maggio 2009

Etica pubblica e affari privati

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Ho riflettuto a lungo. L’occasione, lo confesso, era ghiotta. Mi sono chiesto, in questi giorni, se era giusto o no cedere alla tentazione di dire la mia sul divorzio del secolo, quello di Veronica e Silvio, se era giusto o no invadere una sfera tanto privata. La mia scelta era e rimane quella del silenzio e del rispetto per tutto quello che in questa vicenda attiene alla sfera personale. Ma ci sono due aspetti, in tutta questa storia, sulla quale il silenzio è inopportuno, anzi, è indecente.

Prima questione. Libero, quotidiano di famiglia, il giorno dopo l’intervista di Veronica Lario a Repubblica, ha scelto di dare in pasto ai lettori e agli italiani il corpo e l’anima di questa rispettabile signora, sbattendo il suo seno nudo in prima pagina a voler significare che anche lei, in tempi diversi, era stata velina. E chissenefrega se, in realtà, quello era il corpo nudo di un’attrice nell’interpretazione di una commedia di Crommelynck, drammaturgo belga, nei cui drammi le debolezze umane si sviluppano in monumentali ossessioni. Insomma Crommelynck, non proprio il Bagaglino. Quel corpo nudo sbattuto in prima pagina non è stato solo un atto di becero e volgare giornalismo. Era una minaccia, un pizzino del padrone spedito a chi ha osato mettersi contro di lui, una roba del tipo “occhio a quello che fai, questo è solo il primo avvertimento”. E’ quello che tante volte, anche su questo blog, ho definito l’olio ricino moderno, ovvero, l’uso dei media di famiglia come squadracce fasciste che picchiano giù duro chi osa toccare il padrone, fosse anche la moglie con la quale ha condiviso 30 anni di vita.

Ebbene, di fronte a tutto questo, nessuno ha sentito il dovere di indignarsi. Nessun giornalista col pedigree, nessuna esponente femminile di quel mondo della cultura che tanto ha da dire o da scrivere, anche sulla più stupida delle questioni, ha sentito il dovere di indignarsi sull’uso fascista dei giornali da parte del padrone della stampa contro chi osa dire che il re è nudo. Se non siamo all’autocensura, poco ci manca.

Seconda questione. La storia di Papi e Noemi. Mi domando e vi domando: cosa sarebbe successo in America se Michelle avesse chiesto il divorzio ad Obama “perché, a detta della moglie, il presidente degli Stati Uniti d’America va con le minorenni?” O cosa sarebbe accaduto in Francia se alla domanda su chi fosse la fanciulla di Sarkozy, Carla avesse risposto con un eloquente “magari fosse la figlia”. L’ho detto ai suoi, è un uomo malato”?

Ho fatto l’esempio dell’America e della Francia non a caso. I fatti privati di un uomo pubblico sono tali. Ma l’etica privata di un uomo pubblico è un fatto pubblico. Ci importa la sua etica in quanto uomo pubblico perché, nelle grandi democrazie, questa dovrebbe essere di esempio per tutti, dovrebbe rappresentare l’anima migliore e non le sue pulsioni più meschine.

Per questo stupisce che nessuno, in questo Paese, si sia indignato di fronte ad un uomo che, a detta della stessa moglie, non ha un’etica privata, che scrittori, giornalisti, intellettuali, non abbiano sentito il bisogno di urlare alla vergogna di fronte ad un’etica così miserabile e squallida, di capire, di andare a fondo, di denunciare, di gridare allo scandalo.

Questa non è pruderie. Non ce ne frega niente delle relazioni del presidente del Consiglio. Il punto è, come ha detto qualcuno, che questo Paese manca di rispetto nei confronti di se stesso. E questo qualcuno è la signora Veronica Lario.

Sandro o Ruggero? Meglio la terza via

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Il disegno di legge sulla sicurezza, su cui il Governo ha posto l’ennesima fiducia, è un’occasione persa. E’ l’ennesimo inganno, l’ennesimo trucchetto di questa maggioranza che, in nome della parolina magica “sicurezza”, sforna un abominio giuridico, un modello etico ignobile, un atto di razzismo vergognoso e controproducente che con la sicurezza non c’entra niente.

Sono convinto da sempre che, per risolvere il problema della sicurezza e dell’immigrazione clandestina, la prima cosa che la politica deve fare è uscire fuori dagli schemi ideologici su cui si arrocca da sempre, tanto dall’una quanto dall’altra parte.

Da una parte, infatti, c’è il centrodestra che pensa di poter affrontare il tema dell’immigrazione soltanto in termini di ordine pubblico, dall’altra il centrosinistra che non riesce ad andare oltre ad un’altrettanta sterile e spesso demagogia idea dell’accoglienza.

Del primo non mi curo, non mi interessa, perpetua solo se stesso e la sua faccia feroce. Dell’altra, che è la mia parte politica, mi interessa e mi curo, augurandomi che un giorno capisca che quello dell’immigrazione è un problema complesso, per alcuni versi epocale, che evoca diversi piani di analisi e di intervento, e che deve mettere al proprio centro sicuramente la cultura dell’integrazione e solidarietà ma che non può prescindere dalla sua reale sostenibilità. Ed oggi l’Italia è un Paese che difficilmente può continuare ad accogliere indiscriminatamente senza il rischio di implodere, anche socialmente.

Mi torna in mente il film di Virzì, Ferie d’agosto. Riassumo brevemente. Nella piccola isola di Ventotene due gruppi di persone trascorrono le vacanze in due case contigue. Un gruppo fa capo al giornalista, di sinistra, Sandro Molino, interpretato da Silvio Orlando. L'altro gruppo fa capo a Ruggero Mazzalupi Ennio Fantastichini, facoltoso proprietario di negozi, tipico rappresentante del "generone" romano di destra. Nelle loro sovrastrutture politico-ideologiche irrompe l’arrivo di un extracomunitario, che Ruggero ferisce durante un assurdo tiro al piccione e che la famiglia di Silvio accoglie in quanto straniero ma ingegnere. Non c’è sintesi tra le due posizioni. Le sovrastrutture ideologiche rimangono lì e colpiscono come un pugno nello stomaco.

Io sono convinto che tra chi fa la faccia feroce e chi accoglie “a prescindere” ci sia un terza via che deve tener conto di tre passaggi fondamentali. Il primo passaggio, è quello di una accoglienza sostenibile, che faccia i conti con le mille difficoltà di un Paese, come il nostro, dove migliaia di persone stanno perdendo o hanno perso il posto di lavoro e non ha alternative di fronte ad un mercato del lavoro spietato. Se non si tiene conto di questo passaggio fondamentale, si rischia una guerra tra poveri, anticamera del razzismo che trova la sua ragione d’essere e di esistere tra chi è disperato, tra chi non ha più futuro, tra chi ha la pancia vuota e non sa come arrivare alla fine del mese.

Il secondo passaggio, è quello legato all’ordine pubblico che va garantito perché sentirsi sicuri è un diritto imprescindibile. Il terzo passaggio, infine, è una politica di cooperazione internazionale che argini il fenomeno migratorio di intere popolazioni.

E’ un progetto ambizioso, mi rendo conto, ma sono convinto che sia l’unica strada possibile. Rabbrividisco, invece, di fronte a questo Governo che pensa di evitare l’affondamento del Titanic raccogliendo l’acqua con la paletta o accanendosi contro donne e bambini.

Mi domando quando la politica avrà il coraggio di affrontare seriamente il problema.

Giù le mani dalla scuola pubblica

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Finalmente la maggioranza ha svelato l’idea che ha di paese. Dopo aver tagliato 8 miliardi di euro alla scuola pubblica, depotenziando il sistema formativo, spazzato via 40 mila posti di lavoro e lasciando a casa migliaia di precari, il centrodestra getta la maschera. Con la complicità dell’Udc, la maggioranza si dichiara pronta a raschiare il fondo del barile e trova i fondi per le scuole private.

Voglio precisare che personalmente non ho nulla contro le scuole private e chi le frequenta. E’ però evidente un paradosso. Tremonti continua a dire che bisogna tirare la cinghia, che le risorse a disposizione sono poche. Il centrodestra, invece, sottoscrive una mozione che non solo non fa riferimento alcuno al sistema scolastico pubblico, ma impegna il governo a dare soldi alle private.

In questi mesi di campagna elettorale ogni giorno incontro dirigenti scolastici, insegnanti, genitori. Persone che giorno dopo giorno si impegnano, lavorano e cercano di fare andare avanti un sistema scolastico ormai umiliato. Uomini e donne spesso scoraggiati da una politica che se da una parte chiede sempre più impegno, dall’altra non dà risorse. Maestre che sono costrette a chiedere dei contributi mensili ai genitori per sostenere le attività di laboratorio degli alunni. Genitori che chiedono che il loro figlio disabile possa avere un’insegnante di sostegno che lo aiuti a seguire le lezioni assieme agli altri bambini.

E’ ora di ridare orgoglio a queste semplici domande. Se il disegno del centrodestra è quello di consegnare al paese un sistema scolastico strutturato sulle scuole per ricchi, troverà molti ostacoli sulla sua strada. Le scuole pubbliche devono restare la spina dorsale del nostro sistema  educativo perchè un paese che non investe nel sistema scolastico pubblico é un paese che non ha futuro.

La pubblica istruzione é il più straordinario strumento di democrazia e inclusione sociale. Ha contribuito alla nascita della nostra identità nazionale e culturale, intorno alla quale si é ritrovato l’intero paese.

Non è il momento di abbandonare a se stesso il nostro sistema scolastico. E’ il momento di investire, aprire orizzonti per renderlo competitivo. Ed é forse questo che non vuole fare questa maggioranza. Un centrodestra che vuole riscrivere la storia, come ha fatto con la festa del 25 aprile, che non è e non sarà mai come vuole Berlusconi ‘La festa della Libertà’, ma è e resterà per sempre la giornata della liberazione dal nazifascismo. La maggioranza ha messo sotto attacco la straordinaria funzione di aggregazione democratica che ha da sempre svolto la scuola pubblica. Vogliono arrivare alla polverizzazione della società e la scuola privata si presta a creare un paese diviso e parziale. Hanno l’arroganza di voler veicolare le idee di una parte, per mettere all’angolo i valori  fondamentali della nostra Costituzione che dovrebbero essere condivisi da tutti.

Per questo anche nella difesa della scuola pubblica si gioca la partita contro l’autoritarismo berlusconiano. Solo una scuola pubblica più forte può dare al paese gli anticorpi per resistere a questo germe.

Siamo governati da un corruttore: noi non ci stiamo

[flv:/movie/mills/mills_20090519.flv 300 266] Signor Presidente, senza nessuna pacatezza, oggi il tribunale di Milano ha detto che l'Italia è governata da un corruttore. Noi non ci stiamo ad essere governati da un corruttore! Signor Presidente, la invito evidentemente a leggerla con attenzione. Le motivazioni della sentenza del tribunale di Milano dicono con assoluta chiarezza che oggi è stato condannato un corrotto, ma è stato individuato un corruttore. L'Italia non era mai caduta così basso. È una vergogna per questo Paese. Abbiamo letto e abbiamo sentito che il Presidente del Consiglio ha intenzione di venire in Parlamento a spiegare le sue ragioni. Venga, lo ascolteremo, ma sappia che questo non cambia niente e non risolve niente. Se spera di trasformare la sua maggioranza in una sorta di quarto livello di giurisdizione capace di lavarlo come un lavacro assolutorio da ogni condanna con un voto di una maggioranza cieca e scontata, sappia che non avrà il nostro avallo. Oggi siamo una situazione critica e drammatica per la nostra democrazia. Il Presidente del Consiglio ha due e solo due cose da fare. La prima, su cui mi associo al presidente Soro, è che domani mattina rinunci all'impunità del cosiddetto lodo Alfano (adesso abbiamo capito perché era la legge più urgente di questa legislatura), corra da un giudice e, se ci riesce, spieghi le ragioni della sua verità. Se non ha il coraggio di fare ciò, legittima nella coscienza di ogni singolo italiano il convincimento della sua colpevolezza. Un Presidente del Consiglio non può governare un Paese in queste condizioni, per cui o rinuncia al cosiddetto lodo Alfano, o il Presidente del Consiglio si dimette, perché non ha più la dignità morale di entrare in questo Parlamento!

Donadi la verità, Ghedini la menzogna

La verità sulla doppia mozione

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 Ieri era solo una sensazione, oggi è arrivata la conferma. Se ci avessi scommesso qualche euro avrei certamente vinto. Avevo la sensazione che della mozione di sfiducia del presidente del Consiglio presentata ieri da Italia dei Valori non avrei trovato nessuna traccia sui giornali di oggi. Così è stato, se non per qualche riga trovata di qua e di là, ma in maniera del tutto incidentale, o peggio, strumentale.

Allora, vi racconto qui come stanno veramente le cose, perché in questa storia delle due mozioni, quella di Idv e quella del Pd, c’è una doppia morale.

Nel processo Mills il Tribunale di Milano, seppure con una sentenza di primo grado, ha accertato fatti gravissimi. Siamo consapevoli che si tratta solo di un accertamento di primo grado, ma siamo altrettanto consapevoli che i reati contestati sono di una gravità tale da minare profondamente la credibilità del un presidente del Consiglio, cioè di colui che ha la responsabilità di guidare il Paese.

Non siamo rimasti a guardare. Abbiamo agito chiedendoci, può un corruttore guidare e rappresentare il nostro Paese? La nostra risposta è stata la mozione di sfiducia al presidente del Consiglio.

Non avendo tecnicamente i numeri sufficienti per presentarla, abbiamo chiesto al Pd di sostenerla, dichiarandoci sin da subito disponibili a qualunque modifica avessero voluto sottoporci. Dopo tre giorni di conclave, nelle segrete stanze, pensa e ripensa, i geniali strateghi del Pd hanno partorito la risposta. La mozione di sfiducia di Idv è insostenibile perché è un boomerang. Rischia di essere un favore a Berlusconi perché siamo in minoranza e non abbiamo i numeri per farla approvare.  Ed ecco l’altro colpo di genio. Un’altra mozione, stavolta a loro firma, dal contenuto roboante e stupefacente: il premier deve rinunciare al lodo Alfano. Hanno bocciato la nostra mozione perché non aveva i numeri per essere approvata in Parlamento e hanno proposto una mozione che non avrà comunque i numeri per essere approvata in Parlamento. Stupefacenti gli strateghi del Pd. Viene da domandarsi dove fossero mentre Italia dei Valori raccoglieva due milioni di firme contro il lodo Alfano. Forse dormivano o forse erano in barca a festeggiare qualche compleanno.

La verità è un’altra. La ragione per la quale il Pd ha bocciato la mozione di sfiducia è semplicemente perché era di Italia dei Valori. La  verità è che hanno il complesso dei primi della classe e lo vantano per diritto di nascita, non perché meritato sul campo, sporcandosi le mani e perdendo fiato ogni giorno in mezzo alla gente per cercare il consenso. Per il Pd la cosa più importante non è fare gli interessi del Paese ma fermare la mozione di sfiducia di Italia dei Valori. Solo perché porta la firma di Italia dei Valori. Questa è la ragione per la quale hanno detto no ad un atto politico forte che avrebbe colpito giù duro ed hanno proposto una mozione che è poco di più di un brodino caldo per un malato terminale. Di sicuro, di fronte alla richiesta del Pd al premier di rinunciare al lodo Alfano, Palazzo Chigi avrà tremato dallo spavento.

La sinistra italiana è sempre la stessa, pronta a combattere Berlusconi solo a parole. Quando si deve passare ai fatti, i leader della sinistra, tutti nessuno escluso, diventano tanti piccoli Don Abbondio.

Noi a questo giochino non ci stiamo. Continueremo a sostenere con lealtà le iniziative del Pd. Sosterremo la loro mozione anche se consapevoli che è quanto di più inutile si potesse partorire. Rimane il rammarico di una grande occasione persa.

Noi siamo diversi. Per noi quando si combatte, si combatte. Non si sta lì a fare calcoli e strategie. Vi immaginate come sarebbe andata a finire se i partigiani si fossero chiesti se avessero vinto o meno a tavolino con i nazifascisti?