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NON DISTURBARE IL DITTATORE MENTRE MASSACRA

“Tutti dovrebbero rallegrarsi della nuova amicizia tra Italia e Libia sancita dal Trattato di Bengasi: e' stata chiusa una ferita ed e' iniziata una vita nuova”. Indovinate di chi sono queste parole? Ma del nostro premier Silvio Berlusconi, naturalmente. Era il 30 agosto e i due cenavano allegramente insieme. Berlusconi cantò anche una canzone… Oggi, invece, Gheddafi massacra il suo stesso popolo e fino a pochi giorni fa Berlusconi non voleva ‘disturbarlo’. ‘Disturbarlo’, proprio così’. Come quando non si chiama un amico che sta riposando perché ha fatto tardi la sera…Lo sdegno della comunità internazionale, le parole del presidente della Repubblica e le pressioni delle opposizioni,  hanno costretto anche Berlusconi ed il governo italiano a condannare il dittatore libico. D’altronde, come si fa a condannare un amico? Il feroce Gheddafi, infatti, è qualcosa di più di un capo di stato estero con cui l’Italia ha rapporti diplomatici. E’ l’inventore del Bunga Bunga (così dice Ruby Rubacuori, la nipote di Mubarak) , un maestro di vita, altro che dittatore…Ed è anche un modello politico perché da quarant’anni tiene in pungo il suo paese. La rivolta in Libia è la cartina al tornasole della nostra inconsistenza sul palcoscenico internazionale. Abbiamo accolto Gheddafi come fosse il più grande statista del mondo, gli abbiamo concesso di accamparsi nel centro di Roma e di fare i suoi show offensivi senza fiatare, anzi…, ma soprattutto gli abbiamo dato un mare di soldi, cinque miliardi di dollari, per la firma del trattato Italia Libia, e ci siamo fatti garanti della Libia presso l’Unione Europea ed abbiamo taciuto sulla drammatica situazione dei diritti umani in Libia. Errori su errori. I flussi migratori verso l’Italia non si sono fermati, ma proseguono ad ondate e ieri, addirittura, il dittatore di Tripoli nel suo folle discorso ha accusato l’Italia di armare i rivoltosi. Diciamoci la verità, il governo Berlusconi ha fatto precipitare il prestigio ed il peso internazionale dell’Italia. Non contiamo più nulla, neanche nello scacchiere mediterraneo, dove, fino a qualche anno fa, eravamo fondamentali. Anche per questo bisogna mandare a casa Berlusconi, l’amico dei dittatori sanguinari.