marzo 2012

SCANDALOSA SACE, GOVERNO ALZA LE MANI

Sace, quarto round. L’antefatto lo conoscete già: alla Sace, nel dicembre scorso, i vertici si sono triplicati gli stipendi. Oggi, nell’Aula di Montecitorio, è arrivata la risposta del Governo. Questa la risposta del sottosegretario all’Economia, Polillo, alla nostra interpellanza (qui il video). Avevamo chiesto quali iniziative urgenti, anche normative, intendesse assumere il governo al fine di fissare un tetto agli stipendi dei manager della Sace e di tutte le società non quotate in Borsa e partecipate al 100% dal ministero dell’Economia.

Chiedevamo, inoltre, se il governo intendesse assumere iniziative in merito alla alla variazione dei compensi, recentemente deliberati dal consiglio di amministrazione di Sace s.p.a., avviando, una verifica immediata su analoghe situazioni che potrebbero essersi verificate nell'ambito di altre società pubbliche non quotate e controllate al 100 per cento dal Ministero dell'economia e delle finanze.

Ecco la risposta CHE NON RISPONDE del Governo: (qui il video)

“Un problema reale. Un problema che deriva dall’allargamento della forbice che si è verificato sia a livello nazionale che internazionale nella distribuzione del reddito nei processi di globalizzazione. Quando ci stanno divaricazioni di questo genere,è inevitabile che i punti di riferimento anche per le dinamiche retributive in Italia, diventano quello che avviene anche negli altri paesi. Questo avviene in modo particolare per le banche il cui management che, come riferiscono molti giornali finanziari ha raggiunto alti livelli di retribuzione, e sui quali si sta cercando di provvedere, attraverso direttive della Banca d’Italia.

Per quanto riguarda il rapporto tra retribuzione effettiva e benefit di varia natura, comprese le stock options, che devono rispondere a determinati criteri, il governo finora si è mosso facendo pulizia in casa propria e stabilendo quelli che possono essere i tetti retributivi, per quanto riguarda i dirigenti delle amministrazioni che dipendono direttamente dal governo stesso.

Per quanto riguarda, invece, gli altri aspetti sollevati, invece, stiamo predisponendo un decreto del ministero dell’Economia che richiede una fase istruttoria molto complessa di “tipicizzazione” delle società da collocare in due distinte fasce, all’interno delle quali saranno previsti tetti massimi di retribuzione per i dirigenti.

Appena avremo completato questa fase istruttoria, come del resto ci si chiede anche nella stessa interrogazione di verificare a 360 gradi, quale deve essere il comportamento dei dirigenti pubblici, saremo in grado di fare un ulteriore passo avanti rispetto alla direzione auspicata che è quella della razionalizzazione delle retribuzioni di tutti coloro che hanno a che fare con la pubblica amministrazione. Direi, working progress. Certo, nella definizione di queste norme, si sono verificati casi che sono stati denunciati dall’interpellante, che però sotto il profilo strettamente giuridico, e quindi non do un giudizio etico, dei comportamenti seguiti hanno risposto direttamente alle leggi in essere. Infatti, nei casi citati, c’è stata una delibera del consiglio di amministrazione, più un assenso del collegio sindacale, al quale come ricorderò partecipa anche un magistrato della Corte dei Conti, che assiste ad una seduta del consiglio di amministrazione, quindi in assenza di una disciplina diversa anche quelle retribuzioni, da un punto di vista giuridico erano legittime. E quindi il governo su quello può fare ben poco”.

Dunque, il governo può fare ben poco. Siccome gli aumenti erano “legittimi” va tutto bene. Non solo. Il governo avvierà una fase istruttoria – sarebbe bastato che leggessero le nostre denunce e i nostri documenti – alla fine della quale si andrà verso un’auspicata razionalizzazione delle retribuzioni. Questo il giorno dopo che la Camera ha approvato un tetto agli stipendi dei manager pubblici che, di fatto, è un’arma spuntata, perché non è a prova di costituzionalità e i tanti ricorsi, già attesi, rischiano di vanificarla. Amen.

Quello che fa più male alla Val di Susa

Tag: No Tav

Gli scontri ideologici stanno facendo male, molto male alla Val di Susa. La premessa fondamentale di quanto scrivo è che la Tav si deve fare e si farà. La Tav è una grossa infrastruttura per l'Europa e dovrà essere realizzata isolando i violenti e lasciando aperta la porta al dialogo e anche a tutte le valutazioni tecniche che possano portare alla realizzazione di un tracciato condiviso con le popolazioni locali. La legittima protesta dei tanti cittadini della Valle è stata strumentalizzata da molti che, mascherandosi dietro il movimento No Tav, vanno ben oltre il problema specifico e scaricano sulla questione altre tensioni sociali.

Questa spirale va spezzata, nell’interesse di tutti. In questo momento la nostra solidarietà va alle forze dell’ordine, che stanno facendo un lavoro egregio, perché è salito il livello della tensione. E solidarietà va anche ai cittadini che manifestano le proprie ragioni in maniera pacifica e civile.

Ci vuole chiarezza in tutto, anche sulla storia delle macchine dei manifestanti che hanno preso fuoco. Francamente l’autocombustione mi sembra una giustificazione molto poco credibile, a meno che non ci siano fenomeni paranormali che sfuggono alla nostra comprensione. Questo clima di scontro non aiuta il dialogo, ma non solo: alimenta la durezza, che è una forma di stupidità.

E non si deve confondere la determinazione con la durezza, sono due concetti profondamente diversi, praticamente opposti. La durezza è controproducente ed è la risorsa di chi non ha ragioni, la determinazione è altra cosa. Siamo anche grandemente delusi per il fatto che il governo abbia ritenuto esaurite le ragioni del dialogo riducendo tutto ad una questione di ordine pubblico. Non è così, non può essere così e per quanto ci riguarda continueremo a portare il nostro contributo per una soluzione che porti alla realizzazione di un tracciato condiviso e alla realizzazione dell’opera.

Grande coalizione? Sconfitta della democrazia

Grande coalizione e ricandidatura di Monti per la prossima legislatura. I sassi lanciati da Berlusconi da quel di Bruxelles arrivano dritti al centro del dibattito politico italiano. A preoccuparmi, dunque, non sono solo i temi in sé, ma anche il fatto che l’ex premier, con una mossa disperata, tentando di mettere un pietoso velo su quanto in anni di governo egli non è stato capace di fare, di fatto riesca ancora a monopolizzare un dibattito politico al momento assai povero di contenuti. D’altronde è sempre Silvio Berlusconi, lo ha detto lui stesso ieri, con la modestia che lo contraddistingue… Ma proprio per questo sono convinto che ciò che dice vada preso con le pinze.

E vado ai temi. La grande coalizione mi preoccupa perché significa la sconfitta del bipolarismo e di una democrazia matura. Quello stesso bipolarismo, è doveroso sottolineare, che è stato sempre alla base della politica berlusconiana. Motivo in più per interpretare le sue parole nella giusta ottica. Noi crediamo, comunque, al di là delle parole lanciate al vento dal Cavaliere, al bisolarismo e al fatto che un centro sinistra moderno e riformista possa mettere in campo progetti per sconfiggere la crisi e rilanciare il Paese.

E’ per questo che mi preoccupa anche l’idea di una ricandidatura di Monti. Un Monti bis sancirebbe la disfatta della politica italiana, per la quale invece il tecnicismo attuale deve rigorosamente rimanere una parentesi.

Sorvolo sulle finalità del Cavaliere nell’aprire alla possibilità di un secondo governo tecnico. Conosciamo tutti la sua innata capacità di delegittimazione dell’avversario. Rimango convinto che un nuovo centro sinistra sia perfettamente in grado di costruire un’alternativa valida agli anni disastrosi di berlusconismo, ma anche al montismo, cui continuo a riconoscere alcuni meriti, che rimane, però, sempre troppo lontano dalla realtà della società civile e che ha operato e continua ad operare in modo rapido e concreto contro la crisi economica, non curandosi, però del fatto che la sua vittima sacrificale è rimasta quella fascia di popolazione già troppo debole, che invece bisogna riprendere a salvaguardare.

La politica miope

Riporto l'intervista rilasciata oggi al quotidiano La Stampa
Nessuna "pregiudiziale negativa a prescindere". Ma solo quando "si sarà fatta chiarezza anche sul nuovo modello elettorale" avverte il capogruppo dell'Idv alla Camera Massimo Donadi, "saremo in grado di esprimere un giudizio compiuto" sulla bozza di riforme costituzionali messa a punto da Pd, Pdl e Terzo Polo".

La legge elettorale, quindi, come parametro di valutazione?
"Partiamo da un presupposto: se la prospettiva è un proporzionale senza alleanze chiare e senza indicazione del premier noi non siamo d'accordo, perché rende impossibile governare. Del resto, venuta meno l'anomalia di Berlusconi, c'è la possibilità di assicurare finalmente al Paese un bipolarismo normale. E invece dobbiamo ancora fare i conti con la miopia delle forze politiche italiane". 

Miopia in che senso?
"Nel senso che non guardano al futuro ma solo alle scadenze elettorali più prossime. Secondo uno schema che sembra volto a confermare gli equilibri di forze presenti oggi in Parlamento". 

Ma ciò si lega alle riforme costituzionali?
"Prendiamo, ad esempio, l'ampliamento dei poteri del premier: è strettamente connesso al modello elettorale. E' difficile pensare ad una riforma efficace se non si conosce il modello elettorale in cui calarla".

E sulla riduzione dei parlamentari?
"Noi siamo per il dimezzamento, perché è la soluzione migliore per abbattere i costi ma anche per garantire un sistema snello, funzionale e proporzionato. La bozza è un compromesso al ribasso, ma a volte il meglio è nemico del bene e non saremo certo noi a dire di no".

Vale la stessa linea sull'introduzione del bicameralismo eventuale?
"Qui entriamo in un altro ambito e consideriamo il nodo non ancora sciolto. Si deve andare verso il Senato federale o battere la strada del bicameralismo eventuale? Questo secondo modello è indubbiamente più farraginoso. Riteniamo sia più rigoroso e razionale proseguire sulla strada di un Senato federale competente per tutti i provvedimenti di rilevanza regionale".

 

BOSSI PARLA COME UN TERRORISTA

Le elezioni amministrative sono alle porte, il Pdl annaspa diviso e la Lega, per cancellare il peccato originale di aver governato con Berlusconi e di aver avallato tutte le leggi ad personam, ha qualcosa da farsi perdonare.

Per questo, ieri, Umberto Bossi ne ha sparata un’altra delle sue. “Monti? Rischia la vita, il Nord lo farà fuori”. Lo ha detto, ieri sera, il leader del Carroccio parlando a Piacenza, roccaforte emiliana, dove a maggio la Lega si presenterà in totale autonomia dal Pdl.

Una sparata di un uomo malato? O il disperato tentativo di un leader sul viale del tramonto politico che rilancia, travalicando i limiti della decenza?

O l’una o l’altra delle spiegazioni, ora basta. A tutto c’è un limite. Bossi parla come un terrorista. La violenza verbale del leader leghista ormai ha raggiunto vette pericolose e non basta giustificarlo perché non sta bene. Quel che è più grave è che ieri sera nessun leghista, di solito così solerti a diramare spacci di agenzia, non ha sentito il dovere di prendere le distanze e smentire le parole truci e inqualificabili di Bossi che incitano alla violenza. Solo Salvini, questa mattina, con una toppa peggiore del buco, ha detto che le parole di Bossi sono il sintomo della sofferenza di una parte del Paese e che Monti rischia la vita “politica” perché è un abusivo e che sono i provvedimenti economici del governo ad alimentare un brutto clima. Parole financo peggiori, se possibili, perché ancora più violente, perché pronunciate in piena coscienza e ai microfoni di una tv e non in un comizio pre-elettorale.

A tutto c’è un limite, soprattutto in un momento come questo dove la tensione sociale nel paese desta preoccupazione. Si può dissentire, non essere d’accordo sui provvedimenti, ma scadere nell’incitazione alla violenza è da veri irresponsabili.

Molti partiti hanno preso le distanze, quasi tutti. Così le istituzioni. Qualcuno nel Pdl, come Formigoni, pure. Bene. Si aggiungano ora tutti gli altri, vertici del Carroccio in primis ed ex alleati, tutti in un coro solo. Il confronto politico, per quanto aspro, non può e non deve travalicare i limiti dell’odio e dell’istigazione alla violenza.

ARTICOLO 18: LE BUGIE DELLA FORNERO E LE PROPOSTE DI IDV

Sull’articolo 18 si sta facendo cattiva propaganda ed è grave che a farlo sia un governo di tecnici. Il ministro Fornero è il peggior ministro di questo esecutivo. Fino ad oggi, non ha saputo fare altro che mescolare arroganza ed astrazione, quest’ultima lontana anni luce dalla vita dei cittadini italiani. Dire che il problema della produttività in questo Paese si possa risolvere con una bacchetta magica, abolendo o mitigando l’articolo 18, quindi di fatto liberalizzando i licenziamenti individuali, è una bugia indecente.

Il nostro sistema economico italiano ha un grave problema di produttività ma, se le aziende italiane hanno cento problemi, quello dell’articolo 18 è all’ultimo posto.

I problemi che condizionano la produttività delle aziende sono ben altri. E’ una pubblica amministrazione farraginosa e medievale, quando non addirittura corrotta, è una giustizia civile e amministrativa lenta che rende difficile, se non impossibile, fare impresa, è una rete infrastrutturale vecchia, inadeguata ed insufficiente ed, infine, è il carico fiscale più alto d’Europa, al quale non corrispondono servizi adeguati resi alle aziende.

Noi amiamo questo Paese e siamo convinti che fare impresa sia una parte fondamentale della nostra vita economica e sociale. Per questo, al di fuori di schemi precostituiti e steccati ideologici, Italia dei Valori ha elaborato una proposta che ha un pregio: rendere prioritarie le questioni che lo sono davvero. Liberalizzare i licenziamenti non reca nessun vantaggio alla produttività. Anzi, in un momento di grave crisi economica e di contestuale significativo allungamento dell’età per il pensionamento, l’allentamento dell’art. 18 rischierebbe, soprattutto nell’ambito dei  lavori manuali e usuranti, di produrre un effetto di “rottamazione dei cinquantenni”, che rischierebbero di essere sostituiti in massa da giovani meno costosi e più efficienti sotto il profilo del rendimento fisico.

Questi sono i tre pilastri della nostra proposta: 

1) Semplificare la contrattazione collettiva accorpando i 160 contratti attuali in 4 aree.

2) Ridurre gradualmente l’orario di lavoro per i più anziani. La norma esiste già e si chiama contratto di solidarietà espansivo. In pratica, se due lavoratori anziani scendessero a un turno di 4 ore al giorno, avrebbero una  retribuzione pari a circa 7 ore e l'impresa potrebbe, nel contempo, assumere un apprendista a 8 ore al giorno.

3) Applicare in Italia il modello di “Piano Sociale” già operativo in Francia per affrontare la crisi. I rappresentanti del governo sul territorio, seguono un protocollo d'intesa concordato con tutte le parti sociali per la riqualificazione e la rioccupazione dei lavoratori che perdono il posto, attraverso una seria politica industriale, orientata alla ricerca a all'innovazione produttiva.

Questo è il nostro contributo alla trattativa in corso tra governo e parti sociali per una riforma “vera” del mondo del lavoro. Lanciamo, dunque, la nostra sfida al ministro Fornero: abbandoni l’approccio ideologico e si confronti con noi nel merito delle nostre proposte.

LAVORIAMO SUBITO AL DOPO-MONTI

Questo è il governo del ricatto. Monti e i suoi ministri sono sotto il giogo di Berlusconi, che continua a dettare i tempi della politica italiana. Uscito di scena dopo aver portato il Paese al collasso economico, politico e sociale, il Cavaliere, dopo aver cercato di far dimenticare le proprie colpe, sta cercando di tornare in scena. E intanto tiene in ostaggio il governo. Il caso del mancato vertice di ieri, saltato per il forfait di Alfano, ne è la dimostrazione più evidente. Finché si e' trattato di tagliare pesantemente le pensioni, il welfare e l'art.18 al Pdl e' andato tutto bene. Fino a quando a pagare sono stati i cittadini il partito di Berlusconi (Alfano sarà pure segretario ma il partito è proprietà di Berlusconi e basta!)  ha mostrato una compattezza granitica, ora che sul tavolo ci sono i temi del pluralismo televisivo e della riforma della giustizia, si torna al conflitto d'interessi più forte che la storia della Repubblica Italiana ricordi.

Si lavora alla riforma della governance della Rai? Il Pdl rompe. Si pensa ad un nuovo direttore del tg1? Alfano protesta. Si mette in cantiere una nuova legge anticorruzione? ‘Ma che siamo matti?’ dicono dal Pdl. Cosa dire di più per confermare che serve un'alternativa riformatrice a questo governo? Ieri Bersani ha pronunciato parole condivisibili e di grande serietà. Ha detto che ci sono le condizioni per un centrosinistra di governo. Italia dei Valori oggi, come all’epoca della famosa foto di Vasto, è disponibile a lavorare per la costruzione di una coalizione di centrosinistra forte e coesa con regole chiare di governabilità. Siamo consapevoli che gli elettori si aspettano nella prossima legislatura un esecutivo politico si dimostri capace, come e meglio dei tecnici, di decidere ed assumersi responsabilità.

Per quanto ci riguarda, faremo la nostra parte per dare vita a un progetto di governo che rimetta al centro la solidarietà, l’equità, l’innovazione e la lotta agli sprechi e alla corruzione. Proprio per questa ragione, tuttavia, non solo raccogliamo la sfida di Bersani, ma andiamo oltre. La coalizione si farà o meno non perché qualcuno ha sostenuto Monti e qualcun altro no. Nascerà se le forze politiche del centrosinistra saranno capaci, con un lavoro che deve iniziare già da oggi, di trovare un’intesa netta e trasparente, capace di indicare all’Italia il modello di sviluppo che abbiamo in mente per i prossimi dieci anni. Per questo la vera sfida che i partiti di centrosinistra hanno davanti, mentre Monti governa, è di cominciare a progettare il dopo-Monti, ovvero quell’idea di Paese che, quando si voterà, sottoporremo al giudizio degli italiani

In piazza con la Fiom per i lavoratori

Italia dei Valori in piazza con la Fiom per difendere il lavoro, perché tira una brutta aria. Qualcuno pensa di risolvere i problemi economici dell'Italia trasformandola in una piccola Cina. Ci sono sempre meno diritti e stipendi sempre più bassi. Il governo mente quando sostiene che l'abolizione dell'Art 18 metterebbe le ali all'economia. Non è assolutamente vero, i vincoli che impediscono all'Italia di crescere sono ben altri e noi siamo qui per dire che esiste un altro modello.

UNA LEGGE CONTRO LA BANDA DEL BUCO

Tag: Lusi , margherita

= CASO LUSI: EX TESORIERE, SE PARLO SUCCEDE UN CASINO

ESEGUIVO CIO' CHE MI VENIVA DETTO, SONO VITTIMA DI FUOCO AMICO

(ANSA) - ROMA, 09 MAR - ''Questa partita e' molto piu' grande, questa partita fa saltare il centrosinistra. E quando su di me uscira' fuori ulteriore merda che servira' a screditarmi definitivamente non ci sara' piu' una domanda da porsi''. E' un passaggio dell'intervista all'ex tesoriere della Margherita, Luigi Lusi, accusato di aver sottratto 13 milioni di euro dal capitale del partito, a Servizio Pubblico, ripresa dal Fatto Quotidiano. ''Io ho gestito 214 milioni di euro, ne ho lasciati 20 in cassa. Facciamo finta che ne abbia presi 7 poi ho pagato 6 milioni di tasse e arriviamo a questi famosi 13 milioni. Ne rimangono altri 181. Li abbiamo usati tutti per pagare il personale e i telefonini?'', si chiede Lusi. ''Perche' i revisori dei conti e il comitato di tesoreria hanno sempre fatto relazioni positive sui miei bilanci? - aggiunge - E' evidente che andavano bene altre cose, no?''. Inoltre Lusi afferma di aver finanziato l'attuale sindaco di Firenze, Matteo Renzi ma ''e' evidente che queste informazioni sono uscite da chi sta facendo le indagini o, piu' probabilmente, dalla guerra interna al Partito Democratico. E' cosi'. Nessuno e' interessato a che io parli''. ''Io eseguivo cio' che mi veniva detto - aggiunge - ed evidentemente per loro ero affidabile''. Le cose che Lusi eseguiva ''rientrano nel border line del finanziamento alla politica. Formalmente e' tutto lecito'', precisa. Lo scandalo delle risorse sottratte della Margherita, secondo Lusi, nascerebbe da ''un fuoco amico, figlio di una guerra vecchia, prima contro Rutelli e poi contro il Pd'', non da un warning della Banca d'Italia. ''Noi abbiamo sempre risposto alle segnalazioni di Unicredit - precisa Lusi - e Unicredit ha rimandato indietro le nostre risposte perche' in realta' inciuciava. Ma perche' inciuciava? Perche' qualcuno gli ha detto di inciuciare''. (ANSA).

Di fronte a questi passaggi troppi commenti non servono. Le parole di Lusi sono sconcertanti e le accuse che lancia non possono cadere nel vuoto, la politica non può far finta che nulla sia accaduto. Il senatore del Pd dice che la questione non è tanto quella dei venti milioni che ha preso lui, ma i circa duecento che ha preso qualcun altro. Chi è chiamato in causa si discolpi e vada a chiarire la sua posizione. Ma a questo punto ogni commento è solo aria fritta. Dobbiamo agire. I presidenti di Camera e Senato non possono restare inerti. A nome di Italia dei Valori chiedo che Fini e Schifani calendarizzino immediatamente in Aula il Ddl sul finanziamento dei partiti. Italia dei Valori ha già presentato una proposta dei legge per rendere trasparente il meccanismo ed evitare illeciti. Si deve impedire che i fondi pubblici diventino privati. Queste vergogne politiche non devono più ripetersi.

Nozze gay, la lezione inglese

Blair, cattolico, Cameron, conservatore, aprono alle nozze gay. Il governo inglese è pronto a varare entro il 2015 il matrimonio tra gay e Blair ha dichiarato apertamente e pubblicamente il proprio appoggio.

Le unioni civili sono già legge in Inghilterra dal 2005, ma i due gettano il cuore oltre gli ostacoli “politici” e non solo. Stupiscono positivamente le motivazioni addotte dal premier Cameron: “Io non sono a favore dei matrimoni gay nonostante sia conservatore. Sono a favore dei matrimoni gay proprio perché sono conservatore”. E lo spiega: “la società è più forte quando si assumono obblighi reciproci e solenni. Ho preso un impegno e lo mantengo”.

Fatte le debite differenze sociali, culturali e politiche tra gli inglesi e noi e rifuggendo ogni tentazione esterofila, c’è da impallidire al confronto. Sì perché, in Italia, il riconoscimento dei diritti civili alle coppie omosessuali non solo divide da ormai quasi un decennio la politica italiana, più attenta ad ossequiare altri poteri che a legiferare e tutelare i diritti di tutti, ma viene usata come clava elettorale a ridosso delle competizioni elettorali, politiche o comunali che siano.

Angelino Alfano, qualche giorno fa, ha elevato il tema a rango di clava per colpire l’avversario, usando un’espressione che bene ricalca la più becera retorica berlusconiana dei comunisti mangiatori di bambini. Per Alfano, se la sinistra italiana andasse al governo, farebbe quello che ha fatto la sinistra spagnola negli anni scorsi. Cosa avrebbero fatto gli spagnoli? Non avendo una ricetta sulla crisi economica, i socialisti spagnoli hanno buttato fumo negli occhi della società facendo la legge sul matrimonio tra uomini. Ora, a parte il fatto che qualcuno dovrebbe spiegare al segretario del Pdl che la legge sul matrimonio di quel Paese riguarda anche le donne perché l’omosessualità è anche femminile, cosa dovremmo dire noi che mentre l’Italia bruciava a causa dell’immobilismo e dell’incapacità del governo a gestire la crisi economica, Berlusconi novello-Nerone suonava la lira?

Noi sosteniamo le unioni civili per le coppie omosessuali. Sarebbe già un primo grande passo e suggeriamo al segretario del Pdl di farsi un giro dalle parti del mondo reale. Compito della politica e del legislatore è anche quello di dare risposte alle esigenze che la società esprime, con spirito laico e scevro da condizionamenti. Chiudo con la domanda Sky del giorno: il 66 per cento degli intervistati ritiene le affermazioni di Angelino Alfano su centrosinistra e gay frutto di demagogia elettorale. Lectio magistralis.

Lerner sul pulpito la spara grossa

Lerner: Ci sono dei politici in italia che sono tutto il giorno in tv di qualunque argomento si parli. Come fanno a essere competenti di tutto?

Mentana: Stai parlando di Bersani...

Lerner: No, sto parlando...Non voglio fare nomi, dell'uno e dell'altro schieramento

Mentana: Prendiamo uno a cui non dispiacerebbe, Stracquadanio, è uno che è stato utilizzato in questo modo per un lungo periodo.

Lerner: Ma no, Stracquadanio è un guastatore, ce ne sono che veramente vanno...Vogliamo dire, ma no, non voglio dire...Diciamo, Donadi, capogruppo dell'Italia dei Valori è in grado di parlarti di qualsiasi argomento con un'infarinatura media, diciamo così. Posso dirne uno dell'altro schieramento, Gasparri per esempio è difficile che...

Mentana: ...ti dica di no...
(Da L'Infedele, puntata del 12 marzo 2012)

Caspita, non pensavo di essere l’archetipo di un certo tipo di politico. Ma per fortuna ci ha pensato Gad Lerner a insegnarmelo. Secondo lui apparterrei a quella schiatta di politici capaci di parlare di tutto nei salotti televisivi, senza avere alcuna reale competenza specifica.

Ho guardato più volte quel passaggio della trasmissione ed è divertente notare che i nomi che vengono in mente agli ospiti di Lerner, quando lui descrive questo prototipo di politico, sono tutt'altri. C'è chi parla di Stracquadanio, chi poco prima aveva menzionato la Santanchè. Ma lui, imperterrito, zittisce tutti e pronuncia la fatidica sentenza: "Donadi, capogruppo dell'Italia dei Valori".

Peccato che Lerner, nell'esprimere un giudizio così superficiale e gratuito, abbia sbagliato quanto meno il tempismo. Proprio ieri, infatti, quando è andata in onda la puntata de l’Infedele in cui mi descriveva in quel modo, ho rifiutato l’invito per la trasmissione Coffee Break, sempre su La7, dove si parlava della vicenda del blitz in Nigeria e dell'arresto dei due marò in India. Ho declinato l'invito essendo argomenti dei quali non mi occupo direttamente e sui quali non ritenevo pertanto corretto affrontare un'intera trasmissione.

E così ho fatto tante altre volte, in moltissime occasioni. Ma Lerner di certo non sa quali sono le mie competenze, qual è (consentitemelo) il mio stile nel fare politica visto che, in sei anni trascorsi come capogruppo dell’Italia dei Valori alla Camera, mi ha invitato alla sua trasmissione solo una volta.

Quella era una trasmissione incentrata sulla storia dell’Italia dei Valori e lì, evidentemente, mi ha invitato perché forse è l'unico argomento sul quale ritiene che io abbia una qualche competenza che vada al di là di una "media infarinatura".  Guarda caso l'intera puntata era costruita con l'intento non di raccontare la storia del partito ma più semplicemente di "sputtanarlo". Naturalmente gli andò male, molto male, perché, per fortuna, c’è poco da sputtanare. 

Lascio a Lerner le sue personali convinzioni. Non ho voglia di entrare nel merito di una discussione davvero banale rispetto agli immensi problemi di mancanza di credibilità, di affidabilità e di onestà che sono, invece, il reale e grande problema della politica italiana. 

Ma ho deciso di scrivere questo post perché su una cosa Lerner ha ragione: quanto è successo in Europa e nel mondo negli ultimi tre anni, con la crisi dei debiti sovrani e con il sostanziale default della Grecia, ha dimostrato che la politica oggi è così complessa da richiedere, in chi assume incarichi di governo o responsabilità istituzionali di alto livello, una competenza specifica, e una competenza economica, dalle quali, in passato, si poteva prescindere. Oggi non è più così. 

Ma questo non vale soltanto per i politici. Vale anche per i giornalisti. Abbiamo bisogno di una nuova generazione di professionisti che ne capiscano di economia, di questioni internazionali, di finanza pubblica e privata e non di gente brava soltanto a stare davanti a uno schermo e capace di condurre una trasmissione su qualsiasi argomento magari senza nemmeno averne una media infarinatura.

Un simile giornalista, infatti, non è oggi più in grado di comprendere lui e, quindi, di far comprendere agli spettatori a casa, la differenza tra un politico preparato e un "quaquaraquà" e si riduce soltanto a tifoso di una delle parti in campo.

CAMBIA IL TAVOLO CAMBIA LA MUSICA

Italia dei Valori ha votato sì al provvedimento sulle semplificazioni con convinzione. Già nel discorso alle Camere, quando Monti chiese la fiducia per la nascita del governo, usò alcune parole sulla pubblica amministrazione che per noi erano musica: ridurre, semplificare, accorpare. Oggi, queste parole compiono un primo passo di attuazione e Idv le saluta con favore. Con favore Italia dei Valori saluta la nascita della banca dati nazionale dei contratti pubblici, che farà risparmiare più di un miliardo di euro alle amministrazioni, l’anagrafe e lo stato civile telematici, passo in avanti per un’amministrazione amica dei cittadini.

Tutto quello che va nella direzione della semplificazione, senza nulla togliere alla sicurezza, è un dato positivo. Ma un decreto non fa primavera. Il Governo, sempre di più, vive in una sorta di libertà vigilata. Sulla sua testa grava minacciosa la spada di Damocle del primo socio di maggioranza relativa, ovvero il Pdl di Berlusconi e Alfano. E non è un caso, infatti, che a seconda del tavolo cambia la musica. Cambia il tavolo, cambia la musica: articolo 18. Se si tratta di mettere mano all’articolo 18, per togliere diritti ai lavoratori, il governo proceda con le note possenti della Cavalcata delle Valchirie, con il ministro Fornero che ogni mattina lancia diktat: “O i sindacati ci stanno, o si giocano una paccata di miliardi!”. Guarda il caso, l’abolizione dell’articolo 18 stava nel programma del Pdl.

Cambia il tavolo, cambia la musica: anticorruzione. La corruzione, in Italia, in termini di rilancio dell’economia, costa molto di più dell’articolo 18: 60 miliardi di euro ogni anno. Ma siccome quando si comincia a parlare di anticorruzione nel Pdl parte l’orticaria, dalla Cavalcata delle Valchirie passiamo al Minuetto “un passo avanti, un passo indietro, un passo a lato” del ministro Severino che dice: “vedremo, ce ne occuperemo, speranze ci sono, vedo spiragli”.

Cambia il tavolo, cambia la musica: liberalizzazioni. Questa volta suonano le note di un allegro ma non troppo. Il Governo è stato timido quando ha fatto il decreto, è stato pavido quando si è trattato di difenderle in Aula. Ha lasciato che il Pdl, il partito delle lobby, spolpasse il decreto sulle liberalizzazioni fino all’osso. Con quel provvedimento, si liberalizzano solo i fichi secchi.

Cambia il tavolo, cambia la musica: evasione fiscale. Fino a qui, va riconosciuto al governo che su questo tema non si scherza più. Ma ad oggi la lotta all’evasione fiscale resta più una sensazione che un reale obiettivo. Non si può campare tutta la vita con i blitz a Cortina o Portofino. Servono norme di sistema per estirparla davvero. In gioco non ci sono i 60 miliardi della corruzione, ma di 120 miliardi di euro evasi ogni anno. Però, siccome c’è il Pdl, il partito dei condoni, allora la musica si fa timida, distratta, vaga: “vedremo, ci penseremo, faremo, non è la priorità”.

Cambia il tavolo, cambia la musica: costi della politica e sprechi della pubblica amministrazione. Qui la musica diventa una insopportabile marcia del gambero. Solo passi indietro, su tutto: dall’abolizione delle province alle auto blu, dalle consulenze, che bruciano 5 miliardi di euro l’anno, alle società pubbliche.

Qualche esempio? Sace. In vent’anni è passata da 300 a 550 dipendenti. In compenso, le pratiche svolte dalla Sace, nello stesso arco di tempo, sono passate da 3.500 a meno di 200. In compenso, per non sbagliare, due settimane fa, i vertici della Sace si sono raddoppiati gli stipendi: oggi il direttore generale della Sace prende più di 600mila euro l’anno.

Cra, Centro Ricerche in agricoltura. 100 milioni di euro di bilancio, 97 dei quali se ne vanno per gli stipendi dei 1.800 dipendenti. Neanche fossero la Nasa. Per la ricerca, funzione primarie del Cra, restano 3 milioni di euro scarsi.

Sin, Sistema integrato in agricoltura. Ha un direttore generale che percepisce 250mila euro l’anno e che ha, nel suo contratto di lavoro, una buonuscita di 13 anni. Se lo licenziassero, la pubblica amministrazione dovrebbe versargli 13 anni di stipendio, più di 3 milioni di euro. Isa, società che dovrebbe erogare finanziamenti nel settore agro-alimentare. Da quando esiste ne ha erogati in tutto 26. In compenso, ha 4 dirigenti, tra cui il direttore generale che percepisce uno stipendio annuo di 800mila euro. I 36 dipendenti, che hanno svolto in media una pratica ogni 5 anni, costano alla società più di 160mila euro ciascuno. Sono solo pochi esempi ma sono 7.000 le società in Italia che operano in questo regime, sperperando ogni anno decine di miliardi di euro.

E’ questa l’Italia che il Governo ha in mente? La verità è che questo governo non sta affrontando le priorità vere. Sta facendo quel poco che il Pdl gli lascia fare. Per un governo che aveva promesso di volare alto, continuare a camminare guardando per terra per il timore di cadere, è davvero troppo poco. Soprattutto per chi era partito con l’ambizione di cambiare l’Italia.

OSTRICHE E CHAMPAGNE NON FANNO PRIMAVERA

 "Champagne, vino e formaggi, quattro spigoloni, venti scampi, ostriche imperiali, cinquanta noci bianche, cinquanta cozze pelose, due chili di allievi locali di Molfetta e otto astici". E il ghiaccio, tassativamente in formette, per conservare il dono che Degennaro, costruttore e consigliere regionale del Pd in Puglia, nel Natale del 2007 ha inviato al sindaco di Bari, Michele Emiliano del Pd. E’ quanto emerge dall’informativa della Guardia di Finanza sull’inchiesta di Bari. Non solo.

Praticamente è una persona che deve essere per forza… assunta”. Si tratta di un amico del sindaco Emiliano, un operaio, effettivamente poi assunto in uno dei cantieri del costruttore Degennaro. E’ scritto sempre nell’informativa della Guardia di Finanza.

E poi ancora, parcheggi interrati costruiti male e con spese gonfiate, immobili da destinare alle forze di polizia e finiti ad altri, un orto botanico secolare danneggiato, tutto sotto l’occhio, come riportano oggi i principali quotidiani e le carte dell’inchiesta, “mezzo chiuso” dell’amministrazione cittadini di Bari.

Non sapevo neanche chi me le avesse mandate” è stata la risposta del sindaco Emiliano a proposito degli astici, delle ostriche imperiali, delle cinquanta cozze pelose e delle seppioline. Su eventuali reali addebiti mossi al sindaco di Bari provvederà la magistratura a fare chiarezza, ma una risposta così lascia perplessi.

Chi, come il sindaco Emiliano, si candida a cavalcare una nuova stagione, ad essere il promotore di una nuova fase politica, che prenda le mosse da civismo per disegnare percorsi diversi che aprano la speranza, non può permettersi il lusso di un solo dubbio. Ha il dovere di chiarire fino in fondo, nel suo interesse innanzitutto. Pensare di cavarsela di fronte al pacco dono di un imprenditore dicendo “non sapevo” appartiene ad un modo di fare e concepire la politica che nulla ha a che vedere con nuove stagioni, nuove fasi e nuovi percorsi. Una politica nuova ha gli occhi ben aperti, “spalancati sul futuro, sembra ombre riflesse sul muro”.

OSTRICHE E CHAMPAGNE NON FANNO PRIMAVERA

 "Champagne, vino e formaggi, quattro spigoloni, venti scampi, ostriche imperiali, cinquanta noci bianche, cinquanta cozze pelose, due chili di allievi locali di Molfetta e otto astici". E il ghiaccio, tassativamente in formette, per conservare il dono che Degennaro, costruttore e consigliere regionale del Pd in Puglia, nel Natale del 2007 ha inviato al sindaco di Bari, Michele Emiliano del Pd. E’ quanto emerge dall’informativa della Guardia di Finanza sull’inchiesta di Bari. Non solo.

Praticamente è una persona che deve essere per forza… assunta”. Si tratta di un amico del sindaco Emiliano, un operaio, effettivamente poi assunto in uno dei cantieri del costruttore Degennaro. E’ scritto sempre nell’informativa della Guardia di Finanza.

E poi ancora, parcheggi interrati costruiti male e con spese gonfiate, immobili da destinare alle forze di polizia e finiti ad altri, un orto botanico secolare danneggiato, tutto sotto l’occhio, come riportano oggi i principali quotidiani e le carte dell’inchiesta, “mezzo chiuso” dell’amministrazione cittadini di Bari.

Non sapevo neanche chi me le avesse mandate” è stata la risposta del sindaco Emiliano a proposito degli astici, delle ostriche imperiali, delle cinquanta cozze pelose e delle seppioline. Su eventuali reali addebiti mossi al sindaco di Bari provvederà la magistratura a fare chiarezza, ma una risposta così lascia perplessi.

Chi, come il sindaco Emiliano, si candida a cavalcare una nuova stagione, ad essere il promotore di una nuova fase politica, che prenda le mosse da civismo per disegnare percorsi diversi che aprano la speranza, non può permettersi il lusso di un solo dubbio. Ha il dovere di chiarire fino in fondo, nel suo interesse innanzitutto. Pensare di cavarsela di fronte al pacco dono di un imprenditore dicendo “non sapevo” appartiene ad un modo di fare e concepire la politica che nulla ha a che vedere con nuove stagioni, nuove fasi e nuovi percorsi. Una politica nuova ha gli occhi ben aperti, “spalancati sul futuro, senza ombre riflesse sul muro”.

In piazza con la Coldiretti

I SILENZI COLPEVOLI DELLA POLITICA

Due giorni fa la Corte di Cassazione, con una sentenza storica, ha riconosciuto alle coppie gay gli stessi diritti delle famiglie. Pur negando la trascrizione del matrimonio di una coppia omosessuale che si era sposata in Olanda, le ha riconosciuto il pieno diritto alla vita familiare. Avvenire, ieri, l’ha definita una sentenza creativa. Io non credo sia così, ma voglio affrontare il tema senza preconcetti e con una visione laica.

La sentenza della Cassazione è ovvia e, per tale, non intendo banale, ma semplicemente conseguenza naturale di uno stato di fatto, di una realtà che è entrata a far parte a pieno titolo dei nostri costumi ed abitudini. Mi conforta, nel mio ragionamento, un passaggio della sentenza: “la diversità sessuale è superata”. Dal mio punto di vista, tale sottolineatura da parte della Cassazione non sminuisce l’istituto del matrimonio, né svilisce il ruolo della famiglia, riconosciuto nella nostra Costituzione. Prende semplicemente atto che la nostra società è profondamente mutata e mostra un tessuto sociale in trasformazione. Prende atto delle mutate circostanze e non ignora le legittime istanze di migliaia di coppie omosessuali che reclamano il riconoscimento di sacrosanti diritti. Non è la prima volta, e non sarà neanche l’ultima, che la Cassazione fotografa con assoluta verità lo stato di cose e, nel vuoto legislativo, colma una lacuna che il legislatore, colpevolmente, continua ad ignorare.

Ebbene, io mi chiedo, per quanto tempo ancora la politica farà finta di niente? Per quanto tempo ancora si girerà dall’altra parte? Per quanto tempo ancora la politica, il Parlamento lascerà alla Cassazione la responsabilità di colmare il vuoto legislativo?

Non pretendiamo leggi rivoluzionarie. Pretendiamo, però, che il Parlamento sappia leggere i mutamenti e legiferare in maniera conseguente. E’ chiedere troppo?

Intercettazioni, bavaglio e ostaggi

Un deja vu. Un brutto film già visto. Il titolo è bavaglio, il regista è Angelino Alfano. Uno dei punti di accordo del vertice di ieri sera è stato quello sulla necessità di una legge sulle intercettazioni. Praticamente un bavaglio alla stampa ed una protezione per politici corrotti, faccendieri delle cricche e disonesti in generale. Di cui questa Italia, purtroppo, abbonda.

Non riesco davvero a comprendere come la ‘legge bavaglio’ possa essere uno dei punti di discussione di un vertice del massimo livello politico. O meglio, non riuscirei a capirlo se fossimo in un paese de-berlusconizzato. Purtroppo il governo Monti è ostaggio di Berlusconi e del Pdl, ha una sovranità limitata. Il limite è il perimetro imposto da Berlusconi e dai suoi. Se Berlusconi decide che di Rai non si parla, Monti può anche diramare un comunicato in cui dice che sarà argomento di discussione del vertice, ma poi, magicamente, quel punto sarà rinviato.

La riforma della governance della più grande impresa culturale del Paese, del servizio pubblico radio-televisivo, infatti, può attendere. Non è rinviabile, invece, la legge bavaglio. In realtà anche sul tema giustizia Alfano aveva alzato i toni, ma poi, con l’accoglimento del bavaglio e con un addolcimento del ddl anti-corruzione, il segretario del Pdl si è calmato. Il problema è tutto qui. O, se volete, tutto quid. Non è vero che ad Alfano manchi il quid, ne ha in abbondanza, solo che è il quid di Berlusconi. Il delfino del Cavaliere si muove nel solco tracciato dal suo maestro e non potrebbe, chiaramente, essere altrimenti. La speranza di un rinnovamento del Pdl, di un superamento del berlusconismo è ancora una pia illusione. Come Monti sa bene.

SALVA-BERLUSCONI? E’ UNA FOLLIA

Faremo le barricate. Perché con l'aria che tira in Italia in questo momento nessuno può essere così pazzo da pensare di eliminare il reato di concussione, varando l’ennesima leggina ad personam. Non è certo un mistero che Silvio Berlusconi sia accusato di questo reato nel processo Ruby e non è necessario essere facili profeti per capire che gli italiani rincorrerebbero fin sotto casa chi provasse a metter mano a un provvedimento del genere.

Noi non permetteremo inciuci o accordi sottobanco che mettano in salvo il Cavaliere. Bene ha fatto il Pd, dopo la nostra denuncia, a ritirare l'emendamento che cancellava la norma e faceva ricadere i casi di concussione in parte nell’estorsione, in parte nella corruzione. Era il minimo. Perché esiste il rischio concreto che ciò che oggi è concussione domani potrebbe non essere più riconducibile ad alcun reato e questo non sarebbe accettabile.

Vigileremo nelle aule parlamentari, non in odio a Berlusconi, ma perché crediamo nel valore imprescindibile della giustizia. Crediamo, altresì, che un Paese dove la giustizia venga ritagliata su misura dei singoli imputati, solo perché potenti, non sia un Paese serio.

La corruzione costa al nostro Paese 60 miliardi di euro l’anno. Pensare di mettere mano a eventuali revisioni del reato di concussione, è come pensare di svuotare il mare con un cucchiaino. Quello che serve sono norme anticorruzione stringenti ed efficaci.

Italia dei Valori ha presentato, da tempo, un pacchetto di proposte anticorruzione, a cominciare dalla reintroduzione del falso in bilancio e delitti in materia societaria, all’introduzione di nuove figure di delitto indispensabili per contrastare il fenomeno, quali l’auto-riciclaggio.

Noi chiediamo al governo forte determinazione nella lotta alla corruzione, una terribile zavorra che il nostro Stato si porta dietro e che costa due manovre economiche. Il Governo le valuti nel merito. E non resusciti spettri “ad personam”.

TOLOSA, OSLO, FIRENZE, IL FILO ROSSO DELL’ODIO POLITICO

Tolosa, tragedia europea. Come la strage di Oslo, del folle Breivik. Non ci sono parole per descrivere il dolore di questa carneficina. Non c’è nulla di umano nel puntare un fucile contro bambini indifesi. Ma questa strage che colpisce per la sua ferocia e che ha lasciato il mondo sgomento non può essere relegata nella categoria ‘follia omicida’.

Non solo. C’è una componente di odio che ha una matrice probabilmente politica, religiosa, fanatica, antisemita. La stessa pistola che ieri ha freddato tre bambini e un adulto a Tolosa, aveva già ucciso tre parà, peraltro di origine maghrebina. I principali sospettati sono dei paracadutisti francesi espulsi dal corpo dopo essere stati fotografati avvolti in una bandiera nazista, a seguito di una denuncia presentata da un commilitone di origine maghrebina.

Senza entrare nei particolari, di cui oggi sono piene le pagine dei giornali, dobbiamo fare una riflessione. La strage di Tolosa, come quella di Oslo, solo per citare le più terribili, hanno l’odio politico alla propria base, un odio coltivato negli ambienti dell’estrema destra che sta proliferando in tutta Europa. Una destra sempre più aggressiva che fa leva sulla povertà, sull’insicurezza sociale, sull’incapacità di comprendere i cambiamenti sempre più veloci di ogni singolo stato europeo.

E’ accaduto in Francia, è accaduto in Norvegia. E’ accaduto in Italia, a Firenze, quando un militante di Casa Pound ha ucciso due immigrati senegalesi e ne ha feriti altri tre. E’ chiaro che sono tutti episodi diversi tra loro, per dinamica, metodi, origine, ma legati dal filo d’odio del neonazismo e dei neofascismi.

Questa scia di sangue impone a tutta la politica italiana e soprattutto europea una riflessione seria sulla deriva xenofoba e razzista di larghe fasce della popolazione. Il secolo dei totalitarismi è alle spalle, per fortuna, ma insistere sulla dimensione economica e finanziaria dell’Unione Europea, dimenticando la politica e l’analisi sociale, può avere conseguenze molto più gravi di un bilancio in rosso.

Vorrei chiudere con una notizia che è sfuggita (forse) ai media ma che è di una gravità estrema a mio parere: qualche giorno fa, Roberto Maroni, l’ex ministro dell’Interno, ha dichiarato, davanti ad un pubblico di studenti universitari, che la Lega ha cavalcato razzismo e xenofobia per racimolare consenso elettorale. Una frase del genere, detta da un qualsiasi altro politico europeo, ne avrebbe segnato la fine come uomo pubblico. Cosa dire di più? La politica rifletta e faccia autocritica, non si scherzi più col fuoco.

Finanziamento ai partiti. Referendum per uscire dall'illegalità

Un referendum per abolire il finanziamento pubblico ai partiti. Lo abbiamo annunciato ieri durante la conferenza stampa, di cui potete rivedere il video, alla luce degli ultimi scandali e in virtù del fatto che su questo tema siamo in presenza di un vuoto normativo. Non credo si arriverà in tempi rapidi a una riforma in tal senso ed è per questo che abbiamo deciso di proporre il quesito referendario, che depositeremo entro la prossima settimana.

Lo sapete bene, lo abbiamo dimostrato più volte, quando ci mettiamo in testa di fare un referendum facciamo sul serio. Raccoglieremo le firme perché non possiamo più tollerare che i partiti gestiscano, così come hanno fatto nel corso degli ultimi 10 anni, due miliardi di euro nell'assoluta illegalità e in assoluta libertà. Trovo assurdo il fatto che non esista forma di controllo alcuna, nessun organo deputato a verificare e controllare l'operato dei partiti, soprattutto per quanto riguarda un aspetto delicato come quello dei finanziamenti. Per questo proponiamo di cancellare la legge n.659 del 18 novembre 1981 che di fatto aveva sostituito la n.195 del 2 maggio 1974. Anche quella abrogata con un referendum.

Ora, non ci rimane che sciogliere un dubbio normativo visto che, secondo la legge, non è possibile depositare richiesta di referendum "nell'anno anteriore alla scadenza di una delle due Camere e nei sei mesi successivi alla data di convocazione dei comizi elettorali per l'elezione di una delle Camere medesime". Ma questo non è un problema. Raccoglieremo le firme subito oppure a gennaio del 2013, a seconda delle indicazioni che riceveremo dalla Cassazione. Ma potete star tranquilli, nel 2014 ognuno potrà dire la sua su questa legge. La politica ha due anni di tempo per dar vita a un finanziamento decente e dentro la legalità, altrimenti incorrerà nella "ghigliottina" del voto popolare.

"Marche day". Siamo con voi

Amministratori locali, imprenditori e cittadini marchigiani di fronte a Montecitorio. Una manifestazione per sollecitare un intervento di solidarietà al governo per il recupero delle risorse erogate a seguito dei danni provocati dall'alluvione del 2011 e dall'emergenza neve del mese scorso.

TI STAI SBAGLIANDO, CHI HAI VISTO NON E’, NON E’ SUSANNA

“Bisogna smetterla di guardare al confronto con il sindacato in termini ideologici, come se scontrandosi con i rappresentati dei lavoratori si risolvessero tutti i problemi. Non si riesce a creare valore economico con il licenziamenti selvaggi, l’abolizione dell’articolo 18 e il contenimento di salari che sono già bassi. In questo modo non si crea proprio niente, si distrugge solo. La produttività viene dagli investimenti, dalla ricerca e sviluppo, dall’innovazione e così, poi, arrivano anche sviluppo e occupazione. La licenziabilità dei dipendenti è l’ultimo dei problemi delle imprese italiane”.

Lo so, starete già tutti pensando è la solita Susanna Camusso, sappiamo già come la pensa. E invece no, sorpresona. Chi parla è Giorgio Squinzi, da questa mattina nuovo presidente di Confindustria. Guarda caso è proprio quello che ho scritto e vado ripetendo da tempo su questo blog. Saremmo davvero curiosi di assistere al prossimo incontro tra il ministro del Lavoro ed il neopresidente che spiega all’arrembante Elsa Fornero che le imprese italiane non sanno che farsene dell’articolo 18; che la crescita economica e la creazione di nuovi posti di lavoro, che la produttività viene dagli investimenti, dalla ricerca e dallo sviluppo, dall’innovazione, dalla passione quotidiana che si mette in ciò che si fa.

Sono queste le condizioni da cui scaturiscono sviluppo e occupazione. Se Giorgio Squinzi lo farà, e siamo convinti che sarà capace di essere coerente con quello che ha dichiarato il 25 gennaio scorso in una lunga intervista al settimanale Panorama, potrà dare un contributo importante alla vita delle imprese italiane e dei lavoratori. La riforma del governo sul mercato del lavoro è pessima e l’articolo 18 è l’ultimo dei problemi. Se passa sarà la rottamazione dei 50enni. Non è un testo che si possa emendare perché è orribile. Va solo ritirato.

NON SI ESCE DALLA CRISI TOGLIENDO DIRITTI

++ LAVORO: NAPOLITANO, PROBLEMA PIU' GRAVE E' PER AZIENDE ++

(ANSA) - ROMA, 23 MAR - ''Il problema piu' drammatico e' quello delle aziende che chiudono e dei lavoratori che rischiano di perdere il posto di lavoro, non per l'articolo 18 ma per il crollo delle attivita' produttive''. Lo ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al termine di una cerimonia alle Fosse Ardeatine. (ANSA).

Ha ragione Napolitano quando dice che il problema principale è la crisi che porta migliaia di aziende a chiudere ogni anno. Come dimostrano i 100.000 licenziamenti collettivi l’anno che ci sono stati dall’inizio della crisi ad oggi. Oltre ai 600.000 che stanno per arrivare per le aziende che hanno ormai concluso tutto il periodo di cassa integrazione e di mobilità.

Ma è proprio per questa ragione che Italia dei Valori sostiene con assoluta convinzione e fermezza la gravità e l’insensatezza della decisione del governo di andare verso i licenziamenti facili anche a titolo individuale. Questa pseudo-riforma toglierà soltanto diritti e tutele a chi già oggi ne ha poche di fronte alla gravità della crisi e non rafforzerà in nessun modo le aziende italiane.

L’eliminazione dell’Art.18, lo abbiamo detto e lo ribadiamo, produrrà soltanto due cose: tensioni sociali e maggiori licenziamenti e, con riferimento a questi ultimi, una generalizzata ‘rottamazione dei cinquantenni’. Per questa ragione Italia dei Valori farà di tutto per impedirne l’approvazione.

D COME DELAZIONE...

A come lotta alla crisi e D come caccia alla corruzione. Non sono improvvisamente uscito di senno, sto solo facendo una riflessione sulle mosse diagonali e pericolosamente sbagliate di questo governo.

- A sta per articolo 18, con l’abolizione del quale l’esecutivo pretende di combattere la crisi economica.

- D sta per delazione, la novità servita fresca fresca sul vassoio assortito di questo governo tecnico che di tecnico ha sempre meno.

Con la delazione pensano di poter combattere la corruzione. Peccato che si tratti di una legge che premia in denaro chi denuncia. Una legge confezionata per un mondo del lavoro esistente solo nelle favole. Già, perché tutti sappiamo che gli uffici sono i luoghi dove più facilmente si sviluppano invidie, antipatie, mal di pancia, che ora potranno, facilmente, trovare sfogo in una bella letterina di denuncia contro l’odiato collega, da presentare all’apposito funzionario, che, ovviamente, garantisce l’anonimato ed un premio in denaro, una buona percentuale dei soldi recuperati dallo Stato.

Sembra uno scherzo, ma è realmente una proposta su cui il governo sta lavorando. Una proposta che a me sembra una presa in giro, non meno dell’abolizione dell’articolo 18 per combattere la crisi.

La corruzione va combattuta con armi serie, certo non con la legge del tutti contro tutti. Non con una norma che farebbe diventare gli uffici un campo di guerra, dove si farebbe a gara a tessere tele di fango per fare qualche soldo in più.

Ci auguriamo davvero che il ministro Severino si accorga per tempo dell’errore madornale che sta per compiere sperando possa partorire un’idea migliore per la lotta alla corruzione. In fondo, visto il precedente, che sia migliore di questa è davvero facile.

CASA DI RIPOSO? PER IL GOVERNO SEI IN VACANZA E CI PAGHI L’IMU

Equità, questa sconosciuta. E’ una parola utilizzata spesso da presidente Monti e dai suoi ministri. Forse per la fonetica, gli piace il suono e la ripetono come fosse un mantra. Devono, però, ignorarne il significato, perché di equità nella loro azione di governo ce n’è ben poca.

Domani scattano le addizionali Irpef e la busta paga degli italiani sarà ancora più leggera, mentre i prezzi di carburanti e generi di prima necessità continuano a salire. E questo si sa da tempo, purtroppo, come anche la reintroduzione dell’Ici, che oggi si chiama Imu. Si pagherà e sarà salata perché il governo ha alzato le rendite catastali.

Sull’Imu c’è una magagna grande come una casa. Di riposo. Sì, perché, come scrive oggi il quotidiano La Stampa, i circa 300.000 lungodegenti che si trovano ospiti nelle case di riposo, dovranno pagare l’Imu su questi istituti. Una follia.

La legge prevede, infatti, che se il ricovero è permanente il tributo 2012 deve essere pagato come se si trattasse di seconda casa. Quindi un paziente malconcio in età avanzata dovrà pagare l’Imu sulla casa di proprietà e sulla casa di riposo. Far cassa sulla pelle degli anziani in questo modo è vergognoso.

Ci auguriamo che si tratti solo di incompetenza e inettitudine nella stesura del testo e non di volontà politica di spremere i più deboli tra i deboli, incapaci di difendersi. Dopo aver scoperto tutto ciò, ci impegneremo a sollevare il caso in Parlamento per ripristinare non la giustizia sociale, perché non basterebbe di certo questo, ma almeno un livello minimo di dignità politica e di umanità anche nel prelievo fiscale.