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ENRICHETTO TORNA A CASA

Enrico Gallo all’anagrafe, ‘Enrichetto’ per tutti, ‘Cheyenne’ per se stesso, è uscito dal carcere qualche giorno fa. Ci era finito per essere andato a comprare un salamino mentre era agli arresti domiciliari per guida in stato d’ebbrezza. Guida di bicicletta…Ricorderete questa storia, ne ho scritto più volte, ne ho parlato in Aula col ministro Alfano e sono anche andato a trovarlo. Enrichetto, un bambino di 55 anni, si è fatto due mesi dentro, trattato benissimo da tutto il personale  del carcere di Asti, come lui stesso ha tenuto a precisare. Ho preso a cuore questa vicenda, per la sua evidente ingiustizia di fondo e perché rappresenta il paradosso più sferzante di questa Italia: Enrichetto in carcere, i criminali veri fuori. I potenti nel nostro Paese non pagano. Mentre lo Stato si mostra inflessibile contro i deboli. Uno stato così è uno stato miserabile. Dal punto di vista politico mio impegno sarà per rendere un po’ di giustizia a chi si trova in carcere senza aver commesso reati socialmente pericolosi. Ci sono troppi ‘enrichetti’ nelle patrie galere. Rigore nella lotta al crimine e tolleranza zero verso i delinquenti non sono in contraddizione con il senso di umanità. Ci sono migliaia di persone attualmente in carcere che non ci dovrebbero stare. E ce ne sono troppe, invece, a piede libero che meriterebbero la guardina. Anche questo è un impegno politico. Tornando alla vicenda di Enrichetto, penso che non appena mi sarà possibile andrò di nuovo a trovarlo. Stavolta sarà a casa sua, che mi dicono essere un tetto senza elettricità e senza vetri alle finestre. Enrichetto è diventato – potenza dei media…- un caso nazionale dopo gli articoli della Stampa. Ora ha tante persone che si occupano di lui e che hanno messo in moto una vera macchina della solidarietà. Nel caso ci fosse bisogno di fare qualcos’altro per lui mi attiverò e vi farò sapere.

SU CUCCHI NON CALI IL SILENZIO

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Tutta la verità, nient’altro che la verità. E’ quello che chiediamo per Stefano Cucchi e la sua famiglia, cui sono stati negati troppi diritti quando Stefano era ancora vivo e a cui, ora che Stefano non c’è più, dobbiamo almeno la consolazione, seppur magra, della verità.Si può entrare vivi in una stazione dei carabinieri, dopo un arresto per droga, si può essere trasferiti in una stanza di ospedale sotto tutela, ed uscirne morti dopo sei giorni, come è accaduto a Stefano in circostanze misteriose? Mi chiedo, e vi chiedo, è  possibile ed accettabile dover guardare, impotenti, il corpo profanato del proprio figlio o del proprio fratello, colpito e spezzato in due, sul freddo marmo di un tavolo dell’obitorio? Quali sono stati i gravissimi motivi che hanno impedito ai genitori di incontrare il figlio per quei lunghi sei giorni di agonia? Perché non gli sono stati concessi gli arresti domiciliari, neanche fosse il più efferato dei criminali? Le parole, pur condivisibili in linea di principio, del ministro Alfano, che qualche giorno fa ha riferito in Senato sulla vicenda dopo la richiesta dell’opposizione, non bastano a rispondere ai tanti, troppi interrogativi, alle troppe zone d’ombra che questa vicenda reca con sé. Nella relazione del ministro rimangono troppi vuoti, troppe mancanze nella ricostruzione dei fatti e dell’ultima giornata di Stefano. Chi ha sbagliato? Chi è responsabile di questa morte assurda? Chi non ha vigilato? Chi, nell’esercizio del proprio dovere, di sicurezza o sanitario, non si è preso cura di Stefano? Perché, durante l’udienza durata circa mezz'ora, non è stata riferita né rilevata nessuna anomalia? Perché, alle 13.30 di quello stesso giorno, a distanza di appena un'ora dalla conclusione dell'udienza, Stefano viene sottoposto a visita medica nell'ambulatorio del tribunale, dove gli vengono riscontrate lesioni ecchimotiche in regione palpebrale inferiore bilateralmente e lesioni alla regione sacrale dagli arti inferiori? Perché quando Stefano, appena giunto in caserma nella notte tra il 15 e il 16 ottobre, chiedeva di avvertire il proprio avvocato di fiducia, di cui forniva il nome, ma non gli venne dato ascolto?Sono queste le domande che esigono una risposta. Noi continueremo a chiederlo da oggi e per sempre, fino al giorno della verità, perché chi ha sbagliato paghi, perché su questa morte assurda non si spenga mai la luce dei riflettori.