico in più. Un parente in più. Una cubista in più. Un’amante, un’amica, un raccomandato di ferro. Insomma chiunque possegga il pass politico giusto per entrare nella pubblica amministrazione senza concorso. Meglio se fascista…L’Atac e l’Ama di Roma sono, rispettivamente, le municipalizzate dei trasporti pubblici e della nettezza urbana. E sono in questi giorni al centro di uno scandalo battezzato parentopoli’. 12.000 dipendenti la prima, 7.000 la seconda. La procura e la Corte dei Conti indagano, il Campidoglio trema, perché la lista dei politici e dei manager coinvolti è lunga. Molto lunga. Ci sono, tra gli altri, Vincenzo Piso (coordinatore regionale Pdl); Gianni Sammanco (Pdl); Adalberto Bertucci (ex amministratore delegato Atac); Marco Marsilio (deputato Pdl); Stefano De Lillo (senatore Pdl); Sergio Marchi (assessore alla mobilità di Roma); Marco Visconti (consigliere comunale Pdl); Francesco Aracri (deputato Pdl); Giancarlo Marinelli (caposcorta di Alemanno); Giorgio Simeoni (deputato Pdl); Antonio Tajani (eurodeputato Pdl). Oltre a 18 sindacalisti, di tutte le sigle, e addirittura diversi esponenti della galassia neofascista e dell’estrema destra capitolina. Sarebbero 1400 le assunzioni sospette all’Atac, azienda che ha perdite per 120 milioni. Una vergogna nazionale che avrebbe dovuto immediatamente far saltare i vertici delle due società e provocare una valanga di dimissioni politiche. Invece, come sempre accada in Italia, ormai patria europea del malcostume, si fa finta di niente e si continua ad andare avanti. Oggi il sindaco Alemanno, che a Roma ormai chiamano ‘Lupomanno’,  si è difeso dicendo che le assunzioni sospette sono solo 85, ha attaccato le giunte precedenti, ed ha detto che  un’apposita commissione scriverà nuove regole per le assunzioni. Complimenti per la tempestività. Ah, scusate, dimenticavo la chicca: "Io – è sempre ‘Lupomanno’ che parla - vorrei capire perché si è creato un caso Roma. Stranamente in questo momento escono articoli non solo su parentopoli ma anche su altri argomenti. Non so se questa attenzione e' legata alle voci di miei impegni di carattere nazionale, che io smentisco categoricamente". Tradotto dal politichese: smettete di attaccarmi, non voglio fare il vice di Berlusconi né il leader del centrodestra. A chi sarà rivolto il messaggio non lo sappiamo. Agli ex amici ora con Fini? A nemici interni al Pdl? Boh, fatti suoi. Ha paura della macchina del fango, ma non si assume la responsabilità politica del marciume che è stato prodotto dalla sua amministrazione. Quel che colpisce di queste affermazioni è la gravità del messaggio: smettete di attaccarmi perché io non ho un ruolo nelle vicende nazionali, e non voglio occuparmene. Sto a Roma a fare il sindaco, non mi tirate in ballo. Un messaggio nello stile della malavita, obliquo, contorto eppure diretto. Chi sa capisce. Ma non solo: colpisce anche la dimensione dello scandalo di parentopoli ed il suo ‘essere sistema’. Da quanto si legge dai giornali, è impressionante la ragnatela di sottopotere che sta dietro all’assunzione di personale nelle municipalizzate. Ancora una volta il settore pubblico è utilizzato come un bacino clientelare, per sistemare amici ed amici di amici. Con due conseguenze, entrambe pesanti per i cittadini: aumento dei costi e peggioramento del servizio. Ma Lupomanno si preoccupa di lanciare messaggi occulti. E di far togliere i manifesti di Italia dei  Valori dalla città, come denunciato dal nostro segretario regionale. Si vergogni.

ECCO COME FUNZIONA IL MERCATO DELLE VACCHE

video: 

Vi spiego come funziona il mercato dei parlamentari. Un deputato che è stato contattato, mi ha raccontato il metodo utilizzato dagli emissari del pdl. Il primo passaggio è un contatto informale, che sfrutta i rapporti amicali, di conoscenza, personali. Il parlamentare viene ‘agganciato’ da una persona che gli mette la pulce nell’orecchio. Gli fa sapere che ha presunte informazioni sulla possibilità che non venga ricandidato, sulla scarsa considerazione che hanno di lui nel partito e altre cose simpatiche di questo genere. Il secondo passaggio è più allettante e riguarda le possibilità future: la ricandidatura e tutti gli strumenti per accrescere la propria carriera politica…Se dopo questo secondo step il parlamentare ‘abbocca’ allora si passa ad una fase più concreta. Viene, presumibilmente, organizzato un incontro in cui si tratta sul serio con gli emissari autorizzati a condurre concretamente la trattativa. L’ultimo passaggio è la firma dell’accordo davanti a Berlusconi in persona. Mi sembra evidente che in tutto questo non ci sia neanche l'ombra di una libera dialettica parlamentare. Si tratta di un reato, né più né meno di un illecito su cui è doveroso l'intervento della procura. Questo è il motivo dell'esposto che abbiamo presentato. La gravità degli episodi di cui siamo a conoscenza, mi ha, inoltre, fatto sentire in dovere di avvisare il Presidente della Repubblica e l'ho fatto in una lettera aperta che potete leggere qui, in allegato. Era giusto che il Capo dello Stato fosse reso partecipe di quanto sta accadendo, del fatto che gli interessi di alcuni parlamentari siano ormai circoscritti al proprio personale futuro, agli sviluppo della propria carriera, al maturare della propria pensione. Consideriamo tutto questo aberrante e riteniamo necessario fare di tutto per evitare che il declino di una stagione politica si traduca nella fine inesorabile del decoro che essa deve avere. E', insomma, per questo, in base alle informazioni che abbiamo avuto, per le dichiarazioni di Calearo sul prezzo dei parlamentari (dai 350.000 ai 500.000 euro), per il video di Razzi (quoque tu Antonio…) che due mesi fa su questo blog aveva denunciato il tentativo di corruzione subito, che abbiamo presentato l’esposto alla procura della Repubblica. Corruzione, almeno morale, c’è stata. E’ anche per questi motivi che ho inviato la lettera aperta al Presidente della Repubblica, ch pubblico di seguito:

Ill.mo Presidente della Repubblica,

Le scrivo in qualità di presidente di gruppo parlamentare perché preoccupato dalla gravità di quanto sta avvenendo, sicuro della Sua sensibilità istituzionale e del Suo rigore morale. Circa un mese fa, fummo tra le forze politiche che accolsero il suo appello affinché prima del voto sulla mozione di
sfiducia ci fosse una moratoria per permettere l’approvazione della legge di Stabilità. Nella difficile situazione economica che l’Italia sta attraversando, la richiesta di questa ‘moratoria’ è stato un gesto di straordinario interesse per il Paese, accolto da tutti i capigruppo. Un tempo che alcune forze politiche della maggioranza, però, hanno utilizzato per dar vita ad una squallida campagna acquisti di parlamentari dell’opposizione. Tanto squallida da spingere un deputato, anch’egli coinvolto in un passaggio, ad affermare che il prezzo di un parlamentare varia dai 350.000 ai 500.000 euro. Questo mercanteggiare indegno mina la credibilità delle istituzioni e trascina il Paese verso il degrado politico, sancendo una generalizzata e diffusa perdita di fiducia dei cittadini nei confronti delle istituzioni. Rischia anche di provocare una frattura tra il corpo sociale ed i rappresentanti politici, molto pericolosa perché coincidente con una pesante crisi economica dagli effetti particolarmente duri per i lavoratori, le imprese e le famiglie. Senza volerLa coinvolgere nell’aspro dibattito politico, mi rivolgo a Lei come garante e custode della vita democratica italiana, affinché faccia sentire la Sua voce alta ed autorevole in difesa della dignità del Parlamento, ma anche del governo e delle istituzioni tutte, per evitare che la fine di una stagione politica porti con sé il crollo delle regole democratiche. Certo dell’attenzione con cui sempre segue le vicende del Paese, Le porgo i più cordiali saluti.

BERLUSCONI, TRAGICOMICO RE LEAR AL TRAMONTO

Berlusconi al Senato durante la discussione generale sulla fiducia si appisolaBerlusconi al Senato durante la discussione generale sulla fiducia si appisolaSono arrivati a 600 mila i lavoratori in cassa integrazione nel 2010. Ognuno di loro ha perso in media 8.000 euro nell’ultimo anno, circa 680 euro al mese che, per molti di questi lavoratori, equivale a metà della busta paga. La cassa integrazione non riguarda solo loro, ha effetti devastanti anche sulla nostra economia che, per quest’anno, ha perso 4 miliardi di euro e il prossimo si preannuncia anche peggiore. In questo scenario drammatico, oggi Silvio Berlusconi si è presentato al Senato ed ha messo in scena il primo atto della sua tragedia personale e politica. E’ un Re Lear stanco e vecchio che, come il re di Britannia, ossessionato dalla sua infinita vanagloria,  si aggira in Parlamento farneticando e parlando con i topi. Con un armamentario linguistico altisonante che invoca la Costituzione, da lui sistematicamente umiliata e vilipesa, il rispetto della volontà degli italiani, dell’interesse del Paese, quel bene supremo che come presidente del Consiglio ha sistematicamente e scientificamente ignorato in nome dei suoi interessi personali, ha messo su la sua maschera migliore ma ormai decrepita di finto dialogatore alla ricerca di unità, rivelando ancora una volta la maschera tragica di ipocrita e vanaglorioso piazzista, che ha trasformato il Parlamento e la democrazia in un assurdo e grottesco mercato delle vacche, che tiene bloccato e sospeso il paese per mettersi al riparo dei suoi guai. Un piccolo uomo, il peggior presidente del Consiglio della storia repubblicana, ossessionato dai suoi guai giudiziari e personali, un corruttore che, nonostante abbia messo in atto la pratica che conosce meglio, finirà sepolto, in senso figurato s’intende, dalla sua miseria umana e politica. L’esperienza di questo governo è finita ormai da un pezzo e, a meno di cedimenti da parte di Casini e Fini, domani calerà per l’ultima volta la tela dopo la messa in scena dell’ultimo tragico secondo atto. Le sue sono ormai parole stanche e senza senso, incomprensibili come quelle farneticanti pronunciate dallo shakesperiano Re Lear a Dover. Ha perso ogni residuo di credibilità ed ogni tentativo di rimuovere dalla coscienza degli italiani 15 anni di leggi ad personam, le sue miserabili ultime vicende sessuali con minorenni, i dispacci internazionali che lo dipingono per quello che realmente è, crolleranno miseramente. Domani Silvio Berlusconi apparirà per quello che è: un pazzo lucido, disposto a tutto pur di salvarsi, anche ad affogare quel paese che avrebbe dovuto guidare e che invece ha portato allo sfascio.

B-DAY, UN PALLOTTOLIERE NON LO SALVERA’

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Dall’esito del voto di oggi dipendono molte cose, ma sicuramente non la vita del governo, ormai definitivamente segnata da mesi. Se anche Berlusconi ottenesse la fiducia per uno o due voti, o anche per quattro, cinque, non gli sarebbe possibile continuare a governare. Basti pensare che il centro sinistra non riuscì a governare nel 2006, avendo in Senato tre voti di vantaggio ed avendo tra i senatori un solo esponente di governo, il ministro della Giustizia, Clemente Mastella. Il governo Berlusconi ha circa 40, 50 tra ministri, viceministri e sottosegretari che sono anche parlamentari e quindi non assicurerebbero la loro presenza in Aula per le votazioni. Già nei mesi scorsi il governo pendeva non di 4 o 5 voti, ma di 40, 50. Quindi, indipendentemente da ciò che succederà oggi, il governo cadrà. Cosa cambia, allora, se Berlusconi ottiene la fiducia? Sarà una clamorosa sconfitta politica per Fini, di cui Berlusconi riuscirà a dimostrare la non rilevanza per togliergli la maggioranza. Sarà una sconfitta per chi lavorava all’ipotesi, giusta o sbagliata che fosse, di dar vita ad un governo di larghe intese senza Berlusconi. Se otterrà la fiducia, infatti, da domani sarà ancora Berlusconi a decidere se e quando salire al Quirinale, a decidere se chiedere il rimpasto. In questo caso il Presidente della Repubblica non avrebbe altra scelta che concederglielo, visto che non esistono maggioranze in Parlamento. Cosa farà Berlusconi domani? Si aprono sostanzialmente tre ipotesi. Una prima, nella quale, da presidente del Consiglio ancora in carica, cercherà di tessere la tela di un allargamento della maggioranza all’Udc e forse anche a Fli o ad una parte di Fli. Sicuramente giocherà il tutto per tutto per riuscire a chiudere questa trattativa. Una seconda fase, che si aprirà se la prima gli lascia qualche spiraglio positivo, lo vedrà recarsi dal Capo dello Stato e, dopo aver rassegnato le dimissioni, chiedere che gli venga affidato il reincarico. A questo punto Berlusconi cercherà di stringere un’intesa con tutta una parte del terzo polo, mettendo sul piatto un bel numero di ministri, viceministri e sottosegretari. Seguirà la fase più difficile di questo passaggio, ossia far digerire a Bossi e alla Lega la presenza di un nuovo alleato come l’Udc, così ostile al federalismo. Sicuramente Bossi non accetterà senza garanzie ben precise. E’ altresì evidente che, se finisse così, le velleità da futuri leader politici di Casini e Fini ne uscirebbero pesantemente ridimensionate. La terza ipotesi, che si apre nel caso la prima e la seconda fallissero, vede le elezioni a Marzo, con un Berlusconi che confiderà nel fatto che le opposizioni all’asse Pdl-Lega si presenteranno divise. Sicuramente si tratta di scenari, tutti, poco lusinghieri, ma, a voler vedere il bicchiere mezzo pieno, quest’ultima ipotesi vedrebbe una svolta decisiva: per lo meno, sarebbe la volta in cui si farebbe definitivamente chiarezza sulla collocazione dell’Udc ed in cui finalmente il Pd sarebbe costretto a smetterla di inseguire alchimie di palazzo e sterili tatticismi parlamentari, rompendo gli indugi e dando finalmente vita, assieme a Idv e Sel, non tanto a nuove coalizioni, quanto ad un progetto radicalmente innovativo di modernizzazione del Paese. E’ di questo che l’Italia ha bisogno, in questo momento, di un governo stabile e con un progetto vero e di ampio respiro. Non certo di un governo, appeso ad un pallottoliere che, comunque vada oggi, è un morto che cammina.

RAZZI E SCILIPOTI? UNA LEZIONE PER IL FUTURO

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Non mancherò di rispondere alla domanda che brucia in queste ore: perché Scilipoti e Razzi, due deputati di Italia dei Valori, hanno votato la fiducia a Berlusconi, tradendo il partito e gli elettori di Idv ma per farlo devo prima fare qualche doverosa premessa. A scanso di equivoci, non vi nascondo che sono profondamente amareggiato per quello che è accaduto e ne sento in qualche modo la responsabilità, perché questo fa una classe dirigente seria di un partito. Non si mette in cattedra a dispensare consigli o a dare colpe ad altri ma se le assume in prima persona ed opera concretamente perché questo non si ripeta mai più. Io credo che ci siano due cause, una recente e una remota che spiegano quanto accaduto. La causa recente è riconducibile a Silvio Berlusconi e a quanto ha messo in atto nell’ultimo mese e mezzo. Mentre Italia dei Valori e tutta l’opposizione, così come era stato chiesto dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, con senso di responsabilità contribuiva a congelare la crisi per approvare una legge finanziaria di fronte ad una crisi economica che non conosce tregua, il presidente del Consiglio tesseva la sua tela di corruzione, metteva in scena il più abile, furbo e scaltro mercato delle vacche parlamentari. In gioco, ricchi premi e cotillon: mutui, poltrone, seggi sicuri e rielezione servita su piatti d’argento. C’è riuscito. Un bella vittoria di Pirro che non servirà a nulla ma che ha rinsaldato il suo ego ipertrofico. Detto questo, pur assumendoci le responsabilità e lavorando perché non vi siano più casi come quelli di Razzi e Scilipoti c’è un limite oggettivo che una classe dirigente di un partito ha, ovvero, quello di non riuscire a possedere arti divinatorie che gli permettano di capire se nel Dna di un dirigente e militante di IDV, c’è il gene del tradimento, se ha un prezzo in cambio del quale è pronto a vendersi. Può lavorare, come IDV sta facendo da dopo il congresso nazionale, per costruire e formare una vera classe dirigente, sempre più radicata, consapevole e fidelizzata. Negli ultimi cinquant’anni, solo alla Lega Nord è accaduto quello che è successo a Italia dei Valori, ovvero una crescita esponenziale in poco tempo, pur non avendo una classe dirigente radicata sul territorio. Non è un caso che dal 1992 al 2001, la Lega Nord abbia conosciuto ben più celebri traditori e storici tradimenti rispetto a noi. Basti pensare al caso di Irene Pivetti che, da presidente della Camera della Lega Nord, è passata a Dini con Rinnovamento italiano ed è poi finita ad occuparsi di un reality sul lifting. O a quello del presidente del gruppo parlamentare della Lega che, dopo aver presieduto il gruppo del Senatur alla Camera, è passato alla Margherita. Dunque, la soluzione non sono cabine di regia che puzzano di logiche spartitorie a due o a tre. E’ la costruzione di un partito vero, come stiamo già facendo, che formi la sua classe dirigente sul territorio, che faccia crescere i suoi giovani nei comuni, nelle province e nelle regioni, fino a portarli in Parlamento. E’ questa la nostra sfida: continuare sulla strada che abbiamo già tracciato.

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Siccome buona parte degli interventi sono sulla stessa linea e ci rimproverano di aver candidato due transfughi da altri partiti saliti a bordo di IDV in corsa, ci tengo a ribadire per fare chiarezza che questo è profondamente sbagliato. State prendendo una cantonata. Razzi e Scilipoti erano con noi da dieci anni. Sono quindi, a tutti gli effetti, militanti della prima ora, come voi. Non politici provenienti da altri partiti e saliti a bordo strada facendo. E allora? Cosa dobbiamo fare? Il test della verità? Se non bastano nemmeno dieci anni di lavoro spalla a spalla a garantire la sincerità dell'impegno di una persona, come si fa a fidarsi ed a scegliere? Capisco la vostra amarezza che è anche la nostra, ma dobbiamo affrontare la realtà rappresentata dal fatto che il tradimento più vile lo abbiamo ricevuto proprio da due militanti storici. Due traditori che sono stati in mezzo a noi per dieci lunghi anni. Non credo che dobbiamo per questo perderci d'animo, ma impegnarci sempre più a migliorare e a radicare un partito sempre più forte sul territorio.

 

IL TERZO POLO E' GIA' NEI CASINI

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Il terzo polo è già nei casini. Si proclama autonomo, ma sembra una stampella del governo, almeno a giudicare dai primi voti in Aula. Casini, nomen omen evidentemente. In ogni caso, dei tre leader che compongono questa nuova (insomma…) formazione centrista, l’unico davvero sorridente è proprio Pierferdinando Casini. L’ex storico sostenitore di Silvio Berlusconi, infatti, ora può contare su un centinaio di parlamentari per perseguire il suo progetto e non più solo su una trentina. Un gran balzo che gli consente di essere l’ago della bilancia dell’attuale fase politica. Con questi numeri può di volta in volta decidere di appoggiare il governo o, al contrario, unirsi a noi ed al Pd. Il suo disegno nel lungo periodo è chiaro: succedere a Berlusconi e diventare il capo del centrodestra. In alternativa, ma solo in subordine, fare il leader del centrosinistra. Nonostante le offerte del satrapo di Arcore, Casini non entrerà nel governo, perché, a fronte di un beneficio immediato in termini di poltrone, perderebbe la sua centralità politica, il suo potere contrattuale e di interdizione. Perderebbe anche la possibilità di avere le mani libere e trattare in maniera bipartisan, come un Giano Bifronte che un giorno può dire a  Berlusconi ‘oggi appoggio il governo per senso di  responsabilità’ ed il giorno dopo a Bersani ‘alleiamoci ma lascia fuori Di Pietro’. Questo è il gioco di Casini.  E va immediatamente disinnescato perché potrebbe avere due conseguenze devastanti: portarlo alla guida del centrodestra e aprire la strada a Berlusconi presidente della Repubblica. Oppure leader di un centrosinistra snaturato, monco, privo di capacità riformatrici. E noi non possiamo restare in attesa, sospesi nel limbo a guardare le mosse degli altri. Dobbiamo essere capaci, con il Pd, di farci forza promotrice del rinnovamento e presentare un progetto riformatore per uscire dallo stallo. Un’Italia diversa si può costruire insieme, anche nel Pd ci sono le energie per il rinnovamento della politica italiana. Il partito Democratico rompa gli indugi e lavori insieme a noi per costruire una seria e credibile alternativa di governo. Inseguire il cosiddetto terzo polo è un’operazione insensata che conduce ad un vicolo cieco.

SCAVALCHIAMO IL RECINTO E COSTRUIAMO IL FUTURO

Italia in declinoItalia in declinoL’Italia è in mezzo ad un mare di  guai e la politica invece di accorrere per aiutarla sta in un angolo agonizzante ed incapace anche solo di sollevarsi da terra. Cosa le è successo? Perché in questi giorni in cui è evidente che nemmeno tutti i soldi del mondo, nemmeno tutta la spregiudicatezza del mondo sono più in grado di arrestare il crepuscolo di Berlusconi  non emerge un’alternativa, a destra come a sinistra, una politica più illuminata con una vera tensione etica e sociale? Eppure di gente libera, onesta e capace ce n’è davvero molta più di quanta possiate immaginare nei partiti, in ogni schieramento. La politica si è persa tanto tempo fa. Quando, come in tutto il mondo, la TV ha imposto l’avvento di un modello leaderistico che,  però,  in Italia si è fuso con l’inamovibilità genetica del nostro sistema sociale. Ne è uscito un ibrido mostruoso tale per cui il leader non è la personalità forte e carismatica che per un più o meno breve periodo di tempo incarna quel sistema di valori, di idee e di aspirazioni che si chiamano partito. Ma al contrario il partito è divenuto solo lo strumento, intercambiabile, che si può fare o disfare nel giro di pochi mesi o giorni, e che ha l’unico scopo di “contenere”  il leader. Un mondo con la testa sottosopra dove temporaneo e strumentale è diventato il partito e permanente il leader. La prima conseguenza di questa malattia della politica italiana è che la politica diventa sempre più demagogica, perché nessun leader ha interesse a dire al paese la verità nuda e cruda  che – come è risaputo – spesso fa male. Perché se sei di passaggio puoi anche permetterti di dirla (sapendo che lascerai una buona eredità a chi verrà dopo di te) ma se sei destinato a restare fa paura a dirsi. La seconda conseguenza è che le aggregazioni e le divisioni all’interno degli schieramenti  ma anche dei singoli partiti non sono più rappresentate dal fatto di pensarla allo stesso modo o meno sul futuro dell’Italia, ma dal fatto di essere pro o contro Tizio, piuttosto che Caio o Sempronio. Non è colpa di una persona o di un leader, ma resta il fatto che questa politica sta diventando un problema per il paese e che bisogna cominciare a porre le basi per il suo superamento. Non so come usciremo nei prossimi mesi da questi crisi, non solo economica ma anche istituzionale e politica. Per parte mia lo farò continuando, come sempre, a lavorare con passione e lealtà nel mio partito. Ma ho ben chiaro come si può uscire, non nel giro di qualche mese, ma di qualche anno, da questa fase insopportabile della nostra vita politica. Cominciando ad abbattere gli steccati fasulli. Cominciando a parlarsi tra persone che la pensano allo stesso modo, costruendo relazioni e rapporti fatti di idee e di progetti per il futuro e non di tifoserie contrapposte. Mettendo al centro la necessità di servire il paese e la consapevolezza di essere solo pedine temporanee di questo progetto. Che dite? Solo fantasie di un idealista? Non so, ma ci voglio provare!

SE CANTI 'SILVIO C'E'', LA BRAMBILLA TI PREMIA

“Pur essendo a libro paga del ministero del Turismo, avrebbero svolto attività di partito”. Questo, nero su bianco, il verdetto della Corte dei Conti di Roma che, dopo la denuncia de il Fatto quotidiano, ha aperto un’istruttoria sull’attività del ministro Michele Brambilla e sul ministero del Turismo. L’ipotesi in campo è danno erariale per utilizzo di risorse pubbliche per lo svolgimento di attività diverse da quelle oggetto delle consulenze. Cosa avrebbe fatto il ministro Brambilla? Secondo quanto riportato dal quotidiano il Fatto, avrebbe affidato consulenze per rilanciare l’immagine dell’Italia ad una decina di persone di varia estrazione professionale ma con un minimo comun denominatore: avrebbero lavorato tutti nel settore dello spettacolo nelle televisioni Mediaset e svolto attività presso i Circoli delle libertà di Silvio Berlusconi. Ovviamente, come era d’altronde immaginabile, lei si è difesa da ogni accusa, in piena retorica berlusconiana: sono addebiti infondati e strumentali nel tentativo di gettare discredito sull’azione di governo. I contenuti di tali articoli, ha poi ribadito la ministra, sono assolutamente privi di fondamento e volti unicamente a strumentalizzare fatti e circostanze di tutt'altra portata, come troppo spesso accade in Italia. Manco a dirlo si è scatenato tutto lo stato maggiore di governo e della maggioranza a sfoderare per la signora ministra la più arguta e sentita difesa d’ufficio. L’immancabile ministro Gianfranco Rotondi, è corretta, chiarirà tutto. E’ arrivata anche la difesa accorata di Ignazio La Russa, un po’ interessata per la verità visto che, dalla denuncia della trasmissione Report, il figlio Geronimo si sarebbe aggiudicato una consulenza all’Aci grazie alla signora dei salmoni. Si è scomodato persino l’ineffabile presidente dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto che, per l’occasione, ha fatto sfodero di cultura del giallo, citando i dieci piccoli indiani di Agatha Christie. Non sono riusciti a far fuori Berlusconi, ora ci provano con i ministri uno ad uno. E, infine, Sandro Bondi, quello che ha rivolto un appello accorato ai compagni a ritirare la mozione di sfiducia che pende anche sulla sua testa per il disastro di Pompei. Desidero esprimere la mia piena solidarieta' al ministro Brambilla per la solita brutale, infondata e completamente inventata campagna di denigrazione che scatta ormai come una caccia all'uomo da parte della sinistra: queste le parole del ministro dei Mali Culturali. Infondata campagna, innocente ministra, sarà. Noi, come d’altronde il ministro, attendiamo sereni e pazienti i risultati dell’istruttoria della Corte dei Conti con un “ma” grande come una casa. Se la Corte dei Conti dimosterà in maniera incontrovertibile che gli addebiti a lei contestati risultino veri, un istante dopo chiederemo al ministro del Turismo di dimettersi. Saremo degli inguaribili romantici delle istituzioni ma un ministro che avrebbe usato il suo dicastero come ufficio di collocamento di supporters di partito e i soldi pubblici per pagare i sostenitori dei Circoli della Libertà del suo capo partito, ha una sola strada davanti: quella delle immediate dimissioni.

GASPARRI, LA NEGAZIONE DELLA POLITICA AL POTERE

Tag: Gasparri
Dare del fascista a Maurizio Gasparri, affetto da una patologica forma di vuoto politico pneumatico, è paradossalmente fargli un complimento. Per questo non glielo dirò, mentre ho altro da dire. Maurizio Gasparri è l’esempio fulgido di tutto quello che la politica non dovrebbe mai fare, a maggior ragione in certi momenti  quando l’insofferenza ed  il malessere covano ed il disagio sociale diventa manifesto e tangibile. I giovani ed i movimenti studenteschi sono da sempre storicamente il primo segnale di questo disagio, rappresentano la prima linea manifesta di una difficoltà, di un malessere che va compreso ed ascoltato, non represso e soffocato addirittura sul nascere. La risposta del Governo, di un governo responsabile e serio e non certo di questo ossessionato solo da una campagna acquisti scellerata e immorale per sopravvivere un giorno in più, non può e non deve essere solo di ordine pubblico, come l’invio di ispettori, zone rosse, daspo, arresti preventivi ed altre corbellerie di questo tipo. Leggi per garantire l’ordine pubblico ci sono già ed è sufficiente applicarle con saggezza e buon senso. Quello che, invece, servirebbe come il pane sono risposte vere ed azioni conseguenti. Ai malesseri dei giovani che manifestano, alle proteste dei lavoratori in cassa integrazione, colpiti e messi a terra da una crisi economica che il governo non ha voluto e saputo gestire adeguatamente, serve un’operazione verità, parola sconosciuta a questo governo e a questa maggioranza di mistificatori e giocatori delle tre carte. La verità è, che per colpa della loro insipienza e manifesta incapacità, hanno rubato il futuro ad intere generazioni, li hanno espulsi dal mercato del lavoro ancora prima che vi entrassero. Per colpa loro, una generazioni di padri stanno inconsapevolmente rubando il futuro ai loro figli. Lo hanno capito tutti, lo hanno capito gli studenti per primi, quei ragazzi che sono scesi in piazza per manifestare il loro dissenso civile e democratico contro una riforma dell’Università che passerà alla storia come emblema e simbolo del fallimento del governo Berlusconi. La politica è e deve essere uno strumento per gestire e risolvere  i problemi. Quando invece, come nel caso emblematico di Gasparri, diventa essa stessa il problema, perché senza idee e capace solo di tirare fuori dal cilindro un coniglio con la testa d’asino, o come nel caso di Berlusconi, che tiene il Paese bloccato in questo assurdo duello rusticani dai risvolti psicotici solo ed esclusivamente per il suo tornaconto giudiziario, è ora di voltare pagina sul serio.

RINCHIUDIAMO BERSANI DI PIETRO E VENDOLA

Siamo all’anno zero. Le forze del centrosinistra hanno un’opportunità ed allo stesso tempo una responsabilità storica: archiviare il berlusconismo. Lui è evidentemente alla fine del suo ciclo politico, quindi sembrerebbe tutto bello e facile, ma così non è. Sembra che il centrosinistra faccia di tutto per tenere artificialmente in vita Berlusconi. E’ il momento di batterlo, ma questa lunghissima campagna elettorale, è troppo condizionata dagli egoismi di partito. Tutti i partiti del centrosinistra hanno responsabilità. Taccio delle responsabilità del Partito Democratico, che essendo il più grande dovrebbe essere il perno dell’alleanza. Italia dei Valori e Sel non sono immuni. Questo è il momento del dialogo, del confronto per costruire il progetto, nessuno dovrebbe forzare la mano, non ci dovrebbero essere duelli rusticani per la leadership nel centrosinistra. Per questo motivo dobbiamo avere il coraggio di ammettere anche i nostri errori - come l’ultimatum al Pd entro il 23 dicembre: o con noi o con il Terzo polo-  e guardare oltre. Dobbiamo farci carico del desiderio della nostra base elettorale che ci chiede unità. Basta diktat, basta ultimatum. Se avessi la possibilità chiuderei Bersani, Di Pietro e Vendola in una stanza e riaprirei la porta solo dopo il loro accordo per il nuovo centrosinistra.

UNA PUGNALATA ALLE SPALLE

Vasto 2010Vasto 2010Sono esterrefatto e chiedo scusa se i miei toni di oggi potranno apparirvi eccessivi ma l’attacco a freddo che De Magistris, Alfano e Cavalli, hanno sferrato oggi al mio partito mi indigna profondamente. Non era bastato il colpo arrivato il giorno dopo la vicenda Razzi e Scilipoti con le critiche alla selezione dei candidati e con il presagio di altre possibili fuoriuscite. A distanza di una settimana, arriva il secondo colpo, la bufala della questione morale in Italia dei Valori. Non siamo perfetti, per carità, lo sappiamo, ma proprio per quel senso di responsabilità che sentiamo a maggior ragione dopo quanto è accaduto, due giorni fa abbiamo analizzato la questione candidature all’ufficio di presidenza, per rivedere i criteri di scelta a cariche elettive della nostra classe dirigente. In quella sede, tra l’altro, ho avanzato nuovamente come soluzione la mia proposta presentata al congresso, di candidare dirigenti che abbiano un percorso nel partito di almeno due anni. Abbiamo anche convocato per il prossimo 14 gennaio l'esecutivo nazionale che dovrà, tra le altre cose, discutere proprio di una eventuale stretta sulle candidature. Il dibattito, dunque, c’è ed è vivo perché è forte la voglia di migliorarsi ma è un percorso difficile, complicato e per questo necessariamente lento e graduale. Negli ultimi due anni, abbiamo portato quasi 60 persone nei parlamenti nazionali ed europei, più di 1.500 persone nelle istituzioni territoriali, siamo cresciuti in modo esponenziale con una classe dirigente ancora in costruzione. Per questo, di tutto abbiamo bisogno tranne che di pugnalate alle spalle perché quella di oggi non ha nessuna velleità di critica costruttiva. Chi vuole costruire un partito sul serio, chi vuole migliorarlo davvero viene alle riunioni, partecipa attivamente alla vita di partito, pone le questioni negli spazi deputati al confronto e se lì non trova le risposte giuste, se li trova porte chiuse e sbarrate, allora lo denuncia ai mezzi di informazione. Non viene alle riunioni, tace e poi lancia bombe sui media. Come si può parlare di questione morale in Italia dei Valori? Come possono arrivare a parlare di questione morale nel mio partito lasciando intendere che vi sarebbero ipotesi di corruzione, malaffare ed un uso personale della politica? Come possono parlare di signori delle tessere in un partito dove tutti i congressi sono stati aperti e molti dall’esito incerto? Quale autorità hanno per salire sul pulpito e vestire i panni di novelli Savonarola nei confronti di quel partito che per loro ha costruito ponti d’oro? Come ho dichiarato insieme a Leoluca Orlando e Felice Belisario in una nota apparsa oggi su il Fatto Quotidiano,  una simile uscita, tanto violenta quanto falsa, offende ed umilia decine di migliaia di attivisti e militanti e migliaia di dirigenti territoriali e nazionali. Per questo credo, che simili astrusità possono avere solo due motivazioni: o nascono da un’inscusabile ignoranza della realtà del partito, e questo mi pare poco probabile, o sono il primo passo di chi pensa di proseguire una percorso politico fuori da IDV e inizia un’opera di sistematica delegittimazione del partito nel quale militano. Ma sappiamo che, se così fosse, tradirebbero il mandato degli elettori  né più né meno di quanto abbiano fatto Razzi e Scilipoti.

IL PARLAMENTO SALVA CALDEROLI. VERGOGNA!

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Così, oggi, siamo giunti finalmente al Calderoli day. L’Aula di Montecitorio ha votato la mozione di sfiducia presentata da IDV nei confronti del ministro per la semplificazione normativa Roberto Calderoli che, con un sotterfugio, ha abrogato il reato di associazione militare di stampo politico per salvare 20 appartenenti alla Guardia nazionale padana coinvolti in un processo a Verona. Ci saremmo aspettati la presenza in Aula, accanto al ministro Calderoli, del titolare della Difesa, Ignazio La Russa e, invece no. Roberto Calderoli, solo, seduto tra i banchi di un governo che lo ha evidentemente e volutamente lasciato solo, ha ribadito la sua innocenza, recitando la formula che gli imputati dicono in tribunale: "mi impegno a dire tutta la verità e a non nascondere nulla di quanto a mia conoscenza lo giuro". Noi non abbiamo giudicato e non giudicheremo mai i sentimenti del ministro Calderoli e di qualunque altro ministro. Non abbiamo usato questa mozione come un grimaldello politico nei suoi confronti. Noi abbiamo giudicato i comportamenti del senatore Calderoli nell’esercizio delle sue funzioni di ministro e li abbiamo ritenuti gravi ed inaccettabili. Quando un ministro della Repubblica arriva a mentire, a cancellare una norma che mette a serio rischio la sicurezza nel nostro paese, soprattutto in giorni di forte tensione sociale come questi,  a mentire al Parlamento – lo ha fatto anche oggi tornando ad attribuire ogni responsabilità al Comitato tecnico incaricato della redazione dello schema di codice dell’ordinamento militare quando sa benissimo che ci sono le prove che non è così - a imbrogliare le carte per salvare attivisti della sua parte politica non si può e non si deve restare a guardare. Non sono circostanze e fatti che abbiamo trovato sotto un cavolo. Sono fatti e circostanze comprovate. E’ del tutto evidente e inconfutabile che il ministro Calderoli ha cancellato o fatto cancellare quella norma e che, volutamente, non ha rimediato all’errore. Anche oggi è tornato a mentire, presentando solo parte dei documenti che gli avevamo chiesto, guardandosi bene dal produrre il file che lo avrebbe inchiodato alle sue responsabilità, nonchè il testo cartaceo della bozza di decreto delegato consegnato dal comitato scientifico al ministero all'esito della riunione del 28 marzo 2009. Infatti uno dei due documenti che il ministro Calderoli ha comunque depositato, e che qui vi mettiamo in allegato è il verbale della riunione del comitato scientifico, protocollato dal ministero della Difesa, dal quale si evince chiaramente che i lavori della Comitato tecnico si sono conclusi definitivamente il 28 marzo e che, come indicato al punto B del verbale, nel corso della riunione come ultimo adempimento "è stato effettuato il controllo delle fonti abrogate" dal decreto delegato; tuttavia il ministro ha 'dimenticato' di depositare la bozza del testo di decreto legislativo consegnata al ministero quel 28 marzo dal comitato scientifico, perché è da esso che si sarebbe evinto che l'abrogazione del reato di associazione di tipo militare con scopi politici non c'era in quella bozza e che essa è stata introdotta da una 'furtiva mano ministeriale' tra la sera del 28 marzo e il successivo 21 aprile. Per questa ragione abbiamo presentato la mozione di sfiducia per il ritiro delle sue deleghe, non ritenendolo più adeguato a svolgere il ruolo di ministro della Repubblica. Come è andata? Il Parlamento ha respinto la sfiducia al ministro Calderoli. Nessuna sorpresa, la solita vergogna. Siamo abituati ad una maggioranza che salva se stessa, ad una casta che si auto-tutela, a cominciare dal presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. C’è un dato politico, però, in tutto questo che consegniamo a futura memoria. Idv e Pd hanno votato unitamente. Il Terzo Polo, invece, Udc, Api, Fli e Mpa, pur condividendo le nostre censure al ministro Calderoli, si è astenuto. Se ne è lavato le mani, come Ponzio Pilato. La nostra mozione riguardava l'accusa da noi mossa al ministro Calderoli di aver intenzionalmente e illecitamente abrogato un grave reato previsto dal nostro ordinamento al solo scopo di avvantaggiare 36 dirigenti leghisti che per quel reato erano stati rinviati a giudizio. Qualcuno ha ritenuto queste accuse vere, Pd e IDV, qualcun altro le ha ritenute false, Lega e Pdl. Qualcun altro, invece, quel famoso Terzo Polo che si proclama difensore delle istituzioni, si è astenuto. Chi, un giorno si e l’altro pure, si proclama difensore delle istituzioni avrebbe dovuto sentire il dovere di votare o a favore o contro ma non certo di astenersi. Vestire i panni di Ponzio Pilato sa tanto di politichese e poco di quello spirito di novità annunciato in pompa magna dai terzo-polisti. Un’atto di verità è stato svenduto dal sistema trasversale che gestisce il potere in Italia, quel sistema che non ha nessun interesse ad accertare la verità e che non si schernisce neanche di fronte all’evidenza di aver contribuito a sconfiggere la democrazia.

ENRICHETTO, PER NON DIMENTICARE

Alla vigilia di Natale, un giorno che mi sembra particolarmente indicato, voglio portare alla vostra memoria una vicenda che mi sta particolarmente a cuore, perché parla la lingua della realtà, quella grave, dolorosa e ingiusta realtà cui la politica degli ultimi anni ci ha portato. Non so quanti di voi ricorderanno il caso di Enrichetto, Enrico Gallo all’anagrafe, “55 anni e un cuore di bambino” aveva scritto di lui Massimo Gramellini portando la questione all’attenzione della stampa. Me ne sono occupato diverse volte su questo blog, sono andato a trovarlo in carcere, ad Asti, spinto quasi più da spirito umano che politico, tanto è grave l’ingiustizia dell’intera vicenda che lo riguarda. Per chi non dovesse ricordare, provo a riassumere in breve. Dietro le sbarre Enrichetto ci era finito per essere andato a comprare un salamino sotto casa, mentre era agli arresti domiciliari a scontare la pena per guida in stato di ebbrezza. Guida di bicicletta. Ne era uscito qualche settimana dopo la mia visita, con grande sollievo mio e di tutte le persone che gli si sono affezionate all’interno e fuori dal carcere. E veniamo ad oggi. Già, perché la storia continua. Enrichetto non potrà rimanere a casa sua, che oltre tutto mi informano essere un sottotetto senza elettricità e senza vetri alle finestre. Ora dovrà tornare in carcere per scontare quella pena per la quale era evaso dai domiciliari. Una sorta di li semilibertà che lo costringe a passare la notte in carcere, per uscirne la mattina alle 7 ed arrivare a casa non prima di mezzogiorno dopo un viaggio in pullman e un altro in treno, cosa che, per altro, da solo non è in grado di fare. Il problema, però, è che il Comune non ha i soldi per provvedere a farlo accompagnare. Quest’uomo, in sostanza, condannato prima per esser andato in bicicletta dopo qualche bicchiere e dopo per essere uscito per comprare un salame, ora non è nelle condizioni pratiche di scontare la pena che gli è stata inflitta. Questa è l’Italia. Il paese di Berlusconi, dei festini e di Ruby rubacuori. Il paese del governo ballerino e della giustizia a comando. Il Paese dove la bontà d’animo è dettata dall’aurea regola del 90-60-90. Ed allora, mi domando, dal momento che il presidente del Consiglio parla tanto di bontà d’animo, perché, per una volta e fino a che è in suo potere, non muove anche solo un dito per questa, che è una giusta causa? Perché non aiuta chi davvero lo merita, in quanto vittima di un ingranaggio infernale che salva i criminali veri e schiaccia le persone deboli?

Vi auguro con tutto il cuore Serene Festività

QUESTIONE MORALE? LE MIE RIFLESSIONI AI VOSTRI COMMENTI

Voglio tornare sull'argomento che ha suscitato tanto interesse e tante polemiche, anche per provare a rispodere ai moltissimi commenti: c'è una questione morale nell'Idv? Se fosse vero, e se le parole hanno un senso, affermarlo vuol dire che nel partito sguazzano indisturbati corrotti, disonesti e persone che usano la politica per interesse personale. Questo è falso e insultante e ribadisco con fermezza e indignazione che il partito che conosco e che incontro in giro per l'Italia da dieci anni, non solo è il partito dove non c'è nessuna questione morale ma, al contrario, è un partito bello e pulito. E se affermare questa certezza, con forza e anche con una certa incazzatura verso chi sostiene il contrario, mi vale il titolo di "togliattiano", me lo prendo senza farci troppo caso. Detto questo facciamo una serie di precisazioni, alle quali non ho alcuna volontà di sfuggire. Negare la questione morale equivale a dire che viviamo nel partito perfetto? Di certo no. Persone che si sono rivelate non per bene ce ne sono state, senz'altro, ma quando ce ne siamo accorti le abbiamo sempre allontanate dal partito. Altri probabilmente ce ne sono o ne arriveranno, e l'unica difesa che abbiamo è sempre e soltanto quella di continuare ad essere intransigenti sotto il profilo della correttezza morale, con i nostri iscritti ed eletti. Negare la questione morale significa negare che una parte  della classe dirigente che abbiamo portato nelle istituzioni si sia rivelata non all'altezza del compito o che ci abbia usati come un autobus? Di certo no. E' accaduto ed ovviamente chi ha avuto maggiori responsabilità di scelta ha sbagliato di più. Ma vi garantisco che costruire un partito dal nulla, partendo senza struttura, senza un brandello di classe dirigente ereditata da precedenti formazioni politiche è stata un'esperienza midiciale. Solo la lega, che è nata 25 anni fa, dalla società civile, così come noi, ha sperimentato difficoltà analoghe, anzi molto maggiori. Abbiamo mobilitato decine di migliaia di persone dalla società civile. Abbiamo accolto anche molte persone che venivano da precedenti esperienze politiche. Nel 95% dei casi abbiamo scelto bene, nel 5% abbiamo sbagliato. Sentiamo la responsabilità degli errori e proveremo a fare ancora meglio, ma ce l'abbiamo messa tutta. Ma soprattutto, oggi stiamo formando nei comuni, nelle province e nelle regioni una classe dirigente tutta nostra, fatta di molti giovani uomini e donne. Per questo abbiamo la coscienza pulita. Negare la questione morale significa negare che talora vi siano stati abusi nel tesseramento, o logiche familistiche o di potere? Di certo no. Ed anche questo fenomeno ci amareggia e cerchiamo di contrastarlo. Ma nessuno ha ancora trovato un sistema più democratico delle iscrizioni e dei congressi per attuare la democrazia all'interno di un partito. E poi diciamocelo con chiarezza: talora chi si lamenta ha buone ragioni per farlo, ma spesso non è in nulla diverso, o migliore o più competente di colui che critica. La verità è che costruire un partito davvero diverso è una fatica improba e un lavoro che non conosce fine. E allora ben venga il confronto, le critiche, anche quelle sui giornali, ma nessuno, ribadisco, nessuno si può permettere, mentre tutti noi lavoriamo ogni giorno con tutte le nostre forze per rendere questo partito sempre migliore, di non fare nulla se non salire in cattedra e tentare di dividere il partito in buoni e cattivi, in idealisti e opportunisti, rappresentando se stesso come il bene e il resto come il male.

FLORES D'ARCAIS, LO STATISTA DEGLI STATISTI

C'è una bella notizia, sempre che si tale, per gli elettori e simpatizzanti della sinistra italiana. Passano gli anni, cambiano i governi, si chiudono interi cicli storico-politici, mutano i quadri politici ma gli elettori e simpatizzanti della sinistra possono dormire sonni tranquilli. Perchè, a sinistra, quello che non cambia e non cambierà mai è l'altissima concentrazione di statisti illuminati, che non conosce pari in nessun altro partito d'Italia e forse anche del mondo. In Italia, a sinistra, c'è una nutrita schiatta di statisti illuminati, intellettuali, liberi pensatori, filosofi che un giorno si svegliano al mattino, sentendo dentro di se forte e vivo il pulsare del germoglio vivo della nuova leadership della sinistra italiana, che traghetterà le umane sorti della sinistra verso il grande sol dell'avvenire, verso le progressive sorti del socialismo. Solo in Italia e solo a sinistra c'è tale concentrazione di statisti-intellettuali-filosofi che, mentre Berlusconi si accartoccia su se stesso e il centrodestra è allo sbando che più sbando non si può, invece di andare all'attacco e capitalizzare la sindrome di deficienza del nemico, sentono l'irrefrenabile e incontenibile bisogno di parlare di questione morale a sinistra e di fare le pulci a sinistra. Lo statista degli statisti illuminati è Paolo Flores D'Arcais che, mentre Berlusconi è accartocciato su se stesso, a terra sommerso dai rifiuti di Napoli, non trova niente di meglio da fare o dire che rimproverare a Tonino di taroccare un questionario, che D'Arcais stesso ha messo su quatto quattro nella notte di Natale e che, quando il risultato non gli è piaciuto più, tomo tomo quatto quatto l'ha reso inaccessibile. Fermate la democrazia, convocate il congresso - a che titolo lo chieda poi non si sa ma d'altronde gli statisti tutto possono - Tonino ha taroccato il sondaggio. Sarà che io non sono uno statista ma a questo gioco fatto di nulla ho deciso di mettere la parola fine, continuando a fare quello che ho fatto fino ad ora, ovvero, lavorare nel partito e per il partito, girando su e giù l'Italia per provare ad immaginare e a costruire un'idea nuova di Paese, tenendo a mente le parole che oggi Bruno Tinti ha scritto su il Fatto quotidiano a proposito di morale e moralizzatori. Lascio, dunque, agli statisti della sinistra il compito di traghettare le umane genti verso approdi migliori, quegli approdi fumosi e distanti ma che salveranno l'umanità. Il sottoscritto, da oggi, torna a fare politica da umile manovale. Lavorerò assiduamente perchè molte sono le questioni in ballo. Lavorare per mandare a casa Berlusconi e per rinsaldare il centrosinistra. Ma soprattutto per attrezzare Italia dei Valori ad affrontare un quadro politico nazionale in forte cambiamento. Non so se lo statista degli statisti e tutta la schiatta di statisti-intellettuali-filosofi che pullula a sinistra se ne sono accorti ma è in atto una trasformazione frenetica del quadro politico ed il confronto in futuro si giocherà su terreni nuovi ed il sottoscritto non ha nessuna intenzione di restare a guardare.

LO STRUZZO CHE SI NASCONDE A PALAZZO CHIGI

Ieri 200 pastori sardi sono sbarcati al porto di Civitavecchia. Volevano raggiungere Roma e il ministero delle Politiche agricole per chiedere aiuto al governo che non risponde da tempo alle loro istanze. La pastorizia vive da tempo una situazione difficile che rischia di far scomparire per sempre un settore che occupa migliaia di lavoratori. Insieme ai pastori, le loro famiglie, mogli e bambini a dimostrazione dell'assoluta intenzione pacifica della manifestazione. I pacifici manifestanti, con prole al seguito, non sono riusciti a raggiungere Roma nè con il treno, nè con i pulmann. Sono stati fermati dalle forze dell'ordine, i bus sono stati sequestrati e chi ha provato ad usare il treno è stato fermato dalle forze dell'ordine. Ancora una volta questo governo, di fronte ad un legittimo e pacifico dissenso, sa dare l'unica risposta che conosce, una risposta di ordine pubblico. Fermato, respinto, soffocato sul nascere il pacifico dissenso democratico. Nessuna apertura al dialogo, al confronto per giungere a soluzioni condivise. Questa è la cifra governativa di Berlusconi. Negli ultimi due anni e mezzo, a scendere in piazza non sono stati solo gli studenti. Si sono messi in moto persino le forze dell'ordine, i magistrati, gli avvocati, addirittura gli imprenditori edili che, per la prima volta nella storia, sono scesi in piazza accanto ai loro operai, simbolo evidente di un malcontento generalizzato che riguarda tanto la realtà operaia quanto quella imprenditoriale. Le risposte del governo sono state due: bloccare la protesta sul nascere e adottare la filosofia dello struzzo, nascondendo la testa nelle stanze auree dei ministeri e di palazzo Chigi. Meglio rinchiudersi ad occuparsi magari di legittimo impedimento, in una sorta di arroccamento fortemente simbolico, che aprire tavoli di confronto con i tanti settori in crisi, comme un governo responsabile avrebbe dovuto fare. Complice una copiosa informazione di giornalisti azzerbinati al potere. Ma nel caso della protesta dei pastori sardi si coglie un'evidente discriminazione etno-geografica da parte di un governo a forte trazione leghista. A quelle poche centinaia di allevatori del Nord, superpoliticizzati, o meglio, superleghistizzati, che per anni hanno bloccato strade arrivando a spargere letame, questo governo ha servito su di un piatto d'argento i benefici voluti dalla lega e dall'ex ministro Zaia, con l'accollo da parte dello Stato delle multe per la violazione delle quote latte. Questo è il governo dell'ingiustizia, del corporativismo, che lavora a compartimenti stagni e che protegge anche chi infrange la legge basta che sia "politicamente" tutelato. A tutti gli altri, a chi dissente pacificamente e democraticamente, a chi non ci sta, vale solo la regola dell'ordine pubblico e dello struzzo.

2011:GOVERNO COLPISCE E AFFONDA LA FAMIGLIA

Il 2011 si preannuncia non proprio roseo, ad essere ottimisti, per le famiglie italiane. Le associazioni dei consumatori riunite hanno fatto due conti ed il risultato è forti rincari per cibo, benzina, trasporti, polizze e tariffe che, messi tutti insieme, peseranno su ciascuna famiglia nel prossimo anno per circa 1.000 euro. Una vera stangata. Al primo posto della classifica dei rincari stilati dal Casper - il comitato contro le speculazioni e per il risparmio formato da Adoc, Codacons, Movimento per la difesa dei consumatori - c'è la voce trasporti, treni, benzina, pedaggi autostradali che comporterà un aggravio per le famiglie di circa 195 euro. Al secondo posto, troviamo gli alimentari con 191 euro in più l'anno. A seguire, la voce bollette, luce, acqua, gas, elettricità e rifiuti che costeranno alle famiglie 189 euro in più. Ma anche altri settori saranno la croce delle famiglie italiane nel prossimo anno: banche e assicurazioni, in particolare secondo l'indagine dei consumatori aumenterà la responsabilità civile per le auto per un importo pari a 33 euro per polizza. Non meno confortanti sono le previsioni di Adusbef e Federconsumatori che parlano di una stangata a famiglia di 1.106 euro per il prossimo anno: 267 euro per gli alimentari, 122 euro per i treni, compresi quelli dei pendolari, 41 euro per il servizio di trasporto pubblico locale, 65 euro per i servizi bancari, 105 euro per Rc auto, 3 euro per le tariffe autostradali, 161 euro per le bollette, 131 euro per i carburanti e infine, 87 euro per la benzina. Questa è la fotografia reale del futuro che attende migliaia di famiglie italiane per colpa di un governo che, impegnato ad occuparsi di legittimo impedimento e di campagna acquisti di parlamentari per rimanere ben saldi sulle poltrone, ha trascurato le famiglie ignorandone le difficoltà, creando un'iniquità e un'ingiustizia sociale senza pari. Avevano annunciato, in campagna elettorale, che mai e poi mai avrebbero messo mano nelle tasche dei cittadini e lo hanno ripetuto incessantemente in questi due ultimi anni di governo irresponsabile. La realtà dimostra, invece, che l'hanno fatto eccome e per di più senza che le famiglie ottenessero nulla in cambio. I tagli del governo e di Tremonti agli enti locali hanno fatto sì che questi non avessero altra scelta che scaricare sulle famiglie la maggior parte della riduzione dei trasferimenti, aumentando i costi dei servizi. Il risultato è che le mani nelle tasche dei cittadini le hanno messe eccome, soprattutto in quelle dei soliti noti, ovvero, dipendenti e pensionati, non sfiorando invece quelle sempre più piene di ricchi ed evasori fiscali. La verità è che si sta creando, ogni giorno di più, una disuguaglianza sociale preoccupante, dove i ricchi sono sempre più tali ed aumenta sempre di più, invece, il numero di famiglie che si impoveriscono. Occorre, ripartire in fretta, prima che sia troppo tardi. Non si può dire a parole che la famiglia è al centro dell'azione di governo e poi infischiarsene nei fatti facendo scelte di politica economica che vanno in tutt'altra direzione. Quello che serve è innanzitutto un vera rivoluzione del sistema fiscale, con processi di detassazione riservate a quelle famiglie a reddito fisso, lavoratori dipendenti e pensionati, che sono i più colpiti dalle scelte tutte sbagliate di questo governo. Serve, poi, andare a colpire i grandi patrimoni, le speculazioni finanziarie e le rendite produttive perchè è inaccettabile che la crisi economica e l'immobilismo del governo colpisca in maniera profondamente disuguale i cittadini e che a pagarne il prezzo più alto siano le fasce più deboli, dipendenti e pensionati. E' anche per questo che se ne devono andare a casa.