Tutta la verità, nient’altro che la verità. E’ quello che chiediamo per
Stefano Cucchi e la sua famiglia, cui sono stati negati troppi diritti quando Stefano era ancora vivo e a cui, ora che Stefano non c’è più, dobbiamo almeno la consolazione, seppur magra, della verità.Si può entrare vivi in una stazione dei carabinieri, dopo un arresto per droga, si può essere trasferiti in una stanza di ospedale sotto tutela, ed uscirne morti dopo sei giorni, come è accaduto a Stefano in circostanze misteriose? Mi chiedo, e vi chiedo, è possibile ed accettabile dover guardare, impotenti, il corpo profanato del proprio figlio o del proprio fratello, colpito e spezzato in due, sul freddo marmo di un tavolo dell’obitorio? Quali sono stati i gravissimi motivi che hanno impedito ai genitori di incontrare il figlio per quei lunghi sei giorni di agonia? Perché non gli sono stati concessi gli arresti domiciliari, neanche fosse il più efferato dei criminali? Le parole, pur condivisibili in linea di principio, del ministro
Alfano, che qualche giorno fa ha riferito in Senato sulla vicenda dopo la richiesta dell’opposizione, non bastano a rispondere ai tanti, troppi interrogativi, alle troppe zone d’ombra che questa vicenda reca con sé. Nella relazione del ministro rimangono troppi vuoti, troppe mancanze nella ricostruzione dei fatti e dell’ultima giornata di Stefano. Chi ha sbagliato? Chi è responsabile di questa morte assurda? Chi non ha vigilato? Chi, nell’esercizio del proprio dovere, di sicurezza o sanitario, non si è preso cura di Stefano? Perché, durante l’udienza durata circa mezz'ora, non è stata riferita né rilevata nessuna anomalia? Perché, alle 13.30 di quello stesso giorno, a distanza di appena un'ora dalla conclusione dell'udienza, Stefano viene sottoposto a visita medica nell'ambulatorio del tribunale, dove gli vengono riscontrate lesioni ecchimotiche in regione palpebrale inferiore bilateralmente e lesioni alla regione sacrale dagli arti inferiori? Perché quando Stefano, appena giunto in caserma nella notte tra il 15 e il 16 ottobre, chiedeva di avvertire il proprio avvocato di fiducia, di cui forniva il nome, ma non gli venne dato ascolto?Sono queste le domande che esigono una
risposta. Noi continueremo a chiederlo da oggi e per sempre, fino al giorno della verità, perché chi ha sbagliato paghi, perché su questa morte assurda non si spenga mai la luce dei riflettori.
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