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IL GOVERNO HA LA SINDROME DI PENELOPE

PenelopePenelope Il taglio delle poltrone può attendere. Et voilà, l’ennesimo bluff del governo è servito. La maggioranza, per il secondo anno consecutivo, rinvia la questione di un anno, ovvero al 2011. E si sa che, in politica, rinviare, significa rimandare alle calende greche per non parlarne, ma soprattutto, per non fare più. Solo un ingenuo poteva pensare che, alla vigilia delle elezioni amministrative, la maggioranza avrebbe seriamente dato un taglio al numero delle poltrone degli amministratori locali. Per il momento, proconsoli, cacicchi e ascari, di destra, sinistra e centro, rimangono saldi alla tolda di comando, con buona pace del ministro Calderoli e di tutta la Lega che, sui tagli ai costi della politica e su Roma ladrona, ci hanno fatto tante chiacchiere in campagna elettorale ma nulla di più. Tecnicamente, è accaduto che la norma prevista in Finanziaria, che tagliava di 50.000 unità le poltrone di consiglieri e assessori di comuni e province, è stata congelata e rimandata ad un decreto che a sua volta rinvia al prossimo anno le grandi manovre per rendere più snelli e meno costosi gli enti locali.La norma contenuta in finanziaria prevedeva la riduzione di un quarto dei consiglieri e di un quinto degli assessori mentre per le province sarebbe dovuta scattare un diminuzione del 20% degli assessori. Conti alla mano, guardando per esempio ai comuni, le grandi città con più di un milione di abitanti si sarebbero viste decurtare ben 13 consiglieri: da 61 a 48. Se, invece, si parla di assessori, la riduzione maggiore avrebbe riguardato gli enti tra 30.000 e i 250.000 abitanti, con 4 assessori in meno. Ma il decreto ha congelato tutto fino al 2011, facendo slittare anche la soppressione del difensore civico e delle circoscrizioni comunali. Non è l’unico caso di questa strana sindrome di cui la maggioranza ed il governo sono affetti e che li porta a disfare di notte quello che fa di giorno. C’è anche la vicenda delle zone franche urbane che, in Francia e non solo, rappresentano un modello economico di successo. Nel 2006, l’Italia ha intrapreso la stessa strada con la prima finanziaria del governo Prodi e, nel 2008, il testimone è stato raccolto dal governo Berlusconi che ha chiesto un sofferto via libera da parte della Commissione europea, in modo da poter partire il 1 gennaio 2010. A due giorni dal varo delle 22 zone franche urbane, il governo ha emesso un decreto legge che modifica la normativa e che quindi costringe l’Italia a ripartire da zero. Il tutto, pare, per l’ingordigia della Lega irritata dal fatto che nessuna delle 22 zone franche autorizzate è nella sua area d’influenza elettorale e ne vorrebbe almeno due.Insomma, di giorno il Governo tesse la tela di Penelope, di notte la disfa. Su una sola tela lavora a spron battuto: è quella che gli serve per imbrigliare la giustizia e mettere il premier al riparo dei suoi guai.