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NON ANTIPOLITICA MA BUONA POLITICA

Niente fondi a chi non taglia’ titola il Corriere della Sera. Uao, finalmente. L’Italia dei Valori da anni aveva tentato di inserire meccanismi premiali per le amministrazioni pubbliche virtuose e sanzioni, anche dirette, per gli amministratori sperperoni e incapaci.

Naturalmente per esprimere un giudizio definitivo attendiamo di leggere il testo definitivo del decreto, ma il principio di base è sicuramente condivisibile. Mi preme, però, fare un’altra considerazione.

Perché queste riforme devono essere fatte solo sull’onda lunga degli scandali e dell’emergenza? Perché non è possibile anticipare i fenomeni, prima che esplodano in tutta la loro virulenza sociale e politica?

Perché siamo in Italia, il paese dalla vista corta e dalla memoria brevissima. Non guardiamo al futuro e non ricordiamo il passato, siamo schiacciati sul presente senza renderci conto della pericolosità di questo atteggiamento. La politica ha grandi responsabilità in questo, perché per troppi anni è stata incapace di avere una visione prospettica di lungo periodo. Qui sta la differenza tra uno statista ed un semplice politico. E tutto questo va ad aggiungersi al vento dell’antipolitica che sembra non saper più distinguere tra i partiti, tra i politici, tra le idee ed i programmi. Il politico in quanto tale sembra essere diventato l’obiettivo da colpire ed abbattere.

Le persone che adottano questo criterio sono sicuramente in buona fede, hanno passione civile probabilmente e sono giustamente stanche di un certo modo di fare politica. Hanno in parte ragione. Ma attenzione, è un fenomeno pericoloso. Quando la contestazione diventa cieca e senza proposte si consegna il Paese ai poteri forti.

La fisica ci insegna che il vuoto assoluto non esiste. Così anche nei fenomeni sociali. Il vuoto della politica rischia di essere riempito da altri poteri e da altri interessi. Senza più la mediazione delle diverse rappresentanze. La politica deve assumersi certamente le proprie pesanti responsabilità, deve essere capace di rinnovarsi ed espellere gli agenti patogeni. Ma non deve abdicare al proprio ruolo fondamentale di rappresentanza degli interessi sociali. Siamo di fronte ad un periodo di transizione, simile a quello del ’92-94. E’ l’occasione per costruire un paese migliore.

CRISI, UN BOLLETTINO DI GUERRA

Un’Italia sempre più in ginocchio. Nel 2012 i consumi pro capite degli italiani presentano “la peggior variazione negativa della storia della Repubblica dal 1946”. Nel secondo trimestre di quest’anno, i consumi di ciascun italiano sono diminuiti in termini reali del 6.5%.

La crisi c’è è reale, sta colpendo i cittadini italiani e non lo fa a tutti nello stesso modo. Nel settore del commercio stanno pagando il prezzo più alto i piccoli commercianti.

Brutte notizie anche sul fronte delle retribuzioni. L’Istat prevede  un crollo dei salari nel 2013 se i tanti rinnovi contrattuali che sono in ballo non verranno portati a buon fine. Sono i settori dell’industria, dei servizi privati, della pubblica amministrazione, per un totale di 34 contratti che attendono il rinnovo, che riguardano circa 3.8 milioni di dipendenti.

L’Ires della Cgil afferma che, tra il 2012 e il 2014, i consumi delle famiglie degli operai si ridurranno di circa 600 euro l’anno per una perdita complessiva nel triennio di 1.806 euro. Tra il 2007e il 2011, la perdita media annua di consumo per le famiglie di operai è stata di 200 euro annui. Le cause? Aumento dell’inflazione, della disoccupazione e alla crescita della pressione fiscale.

Oggi, in provincia di Venezia, due persone si sono tolte la vita, a distanza di 24 ore, per problemi legati a difficoltà economiche. Dal 2008 ad oggi sono 15.000 i posti di lavoro persi e decine le imprese che hanno chiuso i battenti ed nelle altre zone del paese le cose non vanno meglio. Le piccole e medie imprese italiane, cuore pulsante della nostra economia, vanno sostenute, con atti concreti, non con le parole. Questo Governo, di cui attendiamo ancora i miracoli tecnici, deve battere un colpo.

Alle famiglie colpite da tali gravissimi lutti  la nostra più sentita vicinanza. Ma non basta, non può bastare, non deve bastare.

SERVE NUOVO PATTO LAVORO-IMPRESA

Questa mattina, ho preso parte al dibattito "Un nuovo patto tra lavoro e impresa per sviluppo e solidarietà. Con me, sul palco alla VII festa di Vasto, il segretario generale della FIOM, Maurizio Landini, Maurizio Zipponi, coordinatore nazionale Idv Dipartimenti tematici, e due imprenditori, Massimo Francia, Vincenzo Boccia, vicepresidente Confindustria, e l'economista Paolo Manasse. Questo sono state le mie riflessioni.
L'Italia ha bisogno di un nuovo patto tra lavoro e impresa per rilanciare l'economia del paese e tentare dil risolvere l'emergenza lavoro in Italia. A Vasto, Fiom e Confindustria sono entrambe a casa loro.
Ci sono troppe tasse che gravano sul lavoro, la giustizia e' lenta e manca una vera cultura d'impresa. Per non parlare poi della burocrazia e dell'assenza di una politica industriale. 'Non serve andare a manifestare davanti ai cancelli di fabbriche chiuse, la politica deve pensarci prima, per scongiurare le crisi.
Italia dei Valori ha un programma di sintesi, che coniuga le ragioni degli imprenditori e i diritti dei lavoratori. Purtroppo manca da troppi anni una politica industriale. La politica deve pensarci prima, con anni di anticipo deve lavorare sulle situazioni di crisi. Ogni anno lo Stato destina circa 40 miliardi alle imprese. Ma a chi vanno quei soldi? In molti casi agli amici degli amici, ad alimentare un sistema clientelare che frena lo sviluppo. E' indispensabile eliminare una tassa odiosa, l'Irap, un balzello sull'occupazione.
L'Italia dei Valori si impegna a governare il paese all'interno di una coalizione di centrosinistra, con al centro del programma la solidarieta', la giustizia sociale e i diritti, spostando le tasse dal lavoro verso le rendite, le speculazioni ed il capitale finanziario. Eliminando gli sprechi enormi della politica, a partire da un vero buco nero, la malagestione della sanità.
Ma agli amici della Fiom dico chiararamente: è impensabile, in questo momento, pensare di ritornare a crescere allargando di nuovo i  cordoni della spesa pubblica. La vera sfida, per il centrosinistra, è dimostrare che le risorse che dovremmo reperire per pareggiare il bilancio e ridurre il debito pubblico, dovranno essere reperite riorganizzando la spesa pubblica, meno spesa ma più di qualità, facendo fare un passo indietro alla politica che controlla e male troppi settori del pubblico nel nostro paese, facendo pagare più tasse a chi detiene grandi patrimoni, a chi non le ha mai pagate. Ma sia chiaro: sul rigore nessun passo indietro.

A VOLTE RITORNANO…

Così ritorna, almeno pare. Dopo la vacanza nel resort di Briatore a Malindi, e la buca data ad Atreju, la festa dei giovani del Pdl organizzata ogni anno dalla Meloni, l’ex presidente del Consiglio, quello che ci ha fatto perdere la faccia nel mondo, ha annunciato che tornerà sulla scena politica attiva. A pensar malesi fa peccato, ma con Berlusconi ci si azzecca: evidentemente ha ancora qualche affaruccio personale da sistemare.

Il suo ritorno è, ovviamente, in pieno stile biscione condito con un pizzico di Re sole: promesse, spot e potere assoluto al premier. “Abrogheremo l’Imu, cambieremo la costituzione, affinché il primo ministro abbia la possibilità di nominare e revocare ministri, perché possa usare il decreto legge immediatamente efficace.

Unica condizione per il suo rientro, la legge elettorale. Se sarà proporzionale io potrò avere certo un ruolo, se sarà qualcos’altro allora potrò decidere quale sarà il ruolo di Silvio”. Come dire, gioco solo se vinco.

Con queste premesse, la mente corre veloce agli ultimi 15 anni di berlusconismo: è il sequel di un film bruttissimo che, se andasse di nuovo in onda, ci porterebbe verso il baratro finale e ad una crisi irreversibile.

Non è più il tempo dei leaderismi, non e' piu' il tempo delle parole, ma dei fatti, delle strategie e del rilancio. La questione Fiat dimostra che la politica deve avere la capacità di presentare un progetto industriale, un piano strategico per rilanciare l'economia produttiva. E’ di questo che c’è bisogno nel futuro del nostro Paese. Non di chi, con immarcescibile faccia tosta, ripropone il vecchio e stantio messaggio del vuoto pneumatico.

SQUINZI IL 'SOVVERSIVO'

"L'autunno e' gia' caldo, direi bollente, ci sono migliaia di casi di piccole e medie aziende che stanno soffrendo mediaticamente in silenzio e sono quello che ci preoccupa di piu'.

Il calo della produzione e dell'economia e' dovuto essenzialmente a un calo dei consumi interni, legato anche al prelievo fiscale. Bisogna lavorare in modo particolare su una detassazione dei salari”. Parola del presidente di Confindustria Squinzi, non di un sindacalista radicale.

Detassare i salari, stimolare i consumi e investire sulla crescita, parole che anche l’Italia dei Valori ripete da tempo, supportandole con proposte parlamentari. Ridurre il debito pubblico è imperativo, siamo d’accordo, ma ci son molti modi diversi di farlo. Non si comprende perché il governo abbia scelto di penalizzare le fasce più deboli piuttosto che trovare risorse in altro modo, dove ve ne sono.

Quello che una volta veniva chiamato il ‘ceto medio’ oggi arranca, è in forte difficoltà ed in migliaia scivolano pericolosamente ed insidiosamente verso le difficoltà economiche. Famglie con due stipendi, lavoratori autonomi, professionisti stanno scontando gli effetti di una crisi che non hanno certamente provocato.

Mentre il governo si fa forte con i deboli e anche con chi produce, non mette in campo alcuna iniziativa (né in Italia né in Europa) per dare l’assalto alla speculazione finanziaria, mostro informe che divora risorse a danno di chi lavora e produce. Tutti oggi si stanno rendendo conto che il mercato, per anni venerato come un deus ex machina, non si autoregola e senza misure per il mantenimento dell’equilibrio sociale ed economico, è anzi capace di far saltare per aria interi paesi.

Anche se tutto ciò è sempre stato ovvio, c’era chi per anni ha fatto finta di ignorarlo, con i risultati che oggi vediamo. A prendere in mano la situazione, ora, non possono essere gli stessi che l’hanno provocata, ma una classe dirigente più preparata e consapevole. Anche per questi motivi c’è bisogno di un governo politico progressista e di una nuova legge elettorale. Non si dovranno più vedere seduti sui banchi parlamentari nani e ballerine.

I MIRACOLI TECNICI MANCATI

Dati Istat diffusi questa mattina dall'Ente di Statitica nazionale. Il prezzo della benzina,  nel mese di agosto, è aumentato del 3,6 per cento  rispetto a luglio. Il tasso di crescita annuo, dunque, sale al 15,1 per cento, in sensibile aumento rispetto al mese scorso. Il prezzo del gasolio per i mezzi di trasporto segna un incremento su base mensile del 4,4 per cento e cresce, anche esso, su base annua del 17,5%. Anche il prezzo del gasolio per il riscaldamento sale: più 3,1 per cento con una forte accelerazione su base annua del tasso di crescita.

Non è finita. I lavoratori precari sfiora quota 3 milioni. Nel secondo trimestre di quest'anno i lavoratori dipendenti a termine sono quasi 2,5 milioni, il livello più alto dal 1993. Se a questi si aggiungono i collaboratori, che sono 462mila unità, si arriva a quasi tre milioni. La Calabria e la Sicilia sono le regioni più disoccupate d'Italia.

E ancora. Il tasso di disoccupazione nel secondo trimestre  dell'anno ha raggiungo il 10,5 per cento, il livello più alto dal 1999, il potere di acquisto delle famiglie si è contratto dell'11,8 per cento dal 2008.Secondo il Codacons, il carrello della spesa degli italiani costerà 628 euro in più a famiglia, poichè l'aumento dei prezzi acquistati con maggiore frequenza colpisce le persone povere e il ceto medio che oggi fatica già ad arrivare alla fine del mese.

Oggi, il Consiglio dei Ministri che doveva esaminare il secondo decreto Sviluppo del ministro Passera, non si farà. Rimandanto al prossimo 5 settembre, dopo che il premier Monti incontrerà il presidente francesce Hollande. Mancano i soldi, 6,5 miliardi e incombe la minaccia di una spending review due, più deprimente della prima.Il paese è in difficoltà. I cittadini sono stremati. Aumentano le tasse, la disoccupazione, il prezzo della benzina. Gli stipendi sono mangiati dall'inflazione. Del miracolo tecnico non v'è traccia. C'è bisogno di una spinta per ripartire. Le formule magiche tecniche, se ci sono state, hanno fallito miserabilmente. E' ora di cambiare.

SVILUPPO, BASTA LA PAROLA

Decreto Sviluppo. Bel titolo, azzeccato. Peccato che di sviluppo questo decreto contenga solo il nome. Particolare trascurabile se non fosse che la crisi economica impone urgentemente misure per la crescita, per il rilancio dell’economia. Certo, siamo di fronte ad un fenomeno globale, ad una crisi che sta investendo pesantemente l’Europa e che non riguarda solo l’Italia.

E’ vero anche che Monti si è trovato ad affrontare una situazione difficilissima, compromessa a causa della totale incapacità del governo Berlusconi. Ma è sicuramente vero che anche Monti ha sbagliato e sta sbagliando. Non si può continuare a spremere questo paese come un limone, tartassare le imprese, saccheggiare le tasche dei cittadini, senza lavorare a misure concrete per la crescita. Così si deprime l’economia, oltre al morale dei cittadini.

Qualche mese fa, il governo parlava di una ‘fase 2’, costantemente rinviata a data da destinarsi. Ora il ministro Passera ammette, bontà sua, che non ci sarà alcuna ‘fase 2’. I ‘tecnici’ non sono stati in grado di risollevare il Paese, che ha bisogno, a questo punto, di una maggioranza politica vera. Coesa, con un programma. Si vocifera nei corridoi di palazzo e si trova scritto sui retroscena dei giornali che tirerebbe aria di elezioni anticipate.

Bene, noi lo sosteniamo da tempo che sarebbe stato meglio andare al voto. Ciò che non si comprende, però, è questo: per fare un Monti bis? Lo dicano chiaramente. Noi siamo chiari e non ci stiamo. Non siamo disponibili. E’ singolare, però, che molti illustri sostenitori del governo fino a poco tempo fa sostenessero l’ assoluta necessità della stabilità e la pericolosità di elezioni anticipate.

Tesi che non ci convincevano ieri. Prendiamo atto che molti di loro hanno cambiato idea. Per preparare il terreno a un ‘Monti bis’?

SOGNO D’AGOSTO

 Si preannuncia un agosto caldo, caldissimo. Forse addirittura più caldo dello scorso anno. Non dal punto di vista meteorologico naturalmente. Sarà caldo per gli assalti speculativi che prenderanno di mira l’Italia. Sarà caldo per le tensioni politiche.

Sarà caldo per gli effetti sociali. In un anno molte cose son cambiate. Innanzitutto il governo, che non è più quello smandrappato di nani e ballerine guidato da Berlusconi. E’ un governo grigio composto da stimatissimi ‘tecnici’.

Ma lo spread non se ne è accorto. Per due motivi fondamentali: il primo è che l’eredità era talmente pesante da non lasciare spazi a rapide soluzioni; il secondo riguarda l’incapacità di questo governo di essere abile nelle misure per la crescita così come lo è stato nei tagli. Scrivendo abile, non voglio affermare che condivida il modo in cui questi tagli sono stati fatti. Nel modo più assoluto.

Hanno colpito i più deboli, non hanno fatto abbastanza contro i veri speculatori. L’hanno fatto nel modo più facile (e doloroso) possibile. E i risultati si vedono. Ma scaricare interamente la colpa del fallimento sul governo Monti sarebbe fuorviante.

 Il contesto è difficile: la crisi è globale e l’Italia non è più una potenza economica di prima fascia. Ciò detto non si può, però, far finta di non vedere le cose. La politica italiana deve fare esercizio di introspezione. La classe dirigente che ha guidato sino ad oggi il Paese ha fallito. Ha fallito per mancanza di progetti e di ambizione.

 Non di ambizione personale, che è una dote di cui i politici italiani certamente non difettano, ma di quell’ambizione politica che è il motore del cambiamento: la volontà di cambiare la società.

Oggi sembra quasi che i partiti si candidino per amministrare lo Stato, non per rinnovare la società. Monti ha detto che la differenza tra un politico e uno statista è che quest’ultimo guarda alle future generazioni.

Se l’ha detto per darsi il patentino di statista ha detto una sciocchezza e poteva risparmiarsela, ma se lo ha detto per stimolare la politica ha ragione. Alla politica italiana manca il progetto, il sogno di una nuova società.

BONDI CHIAMI IDV. ANCHE ORE PASTI

Dunque, ricapitolando. Gli  italiani si affidano ai tecnici. I tecnici si affidano ad un supertecnico. Il supertecnico si affida agli italiani per capire dove tagliare. Lo scrive bene un quotidiano oggi: “siamo alle tecno-comiche”.

Ci vorrebbe un po’ di serietà, questa è la verità. Se un governo, per giunta di tecnici, arriva ad affidare una poltrona di supertecnico, per chiedere ai cittadini di segnalare gli sprechi della pubblica amministrazione, attraverso apposito modulo, c’è qualcosa che non va. Perché un supertecnico, solitamente, dovrebbe super-sapere dove tagliare, dovrebbe super-conoscere il suo mestiere, dovrebbe avere cognizione di dove si annidano le sacche di spreco, dovrebbe avere conoscenza di come agire. Altrimenti, che super-tecnico è? E dopo il supertecnico dei tecnici chi verrà? Il super-super tecnico dei super-tecnici dei tecnici?

Allora, o siamo di fronte ad una assoluta dimostrazione di incapacità del governo, o all’assoluta mancanza di idee, o peggio ancora alla presa per i fondelli, ad uno spottone mediatico di cui, francamente, nessuno sentiva la necessità visti i tempi.

Seriamente, lo spending review con i tecnici che si affidano ad altri tecnici sembra ogni giorno di più una presa in giro, soltanto una passata di cipria per coprire le rughe o le crepe di questo Governo. A parte qualche nomina di tecnici che nominano tecnici, quello che manca è la volontà politica e la libertà politica, che Monti non ha di mettere mano agli interessi dei partiti.

C’è un mare di denaro pubblico da risparmiare, di spesa cattiva che non e' certo quella destinata al sociale, alla cultura o all'istruzione, ma tutta quella quantità di denaro immensa nella quale c’è l'intermediazione della politica, a partire dalla spesa sanitaria.

Solo quest’ultima, negli ultimi cinque anni è aumentata del 50%: e l'Italia e' l'unico Paese che fa amministrare la sanità dai politici. Per non parlare delle oltre 7.000 società municipalizzate che spendono ogni anno oltre 200 miliardi di euro; per non parlare dei 60 miliardi che ogni anno, come ci ricorda la Corte dei Conti, se ne vanno i corruzione.

Noi ci permettiamo di dare un suggerimento al tecnico nominato dai tecnici. Se davvero non sa dove andare a tagliare, ci faccia un colpo di telefono e glielo spieghiamo noi. E se per caso non riesce a trovare il nostro numero può sempre lanciare un appello su Internet.

E SE LO DICE LA BCE DI ELIMINARE LE PROVINCE?

No, non avete avuto un'allucinazione. Non siamo stati noi a dire, per l'ennesima volta, che le province vanno eliminate. Lo ha detto la Bce, la Banca centrale Europea, così come la Ue: "sarebbe l'unica vera misura di taglio di costi della politica". Ma non c'è peggior sordo di chi non vuole sentire.

Non ci piace farlo, ma noi di Italia dei Valori lo ripetiamo da anni ormai. La storia la sapete, ve l'ho raccontata, passo dopo passo, su questo blog. In Commissione, in Aula contro la nostra proposta di abolire le province si è sempre alzato in Parlamento un muro bipartisan vergognoso. Siamo da sempre voci sole nel deserto, contro tutti e tutto.

Perchè i sordi sono in tanti, gli stessi di sempre, i partiti che hanno fatto delle province il granducato di "Votopoli", voti, posti, prebende a non finire, per l'insaziabile pancia della politica. E se lo dice la Bce di eliminare le province, come la mettiamo?

Le province sono enti inutili. Costano 17 miliardi di euro l'anno. Non servono a nulla. Rispondono solo agli ego ipertrofici e agli appetiti dei partiti. Sono anni che noi ci battiamo per eliminarle, ma assi trasversali tra i principali partiti difendono e mantengono in vita queste roccaforti, avamposti di potere che nessuno, Lega compresa, intende eliminare. La soluzione cui si sta giungendo ora è un vergognoso gioco al ribasso. Macroaree e accorpamenti sono uno specchietto per le allodole.

Il governo Monti, per bocca del sottosegretario Polillo, dice che non saranno abolite, ma "ridisegnate in modo da ottenere forti riduzioni di spesa". Vogliono trasformarle in consorzi tra comuni, riducendole ad una cinquantina di macroaree con popolazione superiore ai 400 mila abitanti. Sono balle colossali. Non ne deriverebbe nessun effettivo risparmio. Le province vanno eliminate. Noi ci batteremo fino alla fine.