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Dimissioni non bastano. Nuove regole
Le dimissioni di Maruccio sono un buon segnale, ma non bastano. Essere portatori di una diversità sulla questione morale non significa essere immuni dalla possibilità di errori dei singoli, bensì dimostrare, con la tempestività e la radicalità con le quali si interviene per rimuovere ogni ombra di sospetto o di abuso, che gli errori non sono tollerati.
Per questa ragione credo che le nostre decisioni debbano andare ben oltre l’accettazione delle dimissioni di Maruccio e sia necessario chiedere ai gruppi parlamentari e regionali la pubblicità e la totale trasparenza dei bilanci. Per prevenire al massimo la possibilità di errori nelle scelte, infine, sono opportune regole di maggiore collegialità nella definizione di incarichi e candidature.



NON ANTIPOLITICA MA BUONA POLITICA
‘Niente fondi a chi non taglia’ titola il Corriere della Sera. Uao, finalmente. L’Italia dei Valori da anni aveva tentato di inserire meccanismi premiali per le amministrazioni pubbliche virtuose e sanzioni, anche dirette, per gli amministratori sperperoni e incapaci.
Naturalmente per esprimere un giudizio definitivo attendiamo di leggere il testo definitivo del decreto, ma il principio di base è sicuramente condivisibile. Mi preme, però, fare un’altra considerazione.
Perché queste riforme devono essere fatte solo sull’onda lunga degli scandali e dell’emergenza? Perché non è possibile anticipare i fenomeni, prima che esplodano in tutta la loro virulenza sociale e politica?
Perché siamo in Italia, il paese dalla vista corta e dalla memoria brevissima. Non guardiamo al futuro e non ricordiamo il passato, siamo schiacciati sul presente senza renderci conto della pericolosità di questo atteggiamento. La politica ha grandi responsabilità in questo, perché per troppi anni è stata incapace di avere una visione prospettica di lungo periodo. Qui sta la differenza tra uno statista ed un semplice politico. E tutto questo va ad aggiungersi al vento dell’antipolitica che sembra non saper più distinguere tra i partiti, tra i politici, tra le idee ed i programmi. Il politico in quanto tale sembra essere diventato l’obiettivo da colpire ed abbattere.
Le persone che adottano questo criterio sono sicuramente in buona fede, hanno passione civile probabilmente e sono giustamente stanche di un certo modo di fare politica. Hanno in parte ragione. Ma attenzione, è un fenomeno pericoloso. Quando la contestazione diventa cieca e senza proposte si consegna il Paese ai poteri forti.
La fisica ci insegna che il vuoto assoluto non esiste. Così anche nei fenomeni sociali. Il vuoto della politica rischia di essere riempito da altri poteri e da altri interessi. Senza più la mediazione delle diverse rappresentanze. La politica deve assumersi certamente le proprie pesanti responsabilità, deve essere capace di rinnovarsi ed espellere gli agenti patogeni. Ma non deve abdicare al proprio ruolo fondamentale di rappresentanza degli interessi sociali. Siamo di fronte ad un periodo di transizione, simile a quello del ’92-94. E’ l’occasione per costruire un paese migliore.



LA LEZIONE DI FRANCONE
Ci voleva "Francone" Fiorito – er Federale d’Anagni, come lui stesso si definisce - per svelare la corruttela, il malaffare, la rapacità che imperversa nella Regione Lazio? Ma certo che no. Ci voleva il baccanale romano per capire che certa politica non è più in fase di decadenza perché è già caduta fondo al pozzo della moralità? No. Non serviva tutto questo. Era sotto gli occhi di tutti.
Certa gente ostenta un tenore di vita che non potrebbe permettersi, rendendo palesi i propri comportamenti. Il degrado è tale che adesso i politici presi con le mani nella marmellata non si dimettono. Non si vergognano, ma anzi, passano al contrattacco, accusano, insultano, ignorano le domande. La Polverini in consiglio regionale ha fatto una sceneggiata da premio Oscar. Bene, brava, bis. Effetti? Nessuno. Le dimissioni? Ma per carità, si evocano, si ‘minacciano’, si ipotizzano, ma non si rassegnano. Mai.
La grande lezione di ‘Francone’ è che la politica cattiva si vede a occhio nudo, senza bisogno di inchieste e verifiche. E tutto questo vale anche per Formigoni, ormai da tempo sulla graticola, che non mostra la minima intenzione di staccare le terga dalla comodissima poltrona. Nonostante tutti gli scandali.
L’Italia ha bisogno di recuperare i principi fondamentali dell’etica pubblica e della trasparenza. Ieri alla Camera si è sviluppato un dibattito surreale sulla proposta di far controllare i bilanci dei gruppi da società di revisione contabile. Giusto, giustissimo, noi lo faremo, perché quei soldi sono dei cittadini, che hanno il diritto di essere informati su come vengono usati. Allora si scoprirà che c’è chi li utilizza per svolgere il proprio mandato, per organizzare l’attività politica, e chi li spende in ostriche, champagne e dame di compagnia.



IL PEPERONCINO INDIGESTO DI RENATA




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