marzo 2010

CANNOLI ANTICORRUZIONE SERVITI DI LUNEDI'

cannolicannoliOggi andrà in scena la parodia di “Cuffaro Due la Vendetta”. Berlusconi, infatti, festeggerà con la sua corte riunita in consiglio dei Ministri la sentenza con cui la Consulta ha dichiarato prescritto il reato di corruzione in atti giudiziari contestato a Mills. E chissà se ci saranno i cannoli. Di certo ci sarà un disegno di legge farsa, ben confezionato per l’ennesima parata mediatica.Un ddl anticorruzione, varato da un consiglio dei ministri convocato ad hoc, per la prima volta nella storia di lunedì, guarda caso, proprio nel giorno in cui si tiene l’udienza Mediaset, l’escamotage perfetto usato dagli avvocati del premier come istanza di legittimo impedimento. Siamo alla barzelletta, alle scenette da basso impero che segnano il declino non solo di un leader, ma di una società intera.Non ci sarà bisogno di vedere i cinegiornali di oggi per capire che il disegno di legge anti-corruzione è l’ennesimo specchietto per le allodole per quegli italiani che il Cavaliere immagina essere un popolo di gonzi che si beve tutte le sue scemenze.Il ddl più volte annunciato, e poi rinviato, infatti, prevede in caso di condanna definitiva per corruzione, un inasprimento delle pene e l’incandidabilità per i corruttori per le liste presentate alle elezioni. Non ci vuole una grande intuizione politica per capire che aumentare le pene per il reato di corruzione è pura propaganda. La questione sta nel fatto che ormai i politici non vengono più condannati perché i giudici e la magistratura sono stati privati dei mezzi e delle risorse utili ad accertare e trovare i corrotti. Colpevoli salvaguardati e protetti dalle leggi che via via sono state approvate durante i governi Berlusconi. L’elenco è presto fatto: la ex Cirielli che riduce i termini di prescrizione dei reati, la legge che depenalizza il reato di falso in bilancio e che rende più facile per gli imprenditori disonesti procurarsi il denaro in nero per poi riutilizzarlo a fini di corruzione. Tutte norme che di fatto hanno reso impossibile accertare i reati di corruzione e condannare i colpevoli.Se si volesse contrastare basterebbe abrogare quelle leggi e approvare una norma che introduce una corsia preferenziale per trattare più rapidamente i processi che vedono coinvolti i politici.La cosa triste, invece, è dover stare qui anche oggi, su questo blog, a parlare dei processi del premier. E’ vergognoso e frustrante quando fuori dalle stanze del palazzo c’è un’Italia che soffre, quando il vero argomento che meriterebbe un consiglio dei ministri straordinario è quello della disoccupazione ormai dilagante.Questi sono gli argomenti su cui il Parlamento dovrebbe discutere. All’ordine del giorno dell’aula non dovrebbero esserci né il processo breve, né il legittimo impedimento, ma i provvedimenti per fare fronte alla  disoccupazione che, secondo i dati dell’Istat, è arrivata all’8.6 per cento. Il Parlamento dovrebbe discutere delle persone che ormai non si scrivono neanche alle liste di collocamento  perché hanno perso la speranza di trovare un posto di lavoro o del milione di cassaintegrati solo nello scorso anno. Ecco di cosa dovrebbe occuparsi la politica.

UN FAX E UNA MAIL PER RIACCENDERE L'INFORMAZIONE

L’informazione politica è stata spenta, mentre le tv rimangono accese a propinare agli italiani le verità di comodo di questo governo. Il Cda della Rai ha deciso così, probabilmente per obbedire ad ordini superiori. Una decisione molto grave che non ha precedenti nella storia italiana. Non si era mai visto che in campagna elettorale fossero spenti i programmi d’approfondimento politico, i talk show ed i dibattiti. Proprio quando cresce la voglia e la necessità d’informazione i programmi politici vengono cancellati in nome di una bizzarra applicazione della par condicio. Questo vulnus alla democrazia ha un nome e cognome: Silvio Berlusconi. Non è riuscito a cancellare la legge sulla par condicio ed allora ha deciso di interpretarla liberamente. Molto liberamente, un po’ troppo, tanto da provocare proteste anche da parte di chi, come Bruno Vespa, non fa mistero di essere su posizioni governative. Questa decisione provocherà anche un danno erariale dovuto al calo di ascolti e di pubblicità che non sarà inferiore, stando ai primi calcoli, a tre milioni di euro. Insomma, per compiacere il padrone l’azienda si è tagliata volontariamente ed autonomamente gli attributi. L’informazione politica sarà dunque appannaggio esclusivo di noiosissime tribune che nessuno vede e dei telegiornali di regime. E’ facile comprendere che si tratta di una situazione inaccettabile. Non ci sarà nessuno ad approfondire temi scottanti dell’attualità, gli scandali saranno taciuti e la verità in alcuni casi addirittura capovolta.  Facciamo un esempio, il principale telegiornale italiano dice che Mills è stato assolto e non che il reato è stato accertato ma prescritto. Chi ha come unica (o quasi) fonte d’informazione quel telegiornale, che idea avrà della realtà italiana? Della politica? Completamente deformata, crederà di vivere nel paese dei balocchi, governato dai migliori. Continuerà a pensare che Bertolaso è un eroe e che ci sono un sacco di veterinari amorevoli che si prendono cura di graziosi cuccioli. Siamo a un passo dal regime. Mediaticamente siamo già in una dittatura. Ora abbiamo due strade da poter percorrere: accettare supinamente la decisione di spegnere l’informazione o batterci per riaccenderla. Io scelgo la seconda e invito voi a fare altrettanto. Inondiamo di mail e di fax il direttore generale della Rai chiedendo di riaccendere l’informazione. Credo sia il momento di ribellarci. Per questo ho dato vita a un gruppo su Facebook dal nome Un fax e una mail per riaccendere l'Informazione (link). Fate girare il più possibile la notizia e inondiamo la Rai di Fax e mail. Compila la sottoscrizione qui sotto. Essere informati è un nostro diritto, informare (correttamente) un loro dovere. 

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Mauro Masi, per chiedergli di "riaccendere l'informazione" (testo della mail).

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PDL, L'OGM INDIGESTO PERSINO AI SUOI

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Era uscito un attimo a mangiare un panino. Anzi no. Era andato a vedere come stava la figlia che aveva la febbre. Anzi no. Era andato a prendere i lucidi del simbolo. Anzi no. Era andato a recuperare dei fogli mancanti. Anzi no. A fare telefonate. Anzi no. A cancellare i nomi in lista. Anzi no. Ma che ha fatto Alfredo Milioni nelle ore fatidiche che hanno preceduto la presentazione delle liste del Pdl? Proprio non si capisce. Così come non si capisce cosa abbia fatto l’altro Alfredo, il Pallone coordinatore del Pdl nel Lazio che, per correre in aiuto ad Alfredo in cerca del panino, si sarebbe dimenticato di mettere la firma. Sarà. Sta di fatto che per colpa dei peccati di gola del primo Alfredo e quelli di memoria del secondo Alfredo, le liste in sostegno della candidata del centrodestra alla regione Lazio Renata Polverini si sono, appunto, polverizzate in un istante. Senza di esse, non c’è più né candidata, né schieramento, né corsa.

Ma davvero nel Pdl pensano che qualcuno possa bersi questa favola per allocchi? Davvero pensano che si possa credere, anche solo per un istante, a tanta insipienza, impreparazione, improvvisazione e cialtroneria? Se le cose stessero davvero così si dovrebbero dimettere tutti, responsabili nazionali in testa. La verità è un’altra e quanto sia grave lo si è percepito chiaramente dal nervosismo esplosivo del manganellatore mediatico, Ignazio La Russa, ieri in evidente difficoltà di fronte ai colpi e agli affondi del direttore Bianca Berlinguer.

Il partito del Pdl, “quell’ogm geneticamente modificato creato artificialmente per resistere alla pioggia di avvisi di garanzia e frutto di un ardito innesto tra un postfascista, un piazzista, uno stalliere e un perizoma “ – lo scrive oggi Francesca Fornario su l’Unità – come la patata transgenica varata ieri a Bruxelles, non regge la cottura. Alla prova dei fornelli, gli elementi fondanti, Forza Italia e An, si disgregano, vanno per fatti loro e la pietanza in tavola è inservibile, immangiabile nonché indigesta, persino ai suoi stessi padri fondatori.

Gli esperimenti genetici, frutto di alchimie di laboratorio, di fusioni a freddo decise dall’alto mostrano prima o poi i loro frutti sterili. Per di più, se ci metti che quelli che dovrebbero essere gli elementi fondanti di questo strano ogm partitico sono, in realtà, fratelli coltelli, l’un contro l’altro armati, c’è poco da sperare. Altro che partito unico, altro che magico predellino dei miracoli. Questo è il partito di un signore unico, Silvio Berlusconi, che tutto dispone, fa e stabilisce. E che se deve mandare giù il boccone amaro di “una candidatura non figlia sua” si mette di traverso, o almeno, alza le mani e dice ai suoi “roba loro, fanno loro”. Volete la Polverini? E Polverini sia. Ma fate voi. Io vado a mangiarmi un panino.

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CHIEDANO SCUSA CON IL CAPPELLO IN MANO

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Stia sereno il ministro La Russa che, per l’occasione, ha addirittura rispolverato la verve del ventennio annunciando nuove marce su Roma: a noi di Italia dei Valori non piace vincere facile. A qualcun altro dalle sue parti forse sì, ma a noi di certo no. Non ci vengano a fare lezioni di democrazia. Non ne hanno proprio i titoli né la dignità. Per noi la politica è innanzitutto un esercizio di libertà e per questo non vogliamo vincere a tavolino ma vogliamo un confronto vero tra tutte le forze in campo perché siamo convinti di potercela fare grazie alle nostre idee, ai nostri programmi e ai nostri valori. Quello che, però, proprio non possiamo accettare è l’arroganza e la violenza verbale con la quale in questi giorni La Russa, Gasparri, Bonaiuti, i grandi esclusi Formigoni e Polverini, e tutta la corte di nani e ballerine del Pdl, si presentano davanti ai cittadini e alle telecamere, cercando di scaricare sugli altri le loro colpe e cialtronerie, ancora una volta attaccando le istituzioni ed annunciando sfracelli qualora l’opposizione, che addirittura dipingono come golpista, non venga a più miti consigli e a soluzioni politiche. Sia chiara una cosa, anzi più d’una. Se siamo al punto in cui siamo, con due regioni senza il candidato presidente del centrodestra, è soltanto per l’incompetenza, la cialtroneria, ed il pressapochismo della loro classe dirigente, di un Pdl lacerato da devastanti tensioni interne, diviso in ogni regione in montecchi e capuleti, in bande l’una contro l’altra armate, che addirittura, come è accaduto nel Lazio, pare non abbia presentato la lista in tempo solo perché, all’ultimo istante, ha tentato di cambiare i nomi dei candidati a firme già raccolte, il che addirittura, se confermato, si configurerebbe come reato. Il Pdl, invece di blaterare come chi, dopo aver coltivato deliri di onnipotenza, si ritrova all’improvviso precipitato dalle stelle alle stalle, si presenti davanti agli italiani con il cappello in mano e cominci a chiedere scusa. Chieda scusa ai propri elettori per la cialtroneria e l’incompetenza dei loro rappresentanti politici. Chieda scusa agli elettori dell’opposizione che rischiano, incolpevolmente, di vedere interrotta la campagna elettorale e rinviate le elezioni. Chieda scusa alle opposizioni che, in questi giorni, ha definito squallidamente golpiste. Chiesa scusa a quei magistrati seri e coscienziosi delle corti di appello che ha dipinto come mascalzoni al soldo dei “comunisti”. Chieda scusa al presidente della Repubblica che ha ignobilmente tentato di tirare in mezzo a questa rissa che lo stesso Pdl ha prima creato e poi fomentato. E, perché no, chieda scusa agli italiani per aver trasformato la campagna elettorale in un silenzio surreale ad angosciante, dopo aver spento tutte le voci della libera informazione televisiva. Faccia tutto questo il Pdl. E un attimo dopo, parleremo di soluzioni politiche. Fino ad allora, noi non possiamo far altro che aggrapparci a quell’ultimo brandello di democrazia che ancora resiste in questo Paese e che è rappresentato dalla legalità, dall’uguaglianza di tutti i cittadini davanti alle legge e dalla fiducia nella magistratura, come straordinario strumento di garanzia democratica nell’applicare e tutelare questi valori di libertà.

 

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DECRETUM AD PANINUM? INDIGESTO


Tante volte, su questo blog, ho scritto che siamo all’anticamera della dittatura. Un Parlamento umiliato da continui colpi di fiducia, decreti legge a gogò, cinegiornali asserviti al padrone, trasmissioni televisive cancellate in campagna elettorale. L’unica cosa che ci ha impedito, almeno fino ad oggi, di gridare al regime è perché in questo paese vigono ancora elezioni democratiche, cuore ed essenza stessa della democrazia. In queste ore, sembra che nel governo si stia facendo sempre più concreta l’idea di intraprendere la strada del decreto legge per rimediare al pasticciaccio brutto delle liste che una banda di cialtroni targati Pdl hanno commesso nel Lazio ed in Lombardia. Stanno pensando, in poche parole, ad una sorta di nuovo decreto-sanatoria ad hoc che sani, appunto, i signori Polverini e Formigoni. Conosciamo l’arroganza e la protervia di questa maggioranza e siamo sicuri che farà di tutto di più pur di centrare l’obiettivo e salvare la faccia. Per quanto ci riguarda, ovviamente, diciamo un no forte e chiaro sin da ora. Per Italia dei Valori il decreto legge sanatoria che rimetterebbe in pista i candidati del centrodestra è la linea del Piave: cambiare le regole in corsa sarebbe non solo incostituzionale ma eversivo, significherebbe fare carta straccia della nostra carta e mettere una pietra tombale sul cuore della democrazia. Se accadesse tutto questo, saremmo al regime conclamato.Il fatto sconcertante e grave è che il centrodestra non solo non conosce le regole base per la formazione delle liste elettorali, e la tempistica per la presentazione di quest’ultime, ma mostrano gravi ed evidenti lacune anche in diritto costituzionale. L’articolo 72, comma 4, della nostra Costituzione dice, infatti che la materia elettorale deve essere regolata attraverso il processo legislativo normale. Se questo non bastasse, ai soloni del centrodestra viene in soccorso anche la “Disciplina dell’attività di governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri” - legge 400 del 23 agosto 1988 - che stabilisce che il governo non può ricorrere al decreto legge per provvedere nelle materie indicate nell’articolo 72, quarto comma della Costituzione. Cosa vuol dire tutto questo? Che un decreto legge per risolvere il pasticciaccio brutto delle liste è incostituzionale e quindi, con ogni probabilità, anche se interpretativo, verrebbe bocciato dalla Consulta. Significa, soprattutto, che riammettere le proprie liste a colpi di maggioranza, cambiando le regole in corsa, non è democrazia, è dittatura. Non c’altra soluzione, dunque, se non quella di aspettare le decisioni della magistratura. E deve essere proprio così se se ne è accorto persino il Corriere della Sera. E’ la democrazia, signor Berlusconi!

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ELEZIONI FARSA. RIBELLIAMOCI

 

Ma a che punto siamo arrivati? Ieri sera stentavo a credere a quanto stava accadendo. Un governo golpista che si riunisce notte tempo per varare un decreto legge di natura sostanzialmente eversiva per riscrivere le regole elettorali a campagna già avviata. Pochi minuti dopo parte l'edizione serale del TG1 e sbigottito ascolto il commentatore spiegare agli italiani che finalmente il governo sta facendo un 'decreto interpretativo' per mettere mano al caos delle norme che regolano il deposito delle liste. Non norme nuove, si appresta a spiegare il commentatore, ma utili e opportune interpretazioni di quelle esistenti. Nel sentire queste farneticamenti parole guardo negli occhi mia moglie, lei guarda me e mi dice: “Come siamo potuti arrivare fino a questo punto!”. Non passa nemmeno un'ora dalla fine del consiglio dei ministri e già il presidente Napolitano controfirma un decreto che avrebbe creato problemi di coscienza al Governo Ceaucescu e questa mattina addirittura molti giornali riportano la notizia che la presidenza della Repubblica avrebbe preso attivamente parte alla stesura di quel testo.

Da tempo avevo maturato il pensiero che Napolitano fosse soltanto la persona sbagliata nel momento sbagliato, un brav'uomo invischiato in un gioco più grande di lui. Oggi non lo penso più. Quanto ha fatto ieri Napolitano mi ricorda il comportamento di Vittorio Emanuele III quando Mussolini ordinò la marcia su Roma. Poteva fermarlo, scelse di chinare la testa. Ieri, Napolitano poteva, anzi, doveva non firmare quel decreto, ma ha scelto di chinare la testa. Speriamo non finisca come nel 1922. Per questo potremmo anche chiedere l'impeachment del presidente Napolitano perchè quello accaduto ieri travalica ruoli e funzioni della presidenza della Repubblica. Cosa fare a questo punto?. Le elezioni in Lazio e in Lombardia sono elezioni illegali, fuori legge. Sicuramente serve una grande mobilitazione popolare. Tutte le opposizioni unite in piazza assieme all'Italia che, a differenza di Napolitano, non china la testa. Ma temo non basti, già mi vedo l'edizione del TG1 di quel giorno e il commento ci dirà che alcuni comunisti facinorosi sono scesi in piazza per protestare perchè sono le forze del 'male e dell'invidia'. Ci vuole qualcosa di più forte sul piano istituzionale e di più esclatante. Nei prossimi giorni dovremmo rifletterci con attenzione, la scelta è di vitale importanza. Ma credo che dovremmo considerare anche l'ipotesi che il centrosinistra non partecipi più alle elezioni in Lombardia e nel Lazio, tanto ormai sono elezioni farsa realizzate calpestando ogni ogni principio di legalità e di democrazia.

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GOVERNO EVERSIVO OPPOSIZIONE RESTI UNITA

 

Di questa squallida vicenda delle liste del Pdl e dell’ancor più squallido epilogo rappresentato dal decreto salva liste del governo, ho già avuto modo di dire, su questo blog, tutto quello che penso, incluse le responsabilità del Presidente della Repubblica, sulle quali la mia opinione non è mutata di un millimetro. A questo punto, tuttavia, la vicenda diventa tutta politica. Vi è un governo e una maggioranza che, per colpa della propria incompetenza, di un diffuso senso di impunità, di una logica più di potere che di governo, non è stato nemmeno capace di presentare le proprie liste elettorali e che per rimediare a questo disastro, ha dovuto togliere un altro pezzo di libertà in questo paese, un altro pezzo di democrazia, mostrando, attraverso il decreto salva-liste tutto il proprio arrogante autoritarismo. Ma quanto più in un paese si stringe il giogo di un potere ormai allo sbando, tanto più cresce la reazione e l’insofferenza dei cittadini. Non servono sondaggi, oggi, per capire che milioni d’italiani stanno prendendo le distanze da un governo che ha voluto una campagna elettorale surreale: una campagna con liste taroccate, con la politica censurata in televisione e con l’intera informazione televisiva affidata a quelli che ormai sono soltanto telegiornali di regime. L’insofferenza che monta nel paese è un’occasione che questa volta l’opposizione non può lasciarsi sfuggire, come accadrebbe se ci facessimo trovare divisi, in polemica tra di noi e non uniti, nelle parole, negli slogan, in Parlamento e nelle piazze, per chiamare all’appello gli italiani che ancora non vogliono chinare la testa.

Per questo credo sia giunto il momento di mettere da parte le polemiche su Napolitano. Tanto ormai in Italia tutti, politici e cittadini, se hanno voluto, hanno capito e si sono fatti un’idea sui ruoli e sulle responsabilità. Ma non c’è dubbio che la responsabilità è prima di tutto del governo, di questa sua matrice eversiva che sempre lo accompagna e che, come un fiume carsico, ogni tanto affiora. Questo è l’avversario di oggi e, se saremo uniti, sono certo che gli italiani già alle urne il prossimo 28 e 29 Marzo alle urne, questa volta daranno un segnale forte. Il berlusconismo è finito e quelli che abbiamo davanti sono solo i suoi ultimi, ma non per questo meno importanti, colpi di coda.

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RAI: STAVOLTA PAGA CHI SBAGLIA

Via Annozero, largo alla carica dei 101. Cui seguiranno i 102…Risultato? Spettatori dimezzati. Bel colpo per la Rai, complimenti alla maggioranza di centrodestra del Cda ed al direttore generale Mauro Masi. In un sol colpo hanno spento l’informazione politica ed hanno provocato un danno economico consistente all’azienda. Cioè a tutti noi, perché la Rai è pubblica e si regge con il nostro canone. E non naviga in buone acque, visto che è stata gestita come fosse una dependance da una certa politica. Nani, ballerine, amici, amici degli amici, e degli amici degli amici. E i risultati si vedono, sono sotto gli occhi di tutti. Informazione anestetizzata, programmi trash, montagne di spese. Però stavolta non possono passarla liscia. L’hanno combinata grossa. Troppo grossa e gli sta arrivando il conto. Per questo domani presenteremo un’interrogazione parlamentare per chiedere a quanto ammonta il danno erariale. La censura costa e non solo in termini di mancata informazione. La Rai ha perso molti soldi per la mancata messa in onda di Annozero, ma anche di Ballarò, Porta a Porta, In Mezz’Ora e l’Ultima Parola. A quanto ammontano i mancati introiti pubblicitari e quanto è stato speso per i programmi sostitutivi. E’ pronto l’esposto alla Corte dei Conti per danno erariale nei confronti del direttore generale e dei consiglieri del Cda che hanno votato per la sospensione del programma. Domani in conferenza stampa con Antonio Di Pietro e Felice Belisario presenterò l’esposto e un’interrogazione parlamentare. L'appuntamento è per domani alle 16, nella sala del Mappamondo della Camera dei Deputati. Chi sbaglia paga e stavolta a pagare non saranno i cittadini. Infine voglio ringraziarvi tutti per il grande contributo che avete dato all'iniziativa partita proprio da questo blog "Un fax e una mail per riaccendere l'Informazione". Il gruppo su Facebook ha raggiunto quota 5000 iscritti e al nostro caro direttore generale sono arrivate 6000 mail. Grazie a tutti!

 

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LADRI DI LIBERTA’ E D’INFORMAZIONE

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Fuori Annozero, Ballarò, Porta a porta. Ora a rischio anche Report. Il bavaglio sull’informazione diventa sempre più pesante, ma fortunatamente non ha ancora chiuso la bocca alla comunicazione on line e speriamo non possa mai farlo. E’ per questo che non mi stanco di denunciare quanto sta accadendo in questi giorni. Stiamo vivendo una sorte di notte della Repubblica, la democrazia si sgretola di fronte ai nostri occhi attoniti e disgustati. Il governo vara un decreto non solo anticostituzionale, ma illegale, mentre mette una nuova, vergognosa fiducia per blindare una legge ad personam che permetterà a Berlusconi di continuare a godere dell’assurda prerogativa di stare alla larga dalle aule dei tribunali. E intanto, per la prima volta nella storia, con un atteggiamento che sta a metà strada tra il grottesco e l’inquietante, il presidente del Consiglio, fuori di sé, annuncia la piazza, non si capisce su che basi  e contro chi, forse contro se stesso, o magari contro i dirigenti del suo partito. Ma tanto Berlusconi e la sua maggioranza sanno che, per quante ne combinino, per quanto siano travolti dalla corruzione, dai loro errori e da una crisi economica senza precedenti, alla fine il prezzo che pagheranno sarà minimo, perché la gran parte degli italiani, quella che si informa solo dalla tv, grazie al giogo berlusconiano sull’informazione, non ne saprà nulla o quasi. Ecco perché dobbiamo tenere accesa l’attenzione sulla libera informazione. Ecco perché dobbiamo portare avanti la battaglia nata con la campagna “Una mail per riaccendere l’informazione”, che ieri si è arricchita di una nuova iniziativa, con il deposito da parte di IdV di un esposto alla Procura della Corte dei Conti per danno erariale, nei confronti dei consiglieri di amministrazione di maggioranza della Rai e del direttore generale e di un'interrogazione parlamentare. E’ solo un piccolo passo. Non sarà certo questo a risolvere il vulnus democratico rappresentato dalla censura all’informazione. Ma chissà, forse, come tanti anni fa la giustizia riuscì ad incastrare Al Capone, arrestandolo solo per evasione fiscale, magari anche noi riusciremo a mettere all’angolo i tanti “al capini” del governo e dell’informazione (ladri di libertà, d’informazione e di democrazia) che ogni giorno la fanno franca nelle sale del potere, nei palazzi della televisione italiana e del governo.

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NAPOLITANO UNICO E ULTIMO ARGINE

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Con l’approvazione definitiva della legge sul legittimo impedimento, abbiamo assistito all’ennesima sciagura istituzionale. La maggioranza ha approvato un’altra legge illegale ancor più che incostituzionale. Questo provvedimento è l’ennesimo schiaffo alla Corte Costituzionale che, con precise motivazioni, nemmeno due mesi fa, ha sonoramente bocciato il Lodo Alfano che aveva sostanzialmente gli stessi effetti: istituire uno scudo per impedire che Berlusconi e i suoi ministri venissero processati. Un Lodo Alfano Bis, insomma, con valenza temporanea. L’Italia dei Valori continuerà a dare battaglia. Proseguiremo con l’opposizione dura e decisa, in tutti i modi e con tutti i mezzi a nostra disposizione, a cominciare dalla piazza di sabato a Roma. Per il resto rimane solo un altro passaggio decisivo: la firma di Napolitano. Non voglio tirare per la giacchetta il presidente della Repubblica, ma davvero, dal profondo del cuore, mi domando: in questo paese, dove ormai tutte le istituzioni e gli organi di garanzia sono stati delegittimati e travolti dal presidente del Consiglio, chi altri, se non Napolitano, può restare a difendere e tutelare i valori della Costituzione? Mi rendo conto che i poteri del presidente della Repubblica sono parziali e limitati. Che Napolitano è una sorta di Davide con la sua fionda contro un Berlusconi, Golia, violento e spregiudicato. Ma, quando in un paese c’è un governo che viola le leggi e le istituzioni, che approva norme incostituzionali, deve pur esserci qualcuno che si alza e dice: “Questo è troppo”. Bisogna tenere presente che un rifiuto, una bocciatura proveniente dal presidente della Repubblica avrebbero un valore istituzionale altissimo. In questi anni di governi Berlusconi tante sono le leggi che non sono state controfirmate dai presidenti della Repubblica. Ogni loro rifiuto è sempre stato un atto tutt’altro che formale, che ha creato diversi problemi politici alle maggioranze che in quel momento erano in Parlamento, tanto che nessuna di esse ha mai potuto esimersi dal cambiare la propria rotta. Io credo che questo sia il momento in cui Napolitano è chiamato ad una scelta decisiva. Credo debba affrontare anche il rischio di restare travolto dalla macchina da guerra berlusconiana, tenendo ben presente che la fionda di cui egli dispone è un’arma minuta ma formidabile. Spero che questa volta si comporti diversamente da quanto fece in Campania in occasione dell’approvazione dello scudo fiscale (guarda il video), quando disse ad un cittadino: “Se io non firmo oggi il Parlamento approva un’altra volta quella legge e io sono obbligato a controfirmarla”. Ci rendiamo conto che chiediamo a Napolitano di andare a un confronto durissimo, ma il Presidente della Repubblica non può ignorare il fatto che i valori costituzionali non sono comprimibili o negoziabili e il suo ruolo gli impone di difenderli a qualunque costo. Ora abdicare significherebbe cedere alle prospettive di conflitti e tensioni sociali, piegarsi al degrado di un confronto civile e politico. Napolitano è l'ultimo ed unico argine alle tentazioni antidemocratiche e autoritariste di questo Governo.
 

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FASCISMO MEDIATICO TRA GOEBBELS E MAGO DO NASCIMIENTO

“Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà verità”. Lo diceva il tristemente famoso Joseph Goebbels, ministro della propaganda di Hitler. Parole che Berlusconi ha fatto sue. Il suo tentativo di capovolgere la realtà, da un lato, è comprensibile. Provate a mettervi nei suoi panni, poverino, non gliene va bene una: la crisi economica attanaglia il Paese, le imprese chiudono e la disoccupazione aumenta, i suoi sottosegretari e parlamentari vengono indagati continuamente per reati gravissimi, dalla corruzione alle collusioni con camorra (Cosentino) e ‘Ndrangheta (Di Girolamo), il vertice della protezione civile si è  trasformato in una cricca d’affari. Il Pdl è talmente spaccato che i suoi dirigenti non riescono neanche a presentare una lista…Insomma, una Waterloo. E si capisce bene che in queste condizioni dire la verità agli italiani è difficile, imbarazzante. E allora…via con la tattica del Mago Do Nascimiento, quel sedicente stregone che con Wanna Marchi truffò migliaia e migliaia di telespettatori, vendendo fumo a prezzi stellari. La tattica è semplice: in assenza di contraddittorio ci si presenta in tv e si dice ai cittadini che va tutto bene, che la crisi è superata, che le aziende si stanno riprendendo, che mafia, camorra e ‘ndrangheta sono stare azzerate, e che la lista del Pdl non è stata presentata a causa della macchinazione perversa di giudici comunisti e opposizioni golpiste. Balle, balle spaziali, come la parodia di Mel Brooks, ripetute sino alla nausea. La campagna elettorale di Berlusconi sarà una miserabile sequela di menzogne ripetuta dai megafoni di regime. Oggi il Fatto Quotidiano apre con uno scoop: indagini della procura di Trani hanno fatto scoprire le pressioni Berlusconi sul commissario Agcom Giancarlo Innocenzi per far chiudere Annozero e le trasmissioni scomode. E’ la prova che siamo al regime, al fascismo mediatico. Il Fatto ha aperto uno squarcio di verità sul tentativo del governo di censurare l’informazione libera e imbavagliare e controllare i media. Dobbiamo reagire. Tutte le forze democratiche di questo Paese devono reagire con durezza e determinazione a questo tentativo di piegare l’opinione pubblica con una finta informazione. Abbiamo presentato un’interrogazione e chiediamo al presidente dell’Agcom Calabrò le dimissioni di Giancarlo Innocenzi, il commissario che, da quanto si legge, si è prestato ad una operazione ignobile. E’ un fatto indegno che un membro dell’autorità garante per le comunicazioni prenda ordini da una parte politica, di fatto facendo l’esatto contrario di quanto dovrebbe. Per molto meno un tempo ci si sarebbe dimessi. Ma il berlusconismo ha fatto saltare non solo le più elementari regole democratiche, ma anche i canoni della dignità personale. Oggi, però, la sentenza del Tar sui talk show ripristina in parte la legalità nell’etere. I vertici Rai ne devono prendere atto e reinserire nei palinsesti i programmi d’approfondimento politico. Se così non fosse, ci troveremmo di fronte al paradosso che la tv di Berlusconi può mandare in onda i propri talk show e la tv di Stato no. Azzerare l’informazione politica in campagna elettorale ed affidarla solo ai telegiornali di regime che descrivono una realtà che non c’è è un metodo di comunicazione fascista inaccettabile. Per questo lunedì alle 12 quando sarà riunito il Cda Rai, faremo sentire la nostra voce anche a viale Mazzini.

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BERLUSCONI E LA STRATEGIA ALLA MAGO DO NASCIMIENTO

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La strategia di Silvio Berlusconi, per questa campagna elettorale, appare sempre più chiara: possiamo chiamarla “alla mago Do Nascimento”, il compare di Vanna Marchi, quello delle truffe nelle televendite. Visto che la stima del governo, ormai da un anno e mezzo a questa parte, è soltanto una collezione ininterrotta di disastri, con un economia che va sempre peggio, centinaia di migliaia di persone che hanno perso il posto di lavoro, i giovani con il più alto tasso di disoccupazione degli ultimi vent'anni, e via via sempre più famiglie che sprofondano nella povertà, aziende che chiudono, imprenditori che si tolgono la vita per non affrontare la tragedia delle loro aziende che sono costretti a chiudere. Di fronte a tutto questo era evidente che Berlusconi non potesse affrontare una campagna elettorale normale, fatta di confronto, di pluralismo, di idee e contenuti. Ecco allora che parte la strategia alla “mago Do Nascimento”.
Berlusconi, lo sappiamo, ha un controllo quasi totale dei mezzi d'informazione televisivi, ed ecco allora che partono le mosse strategiche: la “mordacchia” definitiva a quel poco di libera informazione che ancora esiste in Rai, chiudendo con un provvedimento ingiusto, illegale e incostituzionale, i talk show televisivi. Provvedimento che poi verrà esteso anche alle tv private, ma è evidente che i più importanti e seguiti sono tutti in Rai. La seconda operazione, che si affianca a questa, è che l'unica informazione di comunicazione politica che a quel punto resta nelle televisioni è quella dei telegiornali, ormai quasi tutti interamente di informazione di regime. Guarda caso proprio oggi l'Agcom, che diffonde i dati sulla presenza delle forze politiche nei vari Tg nazionali, ci dice che nei Tg di Mediaset il governo e la maggioranza dilagano letteralmente con percentuali che arrivano oltre il 90%, con le opposizioni ridotte a percentuali da prefisso telefonico: 1-2%. In Rai non va molto meglio. Al Tg1 tutta l'opposizione insieme occupa appena il 18%, il resto va tutto alla maggioranza e al governo. Si chiude qui la strategia alla “mago Do Nascimento”, Berlusconi può andare in televisione a raccontare un sacco di bugie, ricostruendo la sua personale narrazione delle cose, falsa e bugiarda, che non ha nulla a che fare con la realtà ma che, come diceva il tristemente famoso Joseph Goebbels, ministro della propaganda di Hitler, a cui probabilmente Berlusconi si ispira: “Ripetete una bugia cento, mille, un milione di volte e diventerà verità”. Questa è la strategia alla “mago Do Nascimento” di Berlusconi.
Purtroppo per lui, in questo Paese c'è ancora un istituzione di garanzia che funziona, l'unica, la magistratura, che ci ha dato in queste settimane gli ultimi sprazzi, le ultime speranze, di una democrazia che ancora regge, prima facendo giustizia di quel tentativo indegno del centrodestra che con una norma illegale e incostituzionale ha cercato di ripescare le proprie liste all'ultimo momento, poi sospendendo il provvedimento dell'autorità garante delle comunicazioni che applicava anche alle televisioni private quel regolamento, dato dalla vigilanza Rai e poi applicato in modo ancora più estensivo dal CDA Rai, che impediva la trasmissione dei programmi di approfondimento politico durante la campagna elettorale. La prima decisione arriva da una commissione parlamentare, composta da deputati e senatori, che decide che i talk show televisivi di carattere politico in campagna elettorale o si trasformano in tribune politiche oppure non possono andare in onda. Successivamente il CDA Rai, andando addirittura oltre la decisione di questa commissione parlamentare di vigilanza, decide non di trasformare i talk show in tribune politiche, ma di cancellarli del tutto. A quel punto, un'altra autorità garante, l'AGCOM, decide che per una questione di equità questa norma vada estesa anche alle TV private. Oggi, il Tar, nell'ambito della sua competenza sugli atti amministrativi, sentenzia che questa scelta è stata una decisione illegale e sbagliata, dando alle televisioni private la possibilità di fare anche in campagna elettorale i talk show. Il Tar però deve alzare le braccia sulla decisione della commissione di vigilanza parlamentare, proprio perché è un atto di un organismo sovrano. A questo punto il rischio è che il Tar, pur avendo fatto giustizia, può imporre solo alle tv private di far ripartire i talk show, producendo un paradosso: le televisioni private, in particolare Mediaset, potranno già da questa sera fare talk show politici, ma l'unica a non poterlo fare rimarrebbe la Rai.
Noi crediamo che sia particolarmente importante l'iniziativa che abbiamo avviato in questi giorni, un'iniziativa di grande successo chiamata “Una mail per riaccendere l'informazione”  e che già oggi ha portato a più di 7000 mail inviate al direttore generale della Rai per chiedergli di riaccendere l'informazione libera in questo Paese. Iniziativa che abbiamo proseguito nei giorni più recenti avviando un esposto alla Corte dei Conti per danno erariale verso il direttore generale della Rai e gli amministratori del centrodestra per una decisione che, non solo priva i cittadini italiani di uno spazio di libertà , ma danneggia anche le casse della Rai. Ma non è finita qui. La cosa che oggi dobbiamo impedire è che si produca questo paradosso, dove Mediaset è autorizzata a trasmettere i talk show televisivi mentre soltanto la Rai resta ammutolita.
Oggi, fortunatamente, il Presidente del CDA Rai, Zavoli, ha convocato per lunedì un consiglio straordinario. Il Presidente, però, è solo un organo di garanzia,  e non ha nessun potere su quel Cda che è composto da esponenti messi dalla maggioranza di centrodestra. Per questo chiediamo a tutti i cittadini una nuova mobilitazione: da lunedì a mezzogiorno, momento della convocazione del CDA Rai, faremo partire un presidio ininterrotto davanti alla Rai, perché oggi stiamo assistendo al tentativo di questi “Al Capini”, perché ladri di informazione, ladri di libertà e ladri di democrazia, di spegnere giorno dopo giorno un pezzo della libertà del nostro Paese. Saremo davanti alla sede generale della Rai, in via Mazzini, per testimoniare che c'è una parte del Paese che di fronte alla violenza e all'arroganza di questo regime non china la testa.

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IDV UNICA BARRIERA AL REGIME

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Nessuna colossale sorpresa o stupore. Solo la consapevolezza di essere in preda ad un terribile dejavu. E’ questa la sensazione che ho provato di fronte alla lettura delle intercettazioni di Trani. Ho toccato con mano quello che ho sempre immaginato e saputo. Un dejavù nauseabondo di fronte all’evidenza sconcertante di istituzioni genuflesse al potere, quelle istituzioni che dovrebbero essere organi di garanzia, al servizio del paese, ma che in realtà sono al servizio di chi comanda.Un dejavù inquietante di fronte ad un presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che se ne frega bellamente dei problemi veri della gente, ed è spasmodicamente ed ossessivamente impegnato a controllare la televisioni, che interviene a gamba tesi sui palinsesti televisivi, sulle trasmissioni da mandare o meno in onda, che urla e strepita davanti alla tv quando in video vanno giornalisti a lui sgraditi perchè parlano male di lui, che lancia editti di ostracismo contro Antonio Di Pietro, una faccia da far sparire dalla televisione. Le intercettazioni di Trani sono l’autodafè del regime, la sua confessione disarmante. Il padrone ordina e i soldatini eseguono, che siano giudici, giornalisti o presidenti di organi di garanzia. Un regime odioso, asfissiante, che degrada la nostra democrazia ai livelli più bassi delle classifiche mondiali, che vuole mettere a tacere per sempre qualunque voce libera in circolazione e che vuole, infine, cancellare quell’opposizione che non scende a compromessi e non si prostituisce per un piatto di lenticchie. Non è solo un delirio di onnipotenza quello di Silvio Berlusconi E’ il regime che procede militarmente, che spazza via il nemico cancellandolo da ogni spazio di democrazia.Ci avevano quasi convinto, e lo dico ironicamente, che i fissati dell’antiberlusconismo eravamo noi, che la nostra intransigenza fosse davvero il più grande regalo a Silvio e che con le televisioni non si vincessero le elezioni. La verità è che si sono sbagliati, e di brutto, per quindici anni. La nostra intransigenza, la nostra opposizione dura e pura che non fa sconti è quanto Berlusconi teme di più, non certo la pseudo-opposizione di Casini. Italia dei Valori, lo pensa anche Silvio, è l’unica barriera ed argine al dilagare del suo regime. E scoprire che siamo la sua spina nel fianco ci riempie di orgoglio. E chi fino ad oggi ha ammiccato a Silvio rifletta.

MAISON DU BERLUSCONI': TENDENZA-ALFANO

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E così il peggior ministro della giustizia degli ultimi mille anni, Angelino Alfano, con l’invio degli ispettori a Trani, è riuscito a superare l’ingegner Castelli in quanto a cialtronaggine. Nibbio Alfano, più bravaccio di manzoniana memoria che ministro, ha seguito pedissequamente il copione berlusconiano: tutto va gestito mediaticamente, soprattutto se di mezzo c’è il presidente del Consiglio più inquisito della storia. L’invio degli ispettori, infatti, non è solo un atto indecente, e tra l’altro illegittimo, ma è un preciso strumento di comunicazione messo in campo per far credere che i magistrati di quella procura abbiano agito o fatto qualcosa di male. Così arriva l’ispettore nazionale che, in realtà, non ha nessun tipo di potere o controllo sulle indagini, ma può solo e soltanto vigilare sulla buona organizzazione della procura, sull’amministrazione e gestione del personale. Insomma, l’ispettore non può visionare ma nemmeno guardare da lontano le carte dell’inchiesta. Può solo controllare, ed eventualmente mettere becco, sull’organizzazione interna della procura, se un tal magistrato va bene in quel ruolo, se la produttività  della procura è regolare, se il personale è numericamente adeguato, o meno. Questo, ovviamente, non si dice ai cittadini. Si preferisce ingannarli, lasciandoli pensare che se il governo manda l’ispettore è perché c’è da strigliare qualcuno a dovere. Che se il ministro in persona ha inviato gli ispettori è perché magistrati comunisti cialtroni ci covano e vanno ripresi e, all’occorrenza, puniti a dovere. Ma l’invio degli ispettori non è solo strumento sottile per manipolare la credibilità popolare e persuadere la massa che c’è del marcio in Danimarca. E’ un’arma affilata e penetrante per esercitare sulla malcapitata procura di turno una pressione intimidatoria di stampo mafioso e condizionarne le scelte qualora non intendano piegarsi alla volontà politica. Cosa c’è di nuovo sotto il sole? Ahimè, nulla. E’ evidente, infatti, che quando il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha pensato a chi dovesse ricoprire il ruolo di ministro della Giustizia nel suo governo, scartato Griso-Ghedini, che ha preferito nel ruolo di amanuense delle sue leggi ad personam, ha optato per Nibbio- Angelino, pensando non tanto alle sue fini doti giuridiche, che sono quelle che sono, ma alla sua precipua tendenza caratteriale ad essere uomo “avvezzo ad obbedire tacendo”. Tendenza- Angelino, potremmo chiamarla, quel non so che per il quale  tanti anni fa lo scelse come fido e solerte segretario…

 

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LA LISTA DELLA VERGOGNA DI CASINI

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Oggi nell’aula di Montecitorio è accaduto un fatto di una gravità inaudita. Si votavano le pregiudiziali di costituzionalità delle opposizioni, Italia dei Valori in testa, presentate contro il decreto salva liste, cioè contro quell’abominio costituzionale, votato nottetempo da un consiglio dei ministri riunito in stile carbonaro e con il quale, per la prima volta nella storia della repubblica, si sono cambiate le regole del voto a campagna elettorale già aperta, al solo scopo di riammettere alcune liste del centrodestra legittimamente escluse. Fino ad oggi, questo decreto legge antidemocratico ha avuto una sola paternità politica, quella di Silvio Berlusconi e della sua maggioranza sorda e asservita. Fino ad oggi… per l’appunto! Perché oggi le opposizioni, se tali si fossero dimostrate compattamente di fatto e non solo di nome, avrebbero avuto la possibilità di cancellare definitivamente questa norma incivile e antidemocratica, ripristinando un minimo di legalità nel paese, sfruttando le molte assenza nei banchi della maggioranza. Ma, al momento del voto, mentre tutti i deputati di Italia dei Valori erano presenti, ed anche tra le fila del Pd si registravano soltanto 3 assenti su più di 200 deputati, ben metà dei deputati dell’Udc non era presente in Aula. Per l’esattezza hanno votato soltanto in 22 su 39. Per cui, da oggi, il decreto legge salva liste ha un secondo padre politico, quell’Udc che, dopo aver ispirato, vantandosene, la norma sul legittimo impedimento, potrà aggiungere al suo medagliere politico anche questa ultima preziosa chicca. La verità è che l’Udc, già normalmente è poco presente in aula durante le normali votazioni, quando si tratta di votare le leggi salva Berlusconi, si squaglia come neve al sole e a votare, in quei momenti decisivi, rimane soltanto uno sparuto gruppo di parlamentari. Oggi, questo comportamento ha segnato una pagina gravissima di storia parlamentare, della quale l’Udc si dovrà assumere la responsabilità politica non meno del centrodestra. Per questa ragione, pubblico qui di seguito l’elenco della vergogna: nome e cognome di tutti i deputati dell’Udc che erano assenti. A Pierferdinando Casini, uno dei 19 assenti, fermo detrattore dell’opposizione di piazza, vorrei chiedere, visto che l’opposizione non la fa neanche in Parlamento, se pensa di contrastare il regime di Berlusconi, da casa in pantofole guardando la politica in tv.

QUESTO L'ELENCO DELLA VERGOGNA:

- PIER FERDINANDO CASINI

- MICHELE GIUSEPPE VIETTI

- ROCCO BUTTIGLIONE

- PAOLA BINETTI

- LORENZO CESA

- FRANCESCO BOSI

- ANGELO CERA

- LUCIANO CIOCCHETTI

- TERESIO DELFINO

- ANTONIO DE POLI

-  GIAN LUCA GALLETTI

-  MAURO LIBE'

- GABRIELLA MONDELLO

- SAVINO PEZZOTTA

- MICHELE PISACANE

- LORENZO POLI NEDO

- DOMENICO ZINZI

 

IL PIFFERAIO MAGICO NON INCANTA PIU’

BerlusconiBerlusconiMai una campagna elettorale è stata come questa. Non si discute di programmi, non si confrontano le idee, a malapena si conoscono i candidati presidenti. I toni sono da guerra civile e Berlusconi chiama i suoi ad una sorta di guerra santa, contro i “comunisti ed i magistrati golpisti”. Se questa campagna ha i toni di una guerra rabbiosa, non è colpa dei fatti di Trani, che più che altro rivelano un presidente del Consiglio grottesco dittatore, che urla e strepita e batte i piedi perché non riesce a liberarsi di Santoro, Floris o Di Pietro. Se questa campagna elettorale è così è per una precisa, quanto disperata, strategia. Berlusconi è abituato da sempre ad usare il potere pressoché assoluto che ha sulle televisioni per vincere le elezioni. In questi ultimi vent’anni ha costruito, pezzo a pezzo, una sorta di immensa ragnatela che circonda il paese intero, anzi, potremmo definirla come  una scenografia teatrale che, piano piano, ha  avvolto il paese  intero e che è fatta di “cieli azzurri, bimbi felici e famiglie serene”. E’ quella che ho definito tattica alla Mago Do Nascimiento. Fino ad oggi questa tattica, in tutte le campagne elettorali, era stata giocata sull’ottimismo,  sulla certezza incrollabile che le mille promesse di benessere e di felicità prima o poi si sarebbero avverate: più soldi per tutti, meno tasse, più libertà, fino alla sublimazione suprema del partito dell’amore che ha nel nome stesso la vocazione alla felicità universale. Questi cieli azzurri, queste immagini di benessere e ricchezza, completamente slegati da programmi o progetti capaci di realizzarli riproducevano, idealizzandolo e sublimandolo, il mondo dei ruggenti anni 80. Quelli del sogno italiano, quelli che lui conosceva bene perchè gli avevano portato ricchezza e potere, quelli della pubblicità televisiva che tutto rende possibile. Oggi, come ha scritto molto acutamente su La Stampa Massimo Gramellini, di fronte alla durezza di una crisi economica epocale, che sta spostando il benessere dalla parte opposta del mondo rispetto a quella dove stiamo noi, Berlusconi si rende conto che la scenografia di cartapesta che ha costruito intorno al paese non è più credibile nemmeno per un popolo che si abbevera di notizie solo dalle “sue” televisioni. Oggi non è più facile far credere agli italiani ai cieli azzurri e alle famiglie felici. E quello che fa perdere davvero le staffe a Berlusconi è che qualcuno – sia Di Pietro o gli odiati giornalisti “di sinistra” - squarci la tela della sua favola italiana e riveli, come nel ritratto di Dorian Gray, le brutture della realtà, ovvero, disoccupazione, povertà, crisi dilagante, per non parlare delle ruberie e degli intrallazzi diffusi tra la sua classe dirigente. La verità è che Silvio, come Cimabue, di fronte alla prospettiva svelata al mondo da Giotto, non sa dipingere quadri nuovi, non è capace, non sa che pennelli prendere. Non ha più ricette miracolistiche da propinare agli italiani. Ed allora parte la tattica alla Mago Do Nascimiento bis, che è una sorta di tentativo di salvare il salvabile, di tentare di richiamare, se non con la lusinga dei cieli azzurri, almeno con la paura del conflitto tra le forze del bene e quelle del male i suoi elettori ad un voto che pare sempre più incerto. Da qui la scelta dei toni da guerra civile, contro  le opposizioni, contro la stampa, contro i giudici. Ma ormai la tela è strappata e servono uomini nuovi e idee nuove per affrontare con speranza la realtà che abbiamo davanti a noi.

L’OTTIMISMO NON E' IL 'PROFUMO DELLA VITA'

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Se ieri pomeriggio un cittadino qualunque, intorno alle 18, si fosse trovato ad accendere la tv e a seguire i lavori dell’Aula di Montecitorio, avrebbe avuto quasi la sensazione di trovarsi in un parlamento normale di un paese normale. Per la prima volta, infatti, da un anno e mezzo a questa parte, al centro del dibattito politico, non c’erano i problemi giudiziari del premier ma quelli veri degli italiani, dei tanti lavoratori che hanno perso il posto di lavoro, dei precari che vivono di stenti, dei giovani senza prospettive e degli anziani che non riescono a campare. Insomma, si parlava di quella crisi economica che attanaglia il paese e delle possibili ricette per superarla. Manco a dire che questo dibattito si è tenuto soltanto a seguito della ferma insistenza delle opposizioni e che il Governo, dopo aver tentato per mesi di evitarlo, alla fine lo ha dovuto letteralmente subire.E così, dopo mesi e mesi di insistenza, siamo riusciti ad inchiodare Tremonti alle sue responsabilità di ministro dell’Economia, chiedendo lumi sull’azione del governo per affrontare la crisi economica, l’aumento della disoccupazione e del ricorso alla cassa integrazione e della pressione fiscale. Tutte questioni denunciate puntualmente dall’Istat una settimana fa e che il premier si è premurato di mettere subito a tacere, spargendo il solito irritante quanto inutile ottimismo da tele imbonitore quale è. “La situazione ci induce all’ottimismo – ha detto – e noi dobbiamo cavalcare questo ottimismo”. Parole che si commentano da sole. Lo vada a dire agli operai licenziati o in cassa integrazione, che ogni giorno manifestano davanti a Montecitorio, se a cavallo dell’ottimismo riescono più facilmente ad arrivare alla fine del mese.Ebbene, ieri il ministro dell’Economia non ha smentito la filosofia di questo governo. Da lui, non è venuta una sola proposta concreta da condividere con l’opposizione. Niente sugli aiuti alle imprese, niente sugli aiuti ai disoccupati, alle imprese, alle famiglie, ai precari, insomma, niente di niente.Da Tremonti sono venuti solo 30 minuti di insopportabile autocelebrazione, condita da irrisione verso l’opposizione e da un continuo ed ostentato sarcasmo verso la situazione economica del paese, tutto fatto di battute, motti di spirito e freddure per le quali, vi posso garantire, nessuno ha riso dentro l’Aula, nemmeno tra i banchi della sua stessa maggioranza, e ancor meno credo abbiano riso fuori, nel Paese.Dall’opposizione sono arrivate tantissime proposte, tutte serie, importanti e sicuramente meritevoli di un dibattito e di un confronto approfondito e, per una volta, davvero utile soltanto agli interessi degli italiani. Dal ministro dell’Economia non solo non c’è stata la minima traccia di disponibilità o apertura ma, al contrario, vi è stata l’irridente ostentazione del vuoto pneumatico di proposte che caratterizza l’azione del governo.Il leit motiv di Tremonti è sempre stato lo stesso e ripetuto fino all’ossessione: “parlate pure tanto non ci sono i soldi, non ci sono i soldi, non ci sono i soldi”. La verità è che i soldi non ci sono, in parte perché questo governo li ha letteralmente sprecati, come i 3 miliardi di euro per salvare Alitalia, o i 2,5 miliardi di Ici sulla prima casa regalati già a chi aveva i redditi più alti; in parte perché non li si vogliono trovare, non volendo incidere seriamente sugli immensi sprechi della politica e della pubblica amministrazione. A partire da quei 14 miliardi di euro che, ogni anno, lo Stato spende per tenere in vita quegli inutili baracconi che sono le province italiane. Per continuare con Camera e Senato, dove altrettanto inutilmente teniamo un piedi un parlamento pletorico, con mille parlamentari, quando un’unica camera con non più di trecento parlamentari sarebbe più che sufficiente e farebbe risparmiare altri due miliardi di euro. Per concludere con le 300 mila auto blu che inutilmente infestano le strade italiane. E ci fermiamo qui, perché continuando con gli esempi potremmo scrivere un’intera enciclopedia. Berlusconi e Tremonti si diano la sveglia: le semine di ottimismo non danno frutti.

FOGLIE DI FICO ADDIO. IL POLITICO E' NUDO

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Questa campagna elettorale, particolarmente dura ed aspra, forse anche sgradevole per la gran parte degli elettori italiani sempre più disorientati, ha sicuramente un merito: è la più vera degli ultimi quindici anni.

Per la prima volta le forze politiche italiane e gli uomini politici appaiono agli elettori per quello che sono realmente. La campagna elettorale, fino a qui, è stata preceduta e caratterizzata per l’emergere di tali e tanti scandali che i partiti si sono ritrovati nudi davanti agli occhi degli italiani, proprio nel momento in cui la campagna elettorale li ha messi improvvisamente al centro dell’attenzione. Non hanno avuto il tempo, questa volta, di darsi un contegno, di rivestirsi di quella solita melassa fatta di chiacchiere, più o meno serie e credibili. Questa volta, i partiti sono nudi e lo spettacolo è poco edificante. Le schifezze del Pdl, a partire da Bertolaso, sono talmente tante che si fa addirittura fatica ad elencarle tutte. Per 10 anni ci hanno dipinto il padrone della protezione civile come un incrocio genetico tra Batman e Madre Teresa di Calcutta. Poi, a guardare meglio, abbiamo scoperto che assomiglia più alle tre scimmiette che non vedono, non sentono e non parlano. Questa è l’immagine che rimarrà per sempre stampata nella mia mente: Bertolaso che si fa massaggiare dalla fisioterapista brasiliana in perizoma, mentre la cricca di banditi amici suoi saccheggia lo Stato sulla pelle dei morti e dei disperati. Poi c’è Cosentino. La Cassazione lo vorrebbe in galera perché la smetta una volta per tutte di aiutare i Casalesi. Berlusconi, invece, lo vuole saldamente ancora a capo del partito in Campania e a governare insieme a Tremonti il ministero dell’Economia. Si passa per Di Girolamo, il senatore smascherato dalle intercettazioni, che si è rivelato nello squallido ruolo di un semplice pupazzo i cui fili erano mossi da un boss della ‘ndrangheta. E sorvoliamo su Berlusconi. E’ fuor di dubbio che è stato il corruttore di Mills, per quanto prescritto. E sorvoliamo sulle minorenni, sulle escort. E sorvoliamo sul Pdl, il partito che non c’è, incapace persino a presentare le liste nel Lazio tali e tante sono le lacerazioni al suo interno. Non sorvoliamo, invece, anzi spendiamo due parole su Casini che ha trasformato la politica delle alleanze in questo paese in un mercato delle vacche e che ha confezionato per Berlusconi addirittura l’ultima legge ad personam sul legittimo impedimento, suggerendogli persino di farla a scadenza, come lo yougurt, in modo che la legge scada da sola dopo un anno, prima che la Corte Costituzionale faccia in tempo a cancellarla. Ma non paghi, dopo aver tuonato dalle pagine dei giornali e tg, contro il decreto salva liste, al momento del voto in Parlamento sulle pregiudiziali di costituzionalità, che avrebbe cancellato il decreto definitivamente per via delle numerose assenze nelle fila della maggioranza, Casini e metà del suo partito sono rimasti a casa, salvando Berlusconi ed il suo decreto legge. In Puglia la Sanità è uno schifo. Negli ultimi cinque anni, gli assessori alla sanità sono finiti tutti in galera, quando una manina provvidenziale non li ha spediti in Parlamento. giusto un attimo prima dell’arresto. Francamente Vendola, che quegli assessori ha scelti uno ad uno, farebbe bene per il futuro, e avrebbe fatto bene anche per il passato, quantomeno a prestare più attenzione. E del Pd che dire? Di scandali negli ultimi anni ne ha collezionati anche lui una cifra ragguardevole. Ma gli va riconosciuto di aver sempre rispettato le decisioni della magistratura, anche se qualcosa di diabolico nel perseverare di una certa sua classe dirigente nel malaffare obiettivamente c’è. Ma a colpire di più, nel Partito democratico, è la sensazione che pur condannando a parole i comportamenti sempre più antidemocratici di Berlusconi, non faccia seguire un’azione conseguente e coerente. Di fronte allo scempio della libertà di informazione, di fronte alla trasformazione della Rai in una metastasi del regime, non ci si può mettere la coscienza a posto dettando alle agenzie stampa un comunicato pieno di sdegno. Qui ci stiamo giocando il futuro, la tenuta delle istituzioni democratiche, quello straccio di libera informazione che ancora ci resta e non facciamo niente? Non agiamo? Le opposizioni, unite, in questo momento, dovrebbero buttare in aria, in senso metaforico, la vigilanza Rai, presidiare in migliaia giorno e notte viale Mazzini, invocare a pieni polmoni l’azzeramento dell’Agcom e dell’intera dirigenza Rai. E invece niente. Ed è un niente che sa di rinuncia, di debolezza, di indifferenza. Questa è la politica italiana purtroppo. Questa mattina, per un attimo ho tirato un sospiro di sollievo, quando ho letto che monsignor Bagnasco ha detto che la politica va rinnovata con la legalità. Ma è durato un attimo.  Due righe sotto, ho detto che Bagnasco ha pronunciato queste parole durante un convegno organizzato da Comunione e Liberazione, quella Comunione e Liberazione che di affari e tangenti, a leggere le cronache giudiziarie di questi mesi in Lombardia, ci campa e bene. Mi sono sentito preso in giro. Per questo, lo dico con forza e con convinzione, sono sempre più certo che Italia dei Valori è l’unico futuro per questo Paese, è l’unica possibile forma di riscatto della politica. Faranno di tutto per fermarci. Ma noi siamo la verità che loro non vogliono sentire. E la verità non si può fermare per sempre.

UNA PIAZZA PARADOSSALE

  "L’amore vince sempre sull’odio e sull’invidia": non è una frase della Bibbia, è lo slogan della manifestazione che vede, oggi, il Pdl in piazza, ciliegina agrodolce sulla torta a dir poco indigesta che è questa campagna elettorale.Già, perché, se fino al momento essa è stata scriteriata, anomala e caratterizzata da comportamenti molto gravi e assolutamente discutibili di un premier padrone che vuole tutti e tutto al suo servizio, questa storia della sua discesa in piazza, a furor di popolo, non può non strapparci un mezzo sorriso. In un clima da guerra civile, nel quale le paranoie di Berlusconi sembrano non conoscere confini, spingendolo a vedere complotti e tentativi di sabotaggio al suo potere ovunque e da parte di chiunque, ora chiama alle armi il popolo sovrano, spingendolo a scendere, al fianco del governo, in piazza. A far cosa? Ci chiediamo. Il centrodestra sarà per le strade a manifestare contro chi? Contro se stesso? Contro la propria incapacità di governare? Contro la propria stessa impotenza? Contro le proprie divisioni?L’unica cosa certa è che Berlusconi ha fatto anche questa volta le cose in grande, com’è nel suo stile: sms d’invito, mandati con la propria firma sui cellulari dei cittadini, anche di quelli che non avevano dato autorizzazione, ben due cortei previsti, ogni dettaglio organizzato a dovere da una ditta che cura la coreografia. Niente è lasciato al caso, insomma, tutto organizzato in pompa magna, con tanto di Berlusconi in persona, il quale, sordo agli appelli del Capo dello Stato, che solo ieri ha invitato gli schieramenti a parlare di temi concreti e problemi reali in campagna elettorale, ora torna a mettersi al centro della scenografia a lui gradita, quella fatta di cieli azzurri e di bambini sorridenti.Chiama i suoi ad una nuova "guerra santa", usando le parole più commoventi del proprio vocabolario: "amore, odio, invidia" e addirittura "difesa della libertà e della democrazia". Uno slogan tragicomico, perché parte da chi è intervenuto sull’Agcom, con pesanti pressioni, per far chiudere una trasmissione sgradita, da colui che è l’artefice numero uno della gestione privatistica della cosa pubblica che caratterizza questo governo, da colui che ha manipolato per mesi la vita del Parlamento, archiviando i problemi del Paese, al solo scopo di tutelare se stesso dalla temuta e criticata magistratura.Oggi, annunciata da uno slogan paradossale, assistiamo ad una manifestazione che è il massimo dei paradossi. Oggi il governo protesta contro la sua stessa politica, nascondendosi, come sempre, dietro la lotta alle opposizioni. Oggi il presidente del Consiglio, inseguendo forse ancora speranzoso il potere assoluto, farà il suo primo bagno di folla dopo il grave episodio di Milano. Oggi, probabilmente, va in scena uno degli ultimo atti di questo dramma che è stata l’era Berlusconi.

L'ONU, LA PIAZZA E LA CURA CONTRO IL CANCRO

Con un bellissimo e appassionato intervento pubblicato su “La Repubblica” di sabato, Roberto Saviano ha lanciato una provocazione davvero forte: chiedere l’intervento degli osservatori Onu per garantire il voto libero ed onesto in Italia. E’ davvero difficile non condividere la sua proposta  e la drammatica constatazione che vi sono ampie parti del sud del nostro paese dove si è perso completamente il senso del confine tra lo stato e l’antistato. Dove, sempre più, politica e criminalità organizzata si assomigliano perché entrambe usano la povertà come mezzo per la loro affermazione. Tra i cittadini poveri riescono ad affermare il loro sistema fatto di clientele, di favori, di sussidi che sempre più trascinano quelle regioni verso il basso togliendo loro ogni speranza di riscatto futuro.  La frase che più mi ha colpito è quella di apertura, una citazione di Corrado Alvaro, scrittore calabrese di San Luca: "La disperazione più grave che possa impadronirsi di una società è il dubbio che vivere onestamente sia inutile. E questa disperazione avvolge il mio paese da molto tempo". E Saviano giustamente sostiene che l’Italia è un paese sotto assedio dove, nell’indifferenza assoluta, nel silenzio dell’informazione e nell’inerzia della politica, si ritrovano casi some quello della Calabria: su 50 consiglieri regionali 35 sono stati inquisiti o condannati. Oppure il caso della Campania della quale Saviano ricorda l’incredibile vergogna del sottosegretario Cosentino e di Roberto Conte candidatosi nuovamente nonostante una condanna in primo grado a 2 anni e 8 mesi per associazione camorristica. Saviano ha ragione: la democrazia italiana è davvero sotto assedio. Al Sud aggredita dall’azione congiunta di una criminalità violenta e arrogante e di una politica debole e con una parte sempre più rilevante marcia collusa. Il resto del Paese, pur senza conoscere problemi così drammatici, vive la condizione di una democrazia accerchiata da un governo sempre più lontano dai cittadini e dai loro interessi veri e quotidiani, che si sta trasformando in regime totalitario, per quanto sgangherato. Da questo punto di vista, lo spettacolo della manifestazione di sabato del Pdl a piazza San Giovanni è agghiacciante. La folla aizzata contro l’altra metà del paese. Slogan ripetuti ossessivamente. Toni da guerra civile, con l’invocazione della lotta del bene contro il male. Il tutto mentre alle folle si chiedeva un ‘sì’ e un ‘no’ urlati ad ogni domanda e dal palco il manipolo di imbarazzati candidati presidente snocciolava litanie parareligiose che richiamavano alla mente i momenti più bui della storia delle democrazie occidentali. Una manifestazione intrisa di aspetti ridicoli e grotteschi, ma non per questo meno pericolosa. L’aver mandato proclami deliranti, come la futura cura per il cancro, dimenticandosi soltanto la panacea contro la caduta dei capelli, non toglie nulla alla violenza verbale di quella manifestazione. Una violenza che sarà ancora più acuita nei prossimi giorni da un’informazione asservita e priva ormai degli anticorpi del pluralismo e di ogni libertà e autonomia. Italia dei Valori ha provato anche in queste elezioni a spezzare questo assedio. In Calabria prima della presentazione delle liste per le elezioni regionali abbiamo trasmesso l’elenco dei candidati alla commissione antimafia ricevendone il nulla osta. Nessun altro partito lo ha fatto, tanto che, ad oggi, ci ritroviamo con 59 candidati per il consiglio regionale calabrese che sono indagati o rinviati a giudizio. A livello nazionale ogni giorno denunciamo il totalitarismo dell’informazione. E’ sotto gli occhi di tutti infatti che questa campagna elettorale sia una delle meno libere della storia d’Italia: con i talk show chiusi e i telegiornali in mano a una sola forza politica. Tutto questo avviene, così come denuncia Saviano, senza che ci sia una reale indignazione. E’ per questo che, forse, dovremmo seguire il suo consiglio e prima delle prossime elezioni politiche chiamare gli osservatori Onu “per vedere garantito un diritto che ogni democrazia occidentale deve considerare normale: la pulizia e la regolarità delle elezioni”.

Difendiamo la vita, le donne e la laicita'

La verità sulla 194La verità sulla 194

Anatema anatema: non votate per chi difende l’aborto, votate per la vita. Così il cardinale Bagnasco è sceso in campagna elettorale a quattro giorni dal voto. Certo, il presidente della Cei ha tutto il diritto di esprimere la posizione della Chiesa sul tema, ma c’è una cosa che non mi convince. Cosa c’entra l’aborto con le elezioni amministrative per il rinnovo di comuni, province e regioni? Niente perché è materia di competenza nazionale. E’ evidentemente una mano tesa alle traballanti liste del centrodestra. Un inaccettabile attacco a due candidate in particolare: Merceds Bresso e soprattutto Emma Bonino, colpevoli soltanto di aver espresso oggi come in passato la loro opinione e di aver fatto sclete politiche conseguenti. Scelte che, perlatro, non entrano in nessun modo oggi in campagna elettorale. Proviamo, tanto per ristabilire un minimo di verità, a fare qualche considerazione al di fuori delle barriere ideologiche e religiose. Analizzando un po’ i dati emerge con chiarezza che difendere la vita significa difendere la legge 194 sull’aborto, entrata in vigore nel 1978. Checché ne dica Bagnasco. Fino ad allora, l’interruzione volontaria di gravidanza era vietata e le donne che intendevano abortire e che non potevano permettersi costosissimi interventi all’estero, dovevano ricorrere clandestinamente a medici compiacenti in strutture di fortuna o, peggio, alle cosiddette mammane. Il prezzo era altissimo: senza menzionare la mortificazione e la vergogna, in migliaia morivano ogni anno. Una vera tragedia, una pagina buia della nostra storia recente. Oggi, per fortuna, non è più così. E non dobbiamo tornare indietro per nessun motivo. I dati sull’andamento delle interruzioni di gravidanza sono chiarissimi e dimostrano che il trend dall’entrata in vigore della 194, è in costante diminuzione: dai 213.000 del 1980 ai 120.000 (80.000 donne italiane) attuali. In sostanza la legge sull’aborto ha drasticamente ridotto il ricorso all’interruzione di gravidanza. La vita si difende tornando al 1978? Io, caro Bagnasco, dico di no. Un paese civile e moderno difende la vita, tutela le donne e la loro dignità, non permette ai propri cittadini di tornare a pratiche medievali, a interventi sanguinolenti praticati con spilloni da mammane senza scrupoli. Allora difendiamo davvero la vita e diffondiamo la cultura della prevenzione per diminuire ancora di più il ricorso all’aborto. Interveniamo sulle cause socio-economiche, miglioriamo la 194, potenziamo i consultori e l’assistenza alle donne che devono sottoporsi ad un intervento traumatico che spesso lascia cicatrici permanenti. Spero di essere stato sufficientemente chiaro sul perché non si deve toccare una legge civile e moderna che ha migliorato l’Italia. Passo perciò a qualche considerazione più politica. Berlusconi è in difficoltà, le elezioni regionali non andranno bene per lui, non certo come si aspettava qualche mese fa. Questo intervento di Bagnasco così diretto e così plateale è l’ultima, ennesima dimostrazione della sua debolezza. Da solo non ce la fa più perché il governo è diviso, il Pdl, la sua creatura, è lacerato. La Lega del ‘fedele’ alleato Bossi lo insidia e pregusta il sorpasso nelle regioni del Nord. Per questo Berlusconi ha bisogno di stampelle. E questa rinnovata ‘santa alleanza’ col Vaticano capita a proposito. Come ogni cosa, però, ha il suo prezzo. E lo stabiliranno i vescovi, non Berlusconi, che tra l’atro ha parecchio da farsi perdonare: la separazione da Veronica, il caso Noemi, le feste a Palazzo Grazioli, la vicenda Patrizia D’Addario… Questo prezzo rischiamo di pagarlo noi italiani, con la perdita di un’altra quota di laicità dello Stato.

CHI PRESIDIA LA DEMOCRAZIA FERMI IL DELIRIO DI BERLUSCONI

 

Gli attacchi del premier ai magistrati e alla sinistra sono ormai un delirio ossessivo e il refrain di questa aspra campagna elettorale. D’altronde, è un leader disperato, sul viale del tramonto, messo in discussione dai suoi stessi alleati politici che annaspa e arranca per coprire il vuoto pneumatico della sua azione di governo. Intanto, si consuma la sua precisa strategia mediatica. Straparlare e  berciare in tutte le trasmissioni a suo servizio e chiudere quelle che non lo fanno sproloquiare, anzi, quelle che osano occuparsi di lui in senso giornalistico. Ieri, conduttori genuflessi, a Unomattina, trasmissione in onda sulla rete ammiraglia della Rai, Silvio Berlusconi ha parlato per 13 minuti ininterrottamente, senza contraddittorio. Stamattina, invece, nonostante le vibrate proteste di ieri dell’opposizione e dell’Anm, il Silvio-pensiero è andato in ondata su Canale 5, rete ammiraglia di Mediaset, anche qui senza contraddittorio alcuno. Ogni giorno in questo Paese la libertà di informazione viene violata, stuprata e cancellata. Questa competizione elettorale è falsata perché giocata, ancora più che nelle passate competizioni elettorali, ad armi impari. La magistratura viene definita come una banda di malaffare, l’informazione è ridotta a zimbello e l’opposizione viene irrisa, sbertucciata e zittita. La sensazione disarmante è che i nostri appelli, così come le nostre vibrate proteste, affinché vengano ristabilite le regole minime per il rispetto della democrazia, cadano puntualmente e sistematicamente nel vuoto. Non c’è un’informazione, se non quella libera della rete, che sostenga o approfondisca i temi, i programmi e le idee dell’opposizione. E’ qui la vera tragedia. Mi domando, c’è un arbitro, qualcuno in Italia che abbia il potere, l’autorevolezza e la determinazione di imporre il rispetto delle regole? Dobbiamo davvero pensare che l’unica soluzione possibile sia quella immaginata da Saviano di invocare osservatori internazionali Onu a vigilare su queste elezioni? Quanto ancora deve essere umiliato questo Paese, quanto ancora devono essere vilipese le sue intelligenze, quanto ancora devono essere derisi i suoi onesti servitori dello Stato, prima che le istituzioni, ultimo baluardo e roccaforte a  tutela della democrazia e delle libertà, prima tra tutte quella imprescindibile ad essere informati correttamente, fermino questo scempio, arrestino gli insulti, il delirio ossessivo, compulsivo e maniacale del presidente del Consiglio? L’unità della nazione non si difende dando un colpo al cerchio e uno alla botte. Si difende garantendo l’autonomia ed il rispetto delle istituzioni e dei suoi operatori, difendendo i valori di libertà, prima fra tutti quella dell’informazione, la più nobile in politica, e facendo sentire tutti i cittadini italiani parte di una democrazia che rispetta le regole, cosa che in Italia oggi non avviene. I nostri padri hanno seminato la Costituzione di anticorpi democratici per contrastare ogni febbre autoritaria ed ogni tentativo di avvelenare la libertà. Chi presidia la democrazia in questo Paese agisca in fretta, con decisione, altrimenti davvero, l’unica soluzione possibile sarà quella di Saviano. 

SCUOLA: UN’ITALIA IGNORANTE DA PLASMARE

GelminiGelminiUn’Italia ignorante, da plasmare a proprio piacimento: ecco il disegno della maggioranza, che si staglia purtroppo sempre più chiaramente, nel totale buio in cui va precipitando la scuola pubblica. Il grande Pietro Calamandrei, in un convegno sulla scuola pubblica a cui prese parte nel lontano 1950, avendo ancora fresca la memoria del fascismo, disse che, ove mai si fosse ripresentata nel nostro paese una forma di autoritarismo, non avrebbe certo fatto ricorso al manganello o all’olio di ricino, ma avrebbe piuttosto operato sul piano della cultura, della formazione del pensiero e quindi sull’orientamento dell’opinione pubblica e della classe dirigente del Paese. Per questa ragione, riteneva Calamandrei, un ipotetico “partito dominante” avrebbe progressivamente impoverito la scuola pubblica fino a lasciarla morire di inedia e avrebbe contestualmente investito sulle scuole private che sarebbero diventate lo strumento di diffusione della sua “cultura”. Calamandrei non poteva certo immaginare, nel 1950, che per creare una propria visione culturale al cosiddetto “partito dominante”, non sarebbe stato necessario dar vita a una rete di scuole private, in quanto a questo avrebbe ampiamente pensato la televisione. Sta di fatto, comunque, che, come tutti i grandi uomini, ha saputo vedere lontano. I 7 miliardi di euro tagliati alla scuola pubblica, i quasi 100 mila insegnanti e operatori licenziati, l’impoverimento della didattica, la diminuzione del numero di ore di insegnamento, serve sicuramente a creare un popolo sempre meno attrezzato culturalmente e sempre più facilmente plasmabile con messaggi televisivi. Ormai le scuole pubbliche sono alla fame, dalla città di Crema, passando per Roma e per finire a Catania, gli istituti devono chiedere contributi alle famiglie dei ragazzi per comprare carta igienica, saponi, piatti e bicchieri di carta. A Catania una scuola ha dovuto chiedere un contributo di 100 euro alle famiglie per banchi, lavagne e cattedre. A Milano una scuola media ha dovuto chiedere un contributo di 40 euro per garantire lezioni pomeridiane. E l’elenco non avrebbe mai fine. Ma, a rendere veramente inquietante la situazione, è il fatto che non solo si sta cercando di lasciar morire di fame e inedia la scuola pubblica, ma che, addirittura, è ormai la cultura dei disvalori propagandati da questa maggioranza di destra che sta facendo breccia nella stessa istruzione. Una scuola pubblica di Pordenone ha organizzato una gita scolastica degli allievi sulla base del loro reddito: i benestanti a Londra in buon albergo, i più poveri a Monaco in una pensione con i pidocchi. In un comune del Vicentino, due giorni fa, alla scuola materna il sindaco e l’assessore, entrambi giovani donne, hanno deciso di lasciare a digiuno 9 bimbi dell’asilo nido perché i genitori non avevano ancora pagato la retta. Ma cosa ci sta succedendo? Stiamo assistendo al calpestamento di ogni sensibilità e del significato stesso di scuola pubblica e, come dice oggi Massimo Gramellini sulla Stampa, “spaventa il pensiero di come cresceranno i discriminati di Vicenza e di Pordenone. Ma spaventa ancora di più come cresceranno i privilegiati: privi dei vincoli minimi di solidarietà, per insegnare i quali la scuola pubblica era nata”.

VOTA IDV PER FARLA FUORI DAL VASO!

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Ieri è stata scritta una straordinaria pagina di libertà che difficilmente dimenticheremo. Raiperunanotte è uno di quegli eventi da iscrivere di diritto nella storia della nostra vita. Quando soffochi un paese, quando gli togli il fiato, quando minacci il futuro dei suoi figli, prima o poi, la reazione arriva. Da ieri sera, la faremo tutti un po’ fuori dal vaso, a cominciare da queste elezioni regionali! Ieri Berlusconi ha perso e di brutto. Ha perso la sua retorica dell’amore che vince sull’odio, uno spot melenso e ridicolo, più adatto a festeggiare il cinquantenario del Cornetto Algida che a guidare la riscossa di una compagnia dell’anello ridotta a quattro gatti spelacchiati, rissosi, lacerati e divisi in bande. Ha perso la sua arroganza, quella con la quale ha piegato le istituzioni riducendole ad appendici dello studio legale Ghedini. Ha perso la sua spocchia, quella di credersi il padrone di questo Paese, che urla, chiama, strepita e inveisce contro chi non si genuflette a lui e ai suoi sodali e chiede il rispetto delle regole. Ha perso la sua tracotanza, quella con la quale si presenta ad ogni appuntamento elettorale ringhiando contro i giudici, mentre sfugge al giudizio dei tribunali. Ha perso la sua sfacciataggine, quella con la quale dice di avere fatto tanto per la crisi economica mentre Mediaset è l’unica azienda italiana che vede crescere i suoi profitti. Ha perso la sua faccia tosta, quella con la quale insolentisce i giornalisti scomodi, quelli che hanno ancora il vizietto di fare le domande. Da Raiperunanotte arriva una bella sberla in faccia a Berlusconi: quando il Paese sente puzza di censura si ribella e non fa sconti. La libera circolazione di idee fa bene al cuore e all’anima. Ci voleva un evento così e di questo ringraziamo Santoro, Floris, Lerner , Vauro e Luttazzi che hanno parlato di libertà con libertà, ognuno a modo suo, offrendoci spunti nuovi di riflessione, comiche situazioni e grotteschi presagi. Da oggi, c’è più forza e coraggio a credere che cambiare si può, che c’è ancora un futuro possibile e sostenibile per questo Paese. Ieri chi era in piazza, collegato in rete o davanti alla tv, ha capito quello che Italia dei Valori denuncia con forza e rabbia da quindici anni a questa parte. Il berlusconismo non solo fa male ma distorce la democrazia, la deforma, la piega ai voleri e alle esigenze processuali e finanziarie di un uomo solo, colui che oggi, disperato e solo, brama il Quirinale dopo aver vilipeso e umiliato la Costituzione. Altro che Colle! E’ tempo di mandarlo a casa, ne ha tante può scegliere. E’ tempo che affronti le aule dei tribunali e risponda alle domande dei giudici. E’ tempo che si ritiri in buon ordine e che si dedichi ai suoi guai giudiziari senza inguaiare ancora di più l’Italia. E’ tempo che vada in pensione, ne ha pure l’età, e la smetta di inquinare la democrazia con il suo gigantesco conflitto di interessi. Fai girare la voce, convinci un tuo amico: un voto a Italia dei Valori è l’antidoto al berlusconismo. Vota e fai votare Italia dei Valori “per farla fuori dal vaso”!

MANDIAMO A SILVIO L’AVVISO DI SFRATTO

Obama Progress - Berlusconi ProcessObama Progress - Berlusconi ProcessDomenica e lunedì migliaia di elettori andranno al seggio per esprimere il loro voto. In ballo non c’è solo il voto alle regionali. E’ l’occasione per mandare a Berlusconi un avviso di sfratto. Questo Paese non può più permettersi, nemmeno per un giorno, un presidente del Consiglio come Silvio Berlusconi. C’è bisogno di rinnovamento. Soffia un vento nuovo di rinnovamento, di giustizia, uguaglianza e legalità. La settimana scorsa, Barack Obama è riuscito a far approvare una legge che garantisce l'assistenza sanitaria gratuita a 32 milioni di cittadini americani. Il presidente degli Stati Uniti, solo contro tutti, come Davide contro Golia, ha battuto le fortissime lobbies assicurative ed è riuscito dove nessun politico americano aveva mai osato prima. Con una vittoria storica, ha cambiato radicalmente il modo di pensare degli americani, che hanno sempre concepito la sanità come un prodotto commerciale da vendere, piuttosto che un diritto civile da garantire a tutti. In America, il presidente degli Stati Uniti, ha approvato una legge che non solo ha messo a disposizione 800 miliardi di dollari in sussidi alle famiglie ma ha obbligato le assicurazioni a non rescindere più la polizza a chi ha una malattia grave. In Italia, il presidente del Consiglio, solo contro tutti, come Don Chisciotte contro i mulini al vento, ossessionato dalla conquista del Quirinale, dall'età che avanza e dai problemi giudiziari che lo affliggono, ha l’ossessione della magistratura, colpevole secondo lui di voler fare il suo mestiere, ovvero, esercitare la giustizia. Ha impiegato i primi due anni e mezzo del suo governo per fare approvare al parlamento le leggi che servivano a garantirgli l’impunità. Come un dittatorello da strapazzo, cresciuto a illegalità e televisione, allergico alle regole e con un senso delle istituzioni da numeri relativi, ha sempre concepito la politica e le istituzioni come prodotti commerciali da vendere o comprare, a prezzi stracciati ovviamente. In Italia, il presidente del Consiglio, in due anni e mezzo, non solo non ha approvato una sola legge che agevoli le famiglie italiane e non ha prodotto uno straccio di piano industriale per il rilancio della nostra economia in crisi, ma dal palco della festa della libertà, come uno sciamano versione brianzola, ha rassicurato agli italiani che sconfiggerà il cancro entro tre anni, affermazione per la quale si esce dai confini della politica e si entra in quello misterioso ed imprescrutabile della psichiatria. Un oceano, e non solo quello Atlantico, separa Silvio e Barack. Con Obama è progress, con Silvio process. E’ la stessa differenza che separa Einstein dal mago do Nascimiento. E non si pensi all'America come a quel paese ricco e opulento della nostra iconografia popolare. L'America è un paese in crisi economica quanto e più di noi. E' una paese piegato da una recessione spaventosa. Eppure, in un contesto e in circostanze economiche sfavorevoli, Obama ha stabilito le priorità: i cittadini, soprattutto quelli più deboli, ed i loro diritti.Le priorità di Silvio sono altre. Al primo posto c'è lui, poi i suoi problemi giudiziari e infine la tutela del suo immenso e sterminato patrimonio economico e finanziario. Di fronte ad un Paese che sta andando in crollo verticale, di fronte ad una crisi economica spaventosa, continua a ripetere che per gli italiani, per le famiglie, per la scuola, per le imprese, per i lavoratori, non c'è una lira, poi però trova il modo di favorire i soliti quattro ricchi come lui, facendo approvare la legge sullo scudo fiscale. Queste sono solo alcune delle mille buone ragioni per mandarlo a casa. Queste elezioni regionali sono l’occasione per inviargli il primo avviso di sfratto, in modo che prepari le valigie. Un voto a Italia dei Valori è il francobollo per l’assicurata con ricevuta di ritorno: Berlusconi a casa presto!