luglio 2012

A FORZA DI VETI NON SI VA DA NESSUNA PARTE

Al consiglio d'Europa l'Italia ha vinto una battaglia importante. Ma per vincere la guerra definitiva contro la speculazione, la recessione e la disoccupazione ci sono ancora tante battaglie e ci vorranno anni.

Per vincere la guerra servirà nella prossima legislatura una maggioranza senz'altro politica, ma ampia, capace di inglobare il massimo di rappresentanza sociale. Per questo ritengo inutile il dibattito fatto di reciproci veti e di volontà personali di rivalsa che anima in questi giorni il percorso di creazione della nuova coalizione di centrosinistra.

Mi riferisco ai veti del tutto inconsistenti espressi anche oggi da Casini e D'Alema nei nostri confronti, ma anche a quelli di Idv, che pure qualche fondamento ce l'hanno se si guarda la storia recente dell'Italia.

Le inclusioni o le esclusioni non possono nascere da altro che non sia la condivisione o meno di un progetto e di un sistema di valori di riferimento. I veti aprioristici non rafforzano le buone ragioni di ciascuno e finiscono soltanto per indebolire il paese, da chiunque provengano

MONTI INCOMPATIBILE CON CENTROSINISTRA

Tag: Bersani , Casini , D'Alema , Idv , Letta , Monti , Pd , Sel

Ieri D’Alema, oggi Letta. Entrambi gli esponenti democratici, in due rispettive interviste, sostengono che Monti sarebbe perfettamente a suo agio in una coalizione di centrosinistra e che dovrebbe continuare nelle persone e nei programmi dell’attuale governo.

Se fosse così, dovremmo prendere carta e penna e riscrivere la storia della politica, non solo italiana ma mondiale, cominciando con l’affermare che l’ex presidente americano Ronald Reagan e la "Lady di ferro" inglese Margaret Thatcher, sono stati due illuminati progressisti.

Se questa fosse la linea del Pd, è evidente che le nostre strade si separerebbero, non per veti dell’uno sull’altro, ma per fatti concludenti e manifesta incompatibilità.

Per questo, appare oggi più che mai urgente smetterla con il balletto delle sigle e dei veti e cominciare a discutere di cose concrete, a partire dai valori e dagli obiettivi di riferimento, anche perché l’idea di centrosinistra della quale ha parlato sino a qui il segretario Bersani è sembrata cosa sostanzialmente diversa rispetto a quella di D’Alema e Letta.

E’ su questo che noi vogliamo confrontarci, in concreto: almeno, ci ritroveremo o ci divideremo sui problemi reali del paese e non su sterili veti o pregiudizi.

POLEMICHE INUTILI E NUOVA EUROPA

L’Italia è il Paese delle polemiche inutili. Ogni tanto ne spunta fuori una e per giorni se ne parla. Stavolta è il caso dell’inno nazionale non cantato da Mario Monti nella finale contro la Spagna. Roba da non credere. Mi pare davvero l’ennesima polemica senza costrutto. Piuttosto, io avrei sottolineato un’altra cosa.

La lettera inviata italiana e spagnola al governo ucraino con la richiesta di vedere Yulia Timoshenko, per esempio, poteva essere  accompagnata da una presa di posizione molto più netta, di condanna delle violazioni dei diritti civili.

Se l’Europa non avrà il coraggio di assumersi queste responsabilità politiche, resterà sempre un piccolo ‘stato’. La necessità di un’integrazione europea sempre più fondata sulle politiche comuni, sull’estensione dei diritti e su regole che non riguardino solo la finanza ed i mercati è il prodotto più chiaro della crisi economica. Fino a quando l’Europa sarà solamente la sommatoria di una serie di interessi solo in parte convergenti, non sarà in grado di essere al centro della geopolitica mondiale. Vorrei chiudere citando la parte finale del Manifesto di Ventotene, base ideale  della nuova Europa.

Oggi è il momento in cui bisogna saper gettare via vecchi fardelli divenuti ingombranti, tenersi pronti al nuovo che sopraggiunge, così diverso da tutto quello che si era immaginato, scartare gli inetti fra i vecchi e suscitare nuove energie fra i giovani. Oggi si cercano e si incontrano, cominciando a tessere la trama del futuro, coloro che hanno scorto i motivi dell'attuale crisi della civiltà europea, e che perciò raccolgono l'eredità di tutti i movimenti di elevazione dell'umanità, naufragati per incomprensioni del fine da raggiungere o dei mezzi come raggiungerlo.

 La via da percorrere non è facile, né sicura. Ma deve essere percorsa, e lo sarà!

MONTI TRAFITTO DAGLI SPILLONI

C’è un limite a tutto. In quest’Italia decadente educazione, buon gusto e senso civico dovrebbero essere le principali materie di studio nelle scuole primarie e secondarie. La pubblicità con la bambolina voodoo di Monti trafitta da spilloni è squallida e violenta. E’ chiaro, sono un oppositore del governo Monti e contrasto le sue scelte politiche. Ma non sono disposto a tacere l’ indignazione personale per un posizionamento politico.

L’Italia sta subendo una crisi che non è solo economica, ma anche e soprattutto culturale. Come dimostrano anche le parole di Borghezio su Napolitano. Il noto eurodeputato noto per le frequentazioni nell’estrema destra, per aver difeso le idee del folle Breivik e per tante altre cose ha detto: “Fa bene Tosi a esporre la foto perché Napolitano e' anziano, metti che muore domani, aggiunge un velo nero ed è già pronto".

Parole macabre che nessun uomo pubblico dovrebbe mai pronunciare. La forza dei simboli e delle parole troppo spesso viene sottovalutata. Per anni le parole violente dei politici, le loro sparate, sono state prese sottogamba, ridotte a boutade, a ironiche provocazioni per galvanizzare l’elettorato. No. Sono macigni sul senso civico delgli italiani e sulla cultura popolare.

Se oggi si arriva al punto di rappresentare il presidente del Consiglio come una bambolina voodoo da trafiggere con spilloni, su grandi quotidiani nazionali, oggi La Stampa qualche giorno fa il Corriere, vuol dire che le istituzioni devono riflettere e la politica prendere decisioni.

Non voglio fare il bacchettone. Anch’io, talvolta, ho usato termini forti, ma ho sempre cercato di non ledere la dignità dell’altra persona, sempre all’interno di un sentiero di rispetto per l’avversario. Mentre a Ginevra si scopre la "particella di Dio" l’Italia si imbarbarisce. Dobbiamo reagire.

RAI, ALLA FINE SPARTIZIONE FU

E alla fine spartizione fu. “Viva la Rai che ci fa crescere sani”, cantava Renato Zero qualche anno fa. Svanita la sua funzione educatrice, la prima azienda culturale del Paese è finita nel tritacarne dei partiti, usata come “bancomat” per soddisfare bisogni ed esigenze, spolpandola fino in fondo.

Panta rei, tutto scorre. Nel caso della Rai, scorre sempre nello stesso verso, nella stessa, passatemi il termine, perversa direzione. Questa mattina sono stati nominati i nuove 7 consiglieri della Rai: 4 al Pdl, 2 al Pd e uno al Terzo polo. I nomi non sono importanti, potete leggerli ovunque. E’ la logica spartitoria che, nonostante gli annunci e le buone intenzioni, ha vinto ancora una volta.Ma la sconfitta più grande è che ancora una volta abbiamo un Cda che nasce sulle basi della Gasparri, legge matrigna di tutti i conflitti di interessi, un macigno che pesa sulle istituzioni democratiche di questo paese, cui nessuno ha mai pensato di mettere seriamente mano per smantellarla.

Nulla da ridire sui nomi, almeno non su tutti. Ad essere in ballo, qui, sono i principi. Principi ancora una volta stravolti,calpestati, irrisi in nome di altri interessi. Non solo. Per la prima volta, con un’arroganza inaccettabile, il presidente del Senato Renato Schifani è intervenuto a gamba tesa, modificando la composizione della commissione insediata in seggio elettorale durante le operazioni di voto. Ha sostituito un membro della commissione senza il suo consenso e senza nemmeno ascoltarlo. Caso senza precedenti. La commissione di Vigilanza Rai, infatti, è bicamerale per cui la decisione di sostituire un componente deve essere presa all'unisono da entrambi i presidenti.

Siamo di fronte ad una gravissima violazione della legittimità: roba che se fosse accaduta in un paese normale, avrebbe già fatto saltare ogni accordo. Ma siamo in Italia. Evviva l’Italia. Evviva mamma Rai.

SPENDING REVIEW CHE SERVE E’ UN’ALTRA

Ci sono molte cose condivisibili nel provvedimento sulla spending review, molte cose buone, molte cattive. Quello che, però, non va e non ci piace, è che ancora una volta il governo tecnico ha deciso di affondare il coltello nella piaga dei soliti noti, famiglie, pensionati e cittadini, dove è più semplice farlo. Non c’è, in questo decreto, la benché minima traccia di valore strategico di riforma. Solo, per alcuni profili, tagli lineari di tremontiana memoria.

E’ facile, con un tratto di penna, licenziare un po’ di gente. Chi se ne importa se ciò significa aumentare la disoccupazione e deprimere i consumi. E’ facile, con un tratto di penna, cancellare diritti, come i buoni pasto per i dipendenti pubblici. E’ facile scaricare sulle regioni la responsabilità di ridurre i posti letto in sanità, senza riflettere su chi, dove, come e quanto va tagliato.

Quello che servirebbe davvero è mettere mano alle ragioni “vere” per cui la sanità in Italia costa troppo, per cui la macchina dello Stato è dispendiosa ed elefantiaca, per cui gli enti locali hanno costi troppo elevati rispetto alle loro funzioni e ai servizi offerti.

E la ragione “vera” è il prezzo alto che paghiamo per l’intermediazione politica, che manovra, regge e muove i fili di questo paese, della sanità, della pubblica amministrazione, delle società pubbliche, etc…

Siamo l’unico paese di pazzi che ha deciso di affidare la gestione della sanità alla politica, ovvero alle giunte regionali. I risultati sono contratti con la sanità privata, a condizioni capestro per il pubblico e lucrosissime per i privati, medici nominati ai vertici di aziende ospedaliere non perché bravi e meritevoli ma perché “ammanicati” politicamente.

Un esempio che è sotto i miei occhi. In questi giorni, il consiglio regionale del Veneto sta decidendo di aprire un centro di medicina protonica, dove si curano cinque tipi di tumori rari a causa dei quali, ogni anno, in Veneto si ammalano tra le 50 e le 70 persone e che, a regime, costerà più di un miliardo di euro. Opera meritoria? Senz’altro. Ma è che di centri di medicina protonica, in Italia, a poco meno di 150 Km, ce ne sono altri due, uno a Bolzano e uno a Parma. Allora mi chiedo? Si ha davvero a cuore la cura di pazienti o solo l’ennesimo modo per spendere un po’ di soldi pubblici e fare favori a qualcuno?

Siamo l’unico paese di pazzi dove gli appalti e le forniture per la pubblica amministrazione costano 4 volte di più del normale, perché l’acquisto di beni e servizi viene deciso da funzionari pubblici nominati dalla politica.

Siamo l’unico paese di pazzi dove esistono 7.00 società pubbliche, apotesi di quel sistema clientelare che regola i rapporti tra impresa e politica, che ha portato questo Paese allo sfascio. Società che hanno un fatturato enorme, più di 100 miliari di euro l’anno, e non sono amministrate secondo criteri di impresa ma clientelari, dove si annidano corruzione, tangenti, interessi privati e collusione.

Dare un taglio a tutto questo marciume sarebbe stata la vera spending review che serviva all’Italia.

Stanno cambiando solo il titolo, ma il prezzo rimane sempre a carico di chi ha già dato tanto e non ha più nulla da dare.

Se i diritti bussano alla porta

Obama è stato il primo presidente degli Usa a schierarsi a favore del matrimonio gay. Nei mesi scorsi il premier inglese Cameron ha detto: "Sono a favore dei matrimoni gay. La società è più forte quando si assumono obblighi reciproci e solenni”. In Francia il neopresidente Hollande ha fatto di questo tema un cavallo di battaglia in campagna elettorale. L'inquilino dell'Eliseo ha promesso che, entro i primi sei mesi del prossimo anno, sarà possibile per le coppie gay non solo sposarsi ma anche adottare dei figli.

"La nostra società si evolve, i modi di vita e le mentalità cambiano – ha detto solo due giorni fa il premier francese Jean-Marc Ayrault davanti all’Assemblea nazionale - nuove aspirazioni si affermano. E il nostro esecutivo deve trovare delle risposte".

E l'Italia? E' ancora affacciata alla finestra dell'Europa e del mondo. Da anni noi diamo battaglia in Parlamento in questo senso e oggi abbiamo aggiunto un nuovo tassello. L'Idv ha infatti presentato alla Camera una proposta di legge (firmata da Di Pietro e dal responsabile diritti civili Franco Grillini) per i matrimoni tra persone dello stesso sesso. Corte costituzionale e Corte di Cassazione si sono già pronunciate riconoscendo da una parte la rilevanza sociale di questi nuclei familiari e dall'altra la necessità di garantire i diritti fondamentali delle persone che le compongono, inclusi i loro figli.

Non si può più aspettare. Il Parlamento deve assumersi la responsabilità storica di questo cambiamento riconoscendo a tutti cittadini, come previsto dalla Costituzione, pari dignità sociale.

Francia, Spagna, Portogallo, Belgio, Danimarca, Olanda, Norvegia, Svezia e Islanda dovrebbero costituire un esempio per l'Italia, da decenni alle prese con proposte di legge che dividono partiti politici, società civile e clericale.

Noi sosteniamo le unioni civili per le coppie omosessuali. Ci siamo battuti, ci battiamo e ci batteremo per una legge che cancelli le discriminazioni e attribuisca pieno valore alle differenze e alla dignità delle persone. Tutti devono poter accedere al matrimonio. Tutti hanno diritto di vivere fino in fondo il proprio progetto di vita familiare.

DOPO AVERLA GOVERNATA IL PDL VUOLE LA RAI NEL CAOS

Tag: Berlusconi , Monti , Pdl , Rai

Non è vero che il Pdl vuole governare la Rai, anzi, è vero il contrario: la vuole ingovernabile. Su questo assunto poggia il ricatto politico di Berlusconi che da mesi tiene in ostaggio la più importante impresa culturale del Paese.

Berlusconi non vuole governare la Rai anche perché già la governa di fatto. La destra, infatti, per quasi venti anni, grazie a una sapiente politica di occupazione di ogni singolo posto di potere, gestione e controllo, ha governato la radiotelevisione pubblica. Facendo gli interessi della concorrenza.

Ha indebolito economicamente l’azienda, ha parzialmente imbavagliato l’informazione, ha drasticamente abbassato la qualità dei palinsesti, ha ceduto le quote di pubblico più giovani (le più redditizie sul mercato pubblicitario) a Mediaset. Controllando il competitor, gli uomini del Cavaliere hanno favorito il Biscione e, già che c’erano, hanno fatto della radio e della televisione pubblica uno straordinario strumento di propaganda politica.

Ora, dopo aver cercato di bloccare le nomine dei consiglieri d’amministrazione, vorrebbero far saltare quelle di presidente e direttore generale, tenendo Annamaria Tarantola sulla graticola. E cercando un accordo che garantisca ancora a lungo lo status quo.

Oggi sui giornali si legge persino che è previsto un incontro Monti- Berlusconi per fare il punto sulla Rai. Vorrei sapere cosa succederebbe negli Stati Uniti se Obama incontrasse il magnate australiano Murdoch per fare il punto sul sistema radiotelevisivo americano. Immagino una sollevazione dell’ opinione pubblica prima ancora che politica, un’ondata di indignazione tale da costringere Obama alle dimissioni. Ma non potrebbe mai accadere perché un tycoon come Murdoch non potrebbe mai fare il politico mantenendo proprietà e controllo delle sue imprese.

Se davvero ci dovesse essere un incontro Monti- Berlusconi sulla Rai, sarebbe la conferma del fatto che il governo dei tecnici ha preso dimestichezza con certe pratiche della politica italiana di piccolo cabotaggio.

SPARITI GLI ESODATI SI CERCA LA FORNERO

Sono spariti gli esodati!!! No, non c’è nulla da festeggiare, non è stata risolta la situazione di quelle centinaia di migliaia di persone che avevano concordato con i datori di lavoro l’uscita in attesa della pensione e che son rimaste senza lavoro e senza pensione a causa della riforma Fornero.

E’ semplicemente sparito il decreto che sanava la situazione per i primi 65.000 (su circa 400.000). doveva essere pubblicato entro il 30 giugno, ma ancora non c’è. Che fine ha fatto? Perso nei meandri della burocrazia statale. Dal ministero del lavoro, si legge, fanno sapere che non è un problema di loro competenza, visto che lo avevano girato all’Economia.

Il provvedimento potrebbe essere al vaglio della Corte dei Conti. Potrebbe, ma non è certo. E’ una possibilità. Come una possibilità è quella che la stessa Corte l’avrebbe rispedito al ministero del Lavoro. Cioè alla Fornero. Che però non ne sa nulla.

Noi, naturalmente, solleveremo il caso in Parlamento, chiederemo conto al governo di questa assurda e surreale vicenda. Non si gioca sulla pelle delle persone, già private di un diritto acquisito a causa di un errore.

Faremo tutto ciò che è in nostro potere per trovare una soluzione, ma è chiaro che senza la volontà politica del governo non si potrà far nulla. Ed a questo punto mi chiedo: ma che governo è questo? Come può sbagliare, far finta di nulla e poi ri-sbagliare e far finta di nulla nuovamente? Sbagliare è umano, perseverare è diabolico. Senza evocare forze oscure e utilizzare termini ‘esagerati’, questo governo ce la mette proprio tutta per far dimenticare il significato della parola ‘equità’.

Road map governo ci porta in Grecia

Idv voterà a favore di questo provvedimento per le popolazioni dell'Emilia colpite dal terremoto del 20 e del 29 maggio. Crediamo si tratti di un atto di unità e solidarietà per una terra che merita tutta l'attenzione di questo Parlamento. Crediamo, altresì, che questo debba essere un primo passo e che altri vadano fatti rapidamente. Il governo sospenda il pagamento dei tributi, una misura che darebbe respiro a famiglie e imprese. Pensiamo anche ad altri provvedimenti, come l'esclusione dei comuni terremotati dai tagli previsti per gli enti locali. Non si può con una mano dare e con l'altra togliere. Non è leale.

Colgo anche l'occasione per tracciare un bilancio dei primi 9 mesi di governo. Un bilancio negativo, fatti e numeri alla mano, con tutta la loro verità testarda. In questi mesi gli indicatori finanziari non sono migliorati, anzi. Ci troviamo in uno dei momenti peggiori, le prospettive non sembrano migliorare e rischiamo un'altra estate torrida, esattamente come quella dello scorso anno.

Gli indicatori economici e sociali sono drammaticamente peggiorati: il Pil, la disoccupazione che ha toccato livelli inaccettabili. Dov'è il positivo nel bilancio del vostro governo? 

Non si possono mascherare i pessimi risultati dietro le esternazioni del presidente di Confindustria Squinzi, attribuendo a lui la condotta dello spread oppure nascondersi dietro l'incertezza sulle elezioni del 2013. Non è solo una frottola ma anche un'incredibile mancanza di rispetto verso quella maggioranza che, nonostante mugugni e mal di pancia, continua a darvi l'appoggio. Non mi sembra che questo sia uno stile corretto di governo.

Ci sono poi due grossi problemi. Primo: un'Europa sempre più frammentata e incapace di decidere. Sì, il muro anti spread è stato un successo del presidente Monti ma questo strombazzare ogni piccolo risultato non conviene prima di tutto a voi. Anche perché si è fatto un provvedimento non operativo e insufficiente. E i mercati l'hanno già bocciato.

L'altro grosso problema riguarda le vostre scelte di politica economica. Una politica economica per noi assolutamente fallimentare. State portando il Paese nella più grossa recessione degli ultimi anni. I giovani con cui vi riempite sempre la bocca per esempio: avete creato un muro invalicabile per il loro accesso nel mondo del lavoro. Alzare l'età pensionabile in un unico scalino significa che per i prossimi 7 anni, ogni anno ci saranno 300 mila persone in meno che andranno in pensione. Voi avete tolto ai giovani la speranza di averlo un lavoro. Certo, misure andavano prese, ma non in un'unica soluzione! 

Vogliamo parlare dei licenziamenti facili? L'insieme delle due cose creerà la perpetuazione del fenomeno degli esodati che diventeranno una categoria perenne di sconosciuti senza alcuna tutela. 

Poi vogliamo parlare di tasse? In un anno la pressione fiscale è aumentata di 4% e dal '92 dell'8%. Questa è la via della Grecia! Vorrei poi ricordarvi che in questo Parlamemto non ci sono partiti della spesa facile, partiti che vogliono il male dell'Italia, partiti contrari all'Europa. Pensiamo che la via da seguire sia un'altra e non crediamo in un rigore che colpisce solo i più deboli. Solo crescendo si colmerà il debito. La vostra strada ci porta in Grecia, la nostra, invece coniuga rigore, equità e sviluppo.

TORNA SILVIO. CON UNA BUGIA

Ne sentivamo proprio la mancanza. Come abbiamo potuto fare a meno di lui per così tanto tempo? Delle sue barzellette raffinate, della sua prorompente simpatia che faceva da cornice ai grandi successi internazionali? Delle sue politiche innovative e riformiste che hanno spinto verso l’alto la nostra economia e la nostra società? Meno male che è tornato in campo.

Ciò che stupisce della sua rentrèe è la motivazione. Ha avuto il coraggio di affermare, senza che nessun giornalista lo smentisse o verificasse i dati, che con lui alla guida il Pdl avrebbe il 30%. Non serve essere un esperto sondaggista per capire che siamo in presenza di una bufala mediatica e che quel 30 è un numero immaginario.

Ancora una volta Berlusconi scende in campo sulla base di una bugia. E ancora una volta, probabilmente, per difendere i suoi interessi economici. Il bluff di Berlusconi è basato sulla speranza che gli italiani abbiano la memoria corta e che i mesi di governo Monti, i tagli i sacrifici e le iniquità, abbiano fatto dimenticare ai cittadini i disastri del suo governo. Sarà difficile. Anche se spesso i cittadini hanno dimostrato di avere la memoria corta, è vero anche che non sono certamente degli sciocchi e che ricordano benissimo di chi sono le vere e pesantissime responsabilità di questa drammatica situazione.

Ci ha provato Berlusconi, ci riproverà, ma a questo punto le sue credenziali sono minime. Non sono quelle del ’94, quando si presentò come il nuovo. Non quelle del 2001, dopo cinque anni di governi di centrosinistra e neanche del 2008, quando si presentò dopo il carrozzone dell’ Unione. Tutti sanno chi è e cosa è capace di combinare. Purtroppo non è una sorpresa. A meno che il centrosinistra non compia il madornale errore di sottovalutarlo del tutto e di sentirsi la vittoria in tasca. Si passerebbe dalla farsa alla tragedia.

LA SPENDING REVIEW "DEL MIO STIVALE"

Un comitato “fantasma” all’interno del ministero della Difesa che spende 3 milioni di euro per progetti assegnati ai componenti della stessa commissione. E’ il “Comitato per la prevenzione e il controllo delle malattie” che, in cinque anni, non ha prodotto nulla sul piano della prevenzione delle malattie del personale militare. In compenso, ha finanziato 7 progetti di ricerca, dalla validità scientifica quantomeno dubbia, per quasi 3 milioni di euro. La denuncia, pubblicata oggi dal quotidiano La Repubblica, è partita dal collega senatore Caforio. La cosa grave è che, alcuni di questi progetti, sono stati assegnati a due componenti dello stesso Comitato,  ed un terzo al coordinatore delle strutture operative di ricerca, in uno scandaloso conflitto di interessi.

Non solo. Nel mirino della procura di Roma e della Corte dei conti, che stanno indagando su questi presunti sprechi, cè anche la gestione dell’Agenzia per le erogazioni in agricoltura, una società al 100 per cento del Ministero: il costo del cda della Sin, la spa di servizi informatici di Agea, passato da 240mila euro a 600mila. In più, due auto blu nuove fiammanti, acquistate per 70mila euro l’una del tutto inutili.

Altro giro, altra corsa. Nel Lazio, con la metà degli abitanti della Lombardia (5 milioni contro 10) i consiglieri regionali percepiscono uno stipendio doppio rispetto ai loro colleghi del Pirellone: 10mila euro contro 5. Ognuno dei 71 consiglieri regionali costa ogni anno ai cittadini del Lazio quanto un appartamento da 355mila euro, il 20 per cento in più di quanto “valeva” nel 2009. e per i 71 eletti ci sono 79 poltrone. E poi ancora. I costi dell’Assemblea sono lievitati toccando i 115 milioni di euro e le spese continuano ad aumentare di anno in anno.

Solo tre esempi di come ancora, nel nostro paese, viene gestito il denaro pubblico. Un mare di sprechi, di privilegi, di prebende elargite sottobanco e nel sottobosco della politica, senza alcun obiettivo di buona amministrazione e pubblica utilità. Era qui che il governo Monti avrebbe dovuto agire, incidendo nella carne viva degli sprechi. A fare la spending review del mio stivale, come ha fatto Mister Mario, ci sarebbe riuscito anche un bambino.

 

MOODY'S: LA MODERNA CASSANDRA

Cassandra è una figura della mitologia greca. Sacerdotessa di Apollo da cui ebbe la facoltà della preveggenza, prevedeva terribili sventure. Questo qualche tempo fa. Oggi Cassandra ha cambiato nome, si occupa di economia, dà i voti persino agli stati-nazione. E influenza i mercati. Uno dei nuovi nomi di Cassandra è Moody’s. E ieri ha declassato il nostro Paese.

L’Italia è stata declassata non per ragioni oggettive o per proprie scelte, ma a causa di valutazioni soggettive e aleatorie, come i possibili rischi di contagio da parte di Grecia e Spagna e come il clima politico. E’ evidente che Moody’s si comporta come una moderna Cassandra che utilizza gli umori dei mercati per far avverare le proprie profezie. A causa dell’emotività dei mercati, quelle di Moody’ sono a volte profezie che si autoadempiono, anche se non sono vere.

Idv non ha mai fatto mistero delle proprie posizioni. Le riforme del governo Monti non ci sono mai piaciute, soprattutto per ragioni di mancanza di equità e giustizia sociale e per l’assoluta mancanza di una prospettiva di crescita, ma non si può negare che l’Italia stia mettendo in campo sforzi importanti e facendo tentativi di riforme anche strutturali. Per questa ragione la bocciatura di Moody’s appare incomprensibile e ingiustificata e ripropone ancora una volta la necessità di un’agenzia di rating europea.

Voglio aggiungere che basta una rapidissima ricerca su wikipedia per leggere un po’ di cosette interessanti. Tipo questa: L'agenzia Moody's è criticata per aver riconosciuto un rating di massima affidabilità (la cosiddetta tripla A) alla Banca Lehman Brothers, fino a poco tempo prima della bancarotta, malgrado l'amministratore della banca, Richard Fuld, avesse da tempo presentato dei falsi bilanci e malgrado si sapesse che negli ultimi dieci anni aveva versato 300 mila dollari a deputati e senatori del congresso americano per corromperli. Insieme a Standard & Poor’s, Moody's è sotto inchiesta per aver manipolato il mercato con dati falsi sui titoli tossici...

1994 amarcord

 

Ricordate? Correva l’anno 1994:

17 gennaio - Los Angeles: un violento terremoto provoca 34 morti e 1.800 feriti

18 marzo - Washington: gli accordi di Washington interrompono le ostilità tra croati e musulmani in Bosnia ed Erzegovina e segnano la fine dell'assedio croato di Mostar

19 marzo - Casal di Principe: assassinato in chiesa don Giuseppe Diana, noto per il suo impegno nella lotta alla camorra

20 marzo - Mogadiscio (Somalia): in un agguato vengono uccisi la giornalista del TG3 Ilaria Alpi e il cameraman Miran Hrovatin

5 aprile - Seattle: il leader della band Nirvana Kurt Cobain muore nella sua casa, ucciso da un colpo di fucile. Si tratta ufficialmente di suicidio. Il suo cadavere viene scoperto l'8 aprile

6 aprile - Ruanda: due missili terra-aria abbattono l'aereo con a bordo il presidente Juvenal Habyarimana, di etnia hutu, e il presidente del Burundi, Cyprien Ntaryamira. Subito dopo si scatenano i massacri per i quali erano state preparate da tempo le liste. Ha inizio il Genocidio del Ruanda che si concluderà a metà luglio dello stesso anno e vedrà massacrati da 800.000 a 1.071.000 circa di persone appartenenti soprattutto all'etnia tutsi

6 maggio - Argentina: viene scoperto Erich Priebke, l'ex nazista fra i responsabili della strage delle Fosse Ardeatine

10 maggio - Sudafrica: Nelson Mandela viene eletto presidente

19 ottobre - Israele: si verifica in via Dizengoff il primo attentato suicida organizzato da Hamas. L'esplosione avviene sull'autobus numero 5 e uccide 22 persone

Australia: Michael Schumacher diventa per la prima volta campione del mondo di Formula 1 sul circuito di Adelaide battendo il rivale Damon Hill. Entrambi sono protagonisti di un discusso incidente al 36º giro che li costringe al ritiro, ma il tedesco conquista l'iride grazie all'esiguo vantaggio in classifica (92 punti contro i 91 del britannico)

22 novembre - Italia: vengono identificati i componenti della Banda della Uno bianca: si tratta di poliziotti guidati dai fratelli Savi

20 dicembre - Giappone: Frank Sinatra si esibisce nel suo ultimo concerto dal vivo, davanti a quasi 100.000 persone, al Fukuoka Dome, nei pressi di Tokyo.

Schindler’s List vince il premio Oscar.

Il Nobel per la Pace va a Yasser Arafat, Shimon Peres, Yitzhak Rabin.

E soprattutto, il 18 gennaio 1994, Silvio Berlusconi fonda Forza Italia. Come oggi. 18 anni passati invano.

GRILLO&SILVIO, IL MACHISMO DI UNA CERTA ITALIETTA

Più bella che brava. E poi ancora, la barzelletta disgustosa e volgare, raccontata ad alcuni militari. Così Silvio Berlusconi, all’epoca presidente del Consiglio, apostrofò Rosi Bindi, che non ha bisogno di alcuna difesa, sa ben farlo da sola.

Parole, quelle di Silvio Berlusconi, che pensavamo dimenticate per sempre, ma che danno la cifra dei suoi diciotto anni al potere. In quelle parole di uomo è evidente, in tutto il suo squallore, una sorta di deformazione mentale, l’incapacità di concepire una donna in altro modo. La caccia alla strega che si sta consumando intorno alla Minetti ne è un’altra illuminante riprova. In quelle di politico, l’intento di colpire l’avversario che si teme, evitando il terreno appropriato.

Ieri Beppe Grillo, il leader del Movimento5 stelle, il nuovo che dovrebbe avanzare, lo ha rifatto, seguendo la medesima traccia di volgarità, squallida e gratuita. Parlando di Rosi Bindi ha detto: “Problemi di convivenza con il vero amore? Non ne ha probabilmente mai avuti ".

L’equazione tra Grillo e Berlusconi è fin troppo ovvia. Ricorda il peggior conservatorismo maschilista di una certa Italietta, da Bagaglino. Un tratto culturale negativo che è così duro da estirpare perché è professato anche da chi dice di essere “avanti”.

Ma avanti a cosa? Se si parla così, si è avanti solo negli insulti.

Ma soprattutto, se chi parla così rappresenta il cambiamento, allora l’Italia ha davanti a sé tempi davvero duri.

ALLA CORTE DI RE LOMBARDO

 

 Dopo cinquanta anni di sprechi, si profila il rischio del default per la Sicilia. La giunta Lombardo ha traghettato la regione, che già aveva gravissimi problemi economici, verso il baratro finanziario. E’ un esempio del fallimento di politiche clientelari, assistenzialiste, furbesche, che hanno caratterizzato l’amministrazione dell’isola a statuto speciale per tanti anni.

Basta scorrere qualche dato per farsi un’idea degli sprechi e degli sperperi. 5,3 miliardi di euro di debito pubblico. Complimenti. E perché? Per una lista infinita di sprechi e sperperi. Sapete che la regione Sicilia ha più dipendenti dell’intero governo inglese? 1385 di Palazzo dei Normanni contro 1337 di Downing Street.

Significa che Lombardo ha alle sue dipendenze più personale di Cameron. Un dirigente ogni sei impiegati. La spesa per gli stipendi è salita a 760 milioni, il 45% in più di dieci anni fa. Complimenti a Totò Cuffaro e Salvatore Lombardo, eroi del debito e dello spreco. E anche di altro, almeno nel caso del primo, che sconta la sua pena in carcere per i suoi rapporti con la mafia.

Questo modo sconcio di amministrare, largamente diffuso nell’Italia della Prima Repubblica, ha prodotto non solo un mostruoso debito pubblico, ma anche una forte distorsione del sistema economico, paralizzato da un’economia fasulla e drogata dalla clientela.

I governi dei furbi hanno fracassato le speranze di un’isola ricca di risorse e di storia. E’ il momento di dare una svolta. Come a Palermo, città bellissima in cui il sindaco Leoluca Orlando ha trovato una situazione economica disastrosa, fallimentare. Ci vuole un nuovo corso politico ed economico, che non può prescindere dalle dimissioni di Lombardo.

LE BALLE TECNICHE NON CI SALVERANNO

Studio della Confcommercio. Nel 2012 la pressione fiscale, in Italia, ha raggiunto quota 55 per cento. Non solo è il più elevato della nostra storia recente, ma costituisce un record mondiale assoluto. Siamo davanti a Danimarca, Francia e Svezia. Non solo. Il sommerso economico italiano, nel nostro Paese, è pari al 17.5 per cento del Pil e l’imposta evasa ammonta a circa 154 miliardi di euro.

Studio Confindustria. Lo spread tra Btp e Bund è molto più alto di quello che i fondamentali giustificano e l’Italia paga oltre 300 punti in più del dovuto. Il maggior spread causa perdite pari al nostro Pil, a 144 mila posti di lavoro, maggiori oneri a carico del bilancio pubblico e, infine, maggiori costi sui conti delle famiglie e delle imprese. In parole povere, le perdite di prodotto interno lordo e occupazione sono una mannaia sulle nostre prospettive di crescita.

Allarme del Fmi. La crisi europea si è intensificata, la ripresa è debole e ora emergono anche incognite sulla stessa sopravvivenza dei Eurolandia.

In questi ultimi mesi l'Europa non è stata all'altezza dei principali problemi che ha dovuto affrontare, neanche il governo Monti. Anzi è stata il maggior alleato di chi ha minato l'euro. Lo spread è risalito. La pressione fiscale è alle stelle, l’evasione pure. A pagare, famiglie, imprese e lo Stato.

Non ci possiamo più permettere di andare avanti a chiacchierare, a dire che non ci saranno manovre correttive. Il governo Monti continua a non avere il coraggio di fare l’unica cosa che serve al Paese, mettere mano alla spesa politica improduttiva, agli sprechi veri, ai privilegi, alla “spoliticizzazione” della cosa pubblica, soffocata dagli appetiti dei partiti. E’ tempo di dare una svolta. Se non ora, mai più.

IL TETTO C’E’ MA MONTI LO IGNORA

Ricordate la battaglia di IDV per imporre un tetto agli stipendi dei manager pubblici? E’ dalla scorsa legislatura che la portiamo avanti. Il governo Monti, grazie a un nostro emendamento al decreto Salva-Italia dello scorso dicembre, aveva fissato a 294 mila euro lo stipendio massimo di un manager pubblico, equiparandolo a quello di un primo presidente di Cassazione. Disposizione che avrebbe dovuto entrare in vigore entro il 31 maggio scorso, ma che poi non ha mai visto la luce, anzi, è diventato carta straccia.

Sì perché i nuovi vertici “supetecnici” della Rai ci costeranno un milione e 100mila euro. Il presidente, Anna Maria Tarantola, percepirà uno stipendio di 430mila euro l’anno – ha già annunciato che rinuncerà ad una parte di esso – mentre il nuovo direttore generale, Luigi Gubitosi, riceverà una ricompensa di 650mila euro. A ciò, si aggiunga che, a quanto risulta, il nuovo dg verrebbe assunto con un contratto a tempo indeterminato, circostanza che tra l’altro sarebbe contraria allo statuto dell’azienda Rai.

In tempi di grandi sacrifici e con una spending review lacrime e sangue, stipendi di questo tipo sono inaccettabili e intollerabili. Ma soprattutto, che fine ha fatto il tetto per i manager pubblici? Oltre al clamoroso caso Rai, che per ovvie ragioni è sotto i riflettori, quante e quali sono le società e aziende pubbliche dove si annidano vertiginosi stipendi ai supermanager? In parte, lo abbiamo scoperto da soli, per il resto attendiamo ancora la risposta del ministro dell’economia.

Se la norma c’è, e doveva entrare in vigore entro il 31 maggio scorso, perché il governo ha rinviato, perché fa il gioco delle tre carte, perché si continua a rinviare, a colpi di proroghe?

L'INTOLLERABILE IPOCRISIA SUI DIRITTI

Di nuovo polemica sui matrimoni gay, sulle unioni civili, sui diritti degli omosessuali. Per mia formazione, rispetto, sui temi etici, tutte le posizioni, soprattutto se sostenute da un vero sentimento religioso. Lo stesso rispetto, però, lo pretendo, così come l’onestà intellettuale e politica.

Un riconoscimento delle unioni civili è indispensabile, così come una seria lotta all’omofobia. Bisogna condurla scendendo dalle barricate ideologiche, perché non è possibile continuare a guerreggiare per il proprio posizionamento politico, danneggiando la vita e le aspettative di milioni di persone.

Una delle argomentazioni più diffuse contro le unioni civili omosessuali è questa: distruggono la famiglia tradizionale. Ecco, io mi chiedo se davvero si rendano conto di quanto sia ridicola questa affermazione. Se fosse vera, ne deriverebbe che la famiglia tradizionale è talmente debole che basterebbe un riconoscimento di diritti a persone che attualmente non ne hanno per metterla a tappeto.

Chi lo afferma non ha nessuna considerazione della famiglia, del suo ruolo, né rispetta le persone che si sposano, considerate a rischio, incapaci di mantenere il proprio rapporto se ci fossero altre forme di convivenza. Assurdo.

Lo si diceva anche del divorzio, tanti anni fa. La storia ha dimostrato che il divorzio non indebolì l’istituto del matrimonio. Così come la legge sull’aborto non ne aumentò il numero, anzi, lo fece diminuire. La verità è che in Italia, oggi, i diritti sono sotto attacco. E la buona politica deve difenderli.

Lavoro per l'unione del centrosinistra

Vi riporto la mia intervista pubblicata oggi dal quotidiano L'Unità a firma Tullia Fabiani. Buona domenica a tutti!

Di Pietro dice: Ce ne andiamo, e lei che dice?
Resto convinto che il centrosinistra debba essere il faro della politica italiana, credo nella progettualità di una coalizione tra le forze del centrosinistra e cercherò di fare tutto quanto mi è possibile affinché ci si muova in questa direzione: come capogruppo lavorerò nel mio partito in tal senso.

Tenta di ricucire lo strappo?
Siamo in una fase ampiamente dominata dai tatticismi, una fase in cui domina il momento politico più che lo scenario futuro. L'Idv però resta convinto e fiducioso che nel momento in cui si decideranno le regole elettorali si comincerà a ragionare anche di prospettive.

Ma il suo leader non pare affatto così convinto e fiducioso, anzi
Io continuerò comunque a lavorare per l'unione del centrosinistra, non ho alcuna intenzione di rompere con il Pd. Certo non basta che sia io a volerlo. Ma, ribadisco, è fondamentale restare uniti, essere l'ossatura politica che si propone di governare nella prossima legislatura.

La sua è una posizione isolata?
Il mio punto di vista non è sicuramente isolato nel partito. Ne discuteremo sicuramente, prendendo una decisione in modo collettivo. E spero che questa posizione sia quella di maggioranza.

Non si sente a disagio in un partito in cui il leader detta un'altra linea?
Io l'Idv l'ho fondato insieme a Di Pietro come posso non sentirmi a mio agio nella mia casa. Certo ci sono momenti di maggiore o minore convergenza. Ma questo non mi fa sentire a disagio, allo stesso tempo però tengo ferme le mie convinzioni e i miei punti di vista per farli diventare l'opinione della maggioranza.

Potrebbe nascere una corrente interna o esserci un cambio ai vertici?
No lo escludo, il partito è compatto. Non ci sono minoranze né ipotesi di cambi al vertice. Il leader è per tutti un punto di riferimento. Non c'è una linea Di Pietro contrapposta a una linea Donadi.

Eppure sulla vicenda del conflitto di attribuzione sollevato dal presidente della Repubblica lei ha dissentito da Di Pietro, ha chiesto di abbassare i toni, fermare, l'escalation di accuse e rispettare il Capo dello Stato. Ha cambiato idea?
Assolutamente no. Resto fermo sulla mia posizione al riguardo. Con Di Pietro in questo caso c'è stata e c'è una differenza di lettura.

Eppure su questo si è acuito lo scontro con il Pd. E Di Pietro non pare voler desistere. Dunque come conciliare le diverse posizioni?
Se ci fosse una moratoria dei veti reciproci, degli attacchi sarebbe una buona cosa, perché prevale una logica da collezione Panini. Si fanno polemiche più che pensare ai progetti. Stiamo sprecando mesi importanti in un dibattito sterile, con toni estremi e eccessivi. Certo questa vicenda è un tema che acuisce il conflitto, ma essendo una questione contingente, spero davvero che non pregiudichi la possibilità reale di un confronto su come governare il Paese nei prossimi cinque anni.

E da dove pensa di poter ripartire?
La foto di Vasto, Pd-IDv-Sel è il punto di partenza che può essere certamente allargato ad altre forze politiche.

Tipo l'Udc?
Il punto è quale progetto, quale programma condividere. Sui matrimoni gay, ad esempio, è evidente che l'Udc non è d'accordo. C'è molto da discutere.. Ma il punto purtroppo è in questa fase, ripeto, i partiti sono incerti sul da farsi, prevalgono le scelte tattiche. Come ho detto solo dopo aver deciso la legge elettoralesi potrà cominciare davvero a parlare di progetti politici

I tempi?
Settembre direi.

SOGNO D’AGOSTO

 Si preannuncia un agosto caldo, caldissimo. Forse addirittura più caldo dello scorso anno. Non dal punto di vista meteorologico naturalmente. Sarà caldo per gli assalti speculativi che prenderanno di mira l’Italia. Sarà caldo per le tensioni politiche.

Sarà caldo per gli effetti sociali. In un anno molte cose son cambiate. Innanzitutto il governo, che non è più quello smandrappato di nani e ballerine guidato da Berlusconi. E’ un governo grigio composto da stimatissimi ‘tecnici’.

Ma lo spread non se ne è accorto. Per due motivi fondamentali: il primo è che l’eredità era talmente pesante da non lasciare spazi a rapide soluzioni; il secondo riguarda l’incapacità di questo governo di essere abile nelle misure per la crescita così come lo è stato nei tagli. Scrivendo abile, non voglio affermare che condivida il modo in cui questi tagli sono stati fatti. Nel modo più assoluto.

Hanno colpito i più deboli, non hanno fatto abbastanza contro i veri speculatori. L’hanno fatto nel modo più facile (e doloroso) possibile. E i risultati si vedono. Ma scaricare interamente la colpa del fallimento sul governo Monti sarebbe fuorviante.

 Il contesto è difficile: la crisi è globale e l’Italia non è più una potenza economica di prima fascia. Ciò detto non si può, però, far finta di non vedere le cose. La politica italiana deve fare esercizio di introspezione. La classe dirigente che ha guidato sino ad oggi il Paese ha fallito. Ha fallito per mancanza di progetti e di ambizione.

 Non di ambizione personale, che è una dote di cui i politici italiani certamente non difettano, ma di quell’ambizione politica che è il motore del cambiamento: la volontà di cambiare la società.

Oggi sembra quasi che i partiti si candidino per amministrare lo Stato, non per rinnovare la società. Monti ha detto che la differenza tra un politico e uno statista è che quest’ultimo guarda alle future generazioni.

Se l’ha detto per darsi il patentino di statista ha detto una sciocchezza e poteva risparmiarsela, ma se lo ha detto per stimolare la politica ha ragione. Alla politica italiana manca il progetto, il sogno di una nuova società.

Sanità, investire e non tagliare

Un tragico e fatale errore umano? Non spetta a noi emettere giudizi, tantomeno sentenze. Saranno le indagini della magistratura a tentare di capire come sia stato possibile che, in una delle strutture ospedaliere d’eccellenza della Capitale, possa essere stata invertita una flebo che ha portato alla morte di un neonato. Nessuna speculazione su una tragedia come questa, solo qualche domanda, per me doverosa.

Ignazio Marino, presidente della Commissione d’inchiesta sul servizio sanitario nazionale, lo ha denunciato forte e chiaro: le incubatrici a disposizione del reparto neonatale del nosocomio romano sono obsolete e vetuste. Se l’ospedale avesse avuto in dotazione gli apparecchi di nuova generazione ciò non sarebbe probabilmente accaduto, perché il peso e le condizioni vitali del bimbo vengono costantemente registrate. Gli apparecchi in dotazione all’ospedale San Giovanni di Roma impediscono tutto ciò: il bimbo va scollegato ogni volta dai tubi, pesato e risistemato al suo posto.

Dunque, al centro dell’inchiesta, oltre all’errore umano anche l’utilizzo di macchinari obsoleti. Secondo la Società italiana neonatologia sono solo una decina in tutta Italia i reparti di neonatologia attrezzati con nuovi sistemi di prevenzione.

Allora la domanda è: perché? Perché ne esistono così pochi? Quanti altri centri di eccellenza lavorano i condizioni di difficoltà? Quali saranno gli effetti che la sanità pubblica subirà per via dei tagli contenuti nella spending review?

Se il provvedimento dovesse rimanere così come è si infliggerebbe l’ennesimo colpo di grazia ad una Sanità già enormemente in difficoltà e in sofferenza. I tagli devono colpire gli sprechi, i privilegi e le consulenze, non ridurre i servizi e la qualità del servizio offerto ai cittadini.

Intanto Idv, attraverso Antonio Palagiano, presidente della Commissione errori sanitari, ha chiesto di far luce sulle cause degli errori e sul ritardo della denuncia. E’ fondamentale capire, non solo il perché del drammatico errore, ma anche il grave e inspiegabile ritardo nella denuncia da parte del personale sanitario riguardo la morte del piccolo, avvenuta a fine giugno ed emersa solo ora. Troppi perché ai quali occorrerà trovare risposte.

SVILUPPO, BASTA LA PAROLA

Decreto Sviluppo. Bel titolo, azzeccato. Peccato che di sviluppo questo decreto contenga solo il nome. Particolare trascurabile se non fosse che la crisi economica impone urgentemente misure per la crescita, per il rilancio dell’economia. Certo, siamo di fronte ad un fenomeno globale, ad una crisi che sta investendo pesantemente l’Europa e che non riguarda solo l’Italia.

E’ vero anche che Monti si è trovato ad affrontare una situazione difficilissima, compromessa a causa della totale incapacità del governo Berlusconi. Ma è sicuramente vero che anche Monti ha sbagliato e sta sbagliando. Non si può continuare a spremere questo paese come un limone, tartassare le imprese, saccheggiare le tasche dei cittadini, senza lavorare a misure concrete per la crescita. Così si deprime l’economia, oltre al morale dei cittadini.

Qualche mese fa, il governo parlava di una ‘fase 2’, costantemente rinviata a data da destinarsi. Ora il ministro Passera ammette, bontà sua, che non ci sarà alcuna ‘fase 2’. I ‘tecnici’ non sono stati in grado di risollevare il Paese, che ha bisogno, a questo punto, di una maggioranza politica vera. Coesa, con un programma. Si vocifera nei corridoi di palazzo e si trova scritto sui retroscena dei giornali che tirerebbe aria di elezioni anticipate.

Bene, noi lo sosteniamo da tempo che sarebbe stato meglio andare al voto. Ciò che non si comprende, però, è questo: per fare un Monti bis? Lo dicano chiaramente. Noi siamo chiari e non ci stiamo. Non siamo disponibili. E’ singolare, però, che molti illustri sostenitori del governo fino a poco tempo fa sostenessero l’ assoluta necessità della stabilità e la pericolosità di elezioni anticipate.

Tesi che non ci convincevano ieri. Prendiamo atto che molti di loro hanno cambiato idea. Per preparare il terreno a un ‘Monti bis’?

L’ULTIMO SAMURAI INCOLLATO ALLA CADREGA

Era  tra i possibili successori del premier. Poi, l’accusa di aver violato la legge vigente in Giappone che  vieta di accettare contributi da cittadini o enti stranieri per scongiurare “possibili condizionamenti esterni o influenze sulla politica nipponica. Così, per 50.000 yen, poco più di 400 euro, donatigli da una cittadina coreana, il ministro degli Esteri giapponese, Seiji Maehara, lo scorso anno dopo una clamorosa bufera politica, si è dimesso.

Una tesi di dottorato galeotta. L’accusa di aver copiato ampie parti della sua tesi di dottorato all’Università di Bayreuth. Così, dopo che in rete erano stati documentati tutti i presunti plagi nel suo testo, il ministro della Difesa tedesco, Karl Theodor von und zu Guttenberg, si è dimesso. Non solo. Il ministro, che ha perso anche il titolo di dottore, in una lettera ha spiegato che lo scandalo avrebbe potuto avere effetti negativi di immagine anche sulla Bundeswehr, ovvero l’esercito federale.

 Anche Karl, come Seiji, era uno degli astri nascenti della politica tedesca, uno dei politici più amati dagli elettori, un moderato, cattolico, indicato da molti come uno dei possibili delfini di Angela Merkel.

E’ il governatore della regione Lombardia. Ha ricevuto un avviso di garanzia. E’ indagato per corruzione transnazionale. Secondo l’accusa, avrebbe ricevuto “utilità” pari a 8 milioni e mezzo di euro, in cambio di quindici delibere regionali. A lui il diritto sacrosanto ed inviolabile di difendersi da ogni accusa, per dimostrare la totale estraneità ai fatti che gli sono imputati. Ma è ora che molli la poltrona e che, con rinnovato spirito celeste, guardi ad altri esempi che vengono da lontano.

Milano città civile

Milano città civile. L’istituzione del registro delle coppie di fatto in una delle maggiori città italiane è un risultato politico di grande rilevanza. Un passo avanti verso l’estensione dei diritti civili, l’inclusione che dovrebbe essere il lume di ogni schieramento progressista e che dovrebbe far parte del patrimonio culturale anche della destra liberale.

Infatti, a dispetto delle posizioni ultraconservatrici del partito di Berlusconi (per anni ipocrita alfiere delle tesi politiche più retrive delle gerarchie vaticane), due consiglieri del Pdl hanno votato a favore del registro. In verità il registro, dal punto di vista pratico, è un piccolo passo avanti. Dal punto di vista politico, però, è una rivoluzione. Per due motivi: è stato superato uno steccato ideologico, che ha fatto del riconoscimento delle coppie di fatto una battaglia sacra; è stato mantenuto un impegno con i cittadini preso in campagna elettorale, nonostante le tensioni interne (alcuni consiglieri Pd si sono astenuti).

Bene così, la giunta Pisapia è un modello non solo per gli altri comuni, ma anche per la politica nazionale. Il Parlamento dovrebbe seguirne l’ esempio ed approvare in tempi brevi e con maggioranza trasversale il riconoscimento delle coppie di fatto e la legge contro le discriminazioni. Il clima culturale nel Paese è difficile, anche a causa di campagne politiche che hanno lucrato sul conservatorismo per una manciata di voti e che hanno prodotto solo intolleranza e violenza. I diritti non sono valori negoziabili, pur nel rispetto di tutte le posizioni.