ROMANI, MINISTRO ALLO SVILUPPO DI MEDIASET

Romani, ministro allo Sviluppo di MediasetRomani, ministro allo Sviluppo di Mediaset

Centoventisette giorni senza ministro dello Sviluppo economico, a fronte di un paese, il nostro, in forte crisi economica. Un presidente del Consiglio che furbescamente assomma su di se la duplice funzione di presidente del Consiglio e ministro per lo Sviluppo economico e, mentre fa affari grossi ed ingrossa il suo portafoglio, ci prende allegramente per i fondelli, annunciando la nomina del nuovo ministro a breve, nel Cdm che verrà, ma di quale anno ancora non si è capito. Poi si scopre che, ieri, Paolo Romani, attuale viceministro alle Comunicazioni, in predicato di diventare ministro per lo Sviluppo, ha concesso a Mediaset di anticipare l’uso delle migliori frequenze del digitale terrestre ben prima dello svolgimento della gara pubblica per la loro assegnazione. Et voilà, l’ennesima porcheria ad personam è servita, con buona pace del libero mercato e della concorrenza. Praticamente, grazie alla strenna di ferragosto di Romani, che si è conquistato un posto in paradiso, Mediaset ha ricevuto un nuovo canale digitale che arricchisce la sua offerta in HD. Non so se l’attuale viceministro per le Comunicazioni, come si vocifera, da qui a qualche giorno diventerà ministro dello Sviluppo economico. Di sicuro, con il regalo della superfrequenza all’azienda fatto al presidente del Consiglio, si è conquistato di diritto il titolo di Ministro allo sviluppo di Mediaset. Lo dico senza mezzi termini: ciò mi fa terribilmente incazzare. Soprattutto, se penso alle tante aziende italiane soffocate da una crisi economica spaventosa che Tremonti si ostina a negare. C’è un modo per fermare l’arroganza di questo governo di furbi e assatanati di denaro. Vogliamo che Berlusconi renda conto pubblicamente del suo operato come ministro ad interim dello sviluppo, vogliamo che i cittadini abbiano la possibilità di conoscere le attività svolte dal ministro ad interim e siano resi pubbliche le ragioni per le quali ancora ad oggi manca un ministro per lo sviluppo economico nonostante la grave crisi. Per questo, presenteremo una mozione di sfiducia individuale nei confronti del ministro per lo Sviluppo economico ad interim, Silvio Berlusconi, e dalla prossima settimana inizieremo la raccolta di firme tra gli altri partiti dell’opposizione perché il presidente del Consiglio venga in Parlamento e metta la sua faccia sugli affari loschi che ha condotto sin qui alle nostre spalle e sulla pelle di migliaia di aziende. Vedremo chi tra gli altri partiti di opposizione fa sul serio ed è coerente.

Commenti

I guardiani del talk show L'Ufficio Facce, geniale metafora di Beppe Viola ed Enzo Jannacci, dopo quarant'anni diventa realtà in Rai. Nel nuovo codice per i talk show firmato da Mauro Masi, quello del "nemmeno in Zimbabwe", è contemplato anche il controllo della direzione generale sulle espressioni del pubblico in studio.Una smorfia, un mezzo sorriso di troppo e, oplà, la trasmissione viene chiusa per sempre. Figurarsi con gli applausi o i fischi. L'atteggiamento corretto del pubblico, secondo il codice "da Masi", sarebbe l'imitazione delle sagome di cartone già usate dalla Triestina calcio per colmare i vuoti in tribuna. Muti, sordi, immobili. Con l'avvento di Annozero, in programma da giovedì prossimo, era scontato che Masi battesse un colpo. Meno scontato era che il direttore generale lo battesse sulla propria testa. Il presunto regolamento sottoposto all'approvazione del cda Rai è più sciocco che vergognoso. In pratica, è la sfrontata e quasi puerile ricerca di un pretesto qualsiasi per chiudere i talk show, quello di Santoro anzitutto, nell'anno del probabile voto anticipato. Siamo molto oltre lo Zimbabwe, vicino al Minculpop fascista. Nel regolamento redatto in stretto burocratese, sono previste anche altre "correzioni" alla fortunata formula dei talk show, in particolare di Annozero. Per esempio, il solito tentativo di affiancare un opinionista di destra a Marco Travaglio, che nello schema sarebbe troppo di sinistra, probabilmente a sua insaputa. L'ipotesi è agonisticamente divertente. In fondo non sarebbe male vedere Travaglio, ormai bravissimo in tv, distruggere ogni giovedì sera il Sallusti di turno. Ma soprattutto è interessante il principio. Perché, se si tratta di garantire "in ogni caso il pluralismo nell'informazione Rai", allora si apre subito un altro fronte. A chi tocca il ruolo di controbattere agli editoriali bulgari di Augusto Minzolini? Come si vede, la mossa del direttore generale telecomandato da Arcore, è tanto arrogante quanto dilettantesca. La pretesa di stabilire un controllo di vertice sull'autonomia delle testate giornalistiche Rai da parte del direttore generale è infondata ai limiti della bizzarria. Sarebbe come se l'amministratore delegato di un gruppo editoriale si arrogasse il diritto di decidere i titoli in prima pagina. Se pure il cda Rai, in una crisi di autostima, decidesse di approvare il codice Masi, non se ne farebbe comunque nulla. I conduttori, Floris e Santoro in testa, potrebbero rifiutarsi di applicarlo, leggi alla mano. Da subito i comitati di redazione delle testate Rai, quasi all'unanimità, hanno bollato le norme come "scelte estemporanee e senza progetto, che avranno effetti devastanti sulla qualità dell'offerta Rai". Quella di Berlusconi, di cui Masi è soltanto una protesi, è la mossa disperata di un potere alle corde. Un potere ormai in declino nella società e dunque arroccato nella trincea di partenza, nel bunker televisivo. Spiace soltanto che a fare le spese di questa strategia del bunker sia la principale azienda culturale italiana. La Rai sarà l'ultima vittima del berlusconismo. Non si rendono conto, i dirigenti di viale Mazzini, che appena si aprono nuovi spazi d'informazione il popolo del telecomando scappa sul satellite, da Mentana, ovunque si respiri aria di libertà. E invece di contrastare questa fuga, si adoperano per rendere l'immagine della tv di Stato ancora più bolsa, angusta e servile. Se i consiglieri d'amministrazione Rai avessero un minimo di dignità professionale, piuttosto che discutere il codice Masi dovrebbero avere il coraggio di mettere all'ordine del giorno la richiesta di dimissioni di un direttore generale che sta avviando l'azienda di viale Mazzini verso il fallimento. O il patrono della Rai ha da essere sempre don Abbondio?        di CURZIO MALTESE      (16 settembre 2010)
Nonostante PAPI L'IMPUNITO Ladrone di Arcore si senta soffiare il fiato sul collo dall'ex sodale Gianfranco e si avvicini la resa dei conti egli continua a farsi gli affaracci suoi, grazie alla corte dei miracoli di nani e ballerine della quale si é furbescamente circondato per proteggere i suoi scandalosi interessi. Per quanto ancora?
la sfiducia bisogna votarla contro berlusconi: prima possibille, inutile tenerlo lì a fare solo i caxxi suoi a danno del resto del paese . via subitoooooo!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
MI DOMANDO DOVE SIA L'EX RAGAZZOTTO BOLOGNESE, CUI PIANGE IL CUORE A VEDERE CERTE SITUAZIONI DI DISAGIO?LA SCENEGGIATA E' GI' DURATA ABBASTANZA, QUANDO DI MEZZO CI SONO I SOLDI LUI STA COL PADRONE, SENZA SE E SENZA MA. ATTENTI A VALUTARE IL PENTIMENTO, SOPRATTUTTO QUANDO SI TRATTA DI SESSANTENNI.E NON SI DIMENTICHI CHE LA MOGLIE DI FINI, PRIMA CHE IL PADRONE NE FACELLE LUI DONO, FACEVA PARTE DELL'ORGANICO MEDIASET DEL PADRONE, QUINDI PROPRIETA' ARCORETA.
FINI TRADITORE COME BADOGLIO!!!
Tu speri, caro Massimo, di trovare appoggi in Parlamento alla mozione di sfiducia che l'IDV ha intenzione di presentare nei confronti del capo del malgoverno. Tu t'illudi! Sono incazzatissimo anch'io, ma oltre che per i masnadieri berlusconiani, per il comportamento di chi si definisce all'opposizione e invece sta tramando, o inciuciando, per vedere se gli tocca qualcosa di più di quello che ha. Mandare Berlusconi a casa è una scusa o  il presupposto per formare altre accozaglie dai nomi più astrusi per frastornare il cervello di quei pochi che ancora s'impegnano e s'affaticano a a farlo ragionare. Il clima di pateracchio lo si vede dagli inviti e dalle partecipazioni al Festival della Rosticceria al V° Reggimento Friggitori di Torino. Una volta, se i dirigenti del PCI, avessero avuto l'ardire di invitare simile facce di bronzo, per non dire di materiale diverso pur con colore simile, sarebbero stati fischiati   loro stessi dai militanti. Ma quale pluralismo! Ma quale dialogo è possibile con gente in combutta con la mafia e con gli avventurieri dell'industria? Beh, facciano pure i loro giochi sporchi con Casini, Rutelli e la "bella schola" Fini compreso; tra un po' saranno costretti a smettere perché finiranno i voti. E li finiranno perché i disperati che finalmente pare si siano svegliati e abbiano cominciato a contestare, non voteranno certo per quello scarto di seminario di Letta o per altri doppiogiochisti di chiara fama, D'Alema in testa; gli altri possono albergare più comodamente e con vantaggi indubbiamente più cospicui nel Partito dei Lestofanti.
Intanto Merdaset ha occupato illegalmente frequenze extra sul DTT, rubandole all'informazione locale. Così, in un colpo solo appropriandosi del multiplex si annienta la concorrenza, si ingrandiscono i propri fatturati, si oscura l'informazione "altra". 
 
  • Il Presidente del Consiglio pensa (come al solito) a se stesso;  i suoi ministri ci stanno mandando sul lastrico; i novelli sindacalisti credono di dover difendere i padrini delle fabbriche anzichè i lavoratori;  l'opposizione (tranne qualche voce sparuta) tace, o acconsente; la gente si stufa e comincia a fischiare, o a protestare in maniera più veemente; la televisione pubblica è diventata un affare privato nel silenzio compiacente dei consiglieri di sinistra; imperversa la crisi economica (nonostante le barzellette che si raccontano in merito) ma  non abbiamo il ministro per lo sviluppo economico; manca il ministro per lo sviluppo economico, e il  premier ne profitta per continuare a pensare agli affari suoi, contrabbandandoli per "interessi generali"; prepara 5 punti da discutere prossimamente, pena la caduta del governo, di cui gli preme uno solo; i suoi leccapiedi cercano di infinocchiare gli italiani dicendo che il "processo breve" NON serve a Berlusconi, ma al paese..........
  • Insomma, mentre accade di tutto, di più, la politica (tranne voci isolate) tace sui problemi più importanti, laddove evidentemente non ha nulla da dire. La questione lavoro-economia-precariato-disoccupazione, è tra le più gravi.
  • Propongo la lettura di quest'articolo 
  •  Bonanni non è Lama. Purtroppo
  • Fossi Bonanni, prenderei molto sul serio l’episodio di contestazione – senza dubbio inammissibile e in rottura con la pratica democratica e non violenta del movimento operaio – subìto alla festa nazionale del PD. Grandi dirigenti sindacali come Lama all’Università di Roma o Trentin alle prese con il lancio di bulloni nella piazza di Torino reagirono nell’immediato non defilandosi, ma reggendo dall’alto della loro statura morale la drammaticità del confronto. Non si fermarono, però ai fatti e, in seguito, si misero a riflettere sugli elementi di crisi che si aprivano tra la rappresentanza generale del loro sindacato e le esigenze che quegli studenti e quegli operai pretendevano, contestando, di portare all’attenzione del Paese. L’uno e l’altro credevano nella democrazia e nell’autonomia del movimento che guidavano e sapevano che l’unità necessaria aveva bisogno del confronto con tutti, fossero anche i contestatori più irriducibili.Il contrario di quanto pensa Bonanni, attore di primo piano della rottura sindacale di fronte al pugno di ferro della Fiat e sponda cosciente della deriva che spinge la nostra classe dirigente a sostenere che alla competizione globale si possono sacrificare i diritti dei lavoratori.Al culmine di una fase ventennale in cui i salari hanno perso 130 miliardi di euro a vantaggio dei redditi da capitale, la diffusione del precariato ha consentito, nei fatti, mano libera degli imprenditori sulla manodopera assunta. Ne sono un esempio i “campioni nostrani” della competizione globale – Marchionne, Marcegaglia e Sacconi in primis – che non trovano di meglio della disdetta del contratto dei metalmeccanici e della demonizzazione della FIOM, il sindacato che democraticamente vorrebbe che fossero i lavoratori a decidere le proprie condizioni, liberamente e non sotto ricatto.Mi chiedo: Bonanni, che si fa complice di un ricatto, non si pone il problema di una sua difficile presentabilità in un dibattito pubblico non presidiato dalle forze dell’ordine? E ancora: Enrico Letta, sponsor “leggero” della linea Marchionne, che lancia, comprensibilmente, parole durissime sulla contestazione, come può contemporaneamente tacere sul fatto mostruoso di una disdetta che riguarda un milione di lavoratori e che lui non esiterebbe a bollare, se fosse riferita a un qualsiasi contratto di affitto?Si provi, in questa Italia diventata così violenta nei suoi gruppi dirigenti verso i diritti dei lavoratori, a disdettare impunemente un contratto con una banca o con una società immobiliare! Ma la grancassa è irrefrenabile. Dario Di Vico sul Corriere si chiede quanto i dirigenti FIOM siano dannosi in una società della competizione e auspica che l’arrivo della Camusso riporti la CGIL sulla retta via. Pietro Ichino compare al TG1 auspicando che nel maggior sindacato italiano vinca la linea della modernità (?!). Uno sconosciuto presidente di Federmeccanica assicura che la sua idea di far saltare unilateralmente il contratto è ispirata dall’interesse del Paese e non dal timore di perdere le quote versate dalla FIAT alla sua associazione.Nessuno che dica che un milione di lavoratori ha approvato liberamente quel contratto, dopo assemblee, manifestazioni e scioperi pagati con ritenute sulle magre buste paga. Ripeto: fossi Bonanni, rifletterei su una contestazione che è spia di un malessere ben più vasto e cercherei di capire che solo i miei rappresentati, lavoratrici e lavoratori che faticano duramente notte e giorno, sono i veri detentori della popolarità, del mio successo e di un consenso che batte qualsiasi protesta. Questi semplici operai, ai quali oggi è stata tolta la parola, e non i “potenti” di una politica in crisi e di un’economia che non prospetta futuro. Questo facevano i Lama e i Trentin ed anche i dirigenti CISL che ho conosciuto nella mia lunga esperienza sindacale. Questo mi piacerebbe che fosse l’aspetto non irrilevante che i protagonisti contestati a Torino provassero a esplorare. (Mario Agostinelli - Il Fatto - 09 settembre 2010)
caro donadi, solo i ciechi e i sordi NON hanno ancora capito che l'unico scopo della politica berlusconiana è la difesa di sè stesso, dei suoi sodali e del suo impero economico....sono i fanatici continuano a dargli retta e ad osannarlo....solo i mascalzoni, opportunisti e malaffaristi continuano a sostenerlo....ormai l'italia è un paese ad personam e ad mediaset......ma c'è ancora chi, senza vergogna, continua a difenderlo....
     Corri nanetto corri !  Il terreno sta franando sotto i tuoi piedi e tu ti preoccupi della carta igienica che non è del colore rosa che piace a te. Il nord preme per le votazioni, il sud chiede di non sottrarre soldi, ma tu imperterrito continui a favorire la (Mediaset) Italia. Non guardare da un'altra parte, non attendere che i fischi si trasformino in qualcosa di più rumoroso, non ascoltare i tuoi colonnelli che non hanno ancora finito di riempire la propria bisaccia e quando avranno terminato di arraffare cercheranno un altro posto in cui rifornirsi per non perdere l'abitudine. Taci opposizione, il silenzio è la tua voce come quella dei pianeti che continuano a girare senza posa rimandando tutto al prossimo giro. Cosa ci è stato lasciato, fischiare, ma qualcuno ci ha tolto anche quello compreso i gestacci e le pernacchie.