maggio 2010

VENDOLA LEADER? SAREBBE SUICIDIO COLLETTIVO

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Pubblico il testo della mia intervista apparsa oggi su "La Stampa"

Vero che di questi tempi il fantasma delle elezioni anticipate si aggira nei corridoi del Palazzo e per sentirsi pronti alla pugna è difficile prescindere dalla scelta di un condottiero dotato di carisma, perché «oggi la politica si nutre anche di leadership». Però affidarsi a Vendola «sarebbe un suicidio collettivo e dunque non mi sembra una buona idea». Massimo Donadi è un docente di diritto privato prestato alla politica, sempre misurato in tv, ma da buon veneto senza peli sulla lingua e di Antonio Di Pietro è il braccio destro alla Camera. E anche se un anno fa fece la scelta temeraria di smarcarsi da un Tonino ancora paonazzo dopo uno scontro frontale con il capo dello Stato, questa volta il capogruppo dell' Idv ci va giù con mano ancora più pesante. Dopo aver letto l' intervista a La Stampa in cui il suo leader benedice la kermesse di maggio a Firenze con Santoro, De Magistris e Vendola, non riesce più a tenersi. «Io non ci andrò e spero che Di Pietro ci ripensi.
L' immagine che ne viene fuori non è quella di un Idv che viaggia intorno al 10% e che può giocarsi la sua partita dettando temi e regole per costruire una futura coalizione, ma di un partito in difesa nel tentativo di arginare Vendola». Insomma il numero due dell' Idv non ci sta a farsi schiacciare dalla sinistra. «Sarebbe un errore mortale per noi. Vendola è una persona brillante e simpatica, ma per me non potrà essere mai e poi mai il leader della coalizione. E' l' espressione oggi più alta di una sinistra ideologica che non ha ancora fatto i conti con la sua storia, che ha la responsabilità di due fallimenti di governi di centrosinistra con lo slogan di "spendi e tassa". E che non ha capito nulla delle dinamiche della sicurezza e dell' immigrazione. Se Vendola fosse il prossimo candidato premier, potremmo dire di aver creato noi la Padania, perché non è un caso che il suo partito al nord abbia percentuali da prefisso telefonico». Quindi Di Pietro sbaglia su tutta la linea a cavalcare questa operazione? «Penso che lui, che è uomo scaltro e accorto, anche se ha poco da condividere con Vendola, voglia essere vicino a questo mondo in fermento. Un mondo a sua volta vicino ad alcuni settori del partito...». Ecco, anche se sono passati sei mesi dal congresso della "svolta governativa", in cui Di Pietro mise all' angolo il rivale De Magistris, è evidente che la piaga ancora è infetta.
E per Donadi, questo modo di corteggiare i movimenti «è sbagliato perché appare gregario e noi al contrario dobbiamo rilanciare con proposte di ben altro peso e spessore». Allora, visto che tirare la volata a Vendola ha tutto il sapore di uno schiaffo a Bersani, che «produrrà solo l' acuirsi dei conflitti dentro il Pd», per Donadi sarebbe saggio puntare su cavalli che potrebbero avere più gradimento tra le armate dipietriste. «Non si può pensare di costruire una futura coalizione se non partendo dal Pd, pur rivendicando che noi dobbiamo essere competitivi con loro e con la sinistra radicale. E' mai possibile poi che in Italia siamo condannati ad avere candidati premier sempre sulla soglia dei 60 anni? Esistono giovani bravi fuori dal Pd, ma anche nel Pd e penso al sindaco di Firenze Renzi, a Zingaretti, ad Andrea Orlando, a Beppe Civati. Facciamo delle primarie vere e basta con queste alleanze costruite nel chiuso dei laboratori politici che piacciono tanto a D' Alema».

dal quotdiano, La Stampa: www.lastampa.it

 

SCAJOLA: IDV PRESENTA MOZIONE SFIDUCIA

Scajola dimettitiScajola dimettiti

Non credo a Scajola. Non sono io a dirlo, sarebbe scontato, ma il vicedirettore del Giornale Nicola Porro, che proprio ostile ostile a questo governo non è… Ora, se persino il vice di Feltri dice che le parole del ministro, (ho comprato l’appartamento a costo di mercato) sono un ‘insulto all’intelligenza’, non si comprende per quale motivo questo signore debba restare al suo posto. Il Giornale che una volta fu di Montanelli e che oggi di quel grandissimo giornalista non ha proprio più niente, è abituato a difendere l’indifendibile. Se stavolta non ce la fa, significa che è proprio troppo, che il limite è stato superato. Ogni  minuto che Scajola passa seduto su quella poltrona è un insulto all’intelligenza dei cittadini. Il quadro che emerge dai giornali è sempre più inquietante. E grave. Non voglio entrare nel merito, ci penserà molto meglio di me la magistratura, ma è chiaro che le responsabilità politiche sono enormi. Per questo abbiamo presentato una mozione di sfiducia, a prima firma Di Pietro-Donadi. E’ un’occasione per tutta l’opposizione, ma non solo, lo è anche per chi, nel centrodestra, è ancora sensibile ai valori della legalità e dell’etica politica. E’ l’occasione per far saltare i meccanismi di casta e dare finalmente un segnale: non c’è impunità per i politici ed i potenti. Naturalmente sarebbe un primo passo perché anche in caso di dimissioni o di approvazione della mozione della sfiducia, il problema della legalità in politica sarebbe ben lungi dall’essere risolto. Ma ogni cammino inizia con un primo passo.

Leggi la mia intervista al portale Tiscali.it.  

FUORI SCAJOLA. E FITTO E COSENTINO?

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Le dimissioni del ministro Claudio Scajola erano un atto dovuto. Per questo, Italia dei Valori le ha chieste sin dall’inizio ed ha presentato una mozione di sfiducia. Dimettersi era un atto politico dovuto. Claudio Scajola è un uomo pubblico che deve rispondere ai suoi elettori non di eventuali reati, a quello penserà la magistratura, ma dei suoi comportamenti pubblici, in onore di quell’etica della responsabilità che deve appartenere a chi riveste un ruolo importante nelle istituzioni. Deve spiegare tante cose l’ex ministro dello Sviluppo economico e prima lo farà meglio sarà per tutti. Deve spiegare, e deve farlo pubblicamente, perché nell’atto notarile risulterebbe che ha acquistato una casa per una cifra totale di 600 mila euro e perché la cricca degli appalti avrebbe versato per lui il resto, ovvero 900 mila euro in 80 assegni bancari. Meglio sarebbe stato se il ministro Scajola si fosse dimesso un minuto dopo la pubblicazione delle prime notizie. Avrebbe evitato le patetiche interviste sui quotidiani dove più che dare spiegazioni compiva delle vere e proprie arrampicate libere sugli specchi. Per una volta in questo strano paese è scattato quello che, di solito, da noi non scatta mai e che invece scatta subito nelle altre democrazie europee: allontanare chi tiene o ha tenuto comportamenti discutibili o poco trasparenti. Ora la domanda che mi frulla in testa è: perché Scajola sì e Fitto e Cosentino no? Cosa c’è di diverso? Perché nel Pdl la molla delle dimissioni è scattata solo per il ministro dello Sviluppo economico? O la vicenda che lo riguarda è molto più oscura di quanto si possa immaginare, ma questo non spaventerebbe certo un presidente del Consiglio accusato di corruzione. Oppure, Berlusconi ha chiesto la testa di Scajola da sacrificare sull’altare della lotta intestina con Fini. Propendo per la seconda ipotesi. Sarebbe stato intollerabile per il premier subire una lezione di stile e moralità, l’ennesima negli ultimi giorni, dal presidente della Camera Gianfranco Fini. Staremo a vedere cosa succederà nei prossimi giorni. Se il governo fa sul serio, porterà il ddl anticorruzione in discussione in parlamento nei prossimi giorni. Se, invece, come pensiamo è la solita sceneggiata, Scajola starà da parte per un po’ e poi risorgerà, come la Fenice, dalle ceneri. Più gagliardo che mai.

QUANTI ALTRI OLTRE A SCAJOLA?

 

Oltre a Scajola, chi? E’ questa la domanda che da stamattina mi frulla in testa. Fino a ieri, come la maggior parte degli italiani, pensavo che Anemone&Co, la cricca di costruttori spregiudicati e disonesti, che, in cambio di soldi e sesso, avevano corrotto funzionari pubblici, come Balducci, il gran commis delle opere pubbliche, riguardasse solo la partita delle protezione civile, della opere pubbliche e che, al massimo vi potesse essere coinvolto Bertolaso. La vicenda Scajola dimostra, invece, che il marcio è molto più esteso e che risale indietro nel tempo, almeno al 2004. E’ da allora, infatti, che Anemone è su piazza. E’ da allora che il costruttore senza scrupoli agisce. E’ da allora che il suo “benevolo interessamento” si è rivolto anche ai piani alti dei ministeri. Se, oggi, scopriamo che il costruttore Anemone, nel 2004,  ha comprato la benevolenza dell’allora ministro degli Interni Scajola, uno dei più ministri più potenti, a quanti altri ha fatto favori, considerando che ogni ministero concede appalti? La domanda è devastante e, se fossimo in un paese normale, dovrebbe ossessionare tutti, giornalisti e politici  compresi. Non siamo più di fronte alla cricca dell’Aquila ma ad una sistema organizzato che agisce da anni e che da tempo concede “attenzioni particolari” ai potenti di turno in cambio di favori. Allora, chi e quali sono i gangli fondamentali dello stato che sono stati “oggetto di attenzione” da parte di questa banda di furbetti senza scrupoli? Se dovessimo scoprire che le metastasi della corruzione fossero molto più estese di quanto pensiamo, verrebbe meno non solo questa maggioranza e questo governo ma il senso stesso dello stato. E’ per questo che ieri ho pensato di proporre una commissione parlamentare d’inchiesta che abbia gli stessi poteri della magistratura e che indaghi a tappeto sulle rendite patrimoniali, bancarie e finanziarie di tutti i ministri che si sono succeduti dal 2001 ad oggi. Poi ho riso tra me e me, pensando all’ostilità che tale proposta troverebbe sul suo cammino, tanto a destra quanto a sinistra. Così ho deciso di rivolgermi a voi. Premesso che la commissione parlamentare d’inchiesta sarebbe l’unico strumento per fare chiarezza, per capire fino a che punto le metastasi della corruzione si è estesa, pensate sia meglio lasciar perdere o che comunque valga la pena portare la proposta in Aula? Io credo che ne valga la pena, se non altro per ascoltare, divertiti, le motivazioni con le quali arrampicandosi sugli specchi direbbero tutti di no. Io credo che varrebbe la pena farlo, se non altro per vedere l’effetto che fa.

MOBILITIAMOCI: NO AL DDL INTERCETTAZIONI

 

Non aspettiamo l’ultimo momento per mobilitarci. Mentre il Paese attende i risultati delle indagini della magistratura sulle inchieste che stanno esplodendo in questi giorni, il governo sta procedendo a tappe forzatissime verso l’assoluzione finale, ovvero, l’approvazione delle legge sulle intercettazioni. C’è una cosa che deve essere chiara a tutti: questa di Scajola sarà l’ultima vicenda di cui gli italiani potranno leggere e che i giornalisti potranno raccontare. Con la nuova legge sulle intercettazioni, se un politico avrà commesso un reato, sapremmo solo se, alla fine delle indagini, è stato arrestato ma non potremmo mai sapere perché, di quale reato si è macchiato. Un po’ quello che, in realtà, il Tg1 di Minzolini sta tentando di fare da tempo. Solo che da domani sarà legge e tutti dovranno attenersi ad essa, pena la decapitazione economica e finanziaria. La legge sulle intercettazioni è la soluzione finale sognata da Berlusconi per risolvere la piaga della corruzione in Italia: mettere il bavaglio alla stampa e legare le mani alla magistratura. Se nessuno sa che un reato è stato commesso il reato non c’è. E’ la prima regola del berlusconismo che abbiamo imparato sulla nostra pelle: se non ci sei, non esisti. Di fronte a tutto questo, non dobbiamo stare ad aspettare. Non dobbiamo subire, per l’ennesima volta, piegando la testa. Di fronte ad una legge che non solo bloccherà le intercettazioni ma, quel che è peggio, fermerà per sempre qualsiasi notizia relativa a procedimenti giudiziari, dobbiamo prepararci già da adesso. Sindacati, associazioni, politici, cittadini, giovani, donne, pensionati, tutti quelli che hanno a cuore la tenuta democratica di questo Paese, scendano in piazza per mettere in piedi la più grande mobilitazione di popolo che si sia mai vista negli ultimi 20 anni. Quella delle intercettazioni, insieme alle altre progettate da Berlusconi, sono norme che prendono l’Italia, la tolgono dall’Europa e la sbattono in qualche staterello del sud est asiatico. Portiamo il Paese in piazza. I sindacati proclamino una giornata di sciopero nazionale e noi saremo con loro. Si chiudano le saracinesche dei negozi, l’Italia si fermi per un giorno: a chi vuole toglierci l’ultimo spiraglio di verità che ci rimane, facciamo sentire i palpiti dei nostri cuori uniti.

E' IN ARRIVO UNA SECONDA TANGENTOPOLI

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C’è una questione morale grande come una casa e loro pensano a spartirsi le poltrone. Il problema del giorno non è come affrontare una corruzione endemica, che si rivela ogni giorno di più a macchia d’olio e che coinvolge in maniera trasversale un’intera classe politica e dirigente, nell’esercizio delle sue funzioni pubbliche. Il problema non è capire perché, dopo Scajola, ora salta fuori il nome dell’ex ministro delle Infrastrutture di Berlusconi, Pietro Lunardi che, in cambio di non si sa ancora bene quali prebende, si sarebbe fatto ristrutturare la villa di campagna dal re degli appalti Anemone. Il problema è non è capire perché Scajola dice di non poter vivere in una casa pagata da Anemone e Lunardi di non conoscere lo sbrigafaccende di Anemone e Balducci che aveva, però, frequentazioni quotidiani con sua figlia. Il problema non è capire fino a dove si è spinta la cricca, fino a quali livelli dello stato e delle istituzioni si è insinuato questo sistema politico-economico di fare affari in maniera spregiudicata e per tornaconto personale. Il problema del giorno è chi riesce ad accaparrarsi il ministero dello Sviluppo economico, lasciato libero da Scajola, o quello dell’Agricoltura, che la Lega rivorrebbe per sé. Alla fine della fiera, è tutta una questione di poltrone e di gestione del potere. Per Berlusconi, il problema non è la corruzione, che costa agli italiani 60 milioni di euro, ma i giudici che fanno le indagini. C’è una maggioranza allo sbando, immobile, un Parlamento che non fa niente, se non attendere e poi subire passivamente provvedimenti sciagura come il ddl intercettazioni. C’è una classe politica che, nell’esercizio delle sue funzioni, ha ricevuto attenzioni particolari dalla cricca Anemone-Balducci&co in cambio di non si sa bene quali favori, ha costruito una ragnatela di potere politico-economico che fa impallidire, in confronto, la vecchia Tangentopoli e il presidente del Consiglio che fa? Parla di congiure e complotti, di magistrati politicizzati e a nascondere la corruzione sotto al tappeto. Ci vorrebbe una rivoluzione dei valori, della legalità, dell’etica e della morale. Questo è una paese da rovesciare come una calzino. E’ una paese che ha bisogno di una nuova classe dirigente che metta al primo posto servire i cittadini, e non servire i proprio tornaconti personali. Italia dei Valori è pronta a farlo.

SPRECARE AL TEMPO DELLA CRISI

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Tremonti dice che, data l’assenza di risorse, si è fatto il possibile. Viene spontaneo domandarsi, però, vista l’assenza di risorse, come mai dal cilindro di questo stravagante governo vengano miracolosamente fuori milioni di euro destinati ai più svariati fini? Mi spiego. Ai Comitati per la ricorrenza dei centenari sono stati destinati più di 3 milioni di euro. A cosa servono questi comitati? A celebrare la nascita e la morte di personaggi celebri, almeno tali dovrebbero essere, perché, andando a leggere l’elenco dei nomi, se ne trovano spesso e volentieri di emeriti sconosciuti. Lascio a voi la valutazione dell’urgenza di tale stanziamento. Nel frattempo proviamo ad analizzare quello che il governo dice di aver fatto a favore dei cittadini. Il decreto legge incentivi, quello passato alla Camera grazie alla trentaduesima fiducia di questa singolare legislatura: 300 milioni di euro, la cui disponibilità è durata lo spazio di un mattino, data l’esiguità delle risorse. Morale della favola, in pochi, pochissimi, hanno potuto acquistare cucine, motocicli, elettrodomestici con una parvenza di agevolazione che il governo ha concesso. Già, perché, se i 300 milioni erano già insufficienti a sgravare i cittadini dal peso della crisi, c’è anche il fatto che parte di essi sono andati a finanziare nientedimeno che l’industria militare. Stendiamo un pietoso velo. Il nocciolo della questione è impossibile da mandar giù. Le opposizioni non lo fanno solo per criticare l’operato della maggioranza. Se si continua a sostenere che questo governo non ha pensato al bene del Paese e non ha mai affrontato le emergenze principali dei cittadini, lo si fa perché è vero. Speriamo che l’Italia non cada nella situazione della Grecia, cosa non del tutto da escludere, vista la gestione irresponsabile del bilancio dello Stato, la cattiva amministrazione, gli sprechi che sono stati e continuano ad esser fatti nel nostro Paese. E ci auguriamo soprattutto che lo stanziamento a favore della Grecia non arrivi a gravare sulle tasche dei cittadini, in modo che debbano essere ancora e sempre le classi deboli a pagare per le colpe degli speculatori, dal sistema finanziario, a quello bancario alle imprese corrotte, che restano intoccabili.

NON FACCIAMO CASINI

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Un governo di salute pubblica. Certo, bisogna ammettere che nei titoli Pier Ferdinando Casini ci sa fare. Riesce sempre a trovare nomi molto suggestivi a idee che definire strampalate è poco. Strano che l’abbia fatto ieri che era il 9 maggio. Di solito, Casini, perfetto erede della scuola Dc, spara queste idee meravigliose ad agosto,  quando il dibattito politico langue, per via dell’afa ferragostana, e serve uno scossone di quelli utili, però, a inchiostrare i titoli dei giornali del giorno dopo. La salute che ha in mente Casini, in realtà, è quella sua, non certo quella dell’Italia. Perché si dovrebbe, secondo il leader dell’Udc, dar vita ad una mostruosità del genere? La spiegazione è kafkiana. Un governo di salute pubblica è l’unica via d’uscita, secondo il leader dell’Udc, all’egoismo dei partiti i quali, per interessi personalistici e di bottega, non metteranno mai da parte il proprio tornaconto personale, per fare le riforme che servono al Paese. Se Casini riflettesse anche solo per un istante su questo, capirebbe da sé che Kafka gli fa un baffo. Casini è palesemente affetto dalla sindrome dei due forni, quella rara malattia che, per via di uno stato di coscienza alterato da una concezione ipertrofica di se stessi, lo porta a non guardare oltre il suo naso e a confondere il bene della nazione con quello del suo orticello personale. Solo chi non ha davvero a cuore l’interesse del paese ma il proprio tornaconto personale può pensare di tirare fuori dal cassetto una ricetta che puzza di naftalina e di vecchi arnesi lontano un miglio. Pensare ad una soluzione del genere, antiquata ed anacronistica, significa non solo tradire gli elettori ma svuotare di senso la democrazia, che si fonda su un parlamento e su una maggioranza democraticamente eletti e che, finché ci sono, hanno il diritto ma soprattutto il dovere di governare e di fare le riforme. Se vengono meno governo e maggioranza, non ci sono governi ogm da costruire in laboratorio, o nelle segrete stanze dei palazzi. Ci sono nuove maggioranza da stabilire chiamando i cittadini ad esprimere la loro preferenza. I trucchetti per tenersi la poltrona o averne una più grande e comoda non fanno rima con democrazia.

AUTO BLU? BRUNETTA NON LE SA CONTARE

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  Ci domandavamo che fine avesse fatto. Dopo il flop micidiale come candidato sindaco a Venezia, il ministro Brunetta è sparito per un bel pezzo. Probabile choc da fallimento. Non che sentissimo la mancanza delle sue sparate, per carità, ma oggi, per superare la fase post-depressiva da sparizione dai giornali, è tornato alla carica, annunciando battaglia contro le auto blu, un evergreen che serve sempre a restituire smalto a chi è appannato e che, seppure non risolvi, nessuno te ne verrà mai a chiedere conto.Cosa ha in mente di fare il signor Ministro per ridurre drasticamente le 624.330 auto blu d’Italia, record mondiale assoluto, per il quale battiamo in volata Stati Uniti d’America (70.000), Francia (63.000) Regno Unito (56.000), Germania (55.000), Turchia (51.000), Spagna (42.000), Giappone (30.000), Grecia (30.000) e Portogallo (22.000)? L’opposizione pensava ad una di quelle misure draconiane che piacciono tanto al ministro e, per quanto su fronti opposti, quasi ci sperava. Si pensava, ad esempio, alla pubblicazione online sul sito del ministero di tutti coloro che, a vario titolo, usufruiscono di un auto di servizio pagata con i soldi dei cittadini, nome, cognome, tipo autovettura, ragione dell’utilizzo. Secondo la legge del 1991, infatti, l’uso dell’auto blu è limitato ai soli ministri, sottosegretari e ad alcuni direttori generali. Dunque, un lavoretto tutto sommato rapido che avrebbe permesso di capire, una volta per tutte, se in Italia sono tutti ministri, sottosegretari o direttori generali, vista la quantità inaudita di auto blu in circolazione o se invece, come è più probabile, è il paese dei furbi. Avremmo potuto stanare i non aventi diritto, avremmo potuto spiegare al signor Rossi perché lui va in tram e, contemporaneamente, paga la macchina al dottor Bianchi che va in auto blu.Niente di tutto questo. La trasparenza di Brunetta è come l’onda del mare, va e viene. Quando si tratta di pubblicare online gli stipendi dei suoi collaboratori viene. Quando si tratta pubblicare online i nomi dei superfortunati detentori di un auto blu va.Il ministro Brunetta, udite udite gente, oggi ha firmato la direttiva per avviare il monitoraggio delle auto blu. Ad occhio e croce, è il centesimo monitoraggio avviato dal 1991 ad oggi, per non parlare dei vari provvedimenti normativi e direttive promulgati sino ad oggi, tutte incentrati sulla necessità di operare tagli e ridurre le spese dell’uso delle cosiddette auto blu. Se Brunetta voleva sapere quante auto blu ci sono, glielo diciamo noi: ad oggi, sono 624.330. E gli diciamo pure che sono aumentate: 574.215 nel 2007, 607.918 nel 2008. Un aumento costante, un trend sempre in crescita. Lui monitora. Gli italiani pagano. Le auto blu aumentano.

GIUSTIZIA PER STEFANO GUGLIOTTA

Federico Aldovrandi fu colpito da agenti delle forze dell’ordine su tutto il corpo con pugni, calci, colpi di manganelli, fino ad venire ammanettato in una posizione che lo fece soffocare. Federico è morto così. Stefano Cucchi è morto di carcere. E’ morto di sete e di botte. Fu picchiato da alcuni agenti delle forze dell’ordine e poi non adeguatamente curato presso l’ospedale dove era stato ricoverato. Fu considerato, probabilmente, una paziente di serie B. Picchiato e abbandonato. L’elenco dei pestaggi da parte di agenti delle forze dell’ordine, mele marce che disonorano i corpi cui appartengono, non finisce qui. L’ultima drammatica vicenda è solo di qualche giorno fa. Stanno facendo il giro del mondo le immagini di Stefano Gugliotta, il giovane fermato il 5 maggio scorso, fuori lo stadio Olimpico a bordo del suo motorino, malmenato e picchiato. La sua unica colpa è aver indossato quel giorno una maglietta rossa. Quando lo hanno fermato gli hanno detto che era lui il ragazzo con la maglietta rossa che cercavano. E giù botte. Senza sapere se fosse colpevole o meno. Botte da orbi, tanto da pestargli il viso, rompergli due denti e provocargli una profonda ferita alla testa. Non voglio certo fare di tutta l’ erba un fascio. Per fortuna, in questo Paese, per un poliziotto, o un carabiniere cattivo ce ne sono mille buoni. Ma non per questo quanto è accaduto è meno grave. Anzi, paradossalmente, lo è di più. Perché chi indossa una divisa deve garantire l’ordine pubblico. Questo fanno la maggior parte dei nostri agenti, per fortuna. Non deve alzare le mani, picchiare senza ritegno, sfogare su chi è oggettivamente in una situazione di sudditanza psicologica e fisica la sua rabbia e frustrazione. Ebbene, queste persone non solo disonorano la divisa che portano ma disonorano il lavoro dei mille agenti per bene che, ogni giorno, con senso di sacrificio, tutelano e proteggono le nostre vite. E’ per questo che lo Stato, di fronte a questi esecrabili episodi, non deve mostrare il minimo tentennamento: isolare le mele marce, i violenti. Solo questo può restituire credibilità e onorabilità a tutte le forze dell’ordine. Italia dei Valori, con il senatore Stefano Pedica, è andato a trovare Stefano in carcere. Ha fornito assitenza morale a lui e alla sua famiglia, dimostrando loro la vicinanza del nostro partito e delle istituzioni. Non avremo pace finché Stefano non avrà giustizia e finché non si scriva finalmente la parola fine a questi vergognosi ed ignobili episodi di violenza in divisa.

MULTE? TU LE PAGHI, L'ONOREVOLE NO

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So’ problemi! Gravissimi problemi di cui il Parlamento deve assolutamente occuparsi. Crisi economica? Ma no. Disoccupazione? Imprese che chiudono? Ma quando mai. Corruzione e sprechi? Acqua. Ah ecco, la privatizzazione dell’acqua? Macchè. Il vero problema della Casta sono le multe. Ma non le cartelle pazze, non le sanzioni inique ed indiscriminate per far cassa, neanche le ipoteche sulle case emesse da Equitalia per multe di lieve entità, no, quelle sono affari dei cittadini qualunque. La casta ora ha un problema più grave da risolvere, quello delle multe alle auto private dei parlamentari che circolano nel centro di Roma, nei pressi di Montecitorio. Un problema talmente grave da dover essere sollevato nientedimeno che nell’Aula della Camera dagli onorevoli colleghi del Pdl Consolo, Carlucci e Di Virgilio. Ha detto Consolo: “Ogni giorno a noi parlamentari vengono inviate notifiche di violazioni del codice della strada. Noi parlamentari siamo provvisti di un contrassegno con la 'X' per l'accesso nella Ztl”. Per questo ha chiesto alla presidenza della Camera di farsi portavoce presso il Comune di Roma “del disagio di noi parlamentari, visto che veniamo alla Camera per lavorare e non per bighellonare”. Una denuncia coraggiosa, chissà che non gli serva l’auto blu ora, se non addirittura la scorta … E’ un piccolo episodio, certo, magari anche in parte giustificato dal fastidio di dover far provvedere ai propri uffici alla noiosa pratica di dover provvedere ai ricorsi, ma è l’indicatore di quanto questa politica sia lontana dagli interessi dei cittadini. E dà la misura di come questo governo e questa maggioranza abbiano svilito il ruolo del Parlamento, ridotto a notificare le decisioni dell’esecutivo. Un aneddoto rivelatore, dunque, di problemi ben più gravi. Chiudo con un consiglio ai miei colleghi che hanno sollevato il caso: prendete il tram, l’autobus, la metro, magari il taxi come fanno ogni giorno milioni di persone e non avrete più il fastidio di dover far ricorsi ogni giorno.

CHI E’ CORROTTO DEVE FARE LA VALIGIA

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Questa mattina ho partecipato a “Repubblica tv”, dove ho ribadito la mia proposta di istituire una commissione parlamentare d’inchiesta, da affiancare e non sovrapporre a quella della magistratura, per far luce sul sistema gelatinoso degli appalti ed degli intrecci perversi tra affari e politica. Perché una commissione parlamentare d’inchiesta? Sono convinto che ha ragione l’on. Bocchino quando dice che non è alle porte una nuova Tangentopoli. Una nuova Tangentopoli, infatti, non è alle porte, è entrata comodamente in casa e si è seduta sul divano. Non è certo entrata in casa del signor Mario Rossi, che ogni mese paga la sua bella rata di mutuo e porta avanti con sacrificio tutta la famiglia. Non è entrata in casa della signora Maria Bianchi che la casa se l’è comprata con i sacrifici di una vita, cui non è capitata la fortuna che qualcuno, a sua insaputa, le abbia pagato metà appartamento vista Raccordo Anulare. E’ entrata nelle case dei vip, nei condomini di lusso, negli ammezzati e negli attici della Roma che conta. E’ entrata nelle stanze del potere e in quelle dei bottoni e, in cambio di milioni di euro a vantaggio dei soliti imprenditori che si sono aggiudicati appalti milionari, ha distribuito prebende e favori ad alti funzionari di Stato e ministri. Qui non siamo più di fronte a fatti personali, a persone che si sono lasciate corrompere. Non siamo più solo di fronte ad un imprenditore, Anemone appunto, che ha fatto affari con le emergenze della protezione civile. Siamo di fronte ad un vero e proprio sistema, ad una cricca, composta da imprenditori senza scrupoli e funzionari disonesti che hanno gestito il sistema degli appalti pubblici in una situazione di totale anormalità rispetto alle regole del libero mercato. Le indagini stanno rivelando un imprenditore i cui tentacoli sono arrivati fino ai piani alti della pubblica amministrazione. E’ per questo che ribadisco la necessità di una commissione che indaghi a tappeto sulle rendite patrimoniali, bancarie e finanziarie di tutti i ministri che si sono succeduti dal 2001 ad oggi. Difficile che ciò accadrà mai. Questo governo è diviso ormai in fazioni, assorbito da una parte dalle leggi ad personam di Berlusconi dall’altra da quelle della Lega, ovvero, quel federalismo che non nascerà mai, mentre ci vorrebbe un Governo forte capace di portare l’Italia fuori dalla crisi. O si mettono al lavoro con senso di responsabilità o è meglio tornare al voto.

CARFAGNA LA BELLA ADDORMENTATA DEL… GOVERNO

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Secondo l’Osservatorio nazionale stalking, tra il 2002 ed il 2007, il 20% degli italiani sono stati vittime di molestie o minacce. Cos’è lo stalking? Perseguitare qualcuno, un reato che colpisce nella maggior parte dei casi donne, spesso tormentate fino alla follia da uomini gelosi, fidanzati psicotici e conviventi che non accettano la fine di un amore. Il ddl Carfagna-Alfano, approvato nel 2009, ha inserito nel codice di procedura penale tale reato, prevedendo il carcere per chi molesta o minaccia. Il ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, si è spesa molto per questo provvedimento. Il giorno dell’approvazione della legge in Parlamento ha detto: “E’ una grande giorno per il paese e per la politica, una grande vittoria”. Due mesi fa, ad un anno dall’approvazione della legge,  ha parlato di record di denunce e arresti. E due giorni fa ha ribadito che “la violenza contro le donne è il cancro di ogni paese che si definisce civile. Debellarla, vuol dire guarire il Paese”. Bene, brava, bis. Nulla da eccepire. Al Senato è in discussione in questi giorni il ddl intercettazioni. Nella lista dei reati per i quali non si potranno fare intercettazioni c’è quello di stalking. Cosa vuol dire? Che prima il governo ha approvato una legge per perseguire tale reato, poi non consente di scoprirlo. Luigi Li Gotti, il nostro capogruppo di IdV in Commissione Giustizia al Senato, sta facendo una dura battaglia in Commissione: “Non mi do per vinto – ha detto ieri in un’intervista a la Repubblica – insisterò finché avrò voce perché l’esclusione del reato di stalking è la riprova delle inaccettabili contraddizioni di questa maggioranza”. La collega Silvana Mura, giovedì, alla denuncia di Li Gotti, ha chiesto al ministro per le pari Opportunità Mara Carfagna di intervenire, al più presto, per porre rimedio a questo clamoroso errore. La risposta è stato un silenzio assordante. Il ministro delle Pari opportunità, evidentemente, non ha nulla da dire. Le basta vedersi intestata una legge per raccontare al mondo che ha fatto tanto per le donne vittime di stalking. Mentre Italia dei Valori le chiede di rimediare a questo orrendo pasticciaccio, la Carfagna blatera di omofobia, la prossima “sacca di inciviltà” da sconfiggere. Tanto poi ci pensa il governo a mettere una pezza alle battaglie della Carfagna.

TAGLI VERI? NO, DEMAGOGIA DI CASTA

Tempo di crisi, tempo di tagli, tempo di demagogia. Da anni si parla, giustamente, degli sprechi e dei privilegi della casta. Persino il governo oggi si accorge che, con la crisi economica in atto che costringe le famiglie a tirare la cinghia, la politica deve dare il buon esempio. Evvai, avranno pensato in molti, finalmente una scure si abbatterà sui costi della politica. La mannaia del buongoverno calerà su enti inutili e spese folli…Magari. La montagna ha partorito il topolino: una riduzione del 5% sugli stipendi di ministri e parlamentari. Un’inezia rispetto a quanto servirebbe.  Una trovata che comunque ha un qualcosa di efficace. Per finire sui giornali, intendo, e fare bella (bella…?) figura con un po’ di elettorato. Efficace per risparmiare davvero dei soldi, mah, non mi sembra proprio.  Il tutto si risolverebbe con un risparmio di circa 7 milioni di euro secondo alcuni, 4,8 milioni secondo altri. La proposta di Calderoli sarebbe stata un buon primo passo se accanto alla riduzione dello stipendio il governo avesse presentato proposte strutturali per eliminare sprechi e ingiusti privilegi e ridurre i costi della politica. Buttata così a me, che pure ho sostenuto la riduzione dello stipendio dei parlamentari, sembra solo l’ennesima proposta demagogica del centrodestra. L’Italia dei Valori è sempre stata in prima linea contro i costi della politica. Abbiamo presentato diverse proposte di legge sull’argomento ed anche una proposta di legge costituzionale per dimezzare, almeno, i costi e ridurre i privilegi di casta, ma con questo governo è stato impossibile farle passare. Il centrodestra fa solo chiacchiere da campagna elettorale. Volete un esempio concreto? Pensate all’abolizione delle province. Un caso eclatante: Berlusconi e soci hanno sbandierato ai quatto venti la proposta di abolire le province. L’hanno promessa in tutti gli angoli d’Italia ed in ogni salotto televisivo. Al momento del dunque, però, quando dopo mille resistenze di tutti gli altri partiti, siamo riusciti a portare in Parlamento un testo per abolire le province, l’hanno affossato. Non hanno voluto far risparmiare allo Stato oltre dieci miliardi di euro, altro che i bruscolini della riduzione degli stipendi. Con loro al governo la casta continuerà a prosperare.

PARLAMENTO FANNULLONE? IDV COME ROBIN HOOD

video: 

Che il Parlamento lavori poco non è certo una novità. Al di là della facile demagogia, è vero, infatti, che i regolamenti e gli iter legislativi non agevolano la velocità dei lavori parlamentari. Ma con questo governo si è davvero toccato il fondo. Se prima si lavorava poco, ora non si fa quasi più nulla. E questo perché questa maggioranza è talmente pasticciona che, per rimediare ai grossolani errori, i provvedimenti devono essere visti e rivisti dalle varie commissioni competenti un numero considerevole di volte. Vi faccio un esempio concreto. La settimana scorsa ci sono state solo due votazioni su un paio di ddl: un trattato internazionale e una norma di aiuti all’Africa. Non c’era altro perché non era pronto altro. L’Aula è rimasta sostanzialmente ferma e non perché l’opposizione non avesse voglia di lavorare ma perché il governo, che fa l’agenda dei lavori, non aveva pronto nulla su cui lavorare. I progetti del governo, a parte quelli che interessano al premier, si arenano nelle commissioni, quando non sono privi di copertura finanziaria: dall’inizio di questa legislatura, ben 29 volte i disegni di legge sono stati rinviati dall’Aula alle commissioni. Ebbene, di questi 29 disegni di legge, 19 provvedimenti del governo, 4 della maggioranza e 5 delle opposizioni. Insomma, in Aula, arriva poco e niente, solo ddl di risulta, e per di più arrivano pure fatti male. Questa settimana, tanto per fare un altro esempio, c’è il provvedimento “Semplificazione dei rapporti tra burocrazia e cittadini” ed è stato talmente confezionato male che cinque commissioni hanno mosso rilievi. E, vi rivelo in anteprima assoluta, per colpa della cialtroneria del governo e della maggioranza non si discuterà. Dovrà essere di nuovo spedito in commissione bilancio. Come opposizione, oltre che denunciare nelle sedi opportune questo immobilismo e le incapacità del governo, non possiamo fare altro. Possiamo occupare le commissioni o l’aula di Montecitorio ma se non c’è nulla su cui lavorare c’è poco da incatenarsi o da occupare. Sarebbe solo uno modo, poco onorevole, per finire sui giornali. Una cosa, però, possiamo farla e Italia dei Valori lo ha già fatto. Torneremo a manifestare davanti a Montecitorio (guarda il video della nostra protesta dello scorso ottobre) perché i cittadini sappiano e siano informati. E continueremo a devolvere in beneficienza, così come abbiamo già fatto senza clamore mediatico, i soldi dell’indennità ingiustamente percepita. Vogliamo essere pagati per lavorare. E se avviene il contrario, facciamo come Robin Hood: restituiamo ai cittadini.

IMMORALI I 10 MILIONI DI EURO A SANTORO

 

Santoro - AnnozeroSantoro - Annozero

Così la Rai avrebbe versato 10 milioni di euro per rescindere il contratto con Michele Santoro. Tremonti, ministro dell’Economia e azionista di maggioranza di mamma Rai, da una parte annuncia una finanziaria lacrime e sangue, con drammatici tagli alla sanità, dall’altra il direttore generale Masi butta nel cesso 10 milioni di euro dei contribuenti per lo sfizio politico della maggioranza. Tutto ciò è di una gravità e immoralità unica e rara. I vertici della Rai buttano denaro pubblico per rispondere solerti come sempre agli interessi politici di questa maggioranza e non a quelli giornalistici ed economici della Rai. Con una botta sola, sprecati 10 milioni di euro e scritta la parola fine su una trasmissione scomoda. Il direttore generale Masi (715 mila euro l’anno di stipendio) si è liberato dall’incubo delle telefonate di Berlusconi per bloccare Annozero, sostituendolo probabilmente con una giornalista di scuderia, più malleabile e rispettoso degli ordini di palazzo Chigi, che gli regalerà sogni tranquilli al giovedì notte. Serenità ritrovata, dunque, per lui e i consiglieri di maggioranza della tv di stato. Doppio schiaffo in faccia, invece, agli italiani che si ritroveranno a pagare un prezzo altissimo per l’insipienza del Governo nell’affrontare la crisi e nel gestire furbescamente vicende come queste. Quanto a Santoro comprendiamo le sue ragioni personali ed economiche. Siamo, però, come Marco Travaglio, parecchio sorpresi e delusi che Annozero non ci sia più a partire dalla prossima stagione televisiva. Santoro si sarà fatto i suoi conti, avrà calcolato pro e contro, si sarà guardato intorno. Affari suoi, non entriamo nel merito e non lo condanniamo. Capiamo che anche i più strenui paladini della libertà di fronte a cifre del genere vacillano. Una cosa è certa. Tutti gli attori in commedia di questa vicenda, per opposte ragioni, sono soddisfatti. In questa storia, tutti si fanno gli affari loro, a rimetterci sono come sempre solo i cittadini contribuenti onesti.
Restano due sole certezze. A partire dal prossimo settembre sparirà Annozero, uno degli ultimi spazi di libertà e pluralismo dell’informazione, per lasciare il posto all’ennesimo messa in scena di maniera del lacchè di corte di turno, esecutore mansueto e docile degli ordini del Re. Uno spettacolo deprimente, in tutti i casi.

Arrestateci tutti!

Arrestateci tutti!Arrestateci tutti!

E’ emergenza democratica. Non c’è un solo istante da perdere. Dobbiamo organizzarci, scendere in piazza, urlare contro questo regime che marcia verso l’obiettivo finale: il buio della democrazia. I cittadini devono sapere cosa succederà da domani. E’ la fine della giustizia, la morte del diritto, la ghigliottina al diritto ad essere informati. Da domani voto di scambio, delitti di mafia saranno intercettabili solo per 75 giorni, delitti abominevoli come la pedopornografia solo per due mesi. Le vittime di stalking, invece, dovranno pensarci da sole a farsi giustizia mentre chi compirà registrazioni fraudolente sarà punito con il carcere fino a quattro anni. Da domani, nessun giornale potrà più scrivere o pubblicare mezza riga su inchieste come quella che degli sciacalli dell’Aquila, della casa di Scajola vista Colosseo, delle telefonate tra i boss della mafia con il senatore del Pdl Di Girolamo, della cricca degli appalti: pena minima prevista mezzo milione di euro per gli editori che trasgrediranno gli ordini del Re. Significa la morte del giornalismo d’inchiesta, la morte della verità, la fine del diritto ad essere informati. L’opposizione è sparita dai tg di stato. Basta guardare la presenza dei partiti e dei politici nei tg nazionali di prima serata nel mese di aprile, rilevati dall’Osservatorio di Pavia, per farsi un’idea. Tg2 dà qualche spazio in più all’opposizione: 24.5% in totale a Pd, Idv, Udc e Api. Il Tg3 riduce il tempo del governo ma da più spazio ai partiti di maggioranza, con l’opposizione al 34%, ma per opposizione spesso ha il vizio di intendere solo il Pd. Nel tg1 di Minzolini Silvio Berlusconi parla in prima persona per 667 secondi ininterrottamente. All’opposizione le briciole, ad IdV percentuali da prefisso telefonico. A partire da settembre non ci sarà più Santoro ed Annozero. Il direttore generale della Rai Masi lo ha liquidato con 10 milioni di euro. Questa sera il giornalista, durante la puntata, immagino chiarirà i termini della vicenda che lo riguarda. Resta il fatto che, con una mossa astuta, il governo senza ricorrere alla censura ha messo il bavaglio ad una delle ultime voci libere rimaste su piazza e che per farlo ha buttato nel cesso 10 milioni di euro, una cifra enorme, esagerata, incomprensibile, soprattutto in un momento di crisi economica come questa per cui l’Italia si ritroverà a pagare con una finanziaria che si annuncia di lacrime e sangue. Domani Italia dei Valori sarà in piazza. Grideremo “Arrestateci tutti!”. “Siamo tutti giornalisti!”.

IMMORALI SONO I VERTICI RAI NON SANTORO

 

Santoro - RaiperunanotteSantoro - Raiperunanotte

Santoro santo e martire? Rispondo a Maria, mia assidua lettrice, che mi chiede di chiarire la linea del partito sulla vicenda Santoro. Innanzitutto, ci tengo a rassicurarla che i commenti dei miei lettori li leggo eccome, anzi di più, li considero una risorsa fondamentale per le mie riflessioni politiche e personali. Non ci sono due linee di pensiero diverse in IdV su questa vicenda e, seppure ci fossero, non ritengo siano divergenze così gravi e insanabili. Dunque, io penso che Santoro sia un ottimo giornalista, una voce libera e autorevole, un professionista eccellente sul mercato, molto probabilmente il più bravo a ideare, progettare e condurre straordinarie kermesse giornalistiche, che portano milioni di euro nelle casse della Rai. Dunque, fa bene a tutelare la sua immagine ed i suoi interessi. Durante tutto quest’anno, non è mai venuto meno il mio sostegno e la mia solidarietà al conduttore e alla redazione di fronte ai puntuali e vergognosi attacchi, prima durante e dopo le puntate di Annozero. I numerosi interventi su questo blog lo testimoniano. Non ho mai detto, perché non lo penso, che Santoro sia immorale.  Non spetta certo a me dare patenti di moralità o immoralità a questo o a quello. Io ho detto chiaramente che ad essere immorali sono i dieci milioni di euro che i vertici Rai avrebbero deciso di dargli come buonuscita. Una cifra scandalosa che, come ha detto anche Lucia Annunziata, toglie il fiato, soprattutto se si pensa al grave momento di crisi economica che il paese sta attraversando e che tocca l’azienda Rai stessa. Immorale è la decisione della Rai di privarsi di 10 milioni di euro, che avrebbero fatto meglio ad impiegare in modo più proficuo e di un giornalista di punta lasciando Rai2 sguarnita, non per motivi giornalistici o editoriali ma per ragioni politiche. Perché il direttore generale Masi non ne poteva più di ricevere le puntuali telefonate del presidente del Consiglio Berlusconi che gliene diceva di tutti i colori. Di immorale c’è il fatto che la censura a Santoro ce l’hanno fatta pagare a tutti noi. L’ha pagata la Rai, che si ritrova con 10 milioni di euro in meno, senza un giornalista di razza, quindi ridimensionata brutalmente, a tutto vantaggio di Mediaset. Questo si, lasciatemelo dire, è immorale! Quanto alle future decisioni che Santoro assumerà, andarsene o rimanere, non ci permettiamo di dirgli cosa debba o non debba fare per il suo futuro. Gli diciamo soltanto che la sua testimonianza di libertà in Rai e la sua resistenza vale molto di più dell’impegno di mille politici.

L’ULTIMA SPARATA DELLA BRAMBILLA

Michela Vittoria BrambillaMichela Vittoria Brambilla

Michela Vittoria Brambilla fa un sacco di cose. Importa e vende salmone e gamberi. Importa e vende alimenti per Fido e Fuffi. Si occupa dell’acciaio di famiglia. Fa il presidente di un’associazione di giovani imprenditori. Fa anche il ministro del Turismo ma soprattutto è coordinatrice nazionale dei promotori della libertà, “la guardia scelta del Pdl”. Michela Vittoria li ha chiamati a raccolta, qualche giorno fa, e li ha esortati: “gli sprechi sono sotto gli occhi di tutti. Bisogna organizzare una lotta organica”. Il ministro per il Turismo ha affidato loro una missione precisa, la prima operativa sul territorio: andare a caccia di sprechi. Michela Vittoria è convinta che, come Cesare nella battaglia di Farsalo riuscì a sconfiggere Pompeo nonostante l’inferiorità numerica delle truppe, i pretoriani del Pdl riusciranno a sconfiggere gli sprechi. Lì dove hanno fallito fior fiore di ministri dell’economia, superesperti del Tesoro, persino il grande presidente Einaudi che, pur di non sprecare le risorse pubbliche, offriva metà mela agli illustri ospiti durante i banchetti ufficiali del Quirinale, riuscirà lei con i suoi pretoriani. Come? Dunque, i pretoriani saranno una sorta di sentinelle sul territorio, pronte a segnalare ogni tipo di spreco pubblico. Come li scoveranno e li segnaleranno ‘sti benedetti sprechi non si capisce proprio una granché bene. Forse, con gli impermeabili alla tenente Colombo, staranno acquattati dietro gli angoli delle strade pronti a pizzicare i falsi invalidi o i finti ciechi, ovviamente tutti comunisti. Insomma, una specie di spioni di stato, liberali e liberisti, nascosti in ogni dove che dovranno riferire ad un supercomitato di esperti che provvederanno poi a fornire soluzioni da applicare per sanare i difetti di gestione riscontrati. Bisogna ammettere che, in quanto a fantasia, la Brambilla ha battuto tutto gli altri ministri in volata. Le sue truppe pretoriane a caccia di sprechi fanno impallidire al confronto le meravigliose idee antisprechi partorite dagli altri illustri membri di questo Governo, tanto è vero che con questa storia la ministra del Turismo si è conquistata parecchi articoli di giornali. Noi umilmente suggeriamo ai poveri pretoriani del Pdl un bel rompete le righe. La lotta agli sprechi è una questione seria e proporre idee del genere significa prendere in giro i cittadini. Al prossimo consiglio dei ministri la signora Brambilla, invece di perdere tempo e sonno, porti disegni di legge seri ed organici che riducano le spese folli della pubblica amministrazione e della casta, non strampalate idee buone sole a finire sui giornali. Se non le viene in mente nulla le suggeriamo di prendere le proposte di legge di Italia dei Valori, a cominciare da quella sull’abolizione delle province che proprio la maggioranza di cui la ministra fa parte ci ha bocciato.

SU BUSI E GERMANO CENSURA DI STATO

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“Volevo ringraziare di cuore Daniele Luchetti, il mio regista, Rai cinema e Cattleya che hanno creduto in questo film. Siccome i nostri governanti in Italia rimproverano al cinema di parlare male del nostro paese, volevo dedicare questo premio all'Italia e agli italiani che fanno di tutto per rendere l'Italia un paese migliore nonostante la loro classe dirigente". Queste parole le ha pronunciare ieri sera Elio Germano, talento italiano, premiato come miglior attore a festival di Cannes per “La nostra vita”. Un j'accuse forte e chiaro nei confronti del governo che ha tagliato i fondi al cinema e del presidente del Consiglio Berlusconi che si è scagliato contro quegli artisti e cineasti che hanno il vizio di raccontare che le cose in Italia non vanno un granché bene, insomma, la verità. Ebbene, se aveste voluto sentire l’attore pronunciare queste parole in diretta, avreste dovuto sintonizzarvi su France1 o Canal plus. Perché al Tg1 di Minzolini, nel servizio di Vincenzo Mollica, Elio Germano è andato in onda muto come un pesce, come una spigola nell’acquario, con la bocca che si muoveva inutilmente, senza emettere un suono. Vincenzo Mollica, il giornalista autore del pezzo, aveva anticipato prima del collegamento come l’attore avesse accolto il premio con una frase polemica. Così, al momento di mandare in onda il servizio, guarda caso è scattato il problema tecnico sulla linea internazionale, neanche si fosse trattato di un collegamento dal Turkmenistan o dal Kazakhstan. Era solo Cannes, Francia, Europa, ragazzi! Da oggi, dunque, la censura al Tg1 si chiama problema tecnico. Ma a metterci una pezza ci ha pensato il conduttore dell’edizione serale del tg. Scusandosi per il problema tecnico ci ha tenuto ha completare il pensiero di Germano, facendo la censura della censura e cioè omettendo la prima parte del discorso dell’attore. Lasciando solo il finale che poteva passare per quello che non era, ovvero, una rampogna bipartisan urbi et orbi “dedico il premio all’Italia e agli italiani che fanno di tutto per rendere l'Italia un paese migliore nonostante la loro classe dirigente”. Al Tg1, dunque, vietato parlare male del governo e di Berlusconi. Basta l’intenzione, basta un sopracciglio alzato o una leggera smorfia della bocca per essere radiati dal direttorissimo. E’ accaduto a Maria Luisa Busi, rea  secondo Minzolini “di dare giudizi usando la mimica facciale”. E’ accaduto a Elio Germano, attore di talento, finito a fare la spigola in video. Siamo al fascismo mediatico.

BERLUSCONI HA MENTITO. ECCO LE PROVE

Silvio BerlusconiSilvio Berlusconi

Vi ricordate la pubblicità della Porche 911, quella della reclame da 0 a 100 in 3,4 secondi? Potrebbe essere lo spot di questo governo che, in meno di 24 ore, è passato da “va tutto bene madama la marchesa” al “rischio Grecia” annunciato dal sottosegretario Letta. Una accelerata, anzi una brusca sterzata, che la dice lunga sulla credibilità, sulla competenza e serietà di questo governo. La verità è finalmente venuta a galla. La situazione è drammatica, i conti sono allo sfascio. Per reperire i 24 miliardi dell’anticipo della manovra economica il governo annuncia sacrifici per tutti, almeno sulla carta. Poi si sa che con Berlusconi i furbi la faranno franca e gli onesti pagheranno per tutti. Per due anni e mezzo ci siamo dovuti sorbire il falso e retorico ottimismo del presidente del Consiglio, quello che “va tutto bene”, “la crisi non ci sfiora”, “l’economia italiana è in ripresa”, insieme agli insulti nei confronti dell’opposizione, a suo dire menagrama, disfattista  e affetta da pessimismo cosmico. Ora si scopre che avevamo ragione, che loro erano i grilli e noi le cicale, che per due anni e mezzo hanno raccontato balle al Paese. Per due anni e mezzo sono rimasti a guardare, mettendo in campo ridicole misure tampone, senza interventi strutturali e di ampio respiro. Ora, se la responsabilità politica avesse ancora un senso e fosse ancora di moda in questo Paese, chi ha mentito, chi ha raccontato bugie colossali e chi oggettivamente ha fallito, dovrebbe andare a casa. Ma siccome questo, politicamente parlando, è il paese del sole e del mare, governo e maggioranza fanno l’unica cosa che sanno fare: appellarsi al senso di responsabilità dell’opposizione. E’ chiaro che Italia dei Valori ci sarà, per senso di profonda responsabilità e per risparmiare ai cittadini e alle famiglie ulteriori indicibili sacrifici. Presenteremo le nostre proposte, la contromanovra dell’IdV, basata su una seria lotta alla speculazione e all’evasione fiscale, che faccia pagare finalmente chi non ha mai pagato, chi ha usato lo scudo fiscale di Tremonti per arricchirsi ulteriormente, e risparmi le fasce medie e più deboli di questo paese. Ma prima di ogni altra cosa, siccome il presidente del Consiglio ha mentito al Paese, gli chiediamo di venire in Parlamento, di metterci la faccia e di dire che la crisi c’è e che il governo ha sbagliato. Altrimenti, vadano a casa!

NESSUNO TOCCHI LA DANDINI E LA BIGNARDI!

 

Daria Bignardi e Serena Dandini, entrambe donne, ovvio, entrambe conduttrici. Entrambe signore della tv, con ottimi ascolti, diverse ma ugualmente brave. La prima, Daria, è stata cancellata da Rai2, dove conduceva l’Era glaciale con eccellenti ascolti. Se ne è andata senza rumore, con stile, qualche mese fa per colpa di Paperino. Si perché, il 4 dicembre del 2009, la Rai ha deciso di non mandare in onda la puntata registrata de “L’Era glaciale” ed i telespettatori, per motivi tecnici, gli stessi motivi tecnici che hanno costretto Elio Germano a fare la spigola nell’acquario al tg1, si sono ritrovati le avventure di Paperino al posto della Bignardi. Di quale delitto si era macchiata la signora Bignardi? Durante la registrazione dell’intervista a Morgan, che avrebbe dovuto andare in onda proprio quel 4 dicembre, il cantante aveva detto che il problema della Rai dipendeva da Berlusconi che aveva vinto e piazzato i suoi. La verità, né più né meno. Lei non ci ha pensato su. Due minuti dopo Paperino, ha chiamato i suoi avvocati e ha chiesto loro di adoperarsi per rescindere il contratto con la Rai. Detto fatto. Nessuno si è stracciato le vesti, nessuno ha chiesto perché la Bignardi non andasse più in onda, nonostante gli ottimi ascolti e i rientri in termini economici per l’azienda di Stato. Dopo mesi di assenza, la Bignardi torna su La7. Meno male. Era ora. Serena Dandini, invece, sta per sparire. Le bravi conduttrici, evidentemente, sono una razza in via d’estinzione in Rai, o meglio in via di epurazione se il Re lo ordina. Silvio Berlusconi era stato chiaro nelle intercettazioni di Trani. Lo ha ribadito anche in un recente consiglio dei ministri “quel programma pagato con i soldi pubblici si diletta ad avere come unico bersaglio il governo”. Deve sparire, la conduttrice va allontanata. Visto col senno di poi, avrebbe fatto meglio a dedicarsi ai conti pubblici, invece che alla Dandini. Ma le ossessioni del premier, ormai, le conosciamo bene. Sembra che “Parla con me”, la trasmissione condotta da Serena insieme al comico Dario Vergassola, sarà ridotta ad una sola puntata a settimana, a dispetto delle quattro uscite attuali. Nonostante gli ottimi ascolti ed il ritorno in termini economici per la tv pubblica. Lei, per ora, con lo stesso stile della Bignardi, tace. Una prudenza giusta e sacrosanta, tipicamente femminile. Parliamo noi per lei. Il governo tenga giù le mani dalla Dandini. E non solo perché conduce uno dei pochi spazi rimasti di satira intelligente, garantisce ascolti e soldi alla tv pubblica, ma perché contribuisce a qualificare il pluralismo e la stessa offerta editoriale della Rai. Come li garantiva la Bignardi che ora è andata a lavorare per la concorrenza.

UNA FIRMA PER IL NOBEL A SAVIANO

Roberto SavianoRoberto Saviano

Roberto Saviano premio Nobel per la letteratura. Mettiamoci la firma. Una firma contro la camorra e la mafia, per la giustizia e la legalità. Ho letto l’intervista di Oliviero Beha a Dario Fo sul Fatto ed ho condiviso subito le parole del premio Nobel. Anche Saviano lo merita. Gomorra è entrato nella coscienza collettiva del Paese, un’opera letteraria che ha sensibilizzato e indignato, suscitando anche qualche reazione inopportuna. Un premio così prestigioso sarebbe un onore non solo e non tanto per lui, ma per tutta quell’Italia onesta che si batte ogni giorno contro le mafie. Un riscatto morale anche per quei territori massacrati dal malaffare, dalle cosche e dagli interessi criminali. Questo giovane scrittore e giornalista condannato a morte dalla camorra  è diventato un simbolo di legalità e giustizia, un esempio per tutti gli italiani. La sua opera ha scavato nella melma degli interessi criminali, ha svelato storie oscure e drammatiche, contribuendo ad alimentare la coscienza civile del Paese che si batte contro le mafie. Per questo suo impegno civico e letterario paga anche un prezzo alto: vive sotto scorta da tempo. Non è poco per un ragazzo di trent’anni. La notorietà, il successo, non colmano l’impossibilità di condurre una vita, libera, spensierata. Una vita ‘normale’, insomma, per un ragazzo di trent’anni. Per questo intendiamo sostenere la sua candidatura a premio Nobel per la letteratura ed avviamo questa raccolta di firme sul web e le invieremo a Stoccolma. Lì decideranno se prenderle o meno in considerazione. In ogni caso noi avremo fatto la nostra parte, anche per dare un segnale a Roberto. C’è chi, come Berlusconi (Guarda il Video) o Fede (Guarda il Video), lo attacca e lo critica per ciò che scrive. Noi ne siamo orgogliosi. Firmiamo, per Roberto Saviano e per l’Italia.

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ABOLIRE LE PROVINCE? SOLO CHIACCHIERE

video: 

Questo e' il governo delle promesse non mantenute, delle chiacchiere al vento, delle bugie, dei balletti avanti e indietro, degli annunci e delle ritirate strategiche, come quella sull’abolizione delle province. Otto mesi fa, Italia dei Valori ha portato in Aula la sua proposta di legge per l’abolizione delle province. La maggioranza di centrodestra, ma anche l’opposizione, Pd e Udc, l’ha sonoramente bocciata. L’hanno respinta al mittente nonostante gli strombazzati annunci fatti in tutte le campagne elettorali dal presidente del Consiglio di volerle abolire perché enti inutili e costosi. Ora ci risiamo. Prima annunciano di aver inserito nella manovra economica l’abolizione delle province. Decisione buona e giusta, anzi sacrosanta, una delle poche di questa manovra ingiusta ed iniqua, che taglia e basta, tampona ma non risolve perché completamente priva di riforme strutturali, le uniche capaci di garantire nel tempo un rientro del debito pubblico. Poi, improvvisamente, ecco la marcia indietro. Il presidente del Consiglio dice che nella manovra l’abolizione delle province non c’è mai stata, se la sono sognata opposizione e giornali, ovviamente comunisti. Eppure, una misura del genere sarebbe quanto mai necessaria in un momento di grave crisi economica come quella che sta attraversando il paese. Porterebbe ad un risparmio di circa 13 miliardi di euro l’anno, non proprio briciole. Dunque, bando ai misteri e fuori le carte. Vogliamo sapere se sull’abolizione delle province è in atto un barbatrucco o se il governo sta facendo sul serio. Vediamo se Berlusconi, almeno una volta nella vita, riesce a mantenere una promessa e a non piegarsi ai voleri della Lega che di abolire le province, feudi di potere e poltrone, proprio non ne vuole sentire parlare. Tanto che oggi ne ha sparata un’altra delle sue: l’istituzione di una bicamerale per l’accorpamento delle province. E’ proprio vero. Roma ladrona è un ritornello ormai stonato. Ora la Lega ha imparato i trucchi del mestiere, come quello di sparare l'ennesima pagliacciata con il chiaro obiettivo di conservare le province dove comanda e fa proseliti.

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PUNIRE GLI EVASORI NON I CITTADINI

La manovra ‘lacrime e tagli’ del governo è pessima. Se siamo a un tornante della storia, come dice Tremonti, il governo l'ha preso molto male. La manovra taglia pesantemente i fondi agli enti locali e questo significa più tasse e meno servizi ai cittadini. L'aspetto più grave è l'assoluta mancanza di un progetto strutturale, oltre al fatto che a pagare il conto salato saranno sempre i soliti noti. E’ una manovra contro i cittadini, come contro i cittadini è questo governo, che tutela e ha a cuore solo interessi particolari. Ma criticare non basta, bisogna anche riuscire a fare delle proposte. L’Italia dei Valori martedì presenterà la sua ‘contromanovra’, che reperisce risorse con misure eque e punta anche al rilancio dell’economia, non solo al contenimento della spesa. Ieri il quotidiano ‘Il Fatto’ ha pubblicato un interessante articolo basato sulle proposte per la manovra di Peter Gomez e Marco Travaglio. I cardini della loro proposta sono:

1) Ritassare quelli dello Scudo fiscale di un altro 10%, misura che produrrebbe immediatamente 10 mld di gettito;

2) Istituire una cauzione sulle impugnazioni (al riesame, in Appello o in Cassazione, una somma da lasciare allo Stato se il ricorso si rivela infondato (fatti salvi i meno abbienti).

3) Terza proposta, assicurarsi che gli evasori finiscano, quando è il caso, in manette eliminando le soglia di non punibilità per i reati di evasione fiscale con un raddoppio delle pene.

Queste sono le mie considerazioni, pubblicate sul Fatto.

“Ritassare lo Scudo fiscale è un'iniziativa di grande equità sociale", dice ancora Massimo Donadi, capogruppo alla Camera dell'Idv, e stiamo pensando a una addizionale che porti la tassazione complessiva al 12,5% che è l'aliquota richiesta per le rendite finanziarie, quindi un 7,5% in più di quanto già pagato". L'Idv, dice Donadi, ha già elaborato una proposta di legge di riforma complessiva del sistema fiscale per spostare la fiscalità dal lavoro alla rendita, tassando i grandi patrimoni e le rendite speculative. Grandi patrimoni, si intende sopra i 5 mln o anche i 10 mln/€. Ma propone anche di istituire un nuovo "redditometro" che tenga conto del tenore di vita del contribuente e su quello elabori un reddito presunto. Al contribuente il compito di dimostrare se ha un reddito più basso oppure pagare in base a quanto lo Stato ha stabilito. "Non ci interessa uno ‘stato di polizia tributaria' ma solo ripristinare una seria lotta all'evasione con l'impegno a destinare il 50% del sovragettito alla riduzione delle tasse". Per quanto riguarda gli ‘evasori in galera', "non abbiamo problemi a dirlo - dice Donadi - ma in un Paese con due milioni di prescrizioni io penso che sia più efficace stabilire che tutti i beni di cui non è giustificabile la proprietà siano confiscati. La confisca è meglio della minaccia della galera".

Cosa ne pensate?

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