agosto 2012

Incontro con Bersani e Vendola oppure esecutivo urgente

Non può bastare una dichiarazione, nemmeno di Bersani e Vendola, per sancire l’esclusione di Italia dei Valori dalla coalizione di centrosinistra, di cui Idv fa parte da quasi dieci anni, con la quale amministra, insieme a Pd e Sel, gran parte degli enti locali italiani.

Tuttavia non si può più nemmeno fingere di non vedere che Idv, ormai da mesi, non sembra avere alcun interesse per la costruzione di tale coalizione, rincorrendo il massimo di conflittualità con i potenziali alleati oltre che con le più alte istituzioni politiche del Paese. La ventilata ipotesi di alleanza elettorale con Grillo, poi, ancor più che pregiudicare la coalizione di centrosinistra, rischia di essere un fatto che snatura per sempre l’identità stessa di Idv.

Servono al più presto posizioni nette e chiarificatrici. Proprio per questa ragione mi auguro che Di Pietro rinvii al mittente le accuse di non voler far parte della coalizione di centrosinistra e chieda al più presto un incontro con Bersani e Vendola.

Quello che è certo è che un partito come Italia dei Valori non può lasciare che decisioni di questo rilievo siano prese da altri o, semplicemente, che accadano senza averle decise. Anche perché la decisione di una rottura col centrosinistra sarebbe letteralmente antitetica a tutto quanto deciso nell’ ultimo congresso nazionale e dall’esecutivo di Vasto dello scorso anno. Organismi che, in caso contrario, dovranno essere al più presto riconvocati.

Intervista al Messaggero

Riporto la mia intervista pubblicata oggi sul Messaggero.

Dopo la rottura con Bersani, è gelo anche tra Di Pietro e Vendola?
«Innanzitutto trovo poco edificante che in un momento difficile per il Paese come questo, in cui ci sarebbe bisogno del massimo della coesione tra le forze del centrosinistra, prevalgano tra i leader, tutti, posizioni e atteggiamenti personalistici e di bandiera. In ogni caso, non credo sia possibile rompere dieci anni di centrosinistra con una conferenza stampa, quella tra Bersani e Vendola. Dev’essere l’Idv a decidere se starci o meno, dentro il centrosinistra, determinando il proprio futuro. Purtroppo, negli ultimi mesi non si è fatto nulla da parte nostra per costruire il centrosinistra, ma si è cercato lo scontro e la polemica a tutti i costi con gli alleati, oltre a tenere un atteggiamento aggressivo verso Napolitano. Un chiarimento è indispensabile, dentro l’Idv, altrimenti scivoliamo su un piano inclinato rispetto a cui siamo già verso la rottura dell’alleanza. Da Di Pietro devono arrivare parole chiare e urgenti, altrimenti che siano gli organismi dirigenti dell’Idv a decidere. Gli unici titolati a farlo, peraltro».

Dove ha sbagliato, Di Pietro?
«Vede, una cosa è polemizzare con il Pd perché sostiene il governo Monti, altro è alzare i toni ad ogni costo perché ha compiuto una scelta difficile che comunque merita rispetto. La stessa cosa vale nei confronti del capo dello Stato. Infine, anche evocare e poi teorizzare l’alleanza con Grillo fa scivolare l’Idv lungo quel piano inclinato. E trasformerebbe, peraltro, l’Idv in un'altra cosa, mai decisa. Due anni fa abbiamo fatto un congresso il cui slogan era Dalla protesta alla proposta e ora che facciamo, il passo del gambero? Cos’è, movimentismo di ritorno? Io prima di lasciarmi scivolare fuori dal centrosinistra voglio provarle tutte a costo di aggrapparmi con le unghie e i denti».

Alternative?
«E’ stato convocato un esecutivo nazionale per il 20 settembre all’interno della Festa di Vasto ma temo saremo già fuori tempo massimo. Va anticipato al più presto. Un grande partito come l’Idv deve e può discutere interpellando la propria base e convocando un congresso straordinario anticipato. La linea politica non può essere stravolta senza discussione e la nostra dice alleanza di centrosinistra. Infine, Tonino deve fare chiarezza, già nelle prossime ore e dire al partito e agli alleati se vuole ricucire con il centrosinistra per governare il Paese o fare altro dall’alleanza con Grillo in giù».

C’è il rischio di una scissione?
«Non voglio neanche sentirne parlare: milito da 13 anni nell’Idv e qui voglio restare, anche se nelle ultime settimane faccio fatica a riconoscerla. L’Idv è una grande forza stabilmente collocata nel centrosinistra e là deve rimanere. Chiedo a Tonino, che nel suo passato di pm e di ministro è stato riconosciuto da tutti come uomo leale e generoso, di assumersi le sue responsabilità. Il tempo è ora».

IL BOIA COLPISCE ANCHE IN GIAPPONE

Agghiacciante. Il boia colpisce ancora, nonostante la grande mobilitazione internazionale per una moratoria sulla pena di morte. E colpisce in una grande democrazia. Leggere sulle agenzie di stampa che nel civilissimo Giappone sono state eseguite due condanne a morte per impiccagione è motivo di riflessione e di sconforto. Riflessione sul fatto che diritti e giustizia sono concetti che non possono essere scissi, altrimenti si minano le basi stesse della democrazia.

Il 22 settembre dello scorso anno, nel carcere di Jackson (Georgia), fu giustiziato Troy Davis con un’iniezione letale. Era accusato di aver ucciso un poliziotto, ma l’impianto probatorio faceva acqua da tutte le parti, tanto che si sollevò un movimento d’opinione americano e internazionale per sospendere l’esecuzione. A nulla servì la pressione internazionale esercitata da governi di mezzo mondo e da sindaci di grandi città.

Quell’ esecuzione spinse l’ex presidente Usa Jimmy Carter a pronunciare parole durissime. “Se un nostro concittadino può essere ucciso dal boia, malgrado sulla sua colpevolezza vi siano così tanti dubbi, allora vuol dire che il nostro sistema della pena di morte e' ingiusto e obsoleto. Ora speriamo che questa tragedia possa spingerci tutti, come nazione, verso un totale rifiuto della pena capitale”.

E’ ancora troppo lunga la lista di paesi in cui viene applicata la pena capitale, nonostante i notevoli risultati conseguiti dalle campagne internazionali, soprattutto di Amnesty International. Nel 1997, quando iniziò la campagna di Amnesty contro la pena di morte, solo 16 paesi avevano abolito la pena capitale. Oggi sono 141, per legge o per prassi. Ma resta molto da fare. Nel 2011 sono state eseguite sentenze capitali in 21 dei 198 stati del mondo e quasi ventimila persona si trovavano nei bracci della morte. E’ dovere di ogni forza politica, di destra o di sinistra, lavorare per rendere il mondo un posto più civile e meno violento.

INTERVISTA AL CORRIERE DELLA SERA

Pubblico la mia intervista apparsa oggi su il Corriere della Sera.

"Ci abbiamo messo anni e anni a creare tutto questo. A trasformare l’Italia dei Valori da movimento di protesta a partito di governo. E adesso Tonino sta mandando tutto al macero. Se fosse sceso in campo per le primarie sarebbe stata un’ottima notizia, la prova che staremmo ancora lavorando con Bersani e Vendola nel centrosinistra. Invece no, candidandosi a premier ha fatto l’ennesima scelta di rottura».

Parla tutto d’un fiato, Massimo Donadi. Segno che le parole che usa in questo colloquio col Corriere della Sera, nella sua mente, sono state già soppesate. Compreso il verbo «scodinzolare», che associa ad Antonio Di Pietro.

«Continua a fare scelte che ci allontanano da quella prospettiva di governo che dovremmo invece costruire. Ed è la prova che ormai Tonino preferisce scodinzolare dietro Beppe Grillo, copiarne persino il linguaggio e gli atteggiamenti offensivi. D’altronde, quel video sul Parlamento dei morti viventi e i leader trasformati in zombie che cos’era se non un modo di scodinzolare dietro il comico genovese? Io invece penso che non sia giusto tradire così la nostra storia». Tra l’altro, aggiunge il capogruppo alla Camera, «trasformare l’Idv in una copia del Movimento 5Stelle sarebbe una pessima idea. Tutti alla fine sceglierebbero l’originale, non l’imitazione».

La ripete fino all’ossessione, Donadi, la parola «governo». Ed è in nome di quella parola che ha chiesto a Di Pietro di convocare l’esecutivo del partito prima dell’appuntamento di Vasto in programma a settembre. «Ieri (giovedì, ndr) mi è arrivata la sua risposta. In effetti», sorride amaramente, «l’ha anticipato, l’appuntamento. Di tre ore. Invece delle nove di sera, ci vedremo alle sei di pomeriggio». Troppo tardi per chi, come lui, insiste per tornare a tessere immediatamente la tela con Bersani e Vendola. «E guardi che qui non si tratta di una semplice divisione interna su un tema di attualità. Qui si tratta di scegliere tra due prospettive: una di governo, l’altra di opposizione». O è bianco o è nero. «Impossibile trovare una mediazione».

Da qui alla scissione nell’Idv il passo sembra breve. Brevissimo. «Mi rifiuto anche solo di prendere in considerazione quest’ipotesi», scandisce Donadi. «Mi rifiuto di pensare che Di Pietro non ci ripensi. Discutere di questa scelta a settembre è impossibile. I giochi sarebbero fatti».A fare l’avvocato del diavolo, bisogna chiedergli di Casini. Dell’ipotesi, che Di Pietro ha sempre respinto, di stringere i bulloni di un accordo coi centristi. «In questo momento mi sembra davvero paradossale prendersela con l’Udc», osserva Donadi. Perché «è evidente che se avessimo lavorato sin da subito insieme a Bersani, se Di Pietro non avesse deteriorato i rapporti politici e anche umani col Pd, in questo momento il ruolo dell’Udc sarebbe stato più marginale. O, quantomeno, ridimensionato».

Sa che qualcuno gli darà del venduto. «Qualcuno», sorride, «ha già parlato di una "tresca". Ma non si tratta di questo. Si tratta di non tradire il percorso che abbiamo fatto fino ad oggi», insiste il capogruppo. «Se ci pensa bene, alla fine abbiamo vinto. Perché siamo riusciti a portare in dote al centrosinistra tutte le nostre battaglie. Quelle per la legalità, quelle contro la cattiva politica, contro la corruzione nella burocrazia: il patrimonio dell’Idv è diventato patrimonio di tutti. Perché tradirlo rimanendo fuori?».Dice di non essere solo, Donadi. «Decine e decine di amministratori locali del partito mi chiedono di andare avanti in questa battaglia».

Non è soltanto una questione politica, spiega. «Prima o poi arriva sempre un momento in cui si definisce il senso di una scelta di vita. Quella di un politico, adesso, non può non tener conto di una crisi che impone delle responsabilità. E che impone anche di non rimanere fuori da una prospettiva di governo. Nei prossimi anni saremo chiamati a fare scelte difficili, lontane dall’applauso facile che si strappa all’opposizione. Dobbiamo starci. Perché è solo standoci che potremmo coniugare il rigore alla crescita e al bisogno di equità che c’è in questo Paese». E lo sa, Donadi, che da oggi qualcuno potrebbe chiedergli indietro anche i galloni di capogruppo. «Non ci sono diventato con un sorteggio. Né sono stato calato dall’alto. Mi hanno scelto i colleghi. E la loro scelta è revocabile».

Certo, conclude, «se dimettermi da capogruppo fosse il prezzo da pagare per convincere Di Pietro ad anticipare la riunione dell’esecutivo o a convocare il congresso sono pronto a pagarlo. Anche subito».

Tommaso Labate

FIDUCIA. E SIAMO A 34

 E 34. Sono le fiducie poste dal governo Monti in pochi mesi. Stavolta per approvare definitivamente la Spending Review, nonostante una maggioranza solida. Apparentemente solida. Un ricorso alla fiducia che non si era visto neanche ai tempi di Berlusconi, neanche ai tempi del traballante governo Prodi. Il governo sta esautorando il Parlamento delle proprie funzioni. D’altronde l’intervista di Monti al settimanale tedesco Spiegel ha sollevato una polemica feroce in Germania ed in tutta Europa. Monti, ha, di fatto, descritto i parlamenti nazionali come una sorta di intralcio alle politiche europeiste dei governi. Voglio credere alla buona fede del premier, ma non è possibile far finta di nulla, negare che il problema esista, eccome. L’esecutivo dei tecnici ha restituito credibilità internazionale all’Italia, dopo anni di buffonate di Berlusconi, ma non ha certamente risolto i problemi dell’Italia. Lo spread è
ancora lassù. La crisi economica è lontana dall’essere risolta. Voteremo no alla fiducia, messa per nascondere le crepe sempre più evidenti in questa strana maggioranza. Voteremo no anche al provvedimento finale, a questo tentativo di limitare la spesa pubblica che ancora una volta colpisce in
maniera lineare e indiscriminata e avrà l’unico effetto di contrarre ulteriormente l’economia italiana. Si fa cassa tagliando servizi ai cittadini, detraendo risorse alla sanità e agli enti locali. Non è questo il modo di far rialzare il paese caro Monti. Continui pure a mettere la fiducia su ogni atto, anche insignificante del governo, anche quelli su cui c’è convergenza parlamentare, ma si renderà presto conto che non è il parlamento il limite della democrazia, bensì ogni governo che fa male al Paese.

LA FOTO DI UN FALLIMENTO

  L’Italia perde il 2,5% del Pil. E’ la fotografia di un fallimento. Del fallimento delle politiche economiche basate esclusivamente sul rigore e sui tagli, senza alcun provvedimento per la crescita. Oggi il Wall Street Journal pubblica un’intervista a Monti in cui il premier dice che con Berlusconi al governo lo spread sarebbe intorno a 1200. E’ vero, ma è una magra consolazione. Non intendo fare il primo della classe, ma da anni, già dal 2009, l’Italia dei Valori metteva in guardia il governo Berlusconi sulla drammatica situazione economica, sul peggioramento dei conti pubblici, sull’aumento della disoccupazione e sul calo della produzione. Abbiamo provato per anni a far cambiare rotta a Tremonti e Berlusconi, che persino di fronte all’evidenza negavano la crisi. La responsabilità politica della situazione attuale, fatto salvo il contesto internazionale, è tutta loro. Anche il governo Monti ha delle responsabilità: ha varato manovre recessive, senza puntare contestualmente su misure di crescita per sostenere le imprese e i lavoratori. Anche in questo caso le proposte di Idv sono rimaste lettera morta. Ma in questa situazione c’è chi guadagna vagonate di soldi. Le fluttuazioni delle borse e l’andamento altalenante dello spread favoriscono le speculazioni finanziarie, vere nemiche dell’economia produttiva. E’ per questo che non è più rinviabile l’adozione della Tobin Tax da parte dell’. L’Italia, quando avrà un altro governo, riformista e progressista, dovrà spingere in questa direzione in Europa.

TOGLIAMO ALL'ITALIA LA MAGLIA NERA

“Mancata semplificazione normativa,lungaggini burocratiche, bassa qualita' dei servizi pubblici e onerosita' degli adempimenti collocano il nostro Paese in fondo alle classifiche nel confronto internazionale. Sono i dati che emergono dal rapporto sulle determinanti dell'economia sommersa realizzato dall'Ufficio Studi di Confcommercio. Rispetto agli altri Paesi, si legge nel rapporto, "l'Italia registra il piu' basso livello di efficienza del sistema giudiziario ed e' agli ultimi posti per la capacita' di risolvere controversie tra imprese, per la diffusione di pagamenti irregolari e tangenti, per i costi e i tempi di adempimento degli obblighi fiscali".

Altra fotografia dell’Italia. Altro scatto in bianco e nero. Con molto nero direi. Il ventennio berlusconiano è stato una iattura per il nostro paese, perché da un lato lo ha reso immobile, dall’latro ha legittimato e coperto i reati dei colletti bianchi, che hanno causato un grave danno sociale, economico e culturale. Oggi l’Italia è maglia nera, è vero, ma ha anche enormi potenzialità. Ha tante energie, una struttura economica tutto sommato non debolissima e capace di investire nell’innovazione e nella ricerca. Un punto debole è la politica. Meno burocrazia, amministrazione pubblica più veloce, più efficiente, più vicina ai cittadini e lotta senza quartiere alla corruzione sono elementi prioritari per rilanciare l’economia italiana. L’Italia dei Valori ha presentato ha presentato in questi anni numerose proposte di legge su questi due temi fondamentali. A parole anche tutti gli altri partiti erano concordi nel sostenere i temi. Alla prova dei fatti queste proposte di legge giacciono ancora nei meandri delle commissioni, perché quasi tutti hanno le loro cricche da difendere. L’ostracismo del Pdl è cosa nota, ma, visto che si parla di alleanze, quest’ultimo scorcio di legislatura è fondamentale per capire con chi è possibile percorrere un percorso politico comune fondato sui programmi e con chi, al contrario, non è possibile condividere nulla. Noi continueremo a presentare le nostre proposte in Parlamento, certi di essere dalla parte della ragione.

SE IL DIRITTO ALLO STUDIO VIENE NEGATO

Diciannove anni, costretta a letto da una rarissima malattia, diplomata con il massimo dei voti, molta voglia ed eccellenti capacità di proseguire gli studi: impossibilitata a farlo, perché nessun ateneo la accetta. Succede anche questo in Italia. Nell'Italia degli affanni economici, delle beghe politiche, dei tagli incondizionati a ricerca e università, nell'Italia delle tasse che gravano sempre di più su chi ha voglia di studiare e costruirsi un futuro professionale. Succede ad una ragazza della provincia di Bari, Rosanna. Il Comune del suo paese, fino al momento, grazie agli appelli del sindaco, è riuscito a finanziare quanto le serviva per seguire le lezioni e studiare dal suo letto. Ma ora università come la Cattolica di Milano, solo per citarne una, dicono, nero su bianco, a Rosanna, che non hanno possibilità di accoglierla tra gli studenti, perché non attrezzati per gli studi a distanza. La ragazza ha lanciato un appello al ministro Profumo, che mi auguro, ne sono anzi certo, interverrà sulla vicenda per consentire che a Rosanna venga riconosciuto un diritto che le appartiene. Mi unisco all'appello, naturalmente. Ma al ministro Profumo e a chi verrà dopo di lui, chiedo che fatti come questo non si debbano più verificare, perché le pagine dei giornali di oggi che trattano l'argomento mi fanno vergognare, e non credo capiti solo a me, di vivere in questa società. Passino allora, si fa per dire, i tagli ai fondi. Non passi che a chi, come Rosanna, è intenzionato, capace e desideroso di studiare, venga negata la possibilità di farlo solo perché non ci sono i soldi perché lo faccia a distanza.

BUONGIORNO ALFANO

Tag: alfano , Berlusconi , Monti , Pdl

  Buongiorno Angelino, bentornato tra noi. Il segretario del Pdl ha detto "Mentre
il Pdl ritiene che si possano reperire risorse attraverso le dismissioni e i tagli alle spese inutili, la sinistra invece vuole solo aumentare le tasse. La Camusso propone piu' tasse, Bersani parla di nuovo di patrimoniale, ma noi, se si ha bisogno
di risorse, siamo contrari a recuperarle con piu' tasse per i cittadini”. Bravo Alfano, ma in politica bisogna anche avere l’onestà di ammettere i propri errori e le proprie responsabilità. E quelle di Pdl e Lega sono enormi. Hanno condotto il Paese sull’orlo del baratro, compromettendo la situazione economica sino al punto da richiedere sacrifici enormi per essere contrastata. E senza garanzia di uscirne in tempi brevi. Certo il fenomeno è globale, europeo in particolare, ma aver negato per anni la crisi e non aver predisposto in tempo le misure necessarie è stata una follia economica che ora stanno pagando i cittadini. Alfano e soprattutto Berlusconi non pensino di far ricadere tutto il peso della situazione attuale sul governo Monti (che pure ha prodotto solo manovre recessive di contenimento dei costi senza pensare alla crescita) perché non ci crederebbe nessuno. Gli italiani non sono stolti e vent’ anni di berlusconismo son serviti a creare gli anticorpi necessari per
scongiurare pericolosi ritorni.

L'estate degli "ultimi"

Eccoci di nuovo dopo qualche giorno di pausa da questo blog. Ne approfitto per segnalarvi tre notizie delle ultime 48 ore.

Vi ricordate l'11 agosto scorso l'operaio disoccupato che si era dato fuoco davanti a Montecitorio? Ieri quell'operaio, Angelo Di Carlo, 54 anni è morto in seguito alle ustioni riportate. 

Un gesto disperato il suo, l'ennesimo. Un gesto che deve far riflettere. Tutti. A cominciare dalla politica. Di Carlo era rimasto vedovo e con grosse difficoltà economiche visto che aveva perso il lavoro. Per suo figlio Andrea una lettera e 160 euro: tutta la sua eredità.

A Olimpiadi appena terminate vorrei segnalarvi un'altra notizia. Samia Yusuf Omar, somala, classe '91 nel 2008 partecipò alle Olimpiadi di Pechino in rappresentanza della Somalia. Sfilò con la bandiera del suo Paese e corse alla gara dei 200 metri. Arrivò ultima ma tornò a Mogadiscio felice per quella esperienza. A Londra Samia non c'era perché è morta. Era su una carretta del mare che dalla Libia l'avrebbe dovuta portare in Italia. Sperava di vincerla quella gara, e di aiutare la sua famiglia poverissima. Ma la sua corsa si è interrotta.

L'ultima notizia arriva dal Pakistan. Rimsha ha undici anni, è cristiana ed è affetta dalla sindrome di Down. Scampata a un tentato linciaggio si trova ora rinchiusa in carcere e rischia la pena di morte perché accusata di blasfemia per aver bruciato alcune pagine del Corano. Dopo l'arresto della bambina centinaia di famiglie cristiane hanno lasciato il villaggio di Meharabadi, alle porte di Islamabad, per paure di rappresaglie da parte della popolazione musulmana.

Succede al Nord nel 2012

A leggere questo cartello qui a fianco mi ritornano in mente certi avvisi comparsi in Italia intorno al 1938 in seguito all'emanazione delle leggi razziali. Non siamo nel Ventennio e la cartellonistica ha cambiato "obiettivo". Ma discriminazione, e prima ancora sfruttamento, sono rimasti invariati.

La foto è stata scattata a Tortona, comune in provincia di Alessandria. Ne ha parlato ieri Sandro De Riccardis in un articolo apparso sull'edizione locale de La Repubblica. Lavoratori marocchini rimasti al palo, esattamente come il cartello incollato con del nastro adesivo: "Dal 17 agosto i marocchini dipendenti dell'azienda agricola Lazzaro Bruno e Lazzaro Mauro cessano l'attività presso la suddetta azienda e non lavorano più".

Il cartello è stato affisso dai proprietari dell'azienda agricola a pochi metri dai campi di Castelnuovo Scrivia dove i 40 lavoratori, 30 uomini e dieci donne, lavoravano ogni giorno, dall'alba al tramonto per raccogliere frutta e verdura. Da mesi i braccianti protestavano a causa della paga misera se confrontata con le ore di lavoro (4-5 euro dalle 6 alle 20). Propietari che, tra l'altro, sono al centro di un'inchiesta della Procura di Torino per irregolarità riscontrate nelle condizioni di lavoro e nei rapporti contrattuali con i lavoratori. Tra loro anche persone prive del permesso di soggiorno.

L'avviso "pubblicato" sul palo ha avuto effetto immediato. Il giorno dopo nei campi sono arrivati 13 cittadini indiani, assunti dall'azienda tramite un appalto ad una cooperativa bresciana. Tra i lavoratori delle due nazionalità, come era prevedibilie, ci sono stati anche alcuni scontri.

Succede al Nord nel 2012.

Lega rispolvera i cavalli di battaglia

"I clandestini non devono neppure entrare e se entrano vanno respinti e allontanati". Parola dell'ex ministro Roberto Calderoli che ieri, dopo aver appreso la notizia dello stupro avvenuto in un parco di Roma, ne ha approfittato per rispolverare alcuni suoi vecchi cavalli di battaglia.

Lungi da me voler difendere un fatto odioso come la violenza sessuale penso che, in questa precisa fase storica, di tutto ci sia bisogno fuorché di tornare alle politiche leghiste, ai respingimenti selvaggi, alla Bossi-Fini. Ho già parlato due giorni fa su questo blog della vicenda di Samia, emblema di un esercito di disperati che, in fuga da paesi in guerra, cercano rifugio nel nostro Paese.

Caleroli, così come in altre occasioni, avrebbe fatto bene a tacere e a godersi gli utlimi giorni di vacanza. O ha colto l'occasione per deviare l'attenzione dalla polemicha sulla sua scorta? Forse dimentica, l'ex ministro, la condanna dell'Italia da parte della Corte dei diritti umani di Strasburgo per il respingimento, avvenuto nel 2009, di 11 cittadini somali e di 13 eritrei. Allora anche l'Alto commissario Onu per i diritti umani, Navi Pillay, aveva denunciato le politiche adottate dall'Italia nei confronti degli immigrati criticando l’abbandono e il respingimento dei migranti senza verificare in modo adeguato se stavano fuggendo da persecuzioni, in violazione del diritto internazionale.

Dimentica ancora, l'ex ministro, il rapporto del Consiglio d'Europa che ha puntato il dito contro il nostro Paese per la morte di 63 migranti, avvenuta un anno e mezzo fa. O, quindi, Calderoli ha la memoria corta, oppure ne approfitta per cavalcare, a fini elettorali, un cavallo di battaglia del suo partito. D'altra parte nella Lega, si sa, funziona così. Fu lo stesso Roberto Maroni qualche mese fa ad ammettere che il Carroccio ha lucrato sul razzismo per accaparrarsi voti.

Monti segua Parigi e tagli le accise

La gimkana tra un distributore di carburante e l'altro alla ricerca del miglior prezzo non ha più alcun senso. Fare rifornimento nel cuore della settimana è un privilegio visto che la benzina ha superato per la prima volta i due euro anche fuori dalle autostrade. Una trappola per quanti si trovano alle prese con i rientri dalle ferie.

Ovviamente i petrolieri approfittano del periodo per tirare su l'asticella dei prezzi. Ora un pieno costa mediamente 120 euro. Spendiamo più per far rifornimento che per mangiare. Eppure una via d'uscita ci sarebbe. Non penso a un miracolo ma a una legge che consente al governo di mettere un freno alle accise. Come segnalato dal collega Antonio Borghesi, in base a una misura prevista dalla Finanziaria del 2008 e diventata poi legge nello stesso anno (la 133), l'esecutivo ha la facoltà di intervenire con un semplice decreto legge per sterilizzare l'Iva e le accise e calmierare dunque i prezzi.

Il governo francese ha già annunciato che taglierà le tasse sui carburanti. Sarà un "taglio modesto e provvisorio" ha fatto sapere il premier Ayrault che ha chiesto a produttori e distributori di "partecipare allo sforzo". 

Tra l'altro continuiamo a pagare aumenti di accise decisi decenni fa perpagare infrastrutture, guerre e disastri naturali. "Negli anni '50 - ha scritto oggi il Corriere della Sera - il governo ne giustificò l'aumento con la necessità di finanziare l'autostrada del Sole. Quando l'autostrada fu terminata, però, le imposte rimasero, anzi sono sempre state soggetta a un aumento costante". 

L'emergenza è reale e richiede un intervento tempestivo. Per questo ci aspettiamo che Monti ponga la questione all'ordine del giorno del primo consiglio dei ministri dopo la paura estiva previsto per domani.

Governo rinvii le tasse ai terremotati

In principio fu il premier Monti. Seguito a ruota dal presidente della Repubblica Napolitano e poi dal Pontefice. Tutti in campo all'indomani del terremoto che ha colpito l'Emilia Romagna nel maggio scorso. Tra qualche protesta il presidente del Consiglio si era impegnato personalmente per la sospensione dei pagamenti fiscali mentre il capo dello Stato, commosso, aveva promesso di "vigilare". Allo stesso tempo il governatore Errani, pieno di speranza aveva affermato: "Non ci pieghiamo, non ci faremo affogare dalla burocrazia".

E' stata invece proprio la burocrazia a fare lo sgambetto alle popolazioni colpite dal sisma. A Ferragosto, infatti, l'Agenzia delle Entrate, con un comunicato stringato, ha riservato un bello "scherzetto" ai terremotati annunciando che la sospensione del pagamento delle tasse scadrà il 30 settembre. Per i morosi, però, forse non ci saranno multe. Almeno fino al 30 novembre. Che fortuna!...

La faccenda è sul tavolo del Consiglio dei ministi in corso in queste ore e ci auguriamo, davvero, che si possa arrivare a un'ulteriore sospensione. Non solo i ritardi nell'erogazione dei soldi raccolti attraverso gli sms solidali inviati dagli italiani, come abbiamo più volte denunciato, ora anche le tasse. Comprensibile, dunque, l'appello ripetuto anche ieri dal governatore e commissario delegato alla ricostruzione Vasco Errani: "Chi ha avuto la casa inagibile non può pagare l'Imu anche nel 2013, un imprenditore che ha avuto danni non deve pagare le tasse nel 2013".

Il Consiglio dei ministri dovrebbe decidere oggi il rinvio al 30 novembre del pagamento delle tasse e decidersi a varare un decreto per consentire la sospensione fino al 30 giugno 2013 di tutti gli adempimenti fiscali, tributari, contributivi e amministrativi per quelle imprese e quei cittadini che hanno subito dei danni. Pena anche l'alleggerimento delle buste paga.

Ieri intanto, come ha scritto il quotidiano l'Unità, è entrato in vigore il decreto che alleggerisce il patto di stabilità 2012 ai Comuni terremotati che potranno spendere una parte di quel poco rimasto in cassa per pagare aziende e fornitori. Io spero e mi auguro che il governo oggi faccia il resto.

UN PAESE PRESO A SCHIAFFI

Qualche giorno fa ho letto un articolo che parlava dei nuovi processi di migrazione. Il punto centrale era di una novità assoluta, sorprendentemene amara. Nei primi dell'Ottocento, migliaia di persone migrarono dall'Argentina, dal Brasile, verso l'Europa, Spagna, Germania, Italia. Il fenomeno, oggi, è esattamente al contrario. Migliaia di giovani spagnoli, tedeschi, italiani stanno emigrando verso quei paesi, compresi quelli che un tempo chiamavamo Terzo Mondo, in cerca di fortuna. C'è una differenza, però, tra questi due processi migratori. I giovani che, nei primi anni dell'Ottocento, partivano per l'Europa, sorta di terra promessa, non avevano titoli di studio, erano operai, contadini, con il portafoglio vuoto ma il cuore gonfio di speranza. Oggi, i nostri giovani che migrano verso l'Argentina, il Brasile in cerca di futuro sono medici, biologi, architetti, ingegneri, le migliori teste d'Italia, d'Europa. Cercano altrove quello che qui non trovano, la possibilità di fare il loro mestiere, di crescere, di fare ricerca, di aprire strade sconosciute. Di fare quello che il grande Neil Armstrong ha fatto nel 1969 e che il presidente John F. Kennedy ha stigmatizzato 43 anni fa con queste parole: "Non abbiamo deciso di andare sulla luna perché è facile, ma perché è difficile".

Senza i pesanti tagli all'istruzione e alla ricerca messi in atto prima da Berlusconi e poi da Monti, avremmo potuto segnare un punto in controtendenza. Senza una riforma del lavoro come quella della Fornero avremmo potuto avere un mercato del lavoro più equilibrato e meno sbilanciato.

Un futuro precario, licenziamenti a gogò, lavoro in nero: questo è il futuro che attende i nostri giovani. Ed è normale che, in un panorama tanto desolante, con coraggio e determinazione guardino altrove. Ma quando il Paese si sarà svuotato dei migliori cervelli da che parte guarderà?

Auto volanti? No...bicicletta

 

Macchine volanti negli anni Duemila. Una previsione lusinghiera quella di Ridley Scott nel suo "Blade Runner" del 1982. Oggi, agosto 2012, non solo non disponiamo di automobili volanti, ma siamo costretti a lasciare a terra anche quelle a quattro ruote. E a pedalare. 

Ha reso bene l'idea l'amministratore delegato dell'Eni Paolo Scaroni che ha detto: "Certamente il Paese va un po' in bicicletta. I consumi sono calati così tanto che la gente cerca di risparmiare su un prezzo altissimo". 

Come dare torto ai consumatori? Alle Eolie il prezzo della benzina ha toccato 2,45 euro al litro. Oltre i 2 euro anche in Liguria e in Toscana. E non va meglio al diesel con punte di 1,850 al Sud. E il ministro Passera non venga a dirci che "le punte registrate in alcune aree di servizio non rappresentano gli andamenti reali" visto che, secondo le rilevazioni di Quotidiano Energia, il prezzo medio sul "servito" è comunque 1,924 euro. 

Come se non bastasse, l'unica boccata d'ossigeno della settimana, in tema di rifornimento, sta per scadere. Gli sconti applicati da Eni, e su questa scia anche da altri gestori, per il fine settimana, scadranno infatti il 3 settembre. E ieri l'Ad Scaroni ha già escluso un rinnovo immediato: "Non si può andare avanti per sempre, ci sono pur sempre gli azionisti da accontentare". 

Ieri un gruppo di associazioni di consumatori ha tentato di giocarsi l'ultima carta inviando un telegramma a Scaroni, e al ministro Grilli, per chiedere di prolungare le promozioni fino alla fine dell'anno per "continuare  l'effetto benefico dello scatenarsi delle altre compagnie a seguire tali promozioni". 

Pochi giorni fa, su questo blog, ho scritto che il governo dovrebbe prendere esempio da Parigi e tagliare le accise. Il governo è rimasto muto, ignorando il caro-benzina degli ultimi giorni che, giustamente, qualcuno ha bollato come "tassa di rientro". Per questo temo che anche la lettera delle associazioni di consumatori cada nel vuoto. Spero di sbagliarmi.

 

CAMBIAMO LA LEGGE 40

"Il sistema legislativo italiano in materia di diagnosi preimpianto degli embrioni è incoerente", in quanto "allo stesso tempo un'altra legge dello stato italiano permette alla coppia di accedere ad un aborto terapeutico in caso che il feto venga trovato affetto da fibrosi cistica".

E' questa la motivazione con la quale la Corte Europea ha bocciato una parte della legge 40, quella che riguarda l'impossibilità per una coppia affetta da una malattia genetica, quale la fibrosi cistica, di poter effettuare la diagnosi preimpianto degli embrioni.

E ancora. "Il sistema legislativo italiano da una parte priva i richiedenti alla diagnosi preimpianto e dall'altra autorizza l'interruzone di gravidanza se il feto risulta affetto da quella stessa patologia". Non solo, dunque una legislazione incoerente, ma "l'ingerenza nel diritto dei richiedenti al rispetto della loro vita privata e familiare è sproporzionata".

Non è la prima volta che la legge 40, che norma la fecondazione assistita, subisce un duro colpo. In questi anni è stata fatta progressivamente a pezzi. E' accaduto, infatti, più volte, che di fronte a ricorsi di cittadini italiani la Corte Europea non abbia mancato di sottolineare l'incoerenza, l'ingiustizia e l'incostituzionalità di molte parti di questa legge sbagliata, che mortifica e priva cittadini italiani di diritti fondamentali, tra cui quello alla salute. 

Come legislatori abbiamo il compito e il dovere, morale e politico, di agire, riformando una legge sbagliata, che ci mette fuori dall'Europa, quella cui sovente guardiamo come esempio di civilità, etica, sviluppo e modernità. Troppe volte, per ragioni di altra natura, il Parlamento ha fatto orecchie da mercante, preferendo non affrontare la questione e nascondendo la testa sotto la sabbia, rispondendo ad altri poteri e non ai propri elettori.

Dobbiamo avere il coraggio di dirlo forte e chiaro. Noi lo facciamo. La legge 40, Costituzione alla mano, va cambiata, va resa coerente, giusta e in armonia col diritto. E' tempo di abbandonare posizioni preconcette e ideologiche. E' anche da questo che si misurerà il coraggio verso la sfida che ci attende per il futuro.

Scuola per prove ed errori

Ci risiamo, le vacanze quasi alle spalle, i ragazzini pronti a tornare tra i banchi di una scuola che si fa strada a fatica tra errori, concorsi vecchi e nuovi, ricorsi e ritardi. Accantonata l'esperienza Gelmini, e sapete quante critiche abbiamo riservato all'ex ministro dell'Istruzione, la scuola italiana continua a fare acqua e speriamo che il ministro Profumo riesca davvero a metterci qualche toppa. 

Il "concorsone" annunciato una settimana fa dal governo Monti dovrebbe mettere a disposizione dei candidati 11.982 nuove cattedre. Una decisione che, ovviamente, ha suscitato preoccupazioni e le proteste dei docenti precari che, in questi anni, hanno potuto contare solo su supplenze, contratti a termine e graduatorie.

E il caos non si ferma qui visto che, quando inizierà il nuovo anno scolastico, in Lombardia una scuola su due non avrà il dirigente scolastico. Ieri, infatti, il Consiglio di Stato ha deciso di non sospendere la sentenza del Tar Lombardia che, il 18 luglio scorso, aveva annullato il concorso per dirigenti. Colpa delle buste utilizzate per gli scritti, troppo sottili (e dunque trasparenti) per garantire l'anonimato. Probabilmente le buste di scarsa qualità erano state utilizzate dal Ministero per contenere la spesa. Peccato si sia trattato di un risparmio di "Maria Calzetta". La conseguenza è che i 355 vincitori non potranno entrare di ruolo. Al loro posto ci saranno dei "reggenti" temporanei, prestati da altre scuole. Dunque presidi a mezzo servizio. E non certo per colpa loro. A farne le spese saranno comunque allievi e docenti.

Che dire poi della "lista di proscrizione" stilata da Viale Trastevere? Ieri il ministero, colto da una sorta di raptus di trasparenza, ha pubblicato in rete i nomi dei professori che hanno compilato le domande di preselezione per i "Tirocini formativi attivi", il corso di un anno che abilita all'insegnamento. Alle contestatissime prove hanno partecipato 150mila persone ma solo il 30% le ha superate a causa degli errori presenti nei quiz.

L'elenco pubblcato ieri, però, come riporta oggi il Corriere della Sera, non fa distinzione tra chi ha compilato le domande esatte, chi ha sbagliato e chi ha formulato quesiti ambigui. Si limita a riportare i nomi di tutti i 145 esperti che hanno lavorato ai test. Non so perché ma ho l'impressione che qualcuno, al ministero, abbia giocato un po' allo scaricabarile.

I MIRACOLI TECNICI MANCATI

Dati Istat diffusi questa mattina dall'Ente di Statitica nazionale. Il prezzo della benzina,  nel mese di agosto, è aumentato del 3,6 per cento  rispetto a luglio. Il tasso di crescita annuo, dunque, sale al 15,1 per cento, in sensibile aumento rispetto al mese scorso. Il prezzo del gasolio per i mezzi di trasporto segna un incremento su base mensile del 4,4 per cento e cresce, anche esso, su base annua del 17,5%. Anche il prezzo del gasolio per il riscaldamento sale: più 3,1 per cento con una forte accelerazione su base annua del tasso di crescita.

Non è finita. I lavoratori precari sfiora quota 3 milioni. Nel secondo trimestre di quest'anno i lavoratori dipendenti a termine sono quasi 2,5 milioni, il livello più alto dal 1993. Se a questi si aggiungono i collaboratori, che sono 462mila unità, si arriva a quasi tre milioni. La Calabria e la Sicilia sono le regioni più disoccupate d'Italia.

E ancora. Il tasso di disoccupazione nel secondo trimestre  dell'anno ha raggiungo il 10,5 per cento, il livello più alto dal 1999, il potere di acquisto delle famiglie si è contratto dell'11,8 per cento dal 2008.Secondo il Codacons, il carrello della spesa degli italiani costerà 628 euro in più a famiglia, poichè l'aumento dei prezzi acquistati con maggiore frequenza colpisce le persone povere e il ceto medio che oggi fatica già ad arrivare alla fine del mese.

Oggi, il Consiglio dei Ministri che doveva esaminare il secondo decreto Sviluppo del ministro Passera, non si farà. Rimandanto al prossimo 5 settembre, dopo che il premier Monti incontrerà il presidente francesce Hollande. Mancano i soldi, 6,5 miliardi e incombe la minaccia di una spending review due, più deprimente della prima.Il paese è in difficoltà. I cittadini sono stremati. Aumentano le tasse, la disoccupazione, il prezzo della benzina. Gli stipendi sono mangiati dall'inflazione. Del miracolo tecnico non v'è traccia. C'è bisogno di una spinta per ripartire. Le formule magiche tecniche, se ci sono state, hanno fallito miserabilmente. E' ora di cambiare.