settembre 2012

NON OFFENDIAMO DALLA CHIESA E MARTINI CON L'IPOCRISIA

Carlo Alberto Dalla Chiesa e Carlo Maria Martini. Un generale e un Cardinale, un uomo di legge ed uno di fede. Entrambi uomini di cultura e passione umana e civile. Due esempi per un paese che sembra aver smarrito la bussola, in cui si gioca ad un pericoloso ‘più uno’, manco la vita pubblica fosse un’asta. Senza falsa retorica, questi due uomini così diversi tra loro, sono perfettamente complementari, la sintesi migliore di quanto di buono c’è in Italia e nelle istituzioni. Un generale capace di sconfiggere il terrorismo e di infliggere durissimi colpi alla mafia ed un pastore portavoce del dialogo in tempi di assolutismo ed oscurantismo, che amava affermare ‘non esiste differenza tra chi crede e chi no, ma tra chi pensa e chi non pensa’. A questi due protagonisti della recente storia d’Italia, però, non basta dedicare piazze e strade, officiare riti e commemorazioni. La postuma riverenza ipocrita non serve a nulla, se non ad offendere la loro memoria. La via migliore per onorare Dalla Chiesa è combattere la mafia fino a distruggerla ed estirparla dall’Italia. A Martini il dogmatismo di certi politici, più realisti del re, anzi, più papisti del Papa, avrebbe provocato l’orticaria. Chi ha speso parole per celebrarlo, se ne ricordi quando in parlamento si discuteranno leggi sui temi etici, sulle coppie di fatto, sul testamento biologico, sulle staminali. L’Ipocrisia non faceva parte della loro cultura, non umiliamoli senza che abbiano possibilità di replicare.

DIA: “ROMA DISCUTE, SAGUNTO BRUCIA”

L’entrata del feretro del generale Carlo Alberto Dalla Chiesa fu accompagnata da una sequela di fischi all’indirizzo dei politici presenti. Il monsignore che celebrò i funerali pronunciò parole lapidarie: “Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur”. Mentre Roma discute, Sagunto brucia”.

Il generale Carlo Dalla Chiesa, nominato prefetto di Palermo, fu abbandonato dallo Stato nella lotta alla mafia. Aveva chiesto al governo di allora di approvare la legge La Torre, quella che introduce il reato di associazione mafiosa. Fino al 1982, per far fronte ai delitti di mafia, si faceva ricorso all'art. 416 c.p., associazione a delinquere, ma il generale Dalla Chiesa aveva capito che tale fattispecie risultava inefficace di fronte alla vastità e alle dimensioni del fenomeno mafia. Il 3 settembre, l'uccisione del generale Dalla Chiesa e la successiva reazione di sdegno da parte dell'opinione pubblica, portò lo Stato nel giro di venti giorni a formulare e introdurre l'art. 416 bis, tramite la legge 646 del 13 settembre 1982, detta "Rognoni-La Torre”, dando così la propria risposta al grave fatto di sangue e perseguendo l'obiettivo di porre freno al problema mafia.

Succede oggi. La Dia, Direzione Investigativa Antimafia, la creatura voluta e pensata da Giovanni Falcone, ischia di essere avviata allo smantellamento. Il Fatto quotidiano ha rivelato essere questo l’obiettivo del governo. Noi abbiamo presentato un’interrogazione parlamentare, chiedendo ai ministri competenti, Severino e Cancellieri, di rispondere con urgenza.

"Se quanto riportato rispondesse al vero sarebbe  un'ulteriore conferma del fatto che i magistrati vengono lasciati soli nella lotta alla criminalità organizzata. Di nuovo, come allora. Tagliando fondi e svilendo lentamente ruolo e stipendi di poliziotti, carabinieri e finanzieri, che lavorano per la struttura istituita nel 1991, si sguarnisce un presidio fondamentale. Il governo non puo' sostenere la lotta alle mafie solo a parole e poi, nei fatti, eliminare professionalità, esperienze e specificità.

Si adducono ragioni contabili, bisogna contenere la spesa. Giusto ma non così, non in questo modo, non riguardo a questi settori strategici. Su questo versante non ci possono essere tagli, tanto più se si creano forze ad hoc per il controllo degli appalti. La Dia dispone già al suo interno di un Osservatorio centrale proprio sugli appalti.

Le ministre Cancellieri e Severino hanno il dovere di tranquillizzare i cittadini italiani circa l'effettiva volontà di questo governo di portare avanti concretamente la lotta alle mafie.

SQUINZI IL 'SOVVERSIVO'

"L'autunno e' gia' caldo, direi bollente, ci sono migliaia di casi di piccole e medie aziende che stanno soffrendo mediaticamente in silenzio e sono quello che ci preoccupa di piu'.

Il calo della produzione e dell'economia e' dovuto essenzialmente a un calo dei consumi interni, legato anche al prelievo fiscale. Bisogna lavorare in modo particolare su una detassazione dei salari”. Parola del presidente di Confindustria Squinzi, non di un sindacalista radicale.

Detassare i salari, stimolare i consumi e investire sulla crescita, parole che anche l’Italia dei Valori ripete da tempo, supportandole con proposte parlamentari. Ridurre il debito pubblico è imperativo, siamo d’accordo, ma ci son molti modi diversi di farlo. Non si comprende perché il governo abbia scelto di penalizzare le fasce più deboli piuttosto che trovare risorse in altro modo, dove ve ne sono.

Quello che una volta veniva chiamato il ‘ceto medio’ oggi arranca, è in forte difficoltà ed in migliaia scivolano pericolosamente ed insidiosamente verso le difficoltà economiche. Famglie con due stipendi, lavoratori autonomi, professionisti stanno scontando gli effetti di una crisi che non hanno certamente provocato.

Mentre il governo si fa forte con i deboli e anche con chi produce, non mette in campo alcuna iniziativa (né in Italia né in Europa) per dare l’assalto alla speculazione finanziaria, mostro informe che divora risorse a danno di chi lavora e produce. Tutti oggi si stanno rendendo conto che il mercato, per anni venerato come un deus ex machina, non si autoregola e senza misure per il mantenimento dell’equilibrio sociale ed economico, è anzi capace di far saltare per aria interi paesi.

Anche se tutto ciò è sempre stato ovvio, c’era chi per anni ha fatto finta di ignorarlo, con i risultati che oggi vediamo. A prendere in mano la situazione, ora, non possono essere gli stessi che l’hanno provocata, ma una classe dirigente più preparata e consapevole. Anche per questi motivi c’è bisogno di un governo politico progressista e di una nuova legge elettorale. Non si dovranno più vedere seduti sui banchi parlamentari nani e ballerine.

DUE VOLTE CAMPIONI

E’ tanta la carne al fuoco oggi. Ma c’è una cosa che più di tutte mi ha colpito sfogliando i quotidiani. Per questo, oggi vi offro una riflessione diversa, magari un po’ fuori dai soliti schemi, così come sono loro, fuori dagli schemi. E’ l’immagine di Alex Zanardi, che esulta sollevando la sua handbike, medaglia d’oro nella hand bike a cronometro.

E’ quella di Assunta Legnante, oro nel lancio del peso, con tanto di record mondiale. E’ quella di Martina Caironi, oro nei 100 metri. E’ quella di Annalisa Minetti, che nel 1998 vinse Sanremo e che oggi è salita sul podio, conquistando una bella medaglia di bronzo nei 1500.

E’ l’immagine del nuotatore sudafricano, Achmat Assien, che ha perso una gamba nella baia di Città del Capo, divorata da uno squalo.Oggi, mentre è in vasca, immagina di essere ancora rincorso da quello squalo. Il suo mostro è diventato il suo punto di forza.

E’ l’immagine di Andrea Macrì che a diciassette anni, uscendo da scuola, ha perso l’uso delle gambe colpite da una trave cadute dal soffitto della scuola. Il suo amico Vito, che era con lui, ha perso la vita. Dice Andrea oggi quando sale in pedana a tirare di scherma: “salgo in pedana pensando a Vito, è il mio modo per tenerlo in vita”.

A guardare i volti di questi campioni c’è di che riflettere, al di fuori di ogni retorica. Senza occhi, braccia, gambe non sfidano il mondo, ma se stessi, le loro paure e vincono, qualche volte medaglie, con risultati eccellenti, qualche volta partecipando straordinariamente.

C’è una morale da raccontare, soprattutto ai giovani nelle storie di vita di queste persone. Senza retorica melensa o accenti compassionevoli, che credo facciano loro torto e orrore a me: non mollare mai, trovare una ragione per una nuova sfida. Per una nuova vita, a volte, più speciale di una cosiddetta “normale”.

2 MILIONI DI EURO ALL’EMILIA PER RIPARTIRE

Detto, fatto. Abbiamo una parola sola. Avevamo detto che avremmo devoluto l’ultima tranche dei rimborsi elettorali delle politiche 2008 alle popolazioni colpite dal terribile terremoto in Emilia Romagna. Così sarà.

Italia dei Valori consegnerà un assegno di 2 milioni di euro alle autorità competenti del comune di Finale Emilia, affinché possano provvedere a rendere di nuovo agibile la scuola comunale, andata completamente distrutta.

La scelta di devolvere proprio ad una scuola una parte del nostro rimborso elettorale non è casuale. “Giovani e istruzione”, è questo il binomio da cui dobbiamo e vogliamo ripartire, troppo a lungo trascurato, svilito e umiliato.

Smantellamento della Direzione investigativa antimafia, la Dia. Dopo la denuncia de Il Fatto quotidiano, avevamo chiesto ai ministri Cancellieri e Severino di smentire la notizia. Ieri, il ministro degli Interni si è impegnata pubblicamente a ripristinare i 2 milioni di euro sottratti alla tea (trattamento economico aggiuntivo) destinato agli agenti della Dia. Lo ha fatto alla festa nazionale del Pd. Bene. Ora venga a farlo in Parlamento. E’ quello il luogo degli impegni solenni e inviolabili.

La scelga di tagliare fondi ad una struttura come la Dia, voluta fortemente da Falcone, sarebbe sbagliata. Anzi, così come abbiamo chiesto nella nostra interrogazione, chiediamo al governo di assumere immediate iniziative per rafforzare il ruolo, le specificità, nonché le risorse finanziarie, umane e professionali della Direzione investigativa antimafia.

La Dia ha al suo attivo, tra il 2009 e il giugno 2011, sequestri di beni mafiosi per 5,7 miliardi di euro e la confisca di altri per un valore di 1,2 miliardi di euro, cifre che rappresentano l'introito maggiore per il Fondo Unico Giustizia. Il governo, dunque, confermi l’annuncio del ministro Cancellieri, rispondendo con urgenza alla nostra interrogazione in Parlamento.

ANCHE LA POLITICA “TIENE FAMIGLIA”

Il ‘Tengo famiglia’ diventa categoria politica. In Italia, si sa, il familismo è un concetto sociologico ben radicato nella società. All’estero passiamo per ‘mammoni’ troppo legati agli affetti familiari per esplorare il mondo da soli.

Preconcetti. Gli italiani non sono certamente così. Anche se il malcostume politico e la mancanza di etica in certi casi rafforzano questi stereotipi. Prendete il caso del consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia. Dopo dodici anni ha abrogato la legge che vietava la concessione di benefit e contratti ai parenti.

In altri paesi una norma del genere non avrebbe ragione di esistere, perché per etica ed opportunità nessun politico si sognerebbe di assumere parenti o versargli contributi pubblici. La nuova legge friulana è un indicatore importante dei vizi della politica e di un errato concetto della cosa pubblica.

Non ci sarebbe nulla di scandaloso o illegale a finanziare un progetto presentato dal parente di un politico, è chiaro, ma è l’abuso del potere conferito dai cittadini per amministrare che rende odiose certe pratiche.

Diffuse non solo in politica, ma anche nella società, basti pensare all’accesso alle professioni, spesso più facile per chi è ‘figlio di...’. in questo modo selezione e meritocrazia vanno a farsi benedire, con danni che si ripercuotono su tutto il tessuto sociale.

E’ un problema culturale più che politico, ma la politica, a tutti i livelli, non può più ignorarlo. Per questo, anche a livello nazionale, servirebbe una regolamentazione del fenomeno, un passaggio essenziale per tagliare non solo i costi della politica, ma per depotenziare un metodo sotterraneo e scorretto che ha provocato già troppi guai.

CORRUZIONE, UNA TASSA DA 70 MLD DI EURO

 Quattro punti di Pil: è quanto vale la legge anticorruzione. Secondo le stime della Banca Mondiale un’efficace lotta alla corruzione determina un aumento del reddito nazionale tra il 2 e il 4 per cento. La corruzione rappresenta oggi un tassa del 20 per cento sugli investimenti esteri, altera il flusso di denaro in entrata e in uscita, generando una sorta di effetto domino. D’altronde, la corte dei Conti lo ha detto più volte a chiare note, la corruzione costa alle nostre casse tra i 60 e i 70 miliardi di euro l’anno, un’enormità.

Allora cosa aspettiamo? Il problema è, ovviamente, politico. Il Pdl non vuol sentir parlare di ddl anticorruzione, se non si mette mano anche al provvedimento sulle intercettazioni – testo fermo da oltre un anno alla Camera - e sulla responsabilità civile dei magistrati, come fossero un trittico, un passo a tre che dovrebbe procedere insieme.

Niente di più sbagliato. Non solo perché le intercettazioni non vanno cambiate e la responsabilità giuridica dei magistrati è un’abominevole trovata, ma perché le tre cose tra di loro non ci azzeccano niente. Una cosa è l’anticorruzione, che fa accresce la stima del nostro paese nel resto del mondo, risana le casse dello Stato e attira investitori esteri, il resto è tutta un’altra partita.

Lo ha ribadito anche il presidente della Repubblica Napolitano qualche giorno fa: la lotta alla corruzione è prioritaria.

Lo è anche per noi, lo è sempre stata. Abbiamo depositato numerose proposte di legge sull’argomento. Ora, chiediamo al ministro Severino di correggere il provvedimento, nel passaggio al Senato. La trasformazione del reato di concussione per induzione in un reato molto meno grave, indebolisce la lotta alla corruzione, trasformando di fatto il provvedimento in un'arma spuntata. Non è quello che ci chiede l'Europa.

IN DIFESA DELLE DONNE E DELLE COPPIE

Basta leggi assurde contro le donne, contro le coppie che non riescono ad avere figli. Basta viaggi della speranza all’estero per fare ciò che in Italia non è permesso da una legge restrittiva contro le libertà personali. Basta ipocrisie politiche ed ideologiche sui temi etici, quel finto moralismo che si trasforma in costrizione. L’Europa ha bocciato, giustamente, la Legge 40, norma liberticida e oscurantista votata per compiacere le gerarchie vaticane più retrive in cambio di un sostegno elettorale. Non ci stiamo.

“Italia dei Valori chiede al governo di “non presentare ricorso alla Grande Camera della Corte Europea contro la sentenza del 28 agosto scorso, al fine di tutelare i diritti delle coppie italiane che desiderano un figlio sano ricorrendo alla diagnosi preimpiantatoria dell’embrione, al pari di quanto previsto in moltissimi altri Paesi del mondo e ad assumere tutte le iniziative idonee a rispettare la sentenza di Strasburgo”.

E’ questo il perno della mozione che abbiamo presentato oggi. La Legge 40, sin dalla sua approvazione, si è dimostrata inadeguata a garantire i diritti delle coppie italiane, ponendo più limiti e divieti che opportunità e per questo è necessaria una riscrittura che adegui la normativa nazionale alle diverse sentenze emerse in questi anni dai tribunali italiani ed europei.

Concedere la possibilità alle coppie italiane fertili, ma portatrici di gravi patologie, di accedere alle tecniche di fecondazione assistita e ricorrere alla diagnosi preimpiantatoria non significa parlare di eugenetica, non significa manipolare i geni per migliorare la razza, né scegliere l’aspetto che dovrà avere il nascituro, ma significa garantire a tutte le coppie che lo desiderano di poter avere un figlio sano e di non fare ricorso all’aborto terapeutico. Stiamo dalla parte dei cittadini, dei diritti, del buonsenso.

Ci aspettiamo che il Parlamento l’approvi anche col voto delle aree più sensibili e laiche del centrodestra, che, ad anni di distanza dall’approvazione, dovrebbero essersi resi conto dell’assurdità di una legge che non tutela nessuno e che limita tutti. Una legge che crea problemi concreti, che limita la libera scelta e, soprattutto, genera infelicità.

MONTI BIS E MONOPOLIO POLITICO

Monti-Bis? Sembra il nome di un programma televisivo. Un brutto programma. Un sequel che, dopo aver visto la prima seria, non promette nulla di buono. Negli ultimi mesi il dibattito politico è stato dominato da due temi, legati a doppio filo; legge elettorale e Monti Bis. Se uno avesse smesso di leggere i giornali durante l’estate e avesse ripreso solo ora, neanche si sarebbe accorto dell’ interruzione.

A me sembra un tantinello paradossale che diverse forze politiche (o loro parti più o meno consistenti), abdichino al loro ruolo, rinuncino ad esprimere un candidato e si affidino ai tecnici. Magari ci sono leader che puntano direttamente al Quirinale senza passare per palazzo Chigi, come una specie di Monopoli politico, e quindi pensano che fare un passo indietro sul governo significhi farne uno avanti verso il Colle.

Attenzione alle carte degli imprevisti e delle probabilità. Il vero surrealismo, però, è che i partiti pensano di poter decidere senza consultare i cittadini, ai quali pensano di consegnare una pappa precotta sotto forma di legge elettorale. Precisamente, un vasto fronte, pensa di imporre il Monti bis attraverso un meccanismo elettorale che non consentirà un governo di coalizione di centrosinistra (o di centrodestra), ma imporrà un governo di intese più larghe.

Un altro governo tecnico. Basta, abbiamo già dato. Monti si candidi pure, è certamente legittimo, ma per governare servono i voti, il consenso popolare, la legittimazione democratica. Si candidi dunque, ma senza trucchi, senza ‘leggi truffa’, senza calcoli politici a tavolino. Da troppi anni, politici incapaci, furbi o in malafede, hanno ‘stressato’ la democrazia italiana.

Attraverso l’ abuso di decreti e fiducie (fin dai tempi di Craxi), attraverso sistemi elettorali che hanno privato i cittadini del potere di scelta, attraverso la nomina per investitura del capo dei parlamentari, attraverso lo svuotamento del principio della rappresentanza. In questo modo hanno provocato una forte disaffezione nei confronti della politica, e ridotto la partecipazione. Prima si capisce tutto questo, prima l’Italia potrà avviare l’indispensabile processo di rinnovamento civile, culturale e sociale.

ART.18 E MODERNITA' DELL'ALABAMA DEL '700

++ MONTI, CON STATUTO LAVORATORI MENO POSTI DI LAVORO ++ ALCUNE NORME HANNO DETERMINATO INSUFFICIENTE CREAZIONE DI LAVORO (ANSA) - ROMA, 13 SET - ''Certe disposizioni dello Statuto dei lavoratori ispirate all'intento nobile di difendere i lavoratori hanno determinato insufficiente creazione di posti di lavoro''. Lo ha detto il premier Mario Monti.

E’ giusto. L’Art. 18 ha bloccato la creazione di posti di lavoro, lo sviluppo, l’innovazione e gli investimenti. E’ notorio, infatti, che è stato proprio l’ Art 18 a frenare la competitività del sistema produttivo italiano. Alcuni sciocchi incompetenti ancora insistono testardamente a dare la colpa ad altre questioni del tutto marginali ed insignificanti. La corruzione ad esempio. Alcuni stolti con le bende nere sugli occhi dicono che la corruzione sia una delle cause che frena lo sviluppo economico. Ma dai, come si fa a sostenere tesi così arretrate e retrograde? E’ una questione piccola piccola, che costa allo Stato solo sessanta miliardi di euro all’anno (sì, proprio sessanta miliardi di euro). Bruscolini.

Siamo seri per favore, perché è l’Art 18 a limitare l’occupazione. Non certo la burocrazia e la lentezza del sistema giudiziario. Ma davvero credete che un imprenditore, un’azienda, un investitore straniero, si lascino scoraggiare da qualche anno di lungaggini burocratiche per aprire un’attività e siano spaventati dai diversi anni che servono per arrivare a sentenza in un processo??

Fandonie messe in giro dai soliti disonesti. Come la storiella sulla mancanza di infrastrutture. Di quelle che servono. Da noi serve il Ponte di Messina, e basta! Addirittura c’è chi dice che la criminalità organizzata - mafia, camorra, n’drangheta – abbia frenato lo sviluppo del Sud Italia. Quante "baggianate".

E’ tutta colpa dell’Art 18 ed è per questo che il governo dei tecnici, che lo sa benissimo, ha affrontato questa piaga e riformato il mercato del lavoro. Ancora non c’è stato il boom di nuove assunzioni diranno i soliti criticoni in malafede, ma quelli non bisogna manco starli a sentire.

Anzi, vorrei lanciare uno spunto di riflessione sull’ efficienza del sistema economico e del lavoro dell’Alabama prima della guerra civile americana...

LA SOCIETA’ DEI “MAGNACCIONI”

Lombardia. Le delibere della sanità lombarda sarebbero state scritte negli istituti privati e poi approvati nella giunta regionale lombarda. Questo il contenuto delle rivelazioni di una funzionario della fondazione Maugeri, oggi arrestato. Sarebbe anche capitato, in alcuni casi, che veniva calcolato il risultato che la Fondazione avrebbe raggiunto qualora fossero stati recepiti determinati parametri dalle delibere regionali.

Lazio. Ricevute per cene gourmand, viaggi con amanti, acquisti di cravatte e di articoli pregiati di pelletteria e, persino, il noleggio del set di Roma antica a Cinecittà per una festa. Così se ne sono andati in fumo i 100 milioni di spese annuali del consiglio regionale del Lazio. Il consigliere Franco Fiorito del Pdl avrebbe maneggiato, senza nessuna forma di controllo, più di otto milioni di euro di denaro pubblico in due anni e andrebbe anche fiero di come lo ha fatto: “M’emporta poco dei regolamenti e della costituzione, a me piace la politica, qui famo ammistrazione”. Sono parole sue, rilasciate a Radio Radicale. Una strada idea di cosa sia la politica, di cosa significhi amministrare la cosa pubblica, se a carico dei contribuenti risulta, come sembra, il pagamento dei weekend a Porto Cervo pagati del consigliere regionale, i conti esteri intestati a se stesso e le cravatte di Marinella, le ostriche, capesante, festini e via discorrendo.

Questo è accaduto ieri e, se non vi si porrà rimedio, accadrà anche domani. Mentre politici, governo, giornali parlano di riduzione dei costi della politica, di un’opera di moralizzazione, di una stretta agli sprechi e ai privilegi, c’era chi compra ostriche e champagne, alla faccia della crisi.

La classe politica e' sorda alle richieste degli italiani di maggiore chiarezza nella gestione dei soldi pubblici. Quanti scandali ancora dobbiamo sopportare perché si prenda coscienza della necessità di una nuova normativa, seria e trasparente?

Il 12 ottobre parte la raccolta firme per il referendum firmato Italia dei Valori per  abrogare il finanziamento ai  partiti. Saranno i cittadini, ancora una volta, a decidere la partita.

LA MIA INTERVISTA A "LA ZANZARA"

Pubblico la versione integrale della mia intervista a La Zanzara, la trasmissione radiofonica di Radio24, andata in onda lo scorso 12 settembre.

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D. E’ migliorato qualcosa nei rapporti con Di Pietro oppure continua a considerarlo, come nell’intervista rilasciata al Corriere della Sera ad agosto, uno che scodinzola dietro a Grillo?

R. In quell’intervista ho detto tante cose che riconfermo, ancora oggi, dalla prima all’ultima parola. Ovviamente, questo epiteto dello scodinzolante è  quello che ha colpito di più ed è l’unico, devo dire la verità e in quel momento era anche un po’ arrabbiato, aggettivo che ritirerei. Anche perché, più che altro, dà la sensazione sbagliata, ovvero, che io abbia un problema personale con Di Pietro. Il problema, invece, è soltanto di scelte politiche.

D. C’è stato qualche cambiamento. Lei potrebbe anche lasciare Italia dei Valori?

R. No assolutamente, io non ci penso proprio. Ho intenzione di fare una battaglia fino in fondo dentro al mio partito, perché credo che oggi ci stiamo giocando davvero la possibilità di avere nella prossima legislatura, da qui a sei mesi, un governo di centrosinistra. Io credo che il Paese ne abbia bisogno, per rilanciare l’economia, per ottenere insieme due cose fondamentali: giustizia sociale, equità e attenzione al lavoro. Io credo che alcune scelte del nostro partito non siano state giuste e abbiano reso più difficile questa alleanza, più lontana anche la prospettiva di un governo di centrosinistra, che per me in questo momento è il valore più importante per il Paese.

D. Ma ormai, caro Donadi, la partita delle alleanze mi sembra persa.

R. Sarò ottimista per natura ma credo che i sei mesi che abbiamo ancora davanti prima della campagna elettorale se c’è la volontà davvero di cambiare, se c’è la volontà di mettersi a lavorare e costruire, di smetterla tutti – perché questo è un po’ il passatempo in generale  soprattutto dalle parti del centrosinistra di demolire tutto, i rapporti, ogni rapporto di coalizione – in sei mesi si può davvero costruire un’altra Italia.  La settimana prossima, noi abbiamo un incontro importante a Vasto e io andrò li per ripetere le stesse cose senza fare sconti, magari mettendo da parte quella parola scodinzolante, della quale non sono poi tanto contento.

D. Se lei ha detto che il problema resta  la decisione di dimettersi c’è, perché da quando lei ha parlato Di Pietro si è addirittura radicalizzato, in alcuni momenti, anche nei confronti di Monti. Oggi ha detto:affidare di nuovo il governo a Monti è come affidare a Dracula un’infermeria.

R. E’ un espressione forte per esprimere un concetto politico molto chiaro. Monti secondo noi, e su questo io sono completamente d’accordo con Di Pietro, ha fatto molto in termini di prestigio internazionale, ma ha fatto scelte di politica nazionale che non hanno di sicuro contribuito a migliorare la situazione. Lui dice che è peggiorata temporaneamente, a nostro avviso alcune politiche sono state proprio sbagliate e comunque tutte sono state socialmente inutili.

D. Scusi allora quale è il dissenso con Di Pietro? Di Pietro è d’accordo sul ricucire con il partito democratico o è questa la partita?

R. E’ questo il punto. A me pare che tutto quello che il nostro partito, Di Pietro in testa, ha fatto negli ultimi mesi vada nel senso di un progressivo allontanamento dal partito democratico, dall’alleanza. Io credo davvero che, se questa è l’intenzione, sia un errore storico e gravissimo. Perché paradossalmente oggi la scelta di Italia dei Valori di non fare tutto quello che è nelle nostre possibilità per stringere l’alleanza con gli altri partiti del centrosinistra, è un po’ un comportamento che agevola, in qualche modo, il verificarsi di quello che non vogliamo. E’ evidente che quanto più l’alleanza di centrosinistra è debole, non ha i numeri per vincere le elezioni , è condizionata – non voglio dire da ricatti perché ricatti non sono, ma sicuramente dalle intenzioni di Casini che nulla hanno a che vedere con gli obiettivi del centrosinistra, è una coalizione debole che rischia di riconsegnare il paese proprio a quel Monti bis che noi non vogliamo.

D. Donadi, ma il Pd appoggia Monti.

R. Certo che il Pd appoggia Monti, ci mancherebbe altro. Ma mi pare che sia una cosa assolutamente ormai acquisita che il partito democratico ha presentato con Bersani una Carta di intenti che è un manifesto nel quale io credo tutti i partiti di centrosinistra , Italia dei Valori compresa, si ritrovi. E’ una buona agenda per l’Italia e non è l’agenda di Monti. Il partito democratico ha sostenuto fino a qui Monti perché, per senso di responsabilità, ha ritenuto di contribuire al sostegno di un governo che dal loro punto di vista…

D. Secondo lei ha fatto bene? Mi dica la verità.

R. La risposta non è per eluderla ma è davvero complessa ma netta. Devo, però, usare venti secondi. Negli stessi giorni, nelle stesse settimane in cui noi abbiamo dato il governo del Paese in mano a Monti , in Spagna, e mi pare che la spagna non stia meglio di noi, sono andati a votare. Questo teorema, per cui, o Monti o morte, non era vero. C’era qualcosa di vero però. Che a differenza della Spagna, in Italia il centrosinistra, che oggi non esiste, non esisteva neanche un anno fa. Quindi, il motivo per cui era difficile andare a votare non era perché c’era la crisi ma perché non c’era un’offerta politica vera, credibile, in Italia e all’estero. E siamo messi male anche oggi, non è che siamo messi meglio.

D. Fare il governo Monti, però, è stato necessario, questo lo ammette. E’ stato il male minore?

R. No guardi, noi era da qualche mese che con il Pd e Sel stavamo lavorando ad un programma. A mio avviso, ancora una volta, se ci fosse stata la volontà politica si sarebbe potuto fare. Comunque, guardi, io rispetto la scelta politica. I nostri toni sembrano di mancare di rispetto nei confronti di chi vorremmo poi come alleato.. Il video con gli zombie, le espressioni aggressive verso le persone con le quali vuoi governare e lavorare insieme, sembra forma ma in politica è sostanza, perché alla fine contano anche i rapporti umani.

Noi dovremmo fare un passo indietro rispetto alla nostra volontà di affermare le nostre idee, le nostre posizioni, anche la nostra autonomia, quindi essere un po’ meno liberi nel senso di dire in ogni momento qualunque cosa, ma iniziare a lavorare nell’interesse del Paese per costruire una coalizione.

D. Senta Donadi, ma se tutto ciò non accade, lei può pensare di uscire da Italia dei Valori?

R. No guardi. Ricordo una cosa, di qualche mese fa, durante la conferenza stampa fra Di Pietro e Vendola – la politica ormai scorre così velocemente che quella conferenza stampa ormai sembra già passato remoto. Vendola disse noi non ci stiamo in coalizione se non c’è Italia dei Valori. Alla domanda di un giornalista, che era identica alla sua di adesso, Vendola diede una risposta molto saggia e vera: in politica le subordinate uccidono la principale.

Io non ho nessuna intenzione di andarmene da Italia dei Valori,  perché sono convinto che alla fine prevarrà il senso di responsabilità e la volontà di assumersi la responsabilità di governare questo paese.

D. Diversi esponenti del suo partito, Di Pietro in primis, ne hanno dette di tutti i colori su Napolitano, sul Pd. Ormai non si può più tornare indietro.

(intervento del secondo giornalista, David Parenzo). I primi a non voler tornare indietro sono proprio quelli del Partito democratico. O lei dice chiaramente a Tonino “Ah Toni’, stai a sbaglia’ strategia amico mio.

R. L’ho detto chiaramente, molte volte.

D. Ma i comportamenti di Di Pietro potrebbero favorire anche il ritorno di Berlusconi o la vittoria del centrodestra?

R. Torno a ripetere, Italia dei Valori fuori dalla coalizione di centrosinistra indebolisce la coalizione di centrosinistra e determina quindi due conseguenze quasi automatiche. La prima è che si tornerà a fare la grande coalizione, e quindi che il premier sarà ancora Monti. La seconda è che all’interno della Grande coalizione ci sarà pure Berlusconi con il suo partito a continuare a fare i suoi affari.

D. Dica chiaramente a di Pietro che favorisce Berlusconi. Questa è la realtà, con i suoi atteggiamenti.

R. Non è che favorisce Berlusconi. C’è il salto di un passaggio che è un po’ una forzatura. Questo non è assolutamente vero. E’ vero che se Italia dei Valori non fa la sua parte, e fino a qui non l’ha fatta appieno, nel contribuire alla nascita di una coalizione nella quale prima di tutto ci deve essere da parte di entrambi, anche del Pd che troppo spesso si ricordano delle intemperanze di Di Pietro e dimenticano le intemperanze nei nostri confronti che non sono mai mancate.

D. Senta Donadi, il nome dal simbolo. Oggi Di Pietro ha detto che non va tolto. Secondo lei va tolto?

R. Oggi Di Pietro ha detto delle cose importantissime. A me il leaderismo che impregna tutta la politica italiana non mi piace, a cominciare da Casini che toglie il nome dal simbolo fa un po’ ridere. O andiamo davvero verso un nuovo modello di partito….

D. Però in nome va tolto o no?

R. Prima si toglie meglio è. Capisco poi il ragionamento di convenienza elettorale, per cui è un marchio e quindi un valore elettorale. Ma ribadisco: il problema non si risolve togliendo o mettendo il nome. Se è un partito personale resta tale anche se toglie il nome dal simbolo. Oggi purtroppo a parte il partito democratico, che a volte soffre anche di eccesso di democrazia, tutti i partiti che governano la scena politica italiana sono partiti personali. Tutti, proprio tutti. Io credo che anche questa sia una battaglia da fare, perché credo che questi partiti personali abbiano fatto ormai il loro tempo.

D. E’ sbagliato dare del fascista a Grillo?

R. Prima risposta, è sbagliato, ma significa anche non comprendere che Grillo in realtà è soltanto un tramite di milioni di italiani che esprimono rabbia e disagio.

D. Ma lei se dovesse scegliere tra votare Casini o Grillo chi voterebbe? Dica la verità.

R. Casini.

D. Perché, come considera Grillo?

R. Grillo lo considero una persona che porterà in Parlamento delle persone per caso. Senza un progetto politico serio per il Paese, senza una classa politica esperta e competente in grado di governare il Paese nel momento più difficile degli ultimi 150 anni. Per cui, se mi chiede se preferisco essere governato da una forza opposta alla mia ma che ha serietà e competenza, piuttosto che da una forza per la quale posso avere molta più simpatia ma che ritengo del tutto incompetente a governare.

D. Ma preferirebbe addirittura anche il Pdl a Grillo?

R. Guardi, grazie al Cielo questa è un’eventualità che gli italiani hanno scongiurato da tempo.

D. Però il Pdl è più responsabile di Grillo.

R. Questa è una provocazione e non sono così farlocco da caderci. Io le rispondo che a governare deve andare il centrosinistra, proprio per evitare che ci vadano da un lato i populismi e le demagogie di Berlusconi, dall’altra l’inesperienza al potere di Grillo.

D. Ma anche in Grillo c’è demagogia…

R. Guardi, ribadisco, la si può chiamare in tanti modi. Io credo che Grillo forse non meriti neanche tutte queste attenzioni, ma che meritino molte più attenzioni i milioni di italiani che attraverso Grillo mandano a dire ai partiti “guardate che oggi voi fate schifo, vogliamo qualcosa di profondamente diverso, vogliamo un ricambio forte”, che in fondo è il messaggio che in modo più evoluto e raffinato porta avanti anche Renzi. E’ il disagio di alcuni italiani che ritengono la politica incapace di gestire i problemi del Paese.

D. Ingroia parla troppo?

R. Io credo che i magistrati dovrebbero parlare con le loro sentenze, non concedendo interviste a tutti i giornali, televisioni e feste di partito. Detto questo, credo anche che in Italia troppo spesso i magistrati che conducono indagini difficili e delicate, in particolare quelle che riguardano gli interessi della politica, sono lasciati soli, dalle istituzioni e dai mezzi di informazione. Detto questo, secondo me Ingroia sbaglia perché con questo suo iperattivismo mediatico finisce lui stesso per contribuire a indebolire le sue indagini.

D. Qualcuno le ha chiesto di andare nel Partito democratico? Ha ricevuto offerte da altri partiti? Lei andrebbe mai nel Pd?

Io ho solo un partito che si chiama Italia dei Valori, nel quale mi trovo benissimo e che ho contribuito a fondare assieme a Di Pietro quindici anni fa e nel quale voglio continuare a lavorare.

D. Per lei Di Pietro che cosa è? Un padre, un leader di partito un amico? Tra queste tre cose quale sceglie.

R. Un leader di partito.

FORNERO FA ANTICAMERA, FIAT SBARACCA

“Io ho parlato più volte con Marchionne. Ci avevo parlato prima dell’estate, e ci ho parlato di nuovo nei giorni scorsi. Dopo l’annuncio di venerdì all’ amministratore delegato ho chiesto un incontro urgente, gli ho comunicato una serie di date. Mi ha risposto che era in partenza per gli Stati Uniti e che mi avrebbe fatto sapere al suo rientro. Ma finora il suo telefono non ha ancora squillato. Sto aspettando sue notizie. Me le aspetto nei prossimi giorni e non mi faccia dire di più...”.

A parlare non è un esponente sindacale di secondo piano, né un politico di mezza tacca. A parlare è nientemeno che il ministro del Welfare Elsa Fornero. Un pezzo da novanta del governo italiano che fa anticamera davanti all’ufficio dell’amministratore delegato di Fiat. E non ci fa una bella figura. E’ la prova della debolezza della politica, in tutte le sue forme, compresa quella ‘tecnica’. Che poi di ‘tecnico’ ha ben poco...

Marchionne ha stracciato gli accordi firmati dopo i referendum nelle fabbriche, ha annunciato la chiusura di uno stabilimento, dopo aver attaccato i diritti dei lavoratori sta scatenando una guerra tra poveri tra i dipendenti di diversi stabilimenti.

La Fiat dopo aver ‘munto’ per decenni lo Stato come fosse una vacca grassa, ora cambia strategia, se ne va canticchiando ‘chi ha avuto ha avuto (la Fiat), chi ha dato ha dato ha dato (lo Stato)’. E così l’Italia si avvia a perdere un altro pezzo importante della sua industria.

La deindustrializzazione di un Paese che una volta era all’avanguardia nella produzione prosegue senza sosta. Da vent’anni. La diagnosi è chiara: manca, ancora una volta, il progetto, la visione, l’idea di società.

E leggere di un ministro trattato come una colf non fa onore ad un governo che si è presentato come il salvatore della patria, che è stato inflessibile con i deboli, ma che con i potenti (Fiat e banche) si fa zerbino, incapace di esercitare il proprio ruolo.

Le prossime elezioni dovranno segnare una svolta, dovranno indicare una coalizione capace di governare con un progetto, non semplicemente di amministrare il poco che c’è rimasto nella speranza di restare in sella il più al lungo possibile. E la rinascita industriale dell’Italia dovrà essere uno dei punti più importanti dell’agenda di governo.

A VOLTE RITORNANO…

Così ritorna, almeno pare. Dopo la vacanza nel resort di Briatore a Malindi, e la buca data ad Atreju, la festa dei giovani del Pdl organizzata ogni anno dalla Meloni, l’ex presidente del Consiglio, quello che ci ha fatto perdere la faccia nel mondo, ha annunciato che tornerà sulla scena politica attiva. A pensar malesi fa peccato, ma con Berlusconi ci si azzecca: evidentemente ha ancora qualche affaruccio personale da sistemare.

Il suo ritorno è, ovviamente, in pieno stile biscione condito con un pizzico di Re sole: promesse, spot e potere assoluto al premier. “Abrogheremo l’Imu, cambieremo la costituzione, affinché il primo ministro abbia la possibilità di nominare e revocare ministri, perché possa usare il decreto legge immediatamente efficace.

Unica condizione per il suo rientro, la legge elettorale. Se sarà proporzionale io potrò avere certo un ruolo, se sarà qualcos’altro allora potrò decidere quale sarà il ruolo di Silvio”. Come dire, gioco solo se vinco.

Con queste premesse, la mente corre veloce agli ultimi 15 anni di berlusconismo: è il sequel di un film bruttissimo che, se andasse di nuovo in onda, ci porterebbe verso il baratro finale e ad una crisi irreversibile.

Non è più il tempo dei leaderismi, non e' piu' il tempo delle parole, ma dei fatti, delle strategie e del rilancio. La questione Fiat dimostra che la politica deve avere la capacità di presentare un progetto industriale, un piano strategico per rilanciare l'economia produttiva. E’ di questo che c’è bisogno nel futuro del nostro Paese. Non di chi, con immarcescibile faccia tosta, ripropone il vecchio e stantio messaggio del vuoto pneumatico.

LA LEZIONE DI FRANCONE

Ci voleva "Francone" Fiorito – er Federale d’Anagni, come lui stesso si definisce - per svelare la corruttela, il malaffare, la rapacità che imperversa nella Regione Lazio? Ma certo che no. Ci voleva il baccanale romano per capire che certa politica non è più in fase di decadenza perché è già caduta fondo al pozzo della moralità? No. Non serviva tutto questo. Era sotto gli occhi di tutti.

Certa gente ostenta un tenore di vita che non potrebbe permettersi, rendendo palesi i propri comportamenti. Il degrado è tale che adesso i politici presi con le mani nella marmellata non si dimettono. Non si vergognano, ma anzi, passano al contrattacco, accusano, insultano, ignorano le domande. La Polverini in consiglio regionale ha fatto una sceneggiata da premio Oscar. Bene, brava, bis. Effetti? Nessuno. Le dimissioni? Ma per carità, si evocano, si ‘minacciano’, si ipotizzano, ma non si rassegnano. Mai.

La grande lezione di ‘Francone’ è che la politica cattiva si vede a occhio nudo, senza bisogno di inchieste e verifiche. E tutto questo vale anche per Formigoni, ormai da tempo sulla graticola, che non mostra la minima intenzione di staccare le terga dalla comodissima poltrona. Nonostante tutti gli scandali.

L’Italia ha bisogno di recuperare i principi fondamentali dell’etica pubblica e della trasparenza. Ieri alla Camera si è sviluppato un dibattito surreale sulla proposta di far controllare i bilanci dei gruppi da società di revisione contabile. Giusto, giustissimo, noi lo faremo, perché quei soldi sono dei cittadini, che hanno il diritto di essere informati su come vengono usati. Allora si scoprirà che c’è chi li utilizza per svolgere il proprio mandato, per organizzare l’attività politica, e chi li spende in ostriche, champagne e dame di compagnia.

IL CENTROSINISTRA RIPARTE DA VASTO

 Ripartiamo da Vasto. Il lungo esecutivo di ieri è stato proficuo, si è chiuso con la stesura di un documento unitario in cui il passaggio politico fondamentale è l'impegno a rilanciare l'alleanza di centrosinistra: l'esecutivo nazionale Idv 'ribadisce la volontà di Idv di costruire insieme alle forze politiche e sociali riformiste di centrosinistra, una coalizione basata su un programma di governo comune e che sia alternativo alla deleteria esperienza dei precedenti governi Berlusconi ed anche alle politiche dell'attuale governo Monti ed in tal senso dà mandato pieno al presidente ed all'ufficio di presidenza del partito di ricercare (nei modi, nei tempi, e con le forme che l'agenda politica e le linee guida fondamentali del partito oggi illustrate dal presidente ed approvate permetteranno) ogni percorso utile a raggiungere l'obiettivo con il coinvolgimento attivo dei mondi utili della società civile'. Scripta manent.

E', per quanto mi riguarda, una grande soddisfazione politica. Ma, si sa, in politica, occorre cautela. Perché si realizzi il prgetto di dare al Paese un governo riformista e progressista, a questo documento dovrà seguire un'azione politica coerente e conseguente. Questo non significa mettere da parte il proprio programma ed i propri valori, anzi. Significa essere pronti al confronto, ben sapendo che su legalità, diritti e lavoro non siamo disposti a fare sconti, né ad accettare compromessi al ribasso. Il nostro programma è avanzato e dovrà essere la base per una discussione proficua. Italia dei Valori dovrà essere pronta a dare il proprio costruttivo contributo per rilanciare l'unica alleanza alternativa alle destre e ad un nuovo esecutivo tecnico. In molti lavorano, anche all'interno del Pd, per far restare Monti a Palazzo Chigi.

Noi siamo assolutamente contrari. Ma per non prestare involontariamente il fianco a manovre di questo tipo, ordite dai cosiddetti poteri forti di questo paese, dobbiamo inviare segnali chiari ed inequivocabili di apertura ed affidabilità. Per questo ho proposto all'esecutivo di sottoscrivere la dichiarazione d'intenti del Pd, che contiene passaggi pienamente condivisibili. E poi presentare il nostro candidato, naturalmente Antonio Di Pietro, alle primarie di coalizione.

Vogliamo essere protagonisti del cambiamento ed andare al governo per realizzare un programma avanzato aul lavoro, sui diritti, sulla legalità. Dopo venti anni di Berlusconi e berlusconismo, l'Italia ha bisogno di aprire un nuovo ciclo politico, economico e sociale. Italia dei Valori ha una responsabilità storica e non può sottrarvisi.

SERVE NUOVO PATTO LAVORO-IMPRESA

Questa mattina, ho preso parte al dibattito "Un nuovo patto tra lavoro e impresa per sviluppo e solidarietà. Con me, sul palco alla VII festa di Vasto, il segretario generale della FIOM, Maurizio Landini, Maurizio Zipponi, coordinatore nazionale Idv Dipartimenti tematici, e due imprenditori, Massimo Francia, Vincenzo Boccia, vicepresidente Confindustria, e l'economista Paolo Manasse. Questo sono state le mie riflessioni.
L'Italia ha bisogno di un nuovo patto tra lavoro e impresa per rilanciare l'economia del paese e tentare dil risolvere l'emergenza lavoro in Italia. A Vasto, Fiom e Confindustria sono entrambe a casa loro.
Ci sono troppe tasse che gravano sul lavoro, la giustizia e' lenta e manca una vera cultura d'impresa. Per non parlare poi della burocrazia e dell'assenza di una politica industriale. 'Non serve andare a manifestare davanti ai cancelli di fabbriche chiuse, la politica deve pensarci prima, per scongiurare le crisi.
Italia dei Valori ha un programma di sintesi, che coniuga le ragioni degli imprenditori e i diritti dei lavoratori. Purtroppo manca da troppi anni una politica industriale. La politica deve pensarci prima, con anni di anticipo deve lavorare sulle situazioni di crisi. Ogni anno lo Stato destina circa 40 miliardi alle imprese. Ma a chi vanno quei soldi? In molti casi agli amici degli amici, ad alimentare un sistema clientelare che frena lo sviluppo. E' indispensabile eliminare una tassa odiosa, l'Irap, un balzello sull'occupazione.
L'Italia dei Valori si impegna a governare il paese all'interno di una coalizione di centrosinistra, con al centro del programma la solidarieta', la giustizia sociale e i diritti, spostando le tasse dal lavoro verso le rendite, le speculazioni ed il capitale finanziario. Eliminando gli sprechi enormi della politica, a partire da un vero buco nero, la malagestione della sanità.
Ma agli amici della Fiom dico chiararamente: è impensabile, in questo momento, pensare di ritornare a crescere allargando di nuovo i  cordoni della spesa pubblica. La vera sfida, per il centrosinistra, è dimostrare che le risorse che dovremmo reperire per pareggiare il bilancio e ridurre il debito pubblico, dovranno essere reperite riorganizzando la spesa pubblica, meno spesa ma più di qualità, facendo fare un passo indietro alla politica che controlla e male troppi settori del pubblico nel nostro paese, facendo pagare più tasse a chi detiene grandi patrimoni, a chi non le ha mai pagate. Ma sia chiaro: sul rigore nessun passo indietro.

Un gesto per il futuro dell'Emilia

"Ricostruzione" è una parola fantasma nell'Emilia colpita dal terremoto del 20 e del 29 maggio scorso. Fantasma come i paesi disabitati che, con ogni probabilità, verranno ricostruiti tra parecchi anni. L'Aquila insegna.

Eppure gli stanziamenti ci sono stati, a parole e sulla carta. Nove miliardi di euro, dei quali la stragrande maggioranza dei terremotati, però, non ha usufruito. Il primo stanziamento, come riportato oggi dal Corriere della Sera, è stato di cinquanta milioni di euro, gestiti dalla Protezione civile per tamponare l'emergenza. Dovevano bastare per due mesi. Poi, secondo la legge vigente, quella post "cricca", sarebbero dovute subentrare le Regioni.

Il problema è che quei fondi iniziali sono finiti troppo in fretta, ben prima dei due mesi. E i Comuni interessati hanno dovuto "metterci una pezza", pagare di tasca propria per riaprire le scuole e per mettere in sicurezza gli edifici pericolanti. I sindaci dovranno rifarsi sui due miliardi e mezzo previsti per la seconda fase, quella della ricostruzione. Di quei due miliardi, però, è stata stanziata solo la prima tranche da 500 milioni, finanziata peraltro dall'aumento delle accise sulla benzina che quest'estate ha tassato il rientro dalle vacanze.

Le promesse sono tante: 6 miliardi di euro (stanziamento ufficializzato a luglio), poi 670 milioni di euro dall'Unione Europea. E ancora soldi per la ricerca, per la sicurezza sul lavoro e per sostenere l'agricoltura, il settore forse più colpito dal sisma.

E nel frattempo c'è lo spettro del pagamento delle imposte che pesa come una spada di Damocle sulla testa dei terremotati. Ci sono stati gà due rinvii ma prendo in prestito le parole del presidente Errani: la sospensione deve durare molto di più, non si può far pagare a chi non ha più niente.

L'Italia dei Valori, nel suo piccolo, e lo scrivo alla fine di questo post, ha cercato di rendersi utile. Per questo alla festa di Vasto, abbiamo consegnato un milione e 700 mila euro al sindaco di Finale Emilia Fernando Ferioli per la ricostruzione di una scuola completamente distrutta dal sisma. Si tratta dell'ultima rata dei rimborsi elettorali destinata al nostro partito per le politiche del 2008. Abbiamo scelto una scuola, l'officina del futuro perché riteniamo che sia indispensabile tutelare la cultura e l'istruzione delle nuove generazioni per assicurare un domani al nostro Paese.

ADOZIONE GAY, SERVE UN SUPPLEMENTO DI RIFLESSIONE

In questi giorni, si è discusso a lungo sul tema del matrimonio delle coppie omosessuali e sulla possibilità, in qualche modo collegata all’idea stessa di matrimonio, per loro di adottare un figlio.

Come molti dei lettori del mio blog sanno, ho sempre condotto battaglie in prima linea sui diritti civili, perché ritengo che la civiltà di un paese si misuri anche dalla difesa dei diritti, valori assoluti e imprescindibili.

Intendiamoci. Sono assolutamente favorevole al matrimonio per le coppie omosessuali. Se, come sono convinto che sia, il punto saliente di una coppia è il legame d’amore, non vedo differenze nel fatto che due individui appartengano o meno allo stesso sesso. Lo Stato ha il dovere, dunque, di riconoscere, attraverso un’istituzione appositamente prevista quale è il matrimonio, diritti e dovere anche per le coppie omosessuali.

Sul tema dell’adozione per i gay, però, voglio offrire qualche spunto di riflessione, perché temo che un tema così delicato finisca per diventare l’ennesimo campo di battaglia dove piantare bandierine ideologiche, senza tenere nella giusta considerazione i diritti preminenti.

Sia chiaro, lungi da me il pensare che il matrimonio tra coppie omosessuali sia un diritto parziale, o porti alla costituzione di una sorta di famiglia di serie B. La mia perplessità, nel caso dell’adozione, nasce dalla considerazione di un diritto che a mio avviso, è preminente, ovvero quello del minore che, tra tutti i soggetti di diritti civili, è per antonomasia il più debole e fragile, a maggior ragione nel caso di un bambino in adozione, che ha alle spalle un percorso di dolore inimmaginabile.

Faccio due premesse che ritengo importanti per capire. La prima. Nei casi di bambini dati in adozione, nella quasi totalità dei casi, siamo di fronte a situazioni dove l’abbandono in senso stretto è l’ultimo dei problemi. Il più delle volte, questi bambini arrivano all’adozione, avendo già vissuto e subìto esperienze così tragiche che hanno segnato la loro mente e la loro anima in modo così tragico e profondo che spesso neanche una vita intera basta loro per riannodare tutti i fili che si sono spezzati.

Basta parlare con le associazioni che accompagnano i genitori nel percorso di adozione, per sapere che molti di questi bambini hanno un rapporto irrisolto con una delle due figure genitoriali, padre o madre che sia, e che, in molti casi, arrivano a rifiutare anche per un anno ogni contatto con una di queste due figure che, nel loro passato, ha rappresentato il trauma profondo. Si tratta di abusi morali, violenze fisiche, sessuali, che nella maggior parte dei casi, hanno subìto dalla figura paterna.

Seconda premessa. Il numero delle famiglie che intendono adottare è di gran lunga superiore al numero dei bambini adottabili, quasi il doppio. Il ragionamento, dunque, che ho sentito fare in questi giorni, ovvero, meglio una qualunque famiglia che nessuna famiglia per un minore abbandonato, poggia su di un falso. E’ senz’altro uno slogan accattivante, ma rischia di far passare un’informazione errata.

Fatte queste doverose premesse, torno alla domanda di fondo sulla quale dobbiamo interrogarci: tra due diritti egualmente paritari, quello di due adulti dello stesso sesso che vogliono adottare un bambino, che hanno scelto e sono in grado di esprimere il loro punto di vista e quello di un minore, con un vissuto alle spalle tragico, che non è in grado di capire, di difendersi e di scegliere il meglio per sé, quale diritto deve essere preminente? Ebbene, io ritengo che il primo di questi due diritti, pur legittimo, debba essere destinato a soccombere. Se il pur legittimo ed apprezzabile atto d’amore con il quale la coppia omosessuale sceglie di adottare un bambino, come completamento della loro vita di coppia, confligge con il diritto del minore, non può essere il secondo, a mio avviso, ad essere minimamente scalfito.

Dovere dello Stato è garantire al minore le migliori condizioni possibili perché possa ritrovare quella sicurezza, quella stabilità, quella serenità, quell’affetto che ha perduto o, peggio ancora, non ha mai avuto, ma le prime non sono meno importanti dell’ultima.

Non voglio fare un trattato scientifico, per il quale non ho certamente la competenza scientifica, ma proporre il mio punto di vista. Nel caso di un minore fragile, giunto all’adozione in condizioni drammatiche e tragiche, nell’impossibilità oggettiva per lo Stato e le istituzioni preposte, ad immaginare per lui la famiglia più giusta, si deve procedere soddisfacendo quelle regole che per ragioni di cautela, stabilità e serenità del bambino fanno ritenere di gran lunga preferibile per il suo equilibrio e sviluppo emotivo una coppia di genitori eterosessuali.

Non ho l’arroganza di avere la verità. Voglio solo proporre un supplemento di riflessione, necessità che io per primo avverto. Prima di lanciarci in una crociata dobbiamo sentire l’obbligo e la necessità di soppesare nei dettagli ogni cosa per trovare la risposta giusta. Io ritengo che la risposta giusta sia la tutela del minore, il rispetto del suo diritto che deve essere preminente e prevalente, sempre e comunque.

 

 

CRISI, UN BOLLETTINO DI GUERRA

Un’Italia sempre più in ginocchio. Nel 2012 i consumi pro capite degli italiani presentano “la peggior variazione negativa della storia della Repubblica dal 1946”. Nel secondo trimestre di quest’anno, i consumi di ciascun italiano sono diminuiti in termini reali del 6.5%.

La crisi c’è è reale, sta colpendo i cittadini italiani e non lo fa a tutti nello stesso modo. Nel settore del commercio stanno pagando il prezzo più alto i piccoli commercianti.

Brutte notizie anche sul fronte delle retribuzioni. L’Istat prevede  un crollo dei salari nel 2013 se i tanti rinnovi contrattuali che sono in ballo non verranno portati a buon fine. Sono i settori dell’industria, dei servizi privati, della pubblica amministrazione, per un totale di 34 contratti che attendono il rinnovo, che riguardano circa 3.8 milioni di dipendenti.

L’Ires della Cgil afferma che, tra il 2012 e il 2014, i consumi delle famiglie degli operai si ridurranno di circa 600 euro l’anno per una perdita complessiva nel triennio di 1.806 euro. Tra il 2007e il 2011, la perdita media annua di consumo per le famiglie di operai è stata di 200 euro annui. Le cause? Aumento dell’inflazione, della disoccupazione e alla crescita della pressione fiscale.

Oggi, in provincia di Venezia, due persone si sono tolte la vita, a distanza di 24 ore, per problemi legati a difficoltà economiche. Dal 2008 ad oggi sono 15.000 i posti di lavoro persi e decine le imprese che hanno chiuso i battenti ed nelle altre zone del paese le cose non vanno meglio. Le piccole e medie imprese italiane, cuore pulsante della nostra economia, vanno sostenute, con atti concreti, non con le parole. Questo Governo, di cui attendiamo ancora i miracoli tecnici, deve battere un colpo.

Alle famiglie colpite da tali gravissimi lutti  la nostra più sentita vicinanza. Ma non basta, non può bastare, non deve bastare.

LA POLITICA NON E’ SEMPRE CATTIVA

 

C’è chi, anche tra di noi, dei soldi pubblici ne fa un utilizzo poco trasparente e chiaro,  chi, invece, fa politica con due obiettivi: il rispetto della cosa pubblica e la buona amministrazione. Per questo, voglio raccontarvi una storia di “buona amministrazione della cose pubblica”, che ho seguito da vicino e che, concedetemelo, rivendico con un pizzico di orgoglio e il cui merito è da ascrivere ai consiglieri comunali e assessori Idv di Padova.

Il consiglio comunale di Padova, due giorni fa, ha votato il via libera alla fusione della società Acegas Aps (proprietà del comune di Padova e del comune di Trieste al 62% e il 38% di privati) con Hera (multiutility dell'Emilia). Italia dei Valori ha condotto una battaglia, in nome della trasparenza e della riduzione dei costi. Siamo riusciti a portare a casa buoni risultati, che per noi equivalgono a dire minori costi per le tasche dei cittadini.

Ve li sintetizzo in breve. Riduzione del numero dei consiglieri di amministrazione, che passano a 5 e che svolgeranno il loro lavoro a titolo gratuito. Il Cda, dunque, di una multiutilities non sarà più quel “luogo” dove la politica mette le mani e elargisce poltrone e gettoni a profusione ad amici, parenti ed affini, ma una casa di vetro, trasparente, dai costi contenuti. Taglio allo stipendio del presidente, ridotto a 60mila euro l'anno lordi. E poi ancora. In ognuna delle società controllate dal gruppo Acegas-Aps, il cda sarà composto da un unico componente, in qualità di amministratore unico. In ognuna delle società con controllo di maggioranza relativa il numero dei componenti del Cda non sarà superiore a 3.

Ultima piccola ma grande notizia. Una parte degli utili prodotti dalla società non saranno reinvestiti in benefits, regalie, prebende, cene, ostriche, champagne, consulenze e via discorrendo. Saranno destinate, udite udite, in strategie e ricerche per politiche ambientali e di welfare, ovvero all'incremento delle attività a difesa del territorio e per la qualità dell'aria, al miglioramento e all'implementazione delle zone verdi del comune di Padova e all'integrazione e all'ampliamento del fondo in aiuto delle famiglie in difficoltà.

Insomma, sono venute meno un bel po’ di poltrone, con buona pace di chi, prima, ci sguazzava alla grande. Sono stati abbattuti i costi, con vantaggio per le tasche dei cittadini e si farà ricerca nell’interesse dell’ambiente e politiche di welfare in favore delle famiglie più in difficoltà. Troppo poco? Troppo sano? Troppo trasparente? Troppo pulito? Per qualcuno forse sì, per me no.

 

Monti bis e bis-cherate in libertà

Monti Bis. Bis-cherata direi, se fossi toscano. Ma son veneto, e mi astengo. Le prime pagine di ieri e qualcuna di oggi son dedicate all’ipotesi della prosecuzione del governo Monti.

Uao! Notizia sconvolgente se non fosse per il fatto che da mesi, dal giorno dopo l’incarico al Professore continua, ininterrotto, il lavorio dietro le quinte per favorire la nascita di un Monti Bis. Un lavoro discreto, sottile, certosino che va ben oltre la brutale schiettezza di certe dichiarazioni politiche alle agenzie di stampa, alle televisioni o alle radio.

Che Monti dica di non volersi candidare, ma di essere disponibile è un’ovvietà. Tutti sono disponibili se si tratta di sedere sullo scranno più alto dopo quello del Quirinale. Le parole di Mario Monti, dunque, hanno esplicitato all’opinione pubblica ciò che era evidente a tutti quelli che si occupano di politica.

Da mesi il dibattito verte su due temi chiave: Monti- Bis (in tutte le sue accezioni, compresa la cosiddetta agenda Monti) e legge elettorale. Non ci si schioda di un millimetro. E sono temi strettamente interconnessi. Il Monti bis dipende dalla legge elettorale. O, meglio, dalla truffa elettorale. Certi esperti, infatti, stanno lavorando per elaborare un sistema elettorale che
a) permetta a tutti i segretari di dire ‘ho vinto alè alè’, perché altrimenti scoppierebbero problemi interni ingestibili;
b) renda impossibile un governo di chiaro orientamento politico di centrosinistra o di centrodestra;
c) renda ‘inoffensive’ le forze che si oppongono all’agenda Monti;
d) renda indispensabile il ‘papa straniero’.

Bello schema, offensivo come il 4 3 3 zemaniano. Privo, però, del rigore morale del tecnico boemo. E’ uno schema, infatti, che passa sopra la testa dei cittadini, che fa strame dei concetti di democrazia e rappresentanza, che rende inutili e desuete, semplici esercizi stilistici, pratiche come le elezioni. Il sistema sta crollando e i partiti, anzi, certa classe dirigente, cerca di autoconservare se stessa.

Un conservatorismo miope perché non è fondato su ideali e valori, ma su benefici e privilegi. Contro questa deriva di esproprio della democrazia è necessario presentare agli elettori con chiarezza, dire con chi si vuole governare e per fare cosa. E’ troppo chiedere una legge elettorale in cui sia chiaro chi fa il premier, appoggiato da quali partiti e con quale programma?