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 Mia moglie dà precise istruzioni ai ristoranti cinesi perchè consegnino tutte le ordinazioni in scatole di cartone. I miei figli sanno bene, purtroppo, cos'è il cambiamento climatico. La nostra è una famiglia ambientalista: rispetto a loro, io sono un relitto dell'età dell'innocenza ecologica. Ma chi è che gironzola per la casa spegnendo le luci e controllando i rubinetti che gocciolano? Chi è favorevole alle riparazioni fai da te invece che alla sostituzione dell'intero pezzo? Chi ricicla gli avanzi e conserva con cura la vecchia carta da regalo?I miei figli ammiccano agli amici: papà è cresciuto nella povertà Nient'affatto, li correggo io: sono cresciuto nell'austerità. Dopo la guerra scarseggiava tutto. Per sconfiggere Hitler, Churchill aveva ipotecato la Gran Bretagna e mandato in bancarotta il tesoro. Gli abiti furono razionati fino al 1949, i mobili- senza fronzoli e di produzione nazionale- fino al 1952, i generi alimentari fino al 1954. Queste restrizioni furono brevemente sospese per l'incoronazione della regina Elisabetta nel 1953: fu concesso a tutti mezzo chilo in più di zucchero e poco più di un etto di margarina. Per un bambino, il razionamento era nell'ordine naturale delle cose. In effetti, per molto tempo dopo che era finito, mi madre mi convinse che le caramelle erano ancora contingentate. Quando protestai che i miei compagni di scuola sembravano avere un accesso illimitato ai dolci, lei mi spiegò con aria di disapprovazione che i loro genitori facevano il mercato nero. La sua storia era perfettamente credibile,anche perché l'eredità della guerra era onnipresente. Londra era crivellata dai segni dei bombardamenti: dove un tempo c'erano case, strade, scali ferroviari adesso c'erano ampi strati di terra battuta recintati da cavi, di solito con un avvallamento al centro, dov'era caduta la bomba. Il razionamento e i sussidi significavano che tutti potevano soddisfare le necessità di base quotidiane. Per gentile concessione del governo laburista postbellico, i bambini avevano diritto a una serie di prodotti che fanno bene alla salute:latte gratis, ma anche succo d'arancia concentrato e olio di fegato di merluzzo, disponibile solo in farmacia. Il succo d'arancia era fornito in bottiglie di vetro rettangolari come quelle delle medicine e non ho mai dimenticato questa associazione. Ancora oggi, un bel bicchiere pieno mi procura una fitta di rimorso sublimato: meglio non berlo tutto insieme. Dell'olio di fegato di merluzzo, magnificato a madri e casalinghe, meglio non parlare affatto. Noi eravamo fortunati perché eravamo in affitto in un appartamento sopra il negozio di parrucchiere dove lavoravano i miei genitori, ma molti miei amici vivevano in alloggi scadenti o temporanei. L'aria sopra la capitale sembrava quella di una brutta giornata di Pechino. Il carbone era il combustibile preferito: economico, abbondante non importato. Lo smog era un pericolo costante. Ricordo che mi sporgevo dal finestrino della macchina, e davo istruzioni a mio padre sulla nostra distanza dal marciapiede: non si vedeva a due spanne dal naso e l'odore era terribile. Ma tutti “ se la cavavano in un modo o nell'altro”. Dunkerque e la guerra lampo erano invocati senza ombra d'ironia per illustrare la fermezza nazionale e la capacità dei londinesi di “resistere”: prima a Hitler, ora a questo. Da piccolo anche la guerra era austera: due miei zii avevano combattuto nell'ottava armata di Montgomery dall'Africa fino all'Italia e non c'era niente di trionfalistico e nostalgico nei loro racconti di penuria, errori e incompetenza. Perfino di fronte alla vittoria, le cose non sarebbero state più le stesse. Le scatole di latta dei biscotti, i portapenne, i libri di scuola e i cinegiornali ci ricordavano chi eravamo e cosa avevamo realizzato. Era questa unità a rendere tollerabili la penuria e il grigiore che caratterizzavano la Gran Bretagna del dopoguerra. Dopo la guerra i ricchi preferivano mantenere un profilo prudentemente basso. Tutti sembravano uguali, vestivano con gli stessi materiali: lana pettinata, flanella, velluto a coste. Alla fine, la Gran Bretagna uscì dalla penuria del dopoguerra, anche se con minore baldanza e spavalderia dei suoi vicini europei. Quello di “austerità” è un concetto astratto per chiunque abbia ricordi solo dai tardi anni cinquanta in poi. Non credo di aver apprezzato fino in fondo l'impatto dei miei anni d'infanzia fino a questi ultimi tempi . Ripensando al passato, i pregi di quel periodo in cui tutto era ridotto all'essenziale sono più chiari. Nessuno sarebbe felice di vederlo tornare. Ma l'austerità non era solo una condizione economica: aspirava a diventare un'etica collettiva. Clement Atlee, primo ministro laburista dal 1945 al 1951, era nato- come Harry Truman- all'ombra di un carismatico leader di guerra e personificava le minori aspettative di quell'epoca. Churchill lo descrisse beffardamente come un uomo modesto “che ha molti motivi per esserlo”.Ma fu Attle a guidare la più grande epoca di riforme della storia inglese moderna, paragonabile ai risultati di Lyndon Johnson vent'anni più tardi, ma in circostanze molto meno propizie. Come Truman, Attle visse e morì parsimoniosamente, ricavando ben pochi vantaggi materiali da una vita passata al servizio dello stato. Moralmente seri e un po' austeri. Quale dei nostri leader di oggi potrebbe aspirare alla stessa definizione, o addirittura capirla? L'onestà nella vita pubblica è come la pornografia: è difficile da spiegare, ma quando la vedi la riconosci. Descrive una coerenza tra intenzione e azione, un'etica della responsabilità politica. La politica è l'arte del possibile. Ma anche l'arte ha la sua etica. Qualche settimana fa ho fatto vedere I quattrocento colpi di Truffaut, a nostro figlio dodicenne. E' rimasto incantato:” E' essenziale. Fa così tanto con così poco”. Esattamente. La quantità di risorse investita nell'intrattenimento serve solo a proteggerci dalla povertà del prodotto. Lo stesso vale per la politica, dove il chiacchiericcio e la retorica mascherano il vuoto pneumatico. Il contrario di austerità non è diventato prosperità, ma luxe et voluptè. Abbiamo sostituito l'interesse pubblico con il commercio infinito, e dai nostri leader non ci aspettiamo aspirazioni più nobili. A sessant'anni da quando Churchill poteva offrire solo “ sangue, fatica, sudore e lacrime”, il nostro presidente di guerra- malgrado il debordante moralismo della sua retorica- dopo l'11 settembre 2001 non ha trovato nulla i meglio da chiederci che continuare a comprare. Questa visione immiserita della comunità- unità nel consumismo- è tutto quello che ci meritiamo da chi ci governa oggi. Se vogliamo dei governanti migliori, dobbiamo imparare a chiedere di più da loro e meno per noi stessi. Un po' di austerità potrebbe farci bene.      

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