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L’ITALIA S’E’ DESTA! DEL REFERENDUM S’E’ CINTA LA TESTA

Antonio Di PietroAntonio Di PietroNon dirò che i referendum li abbiamo presentati noi quando tutti ci davano per matti. Non dirò che quando abbiamo presentato i quesiti referendari ci accusavano di fare un favore a Silvio. Non dirò che, un anno fa, avevamo capito che bisognava dare la parola ai cittadini. Non dirò che per primi avevamo intuito che sull’acqua, sul nucleare, sul legittimo impedimento il governo non scherzava. Non dirò che i militanti, gli iscritti e i simpatizzanti di Italia dei Valori, l’estate scorsa, giravano in lungo e largo l’Italia per raccogliere le firme. Non dirò che questi referendum sono i primi ad andare in porto dopo 16 anni, esattamente gli anni della discesa in campo di Silvio. Non dirò che Silvio deve dimettersi, visto che lo ripetiamo a nastro praticamente da tre anni perché ha fallito sulle politiche economiche, sulla politica estera, sul lavoro, sulla disoccupazione, sulle politiche per la famiglia, per i giovani, per la scuola, la ricerca e l’università. Dico soltanto che sono orgoglioso, felice e contento. Dico soltanto che ho avuto un legittimo godimento. Dico soltanto che è tempo di raccogliere i frutti che abbiamo seminato e sono frutti rigogliosi. Dico soltanto che è tempo di preparare e costruire il programma dell’alternativa. Dico soltanto che non dobbiamo dormire sugli allori. Dico soltanto che dobbiamo essere pronti. Dico soltanto che non c'è più tempo da perdere. Dico soltanto è tempo di iniziare un confronto serrato sul programma. Dico soltanto che non si governa un paese con le formule algebriche o le alchimie. Dico soltanto che un paese si governa sui programmi e sui contenuti. Tra dico e non dico, ho detto tutto.

BATTE FORTE IL CUORE PER IL BATTIQUORUM!

referendum 2011referendum 2011E’ batti quorum, in queste ore, nel vero senso della parola. Tra breve sapremo se siamo riusciti a gettare il cuore oltre l’ostacolo. Meglio non parlare, non dire, non fare pronostici anche se il 41 per cento di ieri sera alle ore 22, se messo a confronto con le percentuali dei referendum che sono passati negli scorsi anni, lascia presagire il meglio. Il Pdl tace. Parla solo la Lega che lancia messaggi chiari e univoci: è crisi. Ieri, Umberto Bossi, ha rotto il silenzio elettorale per invitare a non andare a votare ma nei piani alti del Pdl è caos, tutti contro tutti. Rilanciano sulla riforma del fisco, sapendo bene che non riusciranno mai a farla. Solite litanie, che sentiamo da 17 anni a questa parte ma che, evidentemente, non incantano più. Vanno ripetendo l’unico mantra per salvare la faccia: non è un test sul governo. Ora lo dicono persino loro. Non governano i loro. Zaia, governatore del Veneto, è andato a votare e ha espresso quattro sì. Sono sicuro che molti elettori leghisti hanno fatto altrettanto, così come molti altri elettori di centrodestra. Perché lo abbiamo detto e ripetuto fino alla fine e lo ripetiamo anche ora, mentre le urne sono ancora aperte: questa è una battaglia di civiltà, non di partito. Speriamo vada bene ma comunque vada è stato uno straordinaria pagina di democrazia, una partecipazione civile inaspettata e sorprendente. E’ stato straordinario leggere di una coppietta appena sposati che ha rinviato il viaggio di nozze per non mancare il voto. Così come il malato terminale che ha scelto per il futuro degli altri. Così come leggere sulla rete, su facebook delle file trovati ai seggi, il tam tam appassionato e civile per convincere anche i più restii ad andare a votare. Ora è il momento dell’attesa, fiduciosa ma prudente. E’ tanta la tensione. Per ora vince su tutto lo straordinario fermento della collettività civile.