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GELMINI, TUTTA TAGLI E… MANGANELLI

GelminiGelminiLa nave Gelmini, dunque, va, con buona pace dell’Università. Una cosa sia chiara: questo sciagurato provvedimento che il Parlamento ha approvato non è una riforma. Chiamiamola per quello che è, una presa per i fondelli agli studenti, ai professori e ai ricercatori, in una parola al futuro del Paese. Maria Stella, la mediocre maestrina, ha fatto il suo modesto compitino. L’ha infarcito di titoli altisonanti, che parlano di lotta alle baronie, di meritocrazia, di incentivi per l’eccellenza, di lotta al precariato dei ricercatori, di diritto allo studio e di modernizzazione. Balle colossale. Quando si passa dai titoli ai contenuti la verità viene a galla. La riforma prevede esattamente l’opposto di quanto pomposamente annunciato.
Lotta ai baroni: falso. Invece di introdurre un sistema stringente per cancellare la piaga dei concorsi fasulli o pilotati e di introdurre quello che noi chiedevamo, ovvero,  un sistema trasparente nella selezione del personale docente, da oggi servirà solo un’abilitazione nazionale senza alcuna selezione, comparazione di titoli o graduatoria. Era così prima nella forma, ora è così anche nella sostanza. Non bisogna essere veggenti per predire ciò che accadrà: baroni vecchi e nuovi potranno procedere con una chiamata diretta di chi vorranno loro, all’interno di questo albo, senza alcun vincolo o controllo, consentendo i più sfrontati favoritismi, clientelismi o familismi. Le migliaia di giovani ricercatori meritevoli, che finiranno all’interno di questo albo nazionale, senza parenti in alto o raccomandazioni che contano, non verranno mai chiamati.
Incentivi a università meritevoli: falso. La riforma stabilisce, sulla carta, incentivi  e maggiori contributi pubblici agli istituti più virtuosi: è solo una promessa da campagna elettorale. Vogliono fare le nozze con i fichi secchi perché per l’università non c’è il becco di un quattrino, non c’è un solo centesimo, Tremonti ha tagliato tutto. I maggiori contributi, che ribadisco  non ci sono, non verranno assegnati in base ai risultati dei singoli docenti o dipartimenti virtuosi, ma in base ai risultati di un’intera università dove, come è evidente, i buoni e i cattivi risultati si cancellano a vicenda di modo nulla cambierà in concreto.
Lotta al precariato dei ricercatori: falso. I sei anni previsti come durata massima dell’incarico di ricercatore avrebbe un senso se nel corso di questi anni lo Stato accantonasse le risorse necessarie per l’assunzione quali professori ordinari dei giovani più meritevoli ma non è stato stanziato un centesimo neanche in questo caso. Non c’è alcuna previsione di accantonamento di risorse, come succede nel modello anglosassone, che pure, a parole, vogliono imitare. Finirà così che i giovani verranno sfruttati per sei anni e poi messi in mezzo ad una strada e a venire assunti saranno pochi e rigorosamente raccomandati.
Diritto allo studio: falso. Maria Stella Gelmini si è riempita la bocca con il “diritto allo studio”, ma ha tagliato il 90 per cento dei fondi per le borse di  studio.
Fondo per il merito: falso. Il fondo per il merito tanto decantato, per i prossimi tre anni prevede zero, ripeto, zero euro di finanziamento. La realtà è che il ministro Gelmini si è comportato come una marionetta nelle mani di Tremonti, il cui unico imperativo è tagliare, tagliare, e ancora tagliare.
La maggioranza ha approvato una legge completamente priva di copertura finanziaria, che non dà ma promette ed anche quello che promette è soltanto di restituire una piccola parte dei tagli drammatici che questo governo ha fatto negli ultimi tre anni, mettendo in ginocchio le università italiane.
Lotta alla parentopoli: falso. Italia dei Valori aveva proposto un emendamento affinché non venissero assunti negli atenei parenti ed affini entro il terzo grado. Il Governo ha stravolto il senso del nostro emendamento, rendendolo di fatto un’arma spuntata. Con una semplice e finta lettera di dimissioni temporanee del professore, forme di nepotismo e di familismo continueranno ad essere la regola d’oro degli atenei, con buona pace del merito e delle capacità. L’emendamento di Italia dei Valori intendeva spezzare le redini a questo sistema, non lasciando scampo ai furbi. La riforma finge di combattere la parentopoli negli atenei, in realtà rimarrà tutto come era prima.
Questa è una riforma che la scuola e l’università e le nuove generazioni, che rappresentano il futuro di questo paese, non meritavano e non meritano. Così come non meritavano e non meritano l’ipocrisia del Fli e di Fini che ha protestato insieme agli studenti e ai ricercatori, è salito sui tetti dell’università e, alla fine, non solo ha votato questa burletta di riforma ma l’ha definita una delle cose migliori della legislatura. I giovani, gli studenti, i ricercatori e tutto il mondo dell’università hanno chiesto, in questi mesi, di bloccare i tagli e di procedere ad una riforma vera e seria. Come tutta risposta, sono stati traditi due volte.