ottobre 2010

INFORMAZIONE: L'IMPORTANTE E' NEGARE

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L’importante, sempre e comunque, è negare. Chi non lo fa, si aspetti di tutto. E’ ciò che Silvio Berlusconi ha fatto dall’inizio di questa legislatura e continua a fare, come ha mostrato nei due giorni scorsi durante la sua “rappresentazione” parlamentare, nella quale ha raggiunto i massimi livelli. E’ quello che fa il primo giornale nazionale, o forse dovremmo dire l’”ei fu primo tg”, visto che gli ascolti precipitano rovinosamente, facendoci quasi sorgere il dubbio che la messa in scena stia per essere smascherata, nonostante la perfezione dell’intreccio. Già, perché bisogna dar atto al signor presidente del Consiglio di essere il perfetto regista di una sorta di soap opera che evidentemente convince molti, se, come è vero, l’Italia sembra semiaddormentata, come sedata, anche di fronte ai problemi gravissimi che l’attanagliano. Perché lui vuole che la realtà venga nascosta, ovattata da una verità rosea, come quella da lui stesso prospettata di fronte ai due rami del Parlamento. E così sia: questa è la verità che i mezzi d’informazione, ubbidienti e rispettosi, fanno arrivare ai cittadini e quando ciò non succede, è bufera. Come nel caso di Santoro, accusato di non rispettare il contraddittorio. Quel contraddittorio che il tg1 non manca mai di osservare, come nel caso del commento al discorso di Fini a Mirabello, quando c’erano Fabrizio Cicchitto e Maurizio Gasparri: più pluralismo di così! Ma non finisce qui, perché Santoro, per queste accuse, è finito nelle grinfie di un Ag-com giudicante, il cui nuovo commissario è Antonio Martusciello, guarda caso tra i fondatori di Forza Italia, eletto con Berlusconi e sottosegretario nei suoi governi. Tutto, dunque, è sotto controllo. Niente è lasciato al caso da questo signore che si è impossessato dell’Italia e dell’informazione. E’ un fatto di una gravità assoluta e io credo che sia questo il problema da risolvere al più presto, la battaglia da combattere, prima ancora della vergognosa legge elettorale. E’ necessario che un governo tecnico riesca a smantellare questo sottilissimo e pericolosamente efficace monopolio dell’informazione. E’ importante che il Paese si svegli dal torpore, perché ignorare i problemi non è mai servito a nessuno e questo paese, di problemi, è pieno, primo fra tutti un governo e un premier ipocriti e bugiardi, da mandare a casa al più presto.

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1° AVVISO DI SFRATTO A BERLUSCONI

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Non gli daremo tregua. Lunedì aspettiamo Silvio Berlusconi in Parlamento per inchiodarlo alle sue bugie, alla sua inefficienza, alle sue balle colossali e a tutti gli affari che ha fatto sulla pelle degli italiani. Italia dei Valori ha presentato una mozione di sfiducia al ministro ad interim per lo Sviluppo economico, che manca da 150 giorni. Nonostante la grave crisi economica che ha sconvolto il mondo e che ne ha trasformato gli assetti e gli equilibri, Berlusconi se ne frega, da 150 giorni se ne frega di tutto, tranne che delle sue aziende. E’ tutto fermo, tutto bloccato da 150 giorni. E’ ferma la legge sulla concorrenza, quel timido accenno alla liberalizzazione in materia di distribuzione dei carburanti e del credito. Poca cosa ma almeno qualcosa. E’ fermo il disegno di legge per le piccole imprese, che stanno chiudendo soffocate da una recessione spaventosa. E’ ferma la delibera per la ripartizione dei 300 milioni di euro del Fondo Cipe per le aree di crisi, che continua ad essere rimandata da 150 giorni. Per la verità, dei 300 milioni ne sono rimasti appena 160 perché gli altri se li è presi Tremonti per salvare Tirrenia. E’ ferma la riforma degli incentivi per le imprese, la delega scade a febbraio prossimo ed è difficile, a questo punto, quasi impossibile rientrarci con i tempi. E’ ferma, inchiodata al palo, la riorganizzazione degli enti per l’internazionalizzazione, Istituto per il commercio con l’estero in testa. E’ inchiodato, fermo al palo, anche quel ritorno al nucleare tanto auspicato dal presidente del Consiglio, unica vera buona notizia dei 150 giorni senza un ministro per lo Sviluppo economico. Qualcosa si sviluppa invece. Con Silvio Berlusconi, ministro ad interim per lo Sviluppo economico, l’unica cosa che si sta sviluppando in Italia sono gli affari di Mediaset e quelli degli amici di Silvio, Gheddafi in testa. Ad agosto, nel disprezzo più totale delle regole del libero mercato, il sottosegretario alle comunicazioni Paolo Romani ha assegnato a Mediaset un nuovo canale digitale che arricchisce l’offerta dell’azienda di Berlusconi, mentre è proprio di ieri la notizia, secondo quanto denunciato dalle associazioni tv locali Frt, che le frequenze assegnate alle tv locali sono insufficienti per il passaggio al digitale. Silvio Berlusconi è stato per 150 giorni il ministro allo Sviluppo di Mediaset. I risultati sono: fallimenti in aumento, Pil a rilento, occupazione ai minimi e aziende in vendita. Ce ne è abbastanza per mandarlo a casa.

IL CORAGGIO DELLE NOSTRE IDEE

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Ogni cammino inizia con un primo passo. E speriamo che quello per la costruzione del nuovo centrosinistra sia stato fatto a Padova, nel dibattito con la Bindi e il sottoscritto, moderato (anzi, secondo la definizione che lui stesso ha voluto dare, provocato, viste le continue punzecchiature a entrambi…) da Luca Telese. ‘La sfida: il governo per l’Italia’. Titolo impegnativo. Ma al tempo stesso stimolante. Son venute 500 persone, segno che c’è passione e interesse intorno alla coalizione che dovrà battere Berlusconi e mettere la parola fine ai suoi sciagurati governi. Pdl e Lega, infatti, non stanno governando, nonostante la situazione difficile del Paese, ma cercano di capire qual è il momento migliore per staccare la spina ed andare al voto. Il centrosinistra, invece, appare incartato, sembra aver smarrito la via. Ed invece il nostro popolo vuole concretezza, è stanco di leader che litigano e di partiti concentrati più sulle polemiche interne che sul programma per rilanciare l’Italia. In un qualsiasi altro paese nelle stesse condizioni economiche e sociali dell’Italia, l’opposizione viaggerebbe tra il 60 ed il 70 per cento dei consensi. Noi no, ancora non riusciamo a far breccia nell’opinione pubblica. E qualche motivo ci sarà. E’ vero che Berlusconi controlla televisioni e Giornali, ma è anche vero che la crisi non può essere nascosta del tutto e che l’opposizione dovrebbe essere in grado di imporre la propria agenda ai media. Come? Parlando di cose concrete. La Bindi ed io, abbiamo cercato di mettere da parte ogni polemica per discutere di programmi e devo dire che ci siamo trovati in sintonia. Non è poi così difficile, allora. Basta provarci. Lasciamo le  barzellette, peraltro squallide e volgari, a Berlusconi ed occupiamoci delle nostre ricette per rilanciare l’Italia. Parliamo di lavoro, parliamo di fisco, di economia, di innovazione, di ambiente. Dobbiamo smettere di avere paura delle nostre idee e cercare di imitare modelli che non ci appartengono. Un esempio su tutti: nel centrosinistra nessuno dovrebbe strizzare l’occhio alla Lega, una forza che esprime un’intolleranza tribale e che ogni giorno attacca la Costituzione e le istituzioni. Il Carroccio non è una ‘costola della sinistra’ ma un partito che nelle altre democrazie occidentali potrebbe stare in parlamento ma non al governo. Nel dibattito non si è parlato solo di alchimie politiche, ma sono emersi diversi temi. Se vogliamo emergere, modernizzare il paese e tornare ad essere competitivi, c’è bisogno di riforme che abbiano non solo una valenza economica, ma anche culturale e sociale. Non possiamo più permetterci, sia perché non è umanamente giusto sia perché economicamente folle, di avere un livello di occupazione femminile che è quasi la metà di Francia e Germania. Per questa discriminazione rinunciamo a quasi dieci punti di potenziale crescita del nostro Pil. Per eliminarla, oltre ad una vera e propria rivoluzione culturale e sociale, serve un welfare che lo consenta. Un sistema sociale fatto di asili nido, dal diritto al part time lavorativo nei primi anni di vita dei figli, di detraibilità delle spese di baby sitter, colf e badanti. Ed ancora, serve una vera e propria rivoluzione in materia fiscale, che sposti quote significative di imposizione fiscale dal mondo del  lavoro, dipendente e d’impresa, verso le rendite improduttive, le speculazioni finanziarie ed i grandi capitali. Di questo e di altro si è parlato. E, come ho detto all’inizio, speriamo che sia un primo passo per il nuovo centrosinistra. Usciamo dalle sterili strategie basate sulle sommatorie di sigle e vediamo chi, intorno ad un progetto vero, di straordinaria modernizzazione del paese è disposto a metterci la faccia.

LODO SALVA LEGA, UNA PORCATA IN SALSA VERDE

Bossi, Calderoli, BorghezioBossi, Calderoli, Borghezio

La banda del buco colpisce ancora. Stavolta in favore della Lega, tanto per non scontentare nessuno nella maggioranza. Eh sì perché pare - anzi non è che pare, è proprio così-  che di processi a carico ne hanno anche i leghisti e non solo Berlusconi ed i suoi. Una maggioranza omogenea, verrebbe da dire ironicamente…Ma Travaglio li ha presi con le mani nella marmellata, sputtanandoli. E da lì, dopo la reazione politica dell’Idv, è stato un susseguirsi di imbarazzate smentite. E basta, però, perché la sostanza è rimasta immutata. Ora si gioca una partita sul filo di lana perché, con faccia tosta ai limiti dell’inverosimile, il governo sta cercando di far entrare in vigore le norme che cancellano il reato di associazione militare per scopi politici sapendo che se entrassero nel nostro ordinamento anche solo per un giorno, il processo ai leghisti si estinguerebbe. Il governo mente, dunque, perché il ministero della Difesa ha parlato di errore materiale, ma non è così. Intanto perché non è vero, come sostenuto dal governo, che questa norma fosse fuori dalla delega ricevuta. Poi perché hanno già corretto diversi errori, per cui avrebbero potuto correggere anche questo con rapidità, una volta segnalato. In ogni caso, se di errore materiale si tratta, va corretto e subito. Basta far inserire una riga nella Gazzetta Ufficiale, che riserva sempre al governo ed alla presidenza della Repubblica uno spazio sino a poche ore prima di andare in stampa. Se l’abrogazione di questo reato dovesse entrare in vigore, all’interno della riorganizzazione del Codice dell’Ordinamento Militare,  cancellerebbe di fatto il processo a carico dei militanti leghisti. Ci sarebbe una sentenza di assoluzione perché il fatto non costituisce più reato. Non è vero, come ha fatto intendere il governo, che non si possa e non si debba intervenire con la correzione entro l’8 ottobre, ultimo giorno utile prima della data di entrata in vigore del decreto legislativo, il 9 ottobre. L’Italia non sente il bisogno di una legge ad Legam in soccorso delle camicie verdi di Bossi. Non possiamo permettere che passi quest’ennesima legge in favore delle forze politiche del centrodestra. Il governo deve immediatamente far pubblicare  nella Gazzetta Ufficiale una comunicazione che contenga la correzione dell’elenco delle leggi abrogate, eliminando da queste il ‘Lodo salva Lega’. Il ministro La Russa, che si richiama continuamente ai valori della Patria, deve intervenire immediatamente per ristabilire la legalità istituzionale e impedire una così palese violazione della Costituzione, che all’Art. 18 proibisce le associazioni che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare. Ci chiediamo: c’è un giudice in Padania?

DOSSIER IDV: C’E’ DEL MARCIO IN PADANIA

Tag: Bossi , Calderoli , Lega , Maroni

LegaLega

Questo che vi propongo oggi è un file esplosivo che vi rivela il vero volto della Lega. Troverete tutto quello che non avreste mai osato neanche immaginare sui duri e puri del Carroccio quelli che, predicano bene nelle valli tra ampolle e riti celtici ma razzolano male, molto male a Roma e lì dove è riuscita ad affermarsi. E’ tempo di sfatare il mito di una Lega intransigente, legalitaria, dura e pura, che non fa affari con nessuno, che grida Roma ladrona ma che, in realtà, ha le mani in pasta in tutto. Basta con le frottole e le balle che ci propina ogni giorno. La verità è che il verde brillante ha lasciato il posto ad un più intenso, il verde marcio. Cominciamo dalle basi, dall’abc della presunta difesa della legalità dei leghisti, che hanno offerto il loro soccorso verde per salvare dai processi Cosentino e alcuni boss della camorra, De Lorenzo, Di Donato e Crippa, vecchi arnesi della prima Repubblica, così la Lega li chiamava, che, secondo la magistratura, avrebbero causato danni all’erario. Sono trascorsi solo dieci anni da quando Bossi chiamava Berlusconi, il mafioso. Nel frattempo, la Lega ha firmato e sottoscritto tutte le 37 leggi ad personam del regime di Silvio. Sono anni che la Lega urla e strepita contro Roma ladrona, contro gli sprechi della pubblica amministrazione ma tutte le volte che Italia dei Valori ha chiesto di abolire le province ha votato contro. Ecco un rapido excursus su tutti i posti di potere, enti, società a partecipazione pubblica, banche, autostrade, ospedali sui quali la lega ha messo le mani in questi anni: consip, Cinecittà, age,a Finmeccanica, Eni, Fiera Milano, Eni, Sviluppo sistema Fiere, Expo 2015, Enel, Poste italiane, Rai, Banca popolare di Milano, Impregilo. E c’è molto di più, leggere per credere. Volete sapere quale è il partito che detiene il maggior numero di parlamentari con il doppio o triplo incarico? Su 85 camicie verdi, 44 ha una poltrona in Parlamento, una al governo e una in un’amministrazione locale. Nel dossier troverete nomi e cognomi ed anche quelli di parenti, figli amici piazzati su comode e molto remunerate poltrone. Un bel esempio di nepotismo in salsa verde. Un capitolo a parte del dossier è dedicato a tutte le promesse fatte, agli slogan annunciati, reiterati e mai realizzati, a cominciare dalla presunta difesa delle coste italiane dall’immigrazione clandestina. Vi forniamo numeri, date e cifre di tutte le sanatorie targate Carroccio. Questa è la politica della Lega in fatto di immigrazione. Militari libici sparano contro un peschereccio italiano ed il ministro Maroni non ha una piega. Salvo qualche giorno dopo, sorseggiare un drink all’ambasciata libica a Roma, alla festa per il 41esimo della dittatura di Gheddafi. C’è molto di più nel nostro dossier. L’elenco di tutti i processi a carico dei leghisti, un bel capitolo che abbiamo chiamato “lega ladrona” e la storia dettagliata di come la Lega Nord ha messo le mani sulle banche. Leggere per credere.

FLI: F(ottono)L’I(talia) … MA SENZA ENFASI!

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Dunque sarà sì ma senza enfasi. Un sì diverso, di portata rivoluzionaria, che “ spezzerà le reni” a questi ultimi 15 anni di dittatura berlusconiana. I finiani, per bocca di Maurizio Saia, hanno annunciato il loro sì al lodo costituzionale ma lo faranno senza enfasi. Ecco svelato il quarto mistero di Fatima, il significato profondo della svolta di Mirabello: il Fli, dopo la diaspora dal Pdl, la nascita di un nuovo partito, la guerra a colpi di dossieraggio, voterà l’ennesima legge ad personam di Berlusconi, quello che mette al riparo il presidente del Consiglio dai suoi processi, ma lo farà poco poco, piano piano, come Veltroni nell’arguta e geniale imitazione di Maurizio Crozza. Io non so cosa ne pensiate voi ma per me la svolta di Mirabello è una sonora presa per i fondelli. Mi arrovello da ieri per capire come sia “un sì senza enfasi”. Le ho pensate tutte. Forse si tratta di un sì ma sfiorando il tasto della propria postazione in parlamento delicatamente, in maniera soft, leggero come una piuma. O forse si tratta di un sì ma con la smorfia, magari che ne so con la bocca storta, come quando un amico ci pesta un piede vorremmo urlare ma ricacciamo l’urlo in gola per non umiliarlo. O forse, mi suggerisce un’amica, trattasi di un sì ma con il naso arricciato, come quando nell’aria arriva un odorino non proprio gradevole e dobbiamo fare buon viso a cattivo gioco. O forse, sparo l’ultima ipotesi,  è un sì buddista, mistico ed ascetico, come quello di Siddhartha Gautama in meditazione sotto l’albero della bodhi, nel momento del risveglio spirituale. Per quanti sforzi faccia, e non sono di stretta osservanza manichea, in politica esiste solo sì e no, ed il sì ma senza enfasi di Fini e del Fli, perdonate la personale licenza poetica, è una colossale stronzata. Un sì è un sì e quella del Fli è ipocrisia, di maniera e di sostanza: stanno servendo, su di un piatto d’argento, l’unica cosa che sta a cuore a Berlusconi, il proprio personale salvacondotto. Ma non è tutto. Anche sui temi etici scricchiolano le granitiche certezze. Ieri, Benedetto della Vedova, radicale, passato dal Pdl al Fli, parlando di fecondazione, ha detto che il Fli su questo tema “non si pone come gruppo”. Ah no? Ecco la svolta di Mirabello: sofismi gattopardeschi, sì senza enfasi, prese per i fondelli di chi annuncia di voler spezzare le reni a Berlusconi, in senso figurato s’intende, ma lo farà senza enfasi, “poco poco, piano piano”. Fottono l'Italia, ma senza enfasi.

FANGO AD OROLOGERIA. FERMIAMOLI!

 

E’ agghiacciante la sequenza. 15 settembre 2010. Emma Marcegaglia, all’inaugurazione del nuovo quartier generale della Diesel, dichiara: " Basta litigare e occuparsi di beghe interne. Facciamo le riforme serie che servono al Paese. L'Italia vive un momento di politica brutta che per mesi ha parlato di cognati, amanti e appartamenti: non e' questo che ci interessa". E’ finita la luna di miele tra il governo e Confindustria. Anche per gli industriali, la misura è colma. 16 settembre 2010. Alessandro Sallusti, direttore de il Giornale, scrive nel suo editoriale: “Con buona pace della Marcegaglia, i sondaggi dicono che i cittadini non si rassegnano ai silenzi e alle bugie sull’affaire monegasco”. Lo stesso giorno, il vicedirettore Porro, invia un sms al portavoce della Marcegaglia: “Ciao Rinaldo. Domani super pezzo giudiziario sugli affari della family Marcegaglia”. Passano poche ore e Porro invia un secondo sms: “Spostati i segugi da Montecarlo a Mantova”. Il portavoce chiede se sia vero o una boutade. Porro risponde: “Eh, un po’ è vero, un po’ è vero”. Porro replica accusando la Marcegaglia di non aver mai avuto un rapporto con il Giornale. C’è tempo anche per un insulto alla presidente di Confindustria. Il portavoce della Marcegaglia chiama Crippa, il suo omologo in Mediaset, e gli esprime la sua preoccupazione per i toni e i contenuti. Crippa risponde: “Devi chiamare subito Confalonieri. Se parte Feltri va avanti due settimane”. Emma Marcegaglia, avvisata dal suo portavoce, chiama Confalonieri che a sua volta chiama Feltri. Passa qualche minuto e Confalonieri rassicura il presidente di Confindustria: tutto a posto, il Giornale desisterà e ribadisce anche lui la necessità e l’opportunità che la Marcegaglia rilasci un’intervista al Giornale. 22 settembre 2010. Porro invia un sms al portavoce del presidente di Confindustria: “W il Conf”. Viva la Confindustria, o viva il Confalonieri? Fate voi. Porro chiama il portavoce della Marcegaglia: “La signora se vuole gestire i rapporti con noi deve sapere gestire”. E poi aggiunge: “Dobbiamo cercare di capire come disinnescare in maniera reciprocamente vantaggiosa nel senso delle notizie, delle informazioni, della collaborazione”. Come ha detto monsignor Fisichella, per giustificare le bestemmie del premier, bisogna contestualizzare. Bene. Ecco il contesto: Lario, Boffo, Mesiano, Marrazzo, Fassino, Caldoro, Fini. La libertà di informazione non c’entra nulla in questa vicenda. C’è altro in ballo. Ebbene, io mi chiedo cosa deve succedere di più perché si alzi in questo paese un moto di indignazione corale? Cosa altro serve perché si fermi questa spregevole, infame macchina del fango?

UNIVERSITA’, LA CONTROPROPOSTA IDV

 

Nell’Italia paralizzata dalle beghe interne al governo, almeno una riforma vedrà la luce e sarà quella dell’Università. Niente da dire. Un paese che mette al centro l’istruzione è un paese che sceglie di puntare al domani. Peccato soltanto che la riforma in questione, che pure pone problemi legittimi, li affronti nella maniera sbagliata, dal primo all’ultimo. L’Italia dei Valori darà voto negativo al testo e proverò a spiegarvi perché. L’università, insieme con la scuola, è il luogo dove si crea il futuro. Per creare una società culturalmente valida, alla base degli organi d’istruzione deve esserci la qualità degli insegnanti, che deve essere valutata e premiata, perché è la sola variabile che determina il rendimento degli studenti, come comprovato ormai da innumerevoli ricerche condotte in tutto il mondo. La riforma Gelmini va in direzione esattamente opposta a tale obiettivo. Già, perché il testo peggiora ulteriormente l’attuale situazione, già di per sé grave, in termini di vantaggio per le baronie locali. E’ fondamentale, invece, liberalizzare la scelta degli insegnanti da parte degli istituti, vincolando al tempo stesso parti cospicue dei finanziamenti pubblici a oggettivi criteri di valutazione della qualità sia degli insegnanti che dell’insegnamento. Di modo che ogni università abbia la responsabilità delle proprie scelte ma venga penalizzata, e pesantemente, se non sceglie nel senso della qualità e della competenza. E’ inoltre necessario affiancare alle borse di studio tradizionali, che intervengono principalmente con funzione redistributiva a favore di figli di famiglie poco abbienti, una nuova fascia di “premi economici” assegnati esclusivamente in base alle capacità ed al merito particolare dello studente. E’ su questo che punta essenzialmente la controproposta che Italia dei Valori presenterà in termini di emendamenti, oltre, naturalmente, che sul capitolo risorse. La proposta Gelmini prevede fondi senza coperture, motivo per il quale, oltretutto, non passerà l’esame della commissione Bilancio. Le proposte di Italia dei Valori  prevedono invece importanti risorse per le quali indichiamo una serie di possibili coperture, riducendo alcuni vantaggi fiscali, in particolare per le banche. Tra l’altro dalla razionalizzazione delle sedi che proponiamo potrebbero venire sostanziosi risparmi. Sono fermamente convinto che, se prendesse vita la riforma Gelmini, così com’è attualmente, il Paese si avvierebbe verso un sicuro degrado, ulteriore rispetto a quello già in corso, che priva la società degli anticorpi necessari rispetto al ruolo dell’informazione televisiva, che sempre più prepotentemente si impone con valori discutibili. L’indebolimento dell’università, così come della ricerca e della scuola pubblica, la drastica riduzione del numero di insegnanti e operatori, l’impoverimento della didattica e tutto il resto che di negativo questo governo ha fatto finora nel settore, servono sicuramente a creare un popolo sempre meno attrezzato culturalmente e sempre più facilmente plasmabile.

L’UDC? COME FAR PASSARE UN CAMMELLO NELLA CRUNA DI UN AGO

Tag: Casini , coalizione , Di pietro , Idv , Pd , udc
Pubblico una mia intervista apparsa su La Repubblica di oggi ROMA - «L´Udc? Per noi è come fare passare un cammello nella cruna di un ago.  Se il Pd ci riesce, staremo a vedere». Massimo Donadi, qual è il passo che l´Idv avrebbe preferito dal segretario democratico? «Il passo dovrebbe essere costruire una coalizione di centrosinistra con un progetto coraggioso di straordinaria modernizzazione del Paese, giocato su idee e personalità nuove, guidato da un leader forte, carismatico, ma con un forte tasso di innovazione della classe dirigente». Una coalizione che vada da Bertinotti a Fini? «Se apriamo a tutta quell´area che da sempre vota centrosinistra, ma che s´è rifugiata nel non voto per delusione, ci sono i numeri per sconfiggere il centrodestra che è in avvitamento su se stesso. Ma la coalizione deve essere costruita attorno a qualcosa ancor più importante del programma: la capacità delle forze politiche di essere compatte e leali fra loro, dopo che gli italiani hanno visto crollare maggioranze di destra e sinistra per liti». Ma su questo siete d´accordo con il Pd? Altrimenti il rischio è di litigare prima ancora di cominciare. «Noi vogliamo riconoscere al Pd la responsabilità di dare il la su ciò che sarà il perimetro della coalizione. Però una cosa la diciamo con nettezza assoluta: l´Udc non può diventare il nuovo Mastella. La storia sarebbe simile: entrambi mantengono l´identità del centrodestra dal quale entrambi provengono». Se riconoscete al Pd il ruolo di delimitare il perimetro della coalizione, quali sono le vostre condizioni, e le eventuali pregiudiziali? «Noi vogliamo capire se il piano energetico del centrosinistra prevederà il nucleare oppure no. Non vorremmo trovarci a favore del nucleare. Abbiamo proposto un referendum che sostiene l´esatto contrario». Come concilierete con il Pd il vostro forte senso di giustizialismo che molti, anche fra il centrosinistra, criticano? «Con il Pd va sottoscritto un patto che faccia sì che il profilo etico del centrosinistra sia superiore al centrodestra della "cricca". Noi siamo contrari a candidare condannati e rinviati a giudizio, ma l´Udc è disponibile ad accettarlo?». In conclusione, d´accordo o contrari all´Udc nella coalizione? «Per noi è come fare passare un cammello nella cruna di un ago. Se il Pd ci riesce, staremo a vedere. Ma mi pare che sia l´Udc a non aver intenzione di far parte del centrosinistra: se questa è la loro decisione, tiriamo sospiro sollievo». (a.cus.)

NON E’ RISIKO. E’ GUERRA VERA

Guerra in AfghanistanGuerra in Afghanistan

Un anno fa Italia dei Valori presentò una mozione per chiedere al governo di rivedere la missione in Afghanistan. La Russa, ministro della Difesa, a nome dell’intero governo, promise un ripensamento. E’ passato un anno e nulla è stato ripensato o fatto. Nulla è cambiato, se non il numero dei nostri soldati uccisi che è drammaticamente aumentato. Il ministro La Russa mette in scena un copione già visto: di fronte alla tragedia parla di ripensamento ma poi tutto procede come sempre. La verità è che sono passati dieci anni ed i risultati sono sotto gli occhi di tutti: i talebani sono sempre più forti, il traffico di droga è aumentato, i signori della guerra si sono arricchiti, diventando sultanati indipendenti, la corruzione regna sovrana, le elezioni sono state inficiate da brogli elettorali di ogni genere, le donne ed i bambini sono sempre in pericolo costante. Se questo è quello che dieci anni di missione di pace ha prodotto è un fallimento totale e va ammesso. Se restiamo lì è evidente che lo facciamo solo per coprire gli errori degli altri o, peggio ancora, per realizzare i sogni di gloria e le brame da risiko del ministro La Russa, solo che il risiko del ministro sta diventando una perdita dolorosa in termini di vite umane. Oggi rivedere il senso della missione in Afhganistan è una colossale stupidaggine perché non c’è proprio niente da rivedere. Bisogna prendere atto che lì c’è una guerra e che la nostra presenza in Afghanistan vìola il nostro dettato costituzionale. Non c’è più niente da cambiare, da rivedere. C’è solo da stabilire, in fretta, tempi e modi per riportare i nostri soldati a casa.

IMMIGRATI: NO A NUOVI INGRESSI. ECCO PERCHE’

 

ImmigratiImmigrati

A novembre il governo dovrà varare il nuovo decreto per i flussi migratori, che stabilirà tra i 150 e i 170 mila nuovi ingressi per il 2011. Ebbene, mettere la propria firma sotto quel decreto è in questo momento inopportuno e sbagliato. Chiedo al governo di non farlo e alle altre forze di opposizione di sostenerlo, ma non  in nome dell’irragionevole e propagandistica politica intollerante della Lega, di cui ho già detto chiaramente e più volte quello che penso, ma in nome di una solidarietà e di un’accoglienza che sia finalmente sostanza e non forma. Vi spiego perché. L’Istat ha reso noti i dati sulle dinamiche occupazionali degli immigrati tra il 2008 e il 2010. La fondazione Leone Moressa di Venezia li ha elaborati per quel che riguarda in particolare il Triveneto, incrociandoli con le previsioni di Unioncamere sull’assunzione di lavoratori stranieri nelle imprese italiane. Il dato del Triveneto è molto significativo ed emblematico. Delle 65 mila persone che in tutto il Nordest hanno perso il lavoro a causa della crisi, 17mila sono straniere. In pratica, un nuovo disoccupato su quattro è immigrato. Solo in Veneto, dei 47mila nuovi disoccupati, gli stranieri sono più di 11mila. Gli ideologismi non servono a governare un problema serio come l’immigrazione, come è stato fatto fino ad adesso, a destra, con la xenofobia becera, a sinistra, con il buonismo irresponsabile. Non si governa l’immigrazione con il giochetto facile di contrapporre la disoccupazione italiana a quella straniera. Occorre pragmatismo, unito al buon senso. Ed il buon senso ci dice che, in questo momento di crisi economica, far entrare altri 150mila immigrati significa, nella migliore delle ipotesi, ingrossare le fila di un esercito di immigrati già disoccupati, che sono già nel nostro paese con le loro famiglie e a cui dobbiamo garantire tutela e protezione. Tutti gli studi dimostrano che integrazione significa anzitutto avere un lavoro ed una casa per costruire il proprio futuro. Il resto sono chiacchiere al vento. Nella peggiore delle ipotesi, significa ingrossare le fila della criminalità organizzata o magari fare gli interessi di imprenditori senza scrupoli che sfruttano con contratti a nero. Abbiamo grandi responsabilità. Perché accogliere significa sostenere, assumersi la responsabilità di ritrovare o ricostruire le speranze di un futuro a chi è venuto nel nostro paese, vi ha portato la propria famiglia ed ha perso il lavoro. Non si promette l’Eldorado, non si regala il sogno di una vita migliore se poi c’è l’irresponsabilità di un gesto deprecabile come l’abbandono. Per questo, Italia dei Valori rivolge un appello a tutte le forze di maggioranza ed opposizione perché, da oggi, inizi, una politica nuova sull’immigrazione: no alla demagogia, sì al buon senso.

MILIZIE SERBE INVADONO GENOVA. VIA MARONI!

Dopo quanto accaduto ieri a Genova, Roberto Maroni deve dimettersi perché “inadeguato” a guidare un dicastero così importante e strategico come il ministero dell’Interno. Le immagini ed i filmati parlano chiaro. Una serata di paura e di follia, una notte di guerriglia, una città messa a ferro e fuoco e tanta paura tra gli spettatori inermi, tra cui 1000 pulcini della scuola calcio. Ieri sera, la sicurezza ha fatto flop. Nessuno, per favore, a cominciare dal ministro Maroni, parli di fatti imprevedibili. Lunedì, due giorni prima, la polizia serba avevano inviato ai colleghi italiani un rapporto riservato in cui si preannunciava l’arrivo di 300-400 ultrà serbi con l’obiettivo infiltrarsi tra gli altri tifosi e mandare all’aria la partita. La pericolosità dei ‘tifosi’ serbi è nota in tutta in tutta Europa. Sono organizzati in gruppi paramilitari ed hanno avuto ruoli terribili nel corso delle guerre balcaniche. Il nome del comandante Arkan fa ancora tremare. Nonostante tutto questo è stato permesso loro di entrare in Italia. Nonostante il rapporto dettagliato della polizia serba, nonostante le nostre autorità fossero state allertate, il ministro dell’Interno non ha ritenuto opportuno e doveroso mettere in campo stringenti misure di sicurezza. Solo la professionalità delle forze dell’ordine ha impedito incidenti ancora più gravi e vittime innocenti. Di cosa staremmo a parlare oggi se anche solo uno dei nostri concittadini avesse pagato per questa assurda notte di follia? Come è potuto accadere che ultrà segnalati dalla polizia e conosciuti in tutt’Europa siano entrati nello stadio armati fino ai denti, con coltelli, fumogeni e tronchesi per tagliare comodamente le reti?Ai tifosi italiani, come era giusto che fosse, è stata imposta la tessera del tifoso e sono sottoposti ogni domenica a controlli rigorosi e severi per accedere negli stadi. Ogni domenica, migliaia di poliziotti sono impegnati nei nostri stadi per far sì che il calcio, lo spettacolo più bello del mondo, possa svolgersi nella più totale serenità ed incolumità di migliaia di tifosi e famiglie appassionate. Cosa è successo ieri sera? Chi ha sottovalutato l’arrivo di 400 pericolosissimi ultras? Vogliamo la verità, vogliamo che siano accertate le responsabilità di ciascuno. A cominciare da quelle del ministro Maroni.

L'ORTICELLO DELL'ONOREVOLE E' SEMPRE PIU' VERDE

Parlamento italianoParlamento italiano

Fatta la legge trovato l’inganno, recita un vecchio detto. Più che vecchio, superato, perché oggi, in Italia, si va ben oltre: fatta la legge fatto l’inganno. Questa volta se ne sono inventata un’altra: una specie di legge mancia scolastica. Ricordate cos’era la legge mancia? Una legge che assegnava ai parlamentari un bonus economico da spendere per la realizzazione di opere pubbliche. Da spendere dove e come voleva. Opere pubbliche in cambio di voti, insomma. Avevamo bloccato questa  vergogna negli anni del governo Prodi, ma il centrodestra l’ha subito riportata in auge. E, cosa grave, ne ha fatto un modello. Abbiamo scoperto, infatti, che le commissioni Cultura e Bilancio hanno a disposizione centoventi milioni di euro circa, stanziati nell’ultima finanziaria, per ristrutturare edifici scolastici, modernizzarli, migliorarli. Nobile lo scopo su cui siamo assolutamente d’accordo, pessimo il metodo. La somma sarà ripartita tra i singoli parlamentari delle commissioni e ognuno potrà spenderli come vuole. Naturalmente, salvo qualche illuminata eccezione, serviranno a finanziare opere che garantiscono al parlamentare un ritorno elettorale. Non è stato stabilito alcun criterio per l’assegnazione dei fondi, né il parlamentare dovrà rendere conto a qualcuno. Facciamo un esempio: nel collegio x ci sono tre scuole: una perfetta e moderna appena costruita, una che ha bisogno di qualche intervento ed una fatiscente. La prima è quella nella strada del deputato, la seconda e la terza sono situate in zone di interesse marginale dal punto di vista elettorale. Secondo voi a chi andrebbero i soldi…? Capisco che sia un esempio un po’ forzato, paradossale, ma non credo che sia irrealistico. Non essendoci criteri di priorità e di emergenza, quei soldi sono a disposizione, di fatto, per una sorta di campagna elettorale pagata con i soldi dei cittadini. Siamo all’istituzionalizzazione del clientelismo, insomma. A molti ciò può far comodo e non ci troveranno niente di sconcio. A noi no. Non ci sta bene e ci metteremo di traverso per far saltare questa porcheria. Non riteniamo giusto che, nello stesso momento in cui mancano fondi per la riforma dell’università, si regalino soldi a pioggia senza alcun criterio. Lo Stato ha il dovere di amministrare nell’interesse di tutti i cittadini e di gestire i fondi con oculatezza ed in base a reali esigenze e non di distribuire prebende clientelari.

PARLAMENTARI PAGATI PER NON LAVORARE

Martedì 12 ottobre 2010 - TransatlanticoMartedì 12 ottobre 2010 - TransatlanticoMartedì 12 ottobre, ore 17. Questa è la foto del Transatlantico: un deserto. Sembra il titolo di una sit-com ma in realtà è la drammatica fotografia di quanto sta accadendo da qualche mese a questa parte in Parlamento. 945 parlamentari pagati per non lavorare. La settimana appena trascorsa, lo dico con sconcerto e amarezza, 630 deputati della Repubblica, pagati con i soldi dei contribuenti, sono stati impegnati “dal martedì al martedì” per esprimere un solo voto. Al Senato è la stessa identica cosa: 315 senatori pagati per non lavorare. I fratelli-coltelli del governo e della maggioranza non sono più in grado di portare un solo provvedimento all’esame dell’Aula e quello che arriva, come la riforma dell’Università, tanto strombazzata dal ministro Gelmini mani di forbice, viene bloccata perché non ci sono i soldi. Si esaurisce tutto qui il lungimirante e rivoluzionario programma di governo, in un drammatico e preoccupante vuoto propositivo. Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, che ad inizio legislatura, come era giusto che fosse, aveva richiamato il parlamento a lavorare più giorni alla settimana, tace. Impegnato come è nell’aspra battaglia politica interna alla maggioranza ha smarrito il senso del suo ruolo e soprattutto quello del Parlamento. Berlusconi, angosciato per la sua leadership in bilico, è impantanato tra mille difficoltà e la drammatica afasia legislativa del governo è il sintomo evidente che non sono più in grado di governare il paese. Il paese reale ed i suoi problemi sono l’ultima delle preoccupazioni per il governo e la maggioranza. Mentre il parlamento non lavora la Caritas parla di un tasso di povertà in caduta libera nel nostro paese e di 8 milioni e 370 mila poveri nel 2009. Il presidente della Corte dei Conti denuncia che l’Italia tra i paesi industrializzati è all'ultimo posto per la crescita del Pil, al primo per l'aumento vorticoso del debito pubblico e tra i primi per il rapporto deficit-Pil. La presidente di Confindustria Marcegaglia parla di una fase di grande incertezza con crescita bassa e difficoltà a riassorbire la disoccupazione. E, infine, la Cgia Mestre che lancia un nuovo preoccupante allarme sull’elevato tasso di disoccupazione, a quota 10,2% con un esercito di 6.621.000 disoccupati reali. Aula vuota, corridoi semideserti, nessun provvedimento del governo, commissioni a discutere sul nulla, un solo voto a settimana, un Parlamento che non fa niente ed un’opposizione cui resta solo l’amaro e frustrante compito della denuncia.

LODO SALVA LEGA: LA MALAFEDE DI CALDEROLI

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Avremmo voluto credere all’errore, ma di fronte alla malafede e alla superbia, siamo costretti ad arrenderci. Partiamo dal fatto. Durante il question time nell’Aula della Camera dei Deputati, il Ministro Calderoli si è fatto beffe degli italiani. Gli ho chiesto spiegazioni sul Lodo salva Lega e lui senza imbarazzo e rispetto del suo ruolo e del Parlamento, ha affermato che la legge abrogata è stata scarsamente applicata nella storia della Repubblica, pertanto non sarebbe necessario mantenerla in vigore. Forse per Calderoli non conta la gravità del reato ma solo il numero di volte in cui la legge viene applicata. Il reato è talmente grave, invece, che i Costituenti scrissero nell’articolo 18 della Costituzione che sono vietate le associazioni di carattere militare con scopi politici. Stiamo parlando di un reato che mette a rischio la sicurezza dello Stato e dei cittadini, la democrazia delle istituzioni e l’unità nazionale. Tutto ciò non fa venire niente in mente? Sembra il programma elettorale del partito della Lega. Calderoli ha voluto anche farsi più sottile: ma se c’è il divieto scritto in Costituzione, a che serve avere anche una legge? Dice lui che nella Costituzione il divieto di cui parliamo è autosufficiente e di immediata applicazione. Mi viene da pensare che abbia proprio poca stima dell’intelligenza altrui: un giudice, di fronte ad un’associazione di stampo militare con scopi politici, ne decreta lo scioglimento – per fortuna nostra-, ma i soci di quest’associazione la farebbero franca se non avessero commesso un qualche altro reato già previsto nel codice penale, perché per loro non è più prevista una pena. Direi che è quello che ora accadrà ai tanti sodali di Calderoli nelle brigate della “guardia nazionale padana”, con buona pace della Costituzione. Un colpo di spugna e via. La cosa ancora più grave è che il ministro Calderoli ha la memoria corta. Il primo dicembre 2009, infatti, è entrato in vigore il decreto legislativo confezionato proprio da lui (n. 179/2009), che contiene l’elenco delle leggi anteriori al 1970, la cui permanenza in vigore è ritenuta ‘indispensabile’. Ebbene tra queste leggi indispensabili c’è il Decreto legislativo n. 43 del 1948, che punisce il reato di cui stiamo parlando. Come ha potuto Calderoli, a distanza di pochi mesi, votare in Consiglio dei Ministri due diversi decreti legislativi (uno dei quali ha pure scritto), uno che ritiene indispensabile la permanenza in vigore della legge e l’altro che invece la abroga? Sembrerebbe che la mano destra non sappia cosa fa la sinistra. O forse lo sa fin troppo bene. Ma le castronerie non finiscono qui. Calderoli ha negato la possibilità di intervenire dopo l’entrata in vigore del decreto legislativo. Noi l’avevamo avvertito per tempo, e forse Calderoli ha dimenticato le 196 correzioni apportate dal governo. Non si capisce perché non sarebbe stato possibile fare una sola correzione in più. O forse, sì, si capisce fin troppo bene. Il Lodo salva-Lega andava fatto. E’ una questione di dignità poltica e di equilibri di maggioranza: mica solo Berlusconi può farsi le leggi ad personam. 

IL CAPOLAVORO DELLA GELMINI

Com’è solerte Maria Stella Gelmini. E’ bastato un articolo pubblicato sul giornale di famiglia – famiglia Berlusconi, s’intende- per far scattare gli ispettori. C’erano simboli politici in una scuola pubblica. No, no - che avete capito? - non sto parlando di Adro, ma di Livorno.  Questi i fatti. Ieri il Giornale ha pubblicato in prima pagina ‘Altro che Adro, a scuola sventola la bandiera rossa’. E poi, nelle pagine interne, la foto del vessillo comunista su un vecchio muro. Immediato l’intervento del ministro, che ha ‘ordinato un’ispezione nella scuola dell’infanzia San marco di Livorno. Il provvedimento – recita il comunicato del dicastero- si è reso indispensabile per verificare la notizia per cui sarebbe presente nell’istituto una bandiera del Partito dei Comunisti Italiani. La scuola è un’istituzione pubblica che deve garantire a tutti un’educazione imparziale ed autonoma rispetto a qualsiasi orientamento politico”. Quest’ultima parte è un capolavoro. Di comicità naturalmente. Se fosse vera la metà delle cose scritte, se la Gelmini le pensasse davvero così, il caso Adro non sarebbe mai esistito. Avrebbe mandato gli ispettori con la stessa immediatezza e la faccenda sarebbe stata risolta in un batter di ciglia. La prima considerazione da fare è quasi banale: ci sono due pesi e due misure per la Gelmini. I simboli leghisti possono restare dove sono, i simboli di altri partiti vanno rimossi. In ogni caso il ministro ha fatto una bella gaffe. I simboli comunisti non erano affissi sulla scuola, ma su un edificio poco distante, precisamente sul vecchio muro del teatro dove nel 1921 nacque il Partito Comunista Italiano. Il sindaco, Alessandro Cosimi, le ha risposto in modo impeccabile e tra le altre cose ha detto ‘al posto degli ispettori ci mandi i soldi’. Una figuraccia non da poco. Ecco cosa succede a fidarsi delle notizie pubblicate dal duo Feltri-Sallusti, gli agit prop di Berlusconi. Il ministro ha mostrato il suo vero volto ed ha confermato che vuole fare del ministero una succursale del Pdl. Mai nella storia della Repubblica il ministero dell’istruzione era sceso così in basso. Del resto nessun presidente del Consiglio si sarebbe mai sognato di nominare un ministro come la Gelmini. Un altro effetto perverso del berlusconismo.

AAA. CERCASI NUOVI PARTIGIANI PER LIBERARE L’INFORMAZIONE

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Sanzioni pecuniarie. Puntate cancellate. Mobbing contrattuale. Ritardi. Rallentamenti. Ostacoli burocratici. Rinvii sine die. Cancellazione della tutela legale. In Rai, per fare l’informazione che piace a loro, si va avanti così. Santoro, Biagi, Travaglio, Fazio, Vauro, Gabanelli, il lungo elenco delle vittime delle tv controllate dal padrone. Killeraggio mediatico. Dossier squallidi che rimestano nel fondo. Giornalisti prezzolati, pagati per sputtanare il nemico politico di turno. Ieri, Antonio Di Pietro e Italia dei Valori. Oggi, Gianfranco Fini. E poi ancora, Boffo, Mesiano, Fassino, Marcegaglia, Caldoro, Veronica Lario, il lungo elenco delle vittime dei giornali e delle tv del padrone. Giornali usati come pallottole. Sulla stampa del padrone, per fare l’informazione che piace al padrone, si va avanti così. Questo è Berlusconi e la sua spietata macchina da guerra mediatica, che non fa prigionieri. Un odio viscerale, un’ossessione maniacale che si trasforma in azioni premeditate e studiate a tavolino, per screditare, piegare, intimidire, cancellare, fermare la libera informazione. C’è un’informazione che piace a loro, quella che usa ogni mezzo per distruggere il nemico, ed un’informazione che non piace a loro,  quella che parla di loro e sulla quale vorrebbero fare scendere una cappa di silenzio. E mentre si affilano le armi e si arrotano i coltelli di questa schifosa guerra, che umilia e calpesta innanzitutto il diritto dei cittadini ad essere informati correttamente, tentano di addormentare le nostre coscienze, usando i palinsesti tv, Rai e Mediaset, per dare spazio ai plastici che illustrano i dettagli minuziosi di orribili ed incomprensibili crimini, per dare fiato a lunghe interviste al criminologo di turno, per mettere in scena moviole snervanti ed ossessive sulle lacrime di figlia e padre, alla ricerca dell’ennesimo dettaglio morboso sfuggito. Scriveva Bertold Brecht: “Prima di tutto vennero a prendere gli zingari e fui contento perché rubacchiavano. Poi vennero a prendere gli ebrei e stetti zitto perché mi stavano antipatici. Poi vennero a prendere gli omosessuali e fui sollevato perché mi erano fastidiosi. Poi vennero a prendere i comunisti ed io non dissi niente perché non ero comunista. Un giorno vennero a prendere me e non c'era rimasto nessuno a protestare". Questo è il prezzo dell’indifferenza che, come scriveva Antonio Gramsci, è abulia, parassitismo, vigliaccheria, non è vita, è il peso morto della storia. Per questo, oggi, dobbiamo diventare nuovi partigiani per sentire nelle nostre coscienze pulsare l’attività della città futura che stiamo costruendo. Cominciamo da qui. Cominciamo ora.

FLI: CONTINUANO A F(OTTERE) L'I(TALIA)

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E continuano a F(ottere) L’ I(talia)…Al pentimento tardivo dei finiani non abbiamo mai creduto. I fatti, purtroppo, ci hanno dato ragione. Ieri è stata scritta una pagina nerissima per la politica e per la giustizia in Italia. In Senato la commissione Affari Costituzionali ha approvato la retroattivita' del Lodo Alfano, l’aula della Camera, per non essere da meno, ha votato contro l’autorizzazione a procedere nei confronti di Lunardi. In entrambi i casi col voto favorevole di Futuro e Libertà. Evidentemente la legalità per loro si difende a giorni alterni, magari nei week end, quando si parla in libertà ma non ci si impegna col voto parlamentare. Legalità a chiacchiere dunque, una scelta di posizionamento elettorale all’interno del centrodestra, ma nulla di più. Hanno posto la questione dell’etica politica solo per differenziarsi a parole da Berlusconi ed i suoi, perché nel paese dei ciechi gli orbi regnano e gli è facile nel centrodestra apparire cultori della legalità. Ma in Italia, per fortuna, c’è anche gente che ci vede bene. Con il Lodo Alfano costituzionale si fa scempio del principio di uguaglianza. Da ieri la legge non è più uguale per tutti in linea di principio, anche se il Lodo Alfano costituzionale non è ancora una norma attiva nel nostro ordinamento. Per Berlusconi non vale, lui è esente da qualsiasi responsabilità, non è processabile per nessun reato commesso. Né prima, né dopo, né durante il suo mandato di presidente del Consiglio. Si potrebbe  chiamare impunità. Un mostro giuridico che non esiste in nessun paese. E non credete alla favola che raccontano i giornali e le televisioni di regime: nei paesi in cui ci sono leggi che proteggono le alte cariche dello Stato, in genere il presidente della Repubblica, lo fanno solo per ciò che dice e che fa nel corso del suo mandato. E limitatamente a reati connessi all’esercizio delle sue funzioni. Stop. Berlusconi governa, con poche interruzioni e di durata limitata, a parte la legislatura 1996-2000, dal 1994. Da 17 anni riesce a sfuggire ai processi, grazie anche alle sue vergognose leggi ad  personam. Il suo teorema prevede che chi ha il consenso non può essere giudicato. Le accuse, per quanto gravi, non contano, conta solo il consenso. Significa che ha spostato la giustizia dal piano giudiziario a quello elettorale e politico. Una caratteristica propria delle dittature e dei regimi. In molti speravano che i finiani potessero finalmente recuperare un po’ di dignità politica dopo tre lustri passati con la schiena piegata a 90 gradi. Non lo hanno fatto. Fli ha risposto al richiamo della foresta, ha obbedito ancora una volta alla voce del padrone. Nel centrodestra italiano c’è un  ancestrale repulsione alla legalità ed al diritto.

CALDEROLI BUGIARDO, SI DIMETTA!

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La vicenda è talmente grave, che qualcuno potrebbe non crederci, se non fosse per il fatto che i documenti qui riportati testimoniano ogni scandaloso passaggio del recente operato di un ministro della Repubblica che mi fa vergognare di essere italiano. Calderoli ha abusato del suo ruolo di ministro per coprire 36 suoi compagni di partito, rinviati a giudizio con l’accusa di associazione di carattere militare con scopi politici. Ma questa è solo una piccola goccia nel mare di fango che ricopre fino al collo il ministro per la semplificazione normativa. Ecco i fatti. L’esponente leghista ha, infatti, ingannato il suo stesso governo, manipolando dolosamente o facendo manipolare da altri, il testo redatto da un apposito Comitato scientifico, e con scaltra manina ha introdotto, o fatto introdurre, l’abrogazione del reato di banda armata per fini politici, che non c’entrava niente con quel testo. Ma vi è ben di più e di peggio, perché, una volta scoperto da Travaglio il pasticcio, Calderoli è arrivato al punto di intervenire direttamente presso la Presidenza del Consiglio, per impedire la pubblicazione della rettifica in Gazzetta Ufficiale, per la quale il governo, su iniziativa del ministro della Difesa, aveva già avviato la procedura. Tutto questo non lo diciamo noi, ma lo testimonia questa lettera che mi è stata recapitata stamattina dal Consiglio di Stato. Ce n’è abbastanza, insomma: menzogne ripetute, nei confronti di cittadini e del governo stesso, chiara e dolosa volontà d’impedire la rettifica di un errore che abbiamo scoperto non essere un errore e, probabilmente, gli estremi stessi di reato. In un paese normale, dopo un episodio del genere, l’intero governo andrebbe a casa con la coda fra le gambe. Al di là dell’atteggiamento gravissimo di un Calderoli mosso da interesse politico diretto, in questa vicenda viene fuori con abbagliante evidenza che questo esecutivo si basa su un pactum sceleris, in cui l’unica legge che viene rispettata con devozione è quella del perseguimento dei propri scopi, un governo che può essere oggetto di ricatto, come in questo caso. La cosa è talmente grave che abbiamo già trasmesso la lettera al presidente della Repubblica, perché sia messo al corrente di quanto accaduto ed abbiamo predisposto una denuncia alla Procura della Repubblica. Ma non ci fermiamo qui. Domattina inizieremo la raccolta di firme per la presentazione di una mozione di sfiducia individuale nei confronti del ministro Calderoli. Quel che è certo è che Calderoli non può rimanere un minuto di più accomodato sulla sua poltrona. Su questo siamo categorici. Ora ne abbiamo davvero abbastanza. Avviamo visto di tutto in questi due anni di governo, ma questo è troppo. Crediamo sia l’ora che questi signori vadano a casa, perché non sono degni di governare il Paese.

CALDEROLI CONTINUA A MENTIRE. A CASA!

Bossi, CalderoliBossi, Calderoli"I colleghi dell’Idv si rileggano gli atti parlamentari dai quali si evince chiaramente che sono totalmente estraneo ai fatti”. Queste le parole del ministro delle leggi ad legam Calderoli, autore della porcata ministeriale denunciata ieri da Italia dei Valori in una conferenza stampa gremita. Il problema è che proprio leggendo gli atti cui il ministro fa riferimento si capisce, senza se e senza ma, il suo totale coinvolgimento nei fatti. Ha mentito al Parlamento e al paese. Ha addossato ad altri responsabilità sue. Ha imbrogliato come il peggiore dei furbetti. Ha fatto il gioco delle tre carte, nascondendo tra le pieghe di un decreto l’asso nella manica per favorire i suoi. Ha usato il suo alto ruolo di ministro della Repubblica non per servire lo Stato ma per favorire 36 compagnucci di partito finiti nei guai per attentato alla Costituzione, all’unità ed integrità dello Stato e costituzione di una struttura paramilitare fuori legge. Non proprio bruscolini.  Ha compiuto una doppia truffa ministeriale, prima inserendo con la sua manina la leggina ad legam e poi impedendo che venisse cancellata. Ed infine, è venuto in Parlamento a raccontarci un mucchio di bugie, prendendoci per i fondelli. Le prove di quanto sostengo sono tutte qui, sul mio blog, atti, documenti, filmati che ciascuno può rileggere o riascoltare. Noi abbiamo un sacro rispetto della verità e di chi la difende e la onora. Della legalità, quella difesa con i fatti non le parole, come fa il Carroccio. Non possiamo permettere che un ministro della Repubblica menta al Paese. Per questo, non arretriamo di un passo e andiamo avanti sulla mozione di sfiducia. Non molleremo la presa, fino a quando Calderoli non dirà tutta la verità, fino a quando il governo ed il ministro della Difesa, che oggi tacciono colpevolmente, romperanno il silenzio nel quale si sono chiusi a riccio. Chi copre la verità compie un atto peggiore di chi quella verità l’ha manomessa. Quanto accaduto e da noi denunciato ieri può segnare una svolta in questa legislatura, può segnare il corso di questa maggioranza a delinquere. Può porre fine a questi 15 anni di Berlusconi e berlusconismo che ha fatto più danni di un uragano. Combatteremo contro tutti, anche contro quei poteri forti che controllano grandi ed autorevoli quotidiani nazionali e che oggi (a parte il Fatto Quotidiano e l'Unità), guarda caso, tacciono la notizia.

CALDEROLI SBUGIARDATO DI NUOVO. A CASA CON LA RUSSA!

La Russa - CalderoliLa Russa - CalderoliNon ho mentito. Diversamente, sono pronto a rassegnare spontaneamente le dimissioni. Quale sia stata la ragione per l’originaria inclusione del d.lgs. n. 43 del 1948 tra le abrogazioni, essa è stata effettuata all’interno del competente ministero della Difesa. Ho talmente a cuore le riforme che sono all’esame del Parlamento che mi impegno a non presentare denuncia nei confronti di chi mi ha accusato di aver dichiarato il falso in Parlamento, se non dopo la loro approvazione”. Questo il guanto di sfida, lanciato ieri sera dal ministro Roberto Calderoli all’Italia dei Valori, attraverso una lettera inviata al presidente della Camera Gianfranco Fini. Il ministro ribadisce la sua innocenza e assicura di dimettersi se le nostre accuse dovessero rivelarsi veritiere. Ebbene, oggi noi diciamo che a casa non ci vede andare solo il ministro Roberto Calderoli, che ha mentito al Parlamento, ma anche il ministro della Difesa Ignazio La Russa, che ha ceduto di fronte “all’esplicito diniego” del ministero della semplificazione normativa, rendendosi complice di un comportamento gravissimo. Calderoli e La Russa devono dimettersi. E lo diciamo perché questa mattina il ministero della Difesa ha inviato una nota che dà ragione a noi e al consigliere di Stato Vito Poli, smentendo la versione del ministro Calderoli e svelando il ruolo supino ai voleri di Calderoli avuto dal ministro La Russa in questa vicenda. Ecco quello che ribadisce il ministero della Difesa: “l'abrogazione, da parte del Codice dell'ordinamento militare, del divieto di associazioni di carattere militare, e' stata un ''errore materiale'' di cui il Ministero della Difesa ha proposto la rettifica, ma questa soluzione ''non e' stata condivisa'' dal Dipartimento per la Semplificazione normativa, ''co-proponente del Codice, per non trascurabili ragioni tecnico-giuridiche''. Ecco la verità nero su bianco. Il ministero della Difesa aveva chiesto la rettifica ed il ministero della semplificazione normativa si è opposto per “ragioni tecnico-giuridiche” che, tra le altre cose, non esistono, sono una balla colossale. Si perché, come ha scritto il consigliere Poli, quell’errore non solo si doveva ma si poteva correggere. Bastava semplicemente, come ha scritto il consigliere nella lettera inviata al sottoscritto e al ministro Calderoli, utilizzare “la pacifica giurisprudenza” della Corte Costituzionale e della Corte di Cassazionesu fattispecie analoghe a quella in questione” (Cass. Civ., sez. II, 28 maggio 1997, n. 4711). Qualcuno, non il ministero della Difesa né la Commissione all’uopo designata, avevano chiesto né inserito l’abrogazione della norma sulla depenalizzazione del reato di associazione di stampo militare con scopi politici, la norma “salva camicie verdi” che serviva ai 36 leghisti indagati a Verona. Qualcuno, invece, l’ha fatto. Il ministero della Difesa, scoperto l’errore, aveva chiesto la rettifica. Qualcuno, sempre lo stesso, si è opposto. “Qualcun altro”, di fronte all’esplicito diniego, ha ceduto. Noi abbiamo scoperto chi era “quel qualcuno” e chi era quel “qualcun altro”. Gli autori ed attori, attivi e passivi di questa vicenda, sono Calderoli e La Russa. Per questo, oggi chiediamo che ad andare a casa siano entrambi.

Clicca qui per leggere i documenti dell'inchiesta.

PARLAMENTARI PAGATI PER OCCUPARSI DI FIDO E FUFFI

Transatlantico, MontecitorioTransatlantico, MontecitorioDi cosa discuterà il Parlamento la prossima settimana? Tenetevi forte roba da urlo. Niente popo’ di meno che di “animali da compagnia”. 945 parlamentari della Repubblica, pagati con i soldi dei contribuenti, discuteranno di come proteggere al meglio Fido e Fuffi, i migliori amici dell’uomo. Nulla in contrario, per carità, nei confronti dei cuccioli a quattro zampe, a pelo corto o lungo che siano, miagolanti o abbaianti. Ma c’è qualcosa che non va, “sa va sa dir”, se il Parlamento della Repubblica italiana paga 945 tra deputati e senatori per occuparsi di Fido e Fuffi mentre il Paese sta affogando in una crisi economica epocale. Il Parlamento della Repubblica italiana, nel mese di settembre 2010, ha svolto 4 sedute con votazioni. Tradotto dal parlamentarese, ha lavorato 4 giorni in un mese: una mezza giornata al mattino, una mezza giornata al pomeriggio e due giorni mattina e pomeriggio. Ad ottobre, anche se manca una settimana, non è andata meglio, 6 sedute in tutto: un mezza giornata al mattino, tre mezzi pomeriggi, e due giorni mattina e pomeriggio. Fine dei giochi. In due mesi, 60 giorni, il Parlamento ha lavorato 10 giorni, distribuiti comodamente tra mattina e sera. Credo che qualunque cittadino ci metterebbe la firma sotto un contratto del genere, per di più strapagato. Fuori dalla facile demagogia, il problema è che noi di Italia dei Valori ci vergogniamo di essere pagati per non lavorare. Per questo, denunciamo da sempre e oggi con maggior forza, all’opinione pubblica, questa situazione di cui la totale responsabilità ricade sull’immobilismo del governo che non porta in Aula un solo provvedimento utile al paese ma solo disegni di legge con la velocità di un bradipo addormentato, ratifiche  di convenzioni europee, tra cui l’indispensabile e fondamentale su Fido e Fuffi. Volete sapere quanti disegni di legge ha approvato il Parlamento nel mese di settembre? Zero. Quanti decreti legge? Zero. Quanti documenti, cioè aria fritta? Nove. Quante mozioni grazie all’opposizione? Tre. E una ratifica. Fine, game over. Ad ottobre, i disegni di legge sono stati 5, i decreti legge uno, un documento, tre mozioni e una ratifica. Fine, game over. Sono riusciti a fare di peggio del peggio già raggiunto negli stessi mesi nello scorso anno. Settembre 2009: 6 sedute in tutto. Il Parlamento ha lavorato 3 giorni su 30. Ottobre 2009: 3 sedute in tutto. Il parlamento ha lavorato 3 giorni su 30. Per produrre la modifica cifra di 7 disegni di legge, un decreto con fiducia, e tre mozioni. Roba da far ridere i polli. Gli italiani possono stare tranquilli: con Berlusconi e questa maggioranza che ormai non c’è più, il Parlamento è impantanato, immobile, fermo e, mentre Berlusconi pensa a come bloccare i suoi processi, le sue aziende prosperano. Con buona pace dell’Italia e degli italiani.

RIFIUTI: GOVERNO SGAMATO

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“E’ stato smentito chi diceva che il governo non ce l’avrebbe fatta: l’emergenza è superata. Napoli torna ad essere una città occidentale ordinata e pulita. Abbiamo fatto una cosa che nessuno in passato era riuscito a realizzare”.  Queste sono le parole pronunciate il 19 luglio del 2008 da un fiero Berlusconi che si reca a Napoli con Bertolaso al seguito, per pubblicizzare da vicino l’operato di governo e Protezione Civile. Ed ancora il 3 giugno 2009 torna a fare dei rifiuti in Campania il trofeo del suo governo dicendo: “A Napoli funziona tutto. Lo smaltimento dei rifiuti continua, nonostante le cose che si dicono e qualche fotografia di pacchetti di immondizia elettorale lasciati da gente della sinistra. Non c’è da preoccuparsi. Abbiamo discariche capaci di accogliere tutti i rifiuti per i prossimi due anni e abbiamo il termovalorizzatore di Acerra che funziona benissimo”. Peccato che il termovalorizzatore di cui parla, oltre a costare 50 milioni di euro solo di manutenzione, non abbia mai realmente funzionato. L’unica linea che attualmente è attiva, la prima, è rimasta ferma tra maggio e luglio. Quanto alle altre, la seconda è immobile dal 7 settembre, la terza già dal 17 agosto. E peccato, soprattutto, che la bella costruzione di parole ed annunci di Berlusconi sia crollata come un castello di sabbia dopo il passaggio di un’onda. A smontarla, è stata la verità, venuta fuori a smascherare la messa in scena di questo governo, che fa della frottola un metodo di politica, della favola il proprio cavallo di battaglia. “Quello che è successo negli ultimi giorni dimostra che le autorità italiane non hanno ancora fatto quello che è necessario per trovare una soluzione adeguata e definitiva al problema”. Le parole del commissario europeo per l’ambiente, Janez Potocnik, giungono, pochi giorni fa a sventare qualunque dubbio dovesse esser rimasto e a far infuriare il capo della protezione civile, che prontamente replica: “L’Unione Europea farebbe bene a fare il proprio mestiere e invece di dare giudizi dovrebbe dare una mano a trovare alternative”. Una volta sgamato, Bertolaso gioca a scaricabarile pur di non riconoscere la propria azione fallimentare e lancia al rialzo assicurando che “tempo tre o quattro giorni e Napoli tornerà alla piena normalità”. Naturalmente la reazione dei cittadini, sommersi da migliaia di tonnellate di rifiuti, che addirittura hanno raggiunto anche il centro del capoluogo partenopeo, non si è fatta attendere. Segno che la popolazione non ci sta più a bersi le balle di un governo che predica bene e razzola male. Un governo che ora parla di accordo per definire l’imposizione del proprio piano. Il problema rifiuti resterà aperto, com’è sempre rimasto, perché, quando Berlusconi gridava al successo, la monnezza era solo stata spostata, certo non smaltita. E questa andrà ad aggiungersi alle tante, troppe questioni lasciate insolute da questo governo di centro destra. Su di noi ricade una grossa responsabilità, di cui non mancheremo di farci carico. E’ il momento della svolta, gli italiani hanno perso la pazienza ed ora spetta a noi, al centro sinistra dire basta alle frottole, mandando a casa questo governo e passando ai fatti.

CRITICHI LA GELMINI? UN MESE A PANE E ACQUA!

GelminiGelminiIl 31 ottobre 2009 è entrata in vigore la riforma Brunetta, che ha lo scopo di aumentare ed ottimizzare la produttività del lavoro pubblico e l’efficienza e trasparenza della pubblica amministrazione. Il 21 ottobre di quest’anno, il Codice Brunetta è stato recepito, masticato, digerito e risputato fuori dal ministro Gelmini che, sul sito del ministero dell’Istruzione, ha pubblicato “Il Codice disciplinare” per i dirigenti scolastici e gli insegnanti, contenuto nel contratto di lavoro dei dirigenti scolastici per il quadriennio 2006/2009, il quale rinvia al Codice di comportamento dei pubblici dipendenti. Nascosto tra le pieghe del nuovo codice in vigore per gli operatori della scuola c’è un insidia velenosissima, in virtù della quale non si potrà più criticare pubblicamente la riforma Gelmini pena “la sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di tre giorni fino ad un massimo di tre mesi”. Non siamo la solita opposizione menagrama che mena il can per l’aia. Il clima che si sta creando nella scuola è preoccupante. Qualcuno già parla, e non a vanvera, di Codice nazista. Già sta accadendo. Un dirigente scolastico, al quale era stata richiesta un’intervista, ha comunicato il tutto al suo superiore e il direttore dell’ufficio scolastico regionale gli ha rammentato i vincoli cui è sottoposto il capo d’istituto: non pronunciare il nome della Gelmini invano. Dunque, non solo dirigenti ed insegnanti sono tenuti a comunicare eventuali interviste ma devono stare pure attenti a come parlano,altrimenti zac, scatta la punizione e l’ammenda. Non è una questione di lana caprina. Criticare la riforma Gelmini è da considerarsi lesivo dell’immagine della pubblica amministrazione o manifestazione della libertà di pensiero? Stiamo arrivando al punto che una semplice intervista ad un giornale o ad una televisione, magari per denunciare la mancanza di carta igienica nelle scuole, conseguenza gravissima dei tagli di Tremonti-Gelmini che riguarda un’altissima percentuale di scuole in tutt’Italia, finirebbe per mettere un dirigente scolastico o un insegnante nei guai?  In base all’articolo 11 del Codice di comportamento dei dipendenti pubblici pare proprio di sì: “salvo il diritto di esprimere valutazioni e diffondere informazioni a tutela dei diritti sindacali e dei cittadini, il dipendente si astiene da dichiarazioni pubbliche che vadano a detrimento dell’immagine dell’amministrazione. Il dipendente tiene informato il dirigente dell’ufficio dei proprio rapporti con gli organi di stampa”. La questione in ballo è gravissima. Se dall’alto, qualcuno decide cosa un dirigente scolastico o un insegnante possa e debba dire alla stampa, come dirla, quanto e quando dirla siamo di fronte ad una violazione palese della libertà di pensiero. Siamo al regime. E per capire meglio che aria tira, basta dire che il ministro Gelmini ha recentemente ideato e varato un decreto ministeriale con il quale da oggi gli ispettori ministeriali possono essere inviati “a sopresa” nelle scuole. “Giuro che sarò fedele al Re ed ai suoi Reali successori; che osserverò lealmente lo Statuto e le altre leggi dello Stato; che non appartengo e non apparterrò ad associazioni o partiti;- che adempirò ai doveri stessi con diligenza e con zelo, ispirando la mia azione al fine di educare i fanciulli affidatimi al della Patria ed all'ossequio alle istituzioni dello Stato”. Nel 1929, i maestri elementari erano obbligati a pronunciare questo giuramento. Due anni più tardi sarà imposto anche ai professori universitari. Oltre 1.200 docenti giurano. Solo dodici si rifiutano. Furono i coraggiosi “maestri del no”.

L'ABOMINEVOLE LODO

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Lodo Alfano costituzionale. Questa sconcezza giuridica che serve solo a Berlusconi per sfuggire ai processi, è una vera indecenza politica. Per due motivi principali. Il primo è che dimostra il totale disinteresse del governo e della maggioranza nei confronti dei reali problemi del Paese. Il Parlamento non lavora più, non perché deputati e senatori siano dei fannulloni, ma perché non arrivano più leggi da discutere. Solo quelle sulla giustizia hanno tenuto inchiodati deputati e senatori in Aula o in commissione. Vediamo. La legge sulle intercettazioni ha impegnato il Parlamento per 18 mesi. 18 mesi, un anno e mezzo! 6 mesi per il processo breve, un mese per il Lodo Alfano e da un mese si discute di Lodo Alfano costituzionale. Tutto questo mentre l’Italia affronta una tempesta economica senza precedenti. Il secondo motivo è che questo Lodo Alfano è un abominio giuridico che non ha eguali in nessun paese al mondo. Non ci sono paragoni, nonostante ciò che dice la propaganda berlusconiana. In tutti i paesi dove sono previste tutele per le alte cariche dello stato, in genere il presidente della repubblica, queste valgono solo per i reati commessi nell’esercizio delle funzioni proprie della carica. Solo in Francia è prevista la tutela per il capo del governo e per il presidente della Repubblica. Perché, semplicemente, nel sistema presidenziale francese, è la stessa persona a svolgere le due funzioni. La reiterabilità (la possibilità di usufruire più volte dello scudo), poi, è un abominio nell’abominio. Poniamo il caso che un cittadino diventi presidente della Repubblica dopo essere stato per due volte presidente del Consiglio: non potrebbe essere processato per 17 anni. Alla faccia dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge prevista dalla Costituzione. Ci volgiono far credere che lo scudo serva a proteggere la funzione e non la persona. Tradotto. Non serve a Berlusconi (nooo), ma a proteggere il presidente della Repubblica ed il capo del governo. Bugia. Lasciando per un momento fuori Berlusconi dal discorso, è chiaro a tutti che questo scudo renderebbe più deboli queste funzioni. Sarebbe una sorta di spada di Damocle perché delegittimerebbe questa carica se un eventuale presidente della Repubblica o del Consiglio fosse indagato per gravi reati e non potesse essere processato. Il Lodo Alfano delegittima e scredita le istituzioni, non le rafforza. Quasi tutte le opposizioni, Idv in testa,  sono fermamente contrarie al Lodo. Futuro e Libertà non si capisce bene cosa voglia. Hanno una posizione ipocrita perché sono favorevoli al Lodo costituzionale, ma non alla sua reiterabilità.  Fanno le candide verginelle, ma sono immersi nel fango. Innanzitutto dicono che il Lodo serve a proteggere le cariche dello Stato invece sanno benissimo che è per Berlusconi. Poi fanno una battaglia per impedirne la reiterabilità, ma se il Lodo, con il loro assenso, entrasse in vigore dalla prossima legislatura, sortirebbe, di fatto, lo stesso effetto nel caso Berlusconi occupasse una delle due cariche. Che tristezza.