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VOLTAIRE, SALLUSTI E L'ART. 21

ART 21 DELLA COSTITUZIONE

 Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione.

La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure.

Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili.

In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto.

La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica.

Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni.

 Io combatto per la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perché tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente (Voltaire)

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 Sto con Voltaire. E difendo l’Art. 21 della Costituzione.  Il dibattito in corso al Senato sulla diffamazione ha dei tratti di surrealtà. Il caso Sallusti - che per quanto mi riguarda non è certo un martire né un esempio di giornalismo sia chiaro – ha sollevato un dibattito sulla libertà di stampa che si sta ritorcendo contro i giornalisti e la libera informazione. Con la finta di eliminare il carcere, stanno tentando di introdurre norme punitive al limite della censura, che renderebbero di fatto impossibile la pubblicazione di notizie.

Insomma, il tentativo di mettere il bavaglio alla stampa è sempre attuale. Ancora una volta la politica più miope che ci sia, confonde causa ed effetto. La causa delle campagne stampa è, quasi sempre, la malapolitica, la corruzione dilagante, la discrepanza tra quanto promesso e quanto realizzato, la montante indignazione dell’opinione pubblica. E soprattutto la distanza siderale che divide certi politici dai cittadini, dai loro bisogni, dalle loro richieste.

Queste campagne non mirano alla delegittimazione della politica (almeno non tutte) ma alla denuncia di comportamenti odiosi. E’ vero che il clima è diventato talmente pesante e mefitico che ormai anche le persone in buona fede non distinguono più il grano dal loglio, ma la soluzione non è il bavaglio alla stampa. E l’onorabilità dei potenti si difende innanzitutto in prima persona, con comportamenti cristallini e onestà nell’agire. Mi chiedo cosa avrebbe pensato Voltaire di questo dibattito. E mi rispondo con un certo pessimismo.

 

IL CAPOLAVORO DELLA GELMINI

Com’è solerte Maria Stella Gelmini. E’ bastato un articolo pubblicato sul giornale di famiglia – famiglia Berlusconi, s’intende- per far scattare gli ispettori. C’erano simboli politici in una scuola pubblica. No, no - che avete capito? - non sto parlando di Adro, ma di Livorno.  Questi i fatti. Ieri il Giornale ha pubblicato in prima pagina ‘Altro che Adro, a scuola sventola la bandiera rossa’. E poi, nelle pagine interne, la foto del vessillo comunista su un vecchio muro. Immediato l’intervento del ministro, che ha ‘ordinato un’ispezione nella scuola dell’infanzia San marco di Livorno. Il provvedimento – recita il comunicato del dicastero- si è reso indispensabile per verificare la notizia per cui sarebbe presente nell’istituto una bandiera del Partito dei Comunisti Italiani. La scuola è un’istituzione pubblica che deve garantire a tutti un’educazione imparziale ed autonoma rispetto a qualsiasi orientamento politico”. Quest’ultima parte è un capolavoro. Di comicità naturalmente. Se fosse vera la metà delle cose scritte, se la Gelmini le pensasse davvero così, il caso Adro non sarebbe mai esistito. Avrebbe mandato gli ispettori con la stessa immediatezza e la faccenda sarebbe stata risolta in un batter di ciglia. La prima considerazione da fare è quasi banale: ci sono due pesi e due misure per la Gelmini. I simboli leghisti possono restare dove sono, i simboli di altri partiti vanno rimossi. In ogni caso il ministro ha fatto una bella gaffe. I simboli comunisti non erano affissi sulla scuola, ma su un edificio poco distante, precisamente sul vecchio muro del teatro dove nel 1921 nacque il Partito Comunista Italiano. Il sindaco, Alessandro Cosimi, le ha risposto in modo impeccabile e tra le altre cose ha detto ‘al posto degli ispettori ci mandi i soldi’. Una figuraccia non da poco. Ecco cosa succede a fidarsi delle notizie pubblicate dal duo Feltri-Sallusti, gli agit prop di Berlusconi. Il ministro ha mostrato il suo vero volto ed ha confermato che vuole fare del ministero una succursale del Pdl. Mai nella storia della Repubblica il ministero dell’istruzione era sceso così in basso. Del resto nessun presidente del Consiglio si sarebbe mai sognato di nominare un ministro come la Gelmini. Un altro effetto perverso del berlusconismo.