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12 E 13 GIUGNO: 4 SI’ PER CAMBIARE L’ITALIA

 Dunque, quel pericoloso comunista che siede sul soglio di San Pietro ha detto che l’energia non deve danneggiare l’uomo e il creato. Robe da pazzi! Giorgio Napolitano, presidente della Repubblica, arbiter elegantiarum delle istituzioni andrà a votare, mentre il presidente del consiglio diserterà le urne. Ognuno ha lo stile istituzionale che si dà. Quantomeno strano e bizzarro quello del presidente del Consiglio. L’Economist, quel brogliaccio comunista di chiara fama, a dieci anni dal famoso “unfit to lead Italy” ha dedicato al premier un’altra copertina con un titolo ancora più magniloquente “ha fottuto un intero paese”. Due fotografie, una di ieri e una di oggi, impietose per verità e giustizia che stabiliscono il traid d’union di 17 anni di berlusconismo: inefficienza, immobilismo, istitutizioni piegate all'interesse di un uomo solo. Una per tutte, la fantomatica accelerazione sul fisco annunciata dal presidente del Consiglio “riforma entro l’estate”. Mentre il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, un attimo dopo l’annuncio vuoto del premier, utile solo a infastidire ulteriormente gli italiani e ad arricchire il suo score personale di fanfarate, ha commentato lapidario e sarcastico: “io non devio di un centimetro”. La querelle sui ministeri al Nord è diventata roba da operetta, difficile da vendere per esaltare gli animi il prossimo 19 giugno sulla spianata di Pontida. Su questo quadro, penoso e patetico di un governo senza più spinta né mordente, si staglia la mobilitazione straordinaria in favore dei referendum, che avrà il suo clou questa sera a piazza del Popolo. Ma sono mille le piazze, le iniziative pacifiche, le invasioni pacifiche, le feste, le scacchiere umane e persino la corsa “nudi per quattro sì” che stanno riempiendo le strade del paese. Domenica 12 e lunedì 13 giugno, abbiamo una straordinaria opportunità: possiamo decidere, con quattro sì, di restituire dignità a questo paese, tutelare l’ambiente e disegnare un futuro migliore per i nostri figli. Non perdiamo questa straordinaria occasione di democrazia e libertà!

SFIDA A GIULIO SUL POSTO FISSO

“La flessibilità? Molto meglio il posto fisso”. Banalità o demagogia? Entrambe ma la vera vergogna è che a dirlo oggi è Giulio Tremonti, il superministro dell’Economia, il campione dell’ideologia liberista e liberale, quello che per quindici anni ci ha raccontato il mito dell’America, la favola del turbo capitalismo, il sogno della finanza creativa e la leggenda del lavoro flessibile, atipico, interinale.Giulio Tremonti non è un ministro qualunque di una stagione qualunque. E’ colui che, per quindici anni, con qualche fugace parentesi, ha dettato la linea economica del nostro Paese, improntata al liberalismo più sfrenato. E’ quello stesso signore che, con disinvoltura e cinismo, ha smantellato l’impianto garantista del diritto del lavoro italiano, varando nel 2001 la legge che ha istituzionalizzato il lavoro a tempo determinato; che, sempre nel 2001, ha rimosso tutti gli ostacoli normativi al ricorso di lavori atipici; che, infine, nel 2003, ha “elasticizzato la disciplina del part-time e del lavoro interinale, istituendo il contratto di inserimento. E’ quello stesso signore che, solo 10 giorni fa, ha licenziato 150.000 precari della scuola, senza battere ciglio.Ad occhio e croce, dunque, c’è un problema grande quanto una casa. O il ministro Giulio Tremonti fa demagogia da quattro soldi perché ha capito che l’emergenza lavoro è oggi la principale preoccupazione degli italiani, oppure, se davvero improvvisamente crede nel mito del posto fisso, dovrebbe dimettersi domani, confessando agli italiani di averli presi per i fondelli negli ultimi 15 anni. Anzi, le dimissioni non bastano. L’esilio sarebbe più giusto, meglio se a vita.Io sfido il ministro Tremonti su una cosa concreta e non sulla luna. Se davvero crede ad un decimo di quello che ha detto non può dire di no a due richieste di Italia dei Valori, contenute in una proposta di legge che abbiamo depositato in Parlamento. Il raddoppio della cassa integrazione per tutto il periodo della crisi, per tutelare coloro che al momento un posto fisso ce l’hanno ancora, ed un limite a quell’anomalia tutta italiana del precariato istituzionalizzato, con l’obbligo per l’azienda di assumere a tempo indeterminato il lavoratore dopo tre anni di flessibilità.