Taggati con: Marchionne

FIAT, UNA VICENDA EPOCALE SU CUI CONFRONTARCI

La vicenda aperta dagli accordi Fiat è assai complessa. Nessuna delle parti in causa ha solo torti o solo ragioni. Non c'è dubbio che le vicende di Mirafiori e Pomigliano abbiano dimostrato l'importanza delle proposte di Italia dei Valori in materia di nuove regole per la rappresentanza sindacale. Ma da qui a sposare indistintamente le ragioni della Fiom e di avviare forme di resistenza comune e duratura ne passa. Io credo sia necessario, per la portata storica di questa vicenda avviare, piuttosto, un serio e approfondito dibattito anche nel nostro partito per addivenire ad una soluzione comune e condivisa. Perchè, in questo caso, più voci distinte e diverse che si confrontano sono una straordinaria risorsa. Solo i partiti tetragoni, su questioni tanto dirimenti, non nutrono dubbi e procedono come falangi macedoni. Non bisogna, dunque, gridare allo scandalo se, anche all'interno del nostro partito, come in tutti gli altri, vivano posizioni diverse ed il dibattito è aperto e vivace. In una fase così rivoluzionaria, è normale che proprio a sinistra, che da sempre ha a cuore i diritti e la tutela del lavoro, si accendano discussioni a più voci. A mio parere, se da una parte è vero che gli accordi di Mirafiori e Pomigliano, nell'ottica di un recupero di efficienza e di competitività dell'azienda, richiedono ai lavoratori sacrifici significativi, dall'altra sono oggettivamente in linea con gli standard dei principali stabilimenti europei. E' chiaro che l'azienda dovrà metterci del suo, proprio in virtù dei sacrifici richiesti ai lavoratori. Quello che l'azienda dovrà fare sarà avviare investimenti straordinari ma soprattutto mettere in atto una chiara e lungimirante politica industriale e finanziaria dell'azienda. La sfida della globalizzazione, che ha profondamente cambiato il mercato del lavoro, soprattutto quello automobilistico, impone la necessità di aprire una fase nuova, dove ciascuna parte in causa e per quanto di sua competenza, deve compiere lo sforzo epocale per ricercare una nuova forma di dialogo, rinunciando a posizioni preconcette o a sterili arroccamenti su posizioni precostituite e ormai obsolete. I sindacati, in un quadro che ogni giorno cambia, devono immaginare e reinventare basi nuove, più complesse ed articolate, per mettere in atto la tutela dei diritti dei lavoratori. Un conto è la tutela dei diritti dei lavoratori in settori nuovi ed in crescita come la robotica, un conto sono quei settori asfittici e in crisi come quello automobilistico, a maggior ragione se si producono utilitarie e non suv. Le imprese, dal canto loro, non possono solo chiedere sacrifici in tempi di vacche magre, ma sapere immaginare nuove forme di partecipazione dei lavoratori al piano industriale, agli utili, al futuro e allo sviluppo di nuove realtà e percorsi aziendali in tempo di vacche grasse. Schiacciarsi sulle posizioni della Fiom, come qualcuno a sinistra sta facendo, o su quelle di Marchionne, come qualcuno a destra sta facendo, non aiutano a mio avviso di certo il lavoratore a conservare il suo posto di lavoro. Chi, a maggior ragione a sinistra, non si interroga su cosa si può e si deve fare, mostra solo di voler conservare uno status quo che di fatto non esiste più da un pezzo. Quanto all'esclusione della Fiom dalla rappresentanza sindacale è sicuramente incostituzionale ma ancor di piu' è una scelta miope, in quanto rischierà di vanificare il contenuto degli accordi, dando vita ad una permamente conflittualità interna all'azienda. Ma anche dalle parti della Fiom, delle riflessioni andranno aperte perchè non è pensabile che un sindacato, così largamente rappresentativo dei metalmeccanici, si arrocchi pregiudizialmente sul fronte del no, rifiutando addirittura di partecipare al tavolo delle trattative e di prendere atto che la globalizzazione dell'impresa e del lavoro non può vedere lavoratori ed imprese come nemici su fronti contrapposti ma richiede necessariamente nuove e straordinarie capacità di confronto. In questo senso, non mi sento di sbagliare quando dico che la Fiom sta mancando l'occasione di diventare quello straordinario sindacato, capace di rappresentare i diritti di tutti i lavoratori. Per quanto riguarda il settore specifico dell'auto, doveva farsi carico di una battaglia per la rivendicazione di un contratto nuovo, che tenesse conto di un mercato con problematiche evidenti rispetto ad altri settori metalmeccanici, che va da quello minerario alla robotica. La Fiom doveva avere il coraggio di sfidare la Fiat su questo, di immaginare una compartecipazione dei lavoratori alla gestione degli utili aziendali, invece di buttare via tutto in nome di una conservazione tout court. Detto questo, credo è tempo per tutti di abbassare i toni, perchè il rischio di una politicizzazione della vicenda Fiat potrebbe far perdere di vista la questione più importante, ovvero quella contrattuale. La parola, dunque, ai lavoratori che si esprimeranno presto attraverso il referendum. Attendo le vostre riflessioni, idee e suggerimenti.

Vi auguro con tutto il cuore un felice anno nuovo.

IL METADONE DEGLI INCENTIVI FIAT

FiatFiatLa Fiat ha deciso il blocco di tutti gli stabilimenti dal 22 febbraio al 5 marzo. E lo fa il giorno dopo aver annunciato lauti profitti e dividendi per gli azionisti. Tale decisione colpirà  30.000 operai che si ritroveranno con circa 300 euro di meno in busta paga. Tanti, anzi, tantissimi soldi in meno per chi guadagna in media 1200 euro mensili. Il 31 dicembre sono scaduti gli incentivi per l’acquisto di autovetture. Il Governo ne ha promessi di nuovi, ma meno consistenti. Così la casa automobilistica di Torino ha deciso per la cassa integrazione. Un ricatto, secondo il Governo, una scelta inevitabile secondo l’azienda torinese.La verità è che in questa vicenda non ci sono buoni e cattivi. Ci sono due attori in commedia, governo e fiat, che pensano entrambi a prendersi tutta la scena. Si curano dei loro affari ed interessi e poco, anzi per nulla, degli operai rimasti senza lavoro. L’azienda Fiat costituisce da sempre un’anomalia. E’ l’unica azienda privata, in Italia, che viene finanziata con i soldi dello Stato. Forte della sua funzione sociale, ha sempre chiesto ed ottenuto incentivi statali, che altro non sono che un finanziamento pubblico mascherato. Morale della favola, in tutti questi anni, la Fiat ha capitalizzato gli utili e risocializzato i debiti.Negli ultimi anni, il mercato è profondamente cambiato, come si dice in gergo si è globalizzato. L’unica strategia aziendale perseguita dalla Fiat per reggere l’impatto con la globalizzazione si è basata sugli incentivi statali, sulla delocalizzazione degli stabilimenti per ridurre i costi e, da ultimo, sulle fusioni con grandi aziende automobilistiche come la Chrysler. E’ chiaro ed evidente la strategia dell’azienda automobilistica di Torino che ormai ha cuore, testa e portafogli in America, Polonia e Brasile.Dall’altra, c’è un Governo che non è in grado di fornire ricette di ampio respiro. Gli  incentivi statali sono la strada più facile e veloce ma è come fornire il metadone ad un tossicodipendente. Non si può continuare a fornire soldi ed in cambio ottenere licenziamenti e disoccupati in più. Tanto varrebbe, allora, finanziare il coraggio e l’intraprendenza di tante piccole e medie imprese. Come ha scritto bene Giannini su Repubblica, qualche giorno fa, questo Paese ha un disperato bisogno di una politica industriale. Ben vengano, dunque, anche gli investimenti pubblici ma a fronte di investimenti veri, ricerca, formazione e occupazione. Il futuro passa da qui.