luglio 2009

Anticrisi? No, salva-casta

 

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“Siamo tra i peggiori paesi al mondo per corruzione”. E’ l’allarme lanciato da Tullio Lazzaro, presidente della Corte dei Conti, l’11 febbraio 2009, nel corso della relazione annuale. L’intervento del governo è stato immediato e tranciante come una mannaia. Naturalmente sulla magistratura contabile, non sulla corruzione. Tra il 2004 ed il 2008 la Corte ha recuperato 34 milioni di euro sui 220 milioni accertati e per i quali è in corso la procedura di riscossione. Un piccolo patrimonio tornato a disposizione dei cittadini e che, con maggiori controlli sui bilanci delle pubbliche amministrazioni, potrebbe essere ben più consistente. Basti pensare che sperperi e mala amministrazione si sono tradotti in atti di citazione in giudizio per un totale di circa un miliardo e 700.000 euro nei soli settori della sanità e dei rifiuti. Ma soprattutto un controllo sulla qualità e l’onestà dell’amministrazione pubblica, il cui immenso valore si misura non tanto sui soldi recuperati, ma sul fatto che i politici, sapendo di essere sotto controllo, evitano condotte illegali e di stampo clientelare. Il governo, ma non c’era da dubitarne, ha invece approvato norme, nel decreto anticrisi, che vanno in senso contrario, che rendono la casta ancora una volta intoccabile, che spuntano le armi e i controlli della magistratura e aprono nuove autostrade a sperperi, malversazioni con la ragionevole speranza dell’impunità. Norme salva-casta per garantire l’impunità ai politici e limitare le indagini della magistratura contabile. Ed ecco quindi che si limita l’avvio delle indagine solo qualora ci sia dolo o colpa grave. Ed è un vero controsenso: senza indagini come si fa a scoprire il dolo o la colpa? Anche la centralizzazione e la gerarchizzazione mettono la Corte dei Conti sotto il controllo dell’esecutivo. Un fatto gravissimo che impedirà la scoperta di molti casi di corruzione nelle pubbliche amministrazioni. Il progetto politico del centrodestra è chiaro, ma noi continueremo a dare battaglia contro queste norme criminogene.

Il Governo vuole il segreto sui voli del premier

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E’ vera la notizia, apparsa oggi sul Corriere della Sera, che il personale che si occupa dei voli di Stato, per decisione del Governo, sarà trasferito alle dipendenze dirette dei nostri servizi segreti, in particolare sarà inserito nell’organico del Rud, l’ufficio che fa capo all’Aise, il servizio segreto militare addetto alle mansioni di vigilanza degli obiettivi? E’ vero che tale decisione sarebbe stata assunta dopo la pubblicazione delle foto relative a ospiti privati del premier su aerei della Repubblica Italiana? Corrisponde al vero, circostanza ancor più grave, che le liste passeggeri ed i piani di volo, che prima potevano essere acquisiti dall’autorità giudiziaria, sia pur con motivato provvedimento, d’ora in avanti saranno invece coperti da segreto di Stato?.

Sono queste le domande che, in un’interrogazione parlamentare, ho rivolto direttamente al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, atto di ispezione sottoscritto da tutti i deputati del gruppo.

Se queste notizie corrispondessero al vero ci troveremo di fronte ad un fatto di una gravità inaudita, non solo ad un atto di imperio del presidente del Consiglio per interessi personali, e non per “motivi di sicurezza e riservatezza” come recitano le motivazioni ufficiali, ma ad un tentativo bello e buono di insabbiare la  verità e di ostacolarla ora e per sempre.

Istituire il segreto di stato sui piani di volo del Governo, in un ottica di più ampio respiro, è un ostacolo non solo alla verità ma anche alla sicurezza del Paese. Per questo, ho chiesto insieme a tutti i deputati di Italia dei Valori al Governo di fare chiarezza su questa vicenda e lo chiederemo con insistenza e determinazione. Questo Paese ha bisogno di chiarezza e di sicurezza ed il governo di un paese ha il dovere di garantirle entrambe.

"Boicottiamo il Tg1 di Minzolini"

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Dicono che il nuovo direttore del Tg1, Augusto Minzolini, abbia inventato uno stile, il cosiddetto minzolinismo, ovvero quella forma di giornalismo che si basa sulla raccolta di dichiarazioni anche informali di uomini politici, senza alcuna verifica delle affermazioni raccolte.

Quando il prode Augusto non era ancora approdato alla corte di Re Silvio, nell’ormai lontanissimo 1994, scriveva su la Repubblica questa perla di saggezza: “La distinzione fra pubblico e privato è manichea: un politico deve sapere che ogni aspetto della sua vita è pubblico. Se non accetta questa regola rinunci a fare il politico”. Una perla di saggezza del prode Minzolini, finita nella rete, quel fantastico occhio sul mondo che qualche volta fa da ufficio delle cose smarrite. Era bravo il nostro, uno squalo tra tanti tonni, come lo definì il suo maestro.

Dal quel lontano 1994, molto è cambiato. Oggi Augusto Minzolini, colui che scriveva che ogni aspetto della vita di un politico è pubblico, ha trasformato il Tg1 nel megafono del Governo, mettendolo al servizio del padrone, come neanche il Tg4 di Emilio Fede è mai riuscito a fare. Il  neo-direttore del Tg1, nasconde, manipola, cancella ogni notizia e ogni voce scomoda al Governo. Ha bandito la verità e la notizia. Passa solo ciò che serve ed è utile al sovrano. Con un colpo solo, ha cancellato la voce dell’opposizione.

Vi sarete chiesti perché, dal giorno dopo le Europee non avete più visto o sentito un volto o una voce di Italia dei Valori parlare ai microfoni del Tg1. Italia dei Valori, forza politica dell’8 per cento, premiata dal voto di 2 milioni e mezzo di cittadini alle elezioni europee, è sparita d’incanto dai servizi politici del Tg1. Ma quel che è più grave è che si tratta del principale telegiornale del servizio pubblico nazionale e, come tale, avrebbe l’obbligo di dare voce anche alle forze di opposizione.

Nascondere, manipolare, oscurare, cancellare voci e notizie scomode. Questo è il nuovo corso del Tg1 del prode Minzolini. Ed è per questo che lancio un appello dal mio blog: boicottiamo il Tg1. Facciamolo anche per quei giornalisti rigorosi e seri che vogliono ancora fare il loro mestiere correttamente.

La politica, men che meno l’opposizione, non ha strumenti validi per combattere questo nuovo corso. Voi cittadini e spettatori sì. Avete uno strumento in mano straordinario, il telecomando. A tutto può resistere un direttore di telegiornale, per quanto asservito al padrone, tranne che al crollo degli ascolti. Già siamo un pezzo avanti. Gli ascolti del Tg1 sono in calo. Facciamoli crollare. Solo così facendo, il prode Minzolini dovrà cedere di fronte al potere della vostra scelta.

Questo è il nuovo corso di Italia dei Valori per combattere chi nasconde, manipola, oscura, cancella la verità. Fai girare la voce. Diventi un tam tam: boicottiamo il Tg1. Non guardiamo più chi nasconde, manipola, oscura, cancella la verità.

 

 

 

 

 

Quirinale, il pericolo peggiore non è lo scontro

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Lo dico apertamente. Sono un convinto sostenitore del buon operato del Presidente della Repubblica Napolitano. C’è poco da fare, a tutti noi piacerebbe un Presidente super interventista e baluardo attivo nella difesa di quella costituzione che avvertiamo quotidianamente in pericolo. Ma non è questo il ruolo che l’ordinamento gli attribuisce né, tantomeno, sono questi i poteri che la Costituzione ha previsto per lui.

Il suo è un ruolo basato sulla sola capacità di persuasione e di convincimento delle forze politiche, e del governo in particolare, con l’unico potere di intervento diretto rappresentato dalla facoltà di non controfirmare una legge (ma che deve comunque controfirmare se il parlamento la riapprova tale e quale).

E la capacità di persuasione, ovviamente, è tanto più forte quanto più il Presidente riesce ad interpretare il sentimento e le aspettative di tutto il Paese e non soltanto di una parte di questo.

In quest’ottica, ho approvato la quasi totalità degli atti compiuti da Napolitano nell’ultimo anno, compresa la firma del Lodo Alfano, che potrà anche essere, come fermamente credo, una porcata politica ed una norma incostituzionale ma, avendo recepito quasi tutte le critiche mosse dalla Corte Costituzionale al lodo Schifani, non era così palesemente incostituzionale da consentire al Presidente di rifiutare la firma.

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Detto questo, l’appello di ieri di Napolitano, ad abbassare i toni dopo il G8, proprio mi risulta incomprensibile.

Tante volte abbiamo sentito, da tanti Presidenti della Repubblica, generici appelli alla pacatezza ed alla civiltà del confronto politico. E, se ci si fermiamo all’ovvio, non c’è proprio nessuno che auspichi un confronto politico “inutilmente feroce” ed “incivile”.

Dove sta allora la parte incomprensibile e, conseguentemente, inaccettabile, dell’appello del Presidente Napolitano?

Sta nel fatto che questo appello giunge in un momento particolarissimo della nostra vita politica, dopo alcune settimane di offensiva da parte di un coraggioso gruppo editoriale e delle opposizioni parlamentari, tesa a denunciare una serie di fatti politici di una gravità che non ha precedenti negli ultimi decenni.

Il primo è lo scandalo sessuale che vede coinvolto in prima persona il presidente del Consiglio, per il quale è stato provato che egli ha  mentito più volte agli italiani.

Una delle più alte cariche dello Stato, colui che dovrebbe guidare le sorti del Paese, si circonda di minorenni e prostitute, disegnando un quadro di degrado morale che non ha precedenti nella storia della penisola dai tempi di Caligola.

Il secondo è  la legge sulle intercettazioni, che è ancora lì, non cambiata di una virgola, quella che possiamo definire il più grande regalo di tutti i tempi alla criminalità organizzata.

Il terzo, è la legge sul testamento biologico, una legge confessionale ed oscurantista, che cancella la libertà dei cittadini di decidere sul loro fine vita.

Il quarto, la decisione della Consulta sul lodo Alfano, con una Corte costituzionale vilipesa ed umiliata dalla cena “carbonara” tra due alti giudici e rappresentanti del Governo che l’hanno disonorata.

Il quinto ed ultimo, appena due giorni fa, la proposta di scudo fiscale tombale, l’ennesima legge porcata che prevede un vero e proprio riciclaggio di Stato di soldi sporchi con annesso colpo di spugna sui reati societari e tributari.

Il tutto, poi, in un contesto dove, giorno dopo giorno, la libertà d’informazione va sempre più a farsi benedire, ed è ormai quasi impossibile, in questo paese, leggere in un giornale o ascoltare da una televisione qualcosa di diverso dal pensiero unico berlusconiano.

In questa situazione, l’invito al dialogo per le riforme e alla moderazione dei toni, espresso dal Presidente della Repubblica, finisce inevitabilmente con l’apparire rivolto principalmente alle opposizioni, ed acquista così  un sapore amaro e, ovviamente, involontariamente beffardo.

Non dubito delle buone intenzioni  del Presidente Napolitano, anzi, proprio per questo, desidero indirizzargli un auspicio.

Questa legislatura richiede senz’altro, al Presidente della Repubblica, uno straordinario equilibrio ed una enorme attenzione nel dosare i propri interventi, in quanto uno scontro frontale e costante tra l’esecutivo ed il Presidente della Repubblica sarebbe, in realtà, uno  scenario graditissimo per Berlusconi. Tuttavia intravedo per la Presidenza della Repubblica, un pericolo peggiore anche rispetto allo scontro frontale. Ovvero quello di cadere in un attendismo esasperato che la porti ad diventare sempre più tollerante nei confronti del Governo. Anche in questo caso Berlusconi finirebbe con il fare quello che vuole, e non ci sarebbe nemmeno un presidente della Repubblica a tentare di impedirglielo.

 

Le frottole del Governo: 1.200.000 clandestini sanati

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Il disegno di legge su cui già sono caduti gli strali del Presidente della Repubblica, più che mirare a salvaguardare la sicurezza dei cittadini, fa pericolosissime chiacchiere. Il governo, infiocchettandolo con una serie di belle parole ad effetto, ha concepito un provvedimento che di fatto andrà a peggiorare la situazione della clandestinità, gravando, per altro, sulle tasche dei cittadini.

La mia impressione, è, purtroppo, che questo disegno di legge sulla sicurezza sia solo un manifesto ideologico, un  provvedimento all’apparenza feroce, privo, in realtà, di alcuna sostanza.

Solo nel 2002, dal cilindro magico di un altro governo Berlusconi, è venuta fuori la Bossi-Fini, legge in apparenza spietata contro immigrazione e clandestinità, in sostanza del tutto inefficace ed anzi controproducente. Il risultato è stato un mare di clandestini nel nostro paese, che ha costretto poco dopo, il governo ad emanare una megasanatoria per la regolarizzazione di 650 mila clandestini.

Oggi, a sette anni di distanza, altro giro, altro involucro d’effetto, altre parole di facciata, stessa identica storia: una nuova legge dalla finta faccia crudele, priva di sostanza, una propaganda per appagare la pancia leghista. Un altro buco nell’acqua, che genererà solo danni alla popolazione. Il reato d’immigrazione clandestina ha trasformato milioni di clandestini che vivono in Italia in criminali, ma con impossibilità per lo stato di identificarli e trasferirli. Ve l’immaginate un milione di processi nella nostra Italia dalla giustizia sgangherata?

Il governo ha generato, forse senza valutarne le conseguenze, un mostro. Ora, spinto dal timore di non riuscire a gestirlo, si è visto costretto ad un’ennesima sanatoria, quella che mira, solo a parole, alla regolarizzazione delle badanti, ma che finirà per coinvolgere anche tante finte badanti o veri e propri delinquenti. La stima del governo è di 200 o 300 mila persone, ma, stando ai dati sulle presenze irregolari, forniti dalle associazioni del settore, i numeri potrebbero almeno raddoppiare.

Agli italiani, da tutto ciò, deriverà, oltre all’inganno, anche un profondo danno economico, 500 euro a famiglia, proprio in un momento in cui la crisi dovrebbe portare in tutt’altra direzione. Saranno i cittadini infatti, a dover pagare, se bisognosi del servizio reso dalle badanti, il costo economico del reato d’immigrazione clandestina imposto dal governo.

 

 

La bufala del 'Piano Casa'

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Il piano casa sbandierato da Berlusconi è una clamorosa fregatura. I 100.000 alloggi da costruire in 5 anni sono una chimera perché non ci sono soldi. Il governo Prodi aveva stanziato 550 milioni per l’edilizia popolare, Tremonti li ha fatti sparire per poi annunciare in pompa magna il piano casa con un investimento di 200 milioni. Meno della metà. Complimenti. Vien voglia di segnalarlo a qualche sito ‘antibufale’…

 

Certo è necessario rilanciare l’economia ed anche il settore edilizio. Ma in questo modo, senza vincoli e con la semplificazione delle procedure, otterremo l’effetto contrario. Non ci saranno case per le fasce deboli, ma speculazioni, con la sostanziale ‘abrogazione’ dei piani regolatori assisteremo ad una cementificazione selvaggia che danneggerà un territorio già massacrato dalle speculazioni. L’Istat in un rapporto del 2007 ha stabilito che in quindici anni sono stati erosi 3 milioni e 663 mila ettari. Una superficie pari a quella di Lazio e Abruzzo insieme. Per far lavorare qualche palazzinaro si sacrifica l’ambiente e si deturpano paesaggi e città.

 

Noi guardiamo al futuro e proponiamo altro: sostegno, aiuti, incentivi e sgravi per chi costruisce secondo i criteri dell’edilizia sostenibile.  Costruire nuove case nel rispetto dell’ambiente significa consumare meno risorse, inquinare meno, ed anche creare nuovi posti di lavoro qualificati ed un indotto economico positivo. Facciamo un esempio concreto: in Germania, tra il 2002 ed il 2004, in piena crisi edilizia, sono stati creati 25.000 nuovi posti di lavoro grazie ai lavori di ristrutturazione per aumentare l’efficienza energetica e la resa ambientale degli edifici. Un esempio che questo governo proprio non vuole seguire.

Intervista rilasciata a "il Riformista"

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Pubblico una mia intervista apparsa ieri su "il Riformista". Vorrei conoscere la vostra opinione in merito.

«Non possiamo certo rimanere inermi di fronte all'offensiva di Berlusconi. Ma Di Pietro non deve portare avanti lo scontro frontale con Napolitano. Così rischiamo di fare il gioco del premier». Massimo Donadi, capogruppo dell'Idv alla Camera, spiega al Riformista perché stavolta si smarca da Tonino.

Onorevole Donadi, siete in guerra contro il Quirinale. La convince la strategia del suo partito? Senta, per quanto mi riguarda, io riconosco che il compito del presidente della Repubblica deve essere per definizione improntato al massimo equilibrio. Aggiungo che, soprattutto in questo momento, con una maggioranza così allineata al suo capo, il ruolo di Napolitano è ancora più delicato. È Berlusconi che ha tutto l'interesse a portare i rapporti con il Colle sul filo del rasoio. La prova? Ricordi quello che accadde con Oscar Luigi Scalfaro. La sua analisi, però, porta a un approdo diverso da quello di Di Pietro... Di Pietro solleva un tema decisivo per la democrazia. Basta guardare a come si muovono Berlusconi e i suoi. Non ci sono solo il lodo Alfano, la legge sulla sicurezza e quella sulle intercettazioni. Oggi il Pdl ha approfittato del decreto anti-crisi per inserire alla chetichella una norma che consente al procuratore generale della Corte dei conti di indagare sugli sprechi della politica solo in caso di «dolo» e «colpa». Ma come fa a sapere se ci sono «dolo» e «colpa» se prima non indaga? È l'ennesima norma scandalosa, una norma contro la trasparenza... Ecco, tenendo in considerazione tutto questo scenario, forse la prudenza istituzionale del Colle può agevolare il disegno berlusconiano. Resta il fatto che l'Idv ha convocato una manifestazione non autorizzata sotto il Quirinale. L'idea della manifestazione non mi ha convinto. La tentazione anche legittima di forzare la mano di Napolitano rischia di portarci al risultato opposto. In che senso, scusi? Così facendo, rischiamo di “costringere” il capo dello Stato ad essere ancora più prudente. Mi creda, l'Italia dei valori riconosce la grande valenza istituzionale della lettera che Napolitano ha accompagnato alla «promulgazione piena» della legge sulla sicurezza. Pensi che il suo contenuto è diventato una nostra mozione. Più che altro guardate come ha reagito la maggioranza: Maroni s'è limitato a dire che farà qualcosa quando sarà l'ora di scrivere i regolamenti attuativi... Resta il fatto che Di Pietro ha parlato di intervento «piuma». E ieri, scrivendo a Napolitano, lo ha anche accusato di «offese gratuite». Certo, nel suo intervento dell'altro giorno il capo dello Stato è stato molto esplicito. Ma sono convinto che il presidente della Repubblica non avesse la benché minima intenzione di offendere Di Pietro. Napolitano è un galantuomo. Ripeto: forse il Quirinale sta seguendo la linea del tatticismo esasperato. Ma la logica dello scontro frontale finirà per portarlo nella direzione opposta rispetto a quella che vogliamo. Con l'aggravante che l'unico ad avvantaggiarsi rischia di essere, alla fine, Silvio Berlusconi.

Da “Il Riformista” del 23 luglio 2009