Taggati con: sicilia

ECCO PERCHE' SERVE UN CONGRESSO

Pubblico il colloquio-intervista pubblicato su Il Fatto quotidiano di oggi.

 

Quando un soffitto sta per crollare, c’è sempre una pietruzza che aziona l’allarme: “Ne avverto due di pietruzze: il pessimo voto in Sicilia e la puntata di Report. Chiedo un congresso straordinario per rinnovare e non morire”, sospira Massimo Donadi, capogruppo Idv a Montecitorio, mentre smette anche di controllare lo scrutinio in diretta.

Il partito galleggia intorno al 3,5 per cento, trascinandosi Sel (3%) per un misero 6% a sostegno di Giovanna Marano, la sindacalista subentrata a Claudio Fava. I numeri, più che spaventare, mostrano il crollo: “Che segnali aspettiamo? O siamo virtuosi e dismettiamo il modello ‘uomo solo al comando’ oppure saremo travolti e puniti”.

Il collega al Senato, Felice Belisario, è ancora più netto: “Occorrono cambiamenti definitivi. Azzeriamo tutto. Il congresso non basta”. Il mantra di Donadi è semplice, e avvolge tante cose insieme: “Di Pietro deve spiegare e mollare il controllo assoluto. Non deve farsi da parte, ma neppure accentrare ogni decisione”. Cosa, onorevole?. “La gestione dei rimborsi elettorali, le domande ricevute da Report (I soldi di una donazione usata per immobili. I bilanci firmati da pochi, ndr). Sia chiaro: mi fido di lui, sarà convincente, ma basta perdere tempo”. Le conseguenze di un silenzio, poi, non le vuole nemmeno elencare: “Sbaglia chi attacca l’informazione pubblica indipendente".

Noi siamo con i giornalisti liberi e imparziali, sempre, non quando ci conviene. Il servizio di Report avrà riversato tanti nostri voti a Beppe Grillo...”. L’ex pm, in serata, risponde pubblicando varie sentenze a suo favore sul sito personale e minaccia querele (non alla Gabanelli, ma agli intervistati): “Proverò la mia correttezza, ecco le prime carte”.

Di Pietro ha cercato varie volte, e varie volte a vuoto, un contatto con il Movimento 5 Stelle. Qui la faccenda si fa politica, se non proprio politichese. L’ex consigliere comunale di Venezia, assistente universitario di diritto privato, è un uomo di linguaggio e posizioni miti: “Io non l’ho capito perché ci siamo allontanati dal Pd. Il centrosinistra è la nostra dimensione. Abbiamo imparato la lezione. E pure che Grillo non ci appartiene e sarà l’ennesima ed enorme delusione italiana. Poi comprendo gli italiani che lo votano, e anche chi lo preferisce dopo Report”. Un tratto, però, nota Donadi, unisce l’Idv e il M5S: “Sono movimenti fondati e coordinati da un leader. Il modello è defunto. E Berlusconi lo testimonia”. Il capogruppo non ha mai indossato l’elmetto contro il governo di Mario Monti, non s’è mai avvicinato a Grillo e non s’è mai stupito delle frecciatine di Pier Luigi Bersani. Conta i mesi che trascorre a inseguire Di Pietro: “Da giugno… non è un colpo di testa che ora, io, sia qui a invocare un congresso”.

Pausa. Donadi s’immagina carichi pieni di Scilipoti, Maruccio, Razzi: “La nostra storia dimostra che la lealtà non è un criterio per selezionare la classe dirigente. Abbiamo sbagliato, possiamo ricevere il perdono. Guai a perseverare...”. Ok, non pronuncia la parola “rottamare”, ormai archiviata persino dal legittimo proprietario, Matteo Renzi. Va oltre: “Facciamo le primarie interne? Benissimo. Premiamo il merito? Ancora meglio. Non restiamo fermi, non più: per favore”. E non dimentica la linea politica, che ancora si definisce così nonostante i matrimoni spuri e le coalizioni miste: “Il centrosinistra, veniamo da lì”. Donadi vuole stringere il momento con le mani, accatastare le cose cattive per ricavarne cose buone: “Report è un’occasione per Di Pietro, la Sicilia è un’occasione per il partito, il voto politico è un’occasione per tutti”. Ripete “occasione” con insistenza. Non si rassegna. Non adesso: “Sono ottimista”. E anche questa è un’occasione.