giugno 2009
Il sollazzo del sultano pagato dai cittadini
Chi ha diritto a volare, a spese dei contribuenti, sugli aerei dell’Aeronautica Militare?
Il presidente della Repubblica, della Camera, del Senato, del Governo e della Corte Costituzionale. Anche gli ex presidenti della Repubblica. Ministri, viceministri volano si a spese dei contribuenti ma su normali aerei di linea. Fu il Governo Prodi a stabilire che fosse così ed i costi per i voli blu passarono da 50 a 28 milioni di euro.
Poi, a palazzo Chigi, è arrivato lui ed i voli blu sono diventati più blu che mai, come il colore del suo partito. Il sultano, con arroganza e protervia, ha stravolto ogni regola e ha deciso. Sugli aerei dell’Aeronautica militare possono volare tutti, anche “personale estraneo alla delegazione” ma “accreditato in relazione alla natura del viaggio”, al rango “rivestito dalle personalità trasportate” e “alle esigenze del protocollo internazionale”.
Ecco appunto, partiamo proprio da qui e dalle foto sequestrate dalla Procura che ritraggono lo chansonnier di Berlusconi, Mariano Apicella e graziose fanciulle in fiore, scendere dalle scalette degli aerei blu dell’Aeronautica militare.
La natura del viaggio, appunto. Allietare, con suadenti note e conturbanti presenze le dolci notti sarde del sultano, può giustificare la presenza a bordo di aerei blu di un cantante e di quattro fanciulle in fiore?
Il rango rivestito dalle personalità, appunto. Uno chansonnier e quattro fanciulle in fiore, possono assurgere al rango di personalità, tali da giustificare la presenza a bordo di aerei blu?
Esigenze di protocollo internazionale, appunto. Può una festa, un capodanno pirotecnico con tanto di vulcano che si incendia, una strimpellata tra quattro amici, nella magione privata del sultano in Costa Smeralda, rientrare nelle esigenze di protocollo internazionale tali da giustificare la presenza a bordi di aerei blu di uno chansonnier e quattro fanciulle in fiore?
Ma soprattutto è giusto e lecito che a pagare per allietare le notti del sultano debbano essere i cittadini italiani, quegli stessi cittadini che a stento possono permettersi una settimana di vacanza?
Ho presentato, insieme con Di Pietro, un’interrogazione urgente al presidente del Consiglio. Voglio sapere, nel dettaglio, chi, quando, come e perché è salito a bordo di aerei di stato.
Non si tratta di affari privati. Quando il conto per le vacanze o il sollazzo del presidente del Consiglio viene presentato ai cittadini, contribuenti onesti, diventa pubblico. E merita una risposta pubblica e seria. Se ancora qualcosa di serio c’è dalle parti di palazzo Chigi.



Elezioni Europee: conferenza stampa



Il Governo cancella le intercettazioni: la mafia brinda a caviale e champagne
Dopo il voto delle Europee, il Governo approverà la norma sulle intercettazioni. Di fatto le cancelleranno. Lo farà ricorrendo all’ennesima fiducia, la 13esima per l’esattezza, dando l’ennesimo schiaffo al Parlamento.
Ma lo schiaffo più forte lo riserva ai cittadini che ha ingannato in maniera subdola e strisciante, a colpi di spot, facendo loro credere di avere a cuore la sicurezza di questo Paese.
La verità è che con la norma sulle intercettazioni, che priva di fatto la magistratura di un fondamentale strumento di indagine, gli unici interessi tutelati saranno quelli dei criminali e dei terroristi, che potranno continuare ad agire indisturbati. La mafia, la ‘ndrangheta e la camorra stanno già alzando i calici per il brindisi finale.
Questo è un governo di imbroglioni che ha ingannato i cittadini con le ronde e i militari per strada, spot demagogici e ruffiani che non servono a niente. Il provvedimento vero, quello che conta, arriva ora e consentirà a decine di migliaia di criminali, mafiosi e terroristi, di farla franca.
Con questa legge, non sarà più possibile scoprire un gran numero di reati. Forse ora capiamo perché, a due giorno dal voto delle elezioni politiche scorse, Berlusconi disse che Mangano, lo stalliere di Arcore, pluriomicida di mafia, era una eroe. Il Presidente del Consiglio paga un prezzo varando una legge che disarma il nostro Paese di fronte alla criminalità.
Gran parte delle indagini per mafia, infatti, non potranno essere avviate. Se è vero infatti che, almeno sulla carta, la legge fa salva la possibilità di fare intercettazioni per reati di mafia e terrorismo, i magistrati non potendo disporne dall’inizio, non potranno capire se dietro ad un reato c’è la mafia o la criminalità comune. E’ qui l’inganno. Le intercettazioni servivano proprio a questo, cioè a capire il tipo di reato.
In nessun paese democratico si è mai fatto un regalo così grande alla criminalità organizzata.
Mi opporrò con tutte le mie forze a questo provvedimento e al colossale inganno di questo Governo che in campagna elettorale non ha il coraggio di dire quello che sta per fare, che chiede il consenso sulla base di menzogne, realizzando il giorno dopo la più grande truffa ai loro danni.
Abbiamo ancora modo di fermarli, opponiamoci a questo provvedimento, opponiamoci a questa maggioranza. Stavolta in gioco c’è la libertà del Paese e la sicurezza vera dei cittadini, non quella di cui si sono riempiti la bocca. Stavolta tutti, la politica, i partiti e le istituzioni dovranno assumersi le proprie responsabilità.



Dare risposte e fugare gli spazi d’ombra



Pdl, Proteggiamo Delinquenti e Ladri



A Francesco e Gianfranco, morti sul lavoro
Sono usciti di casa questa mattina per andare a lavorare. Non torneranno più a casa. Non andavano in guerra, solo a lavorare. Non sono stati uccisi dal fuoco nemico, sono morti mentre stavano lavorando all’interno di un depuratore di Riva Ligure, in provincia di Imperia, uccisi dalle esalazioni. Provo ad immaginare, in queste ore di cieco dolore, i volti smarriti delle mogli, dei figli, dei genitori di questi due giovani operai di 40 e 36 anni. Sento i loro perché, carichi di angoscia e di rabbia. Sento l’angoscia e la rabbia di tutti quelli che hanno perso un amico, un fratello, un padre, un marito, uscito di casa di buon mattino per andare semplicemente a compiere il suo dovere.
Dall’inizio dell’anno ad oggi sono morte 477 persone sul lavoro. 1328 morti ogni anno, 4 morti al giorno. Sono cifre da bollettino di guerra. Anzi, qualche volta, paradossalmente, in guerra si muore meno. In Iraq, c’era in ballo una stupida guerra per l’avidità di qualche stupido petroliere incoraggiato da qualche stupido politico. In Italia, ci sono in ballo gli interessi di chi aggira le regole per mero profitto, di chi si rifiuta di rispettare le norme sulla sicurezza.
Tra i paesi industrializzati, l’Italia è risultato il paese con il più alto numero di morti sul lavoro in Europa. E questo Governo di anime belle che fa? Vuole allargare le maglie dei controlli, vorrebbe la deregulation anche sulla sicurezza dei lavoratori. In Italia, nonostante sia il paese industrializzato in cui si muore di più sul lavoro, il Governo e la maggioranza di centrodestra vogliono indebolire le garanzie di tutela dei lavoratori. Ci avevano già provato con la norma salva-manager, quell’abominio giuridico grazie al quale i responsabili della tragedia della Thiessen Krupp l’avrebbero fatta franca.
Noi diciamo no e facciamo una proposta semplice ma efficace, in nome della trasparenza, ovvero l’istituzione di un patentino trasparente per le aziende, attraverso cui si possa misurare il rispetto delle norme antinfortunistiche adottate, la sicurezza degli impianti e della tutela dei lavoratori. Per tutte quelle aziende che non raggiungono la piena sufficienza e l’adeguatezza alle normative vigenti in materia di sicurezza, ci deve essere la totale esclusione da ogni contratto con la pubblica amministrazione o ente pubblico: non sei in regola, sei tagliato fuori dal mercato, non puoi partecipare a nessuna gara d’appalto, nessuno può fare affari con te.
E’ l’unico sistema efficace per contrastare le scelte scellerate di questo Governo che vuole l’impunità anche per coloro che, in nome del profitto, disprezza la vita degli altri.



Un premier fragile, debole e ricattabile
La vicenda che coinvolge il premier Berlusconi è squallida e poco edificante e come tale ci interessa poco. Quello che invece ci interessa e molto è che abbiamo un presidente del Consiglio che ama vivere pericolosamente e lo fa da sempre, in tutti gli aspetti della vita. Ha amato vivere pericolosamente come patron di Mediaset, società riconosciuta colpevole di aver pagato tangenti. Ha amato ed ama vivere pericolosamente le sue relazioni sociali, tanto da essersi tenuto in casa per anni Vittorio Mangano, lo stalliere di Arcore, pluricondannato e teste di ponte della mafia in Lombardia, che osò addirittura definire un eroe. Ama vivere pericolosamente le sue relazioni private, tanto da circondarsi di ragazze giovani per allietare le sue serate e le sue notti.
Ognuno sceglie di vivere la sua vita come meglio crede. Ne risponde alla propria coscienza di uomo, marito e padre. Se il protagonista di questa vita spericolata fosse soltanto un ricco imprenditore brianzolo, un po’ barzotto e avanti negli anni, la cosa si fermerebbe lì, dalle parti della nostra morale. Leggeremmo, qualora ne avessimo voglia, i particolari delle sue gesta pruriginose su qualche giornaletto scandalistico, quei giornaletti da ombrellone che allietano le nostre giornate al sole.
La questione qui è un’altra ed assume contorni completamente diversi perché in ballo non c’è quel ricco imprenditore brianzolo, un po’ barzotto cui accennavo prima ma il presidente del Consiglio.
Il punto è questo: di quante Mills, Mangano e Noemi, il presidente del Consiglio deve comprare il silenzio per continuare a vivere pericolosamente come ha fatto sino ad oggi? Chi sono e quante sono le persone che, secondo il teorema tecnico-giuridico dell’utilizzatore finale dell’avvocato difensore Ghedini, lo possono ricattare? Quale è il prezzo che paga per il loro silenzio? Quale è il prezzo che un Paese deve pagare per garantire la vita spericolata del presidente del Consiglio? Quante leggi deve ancora subire questo Paese per garantire l’impunità al presidente del Consiglio? Quante bavagli deve ancora subire la stampa di questo Paese per permettere al presidente del Consiglio di continuare a vivere pericolosamente? Quale è il prezzo che dobbiamo pagare per i vizi privati del presidente del Consiglio?
Quanti Mangano ci sono in giro, quanti Mills, quante Noemi? Quante persone ancora si affacceranno alla ribalta di questa squallida vicenda per ricattare il premier?
Non ci sono più confini privati o puramente etici in questa vicenda. In ballo c’è l’immagine e la sicurezza di un Paese, con tutto quello che ne consegue. Un presidente debole, fragile, ricattabile condizionabile nelle scelte da chicchessia, starlette, aspiranti veline, imprenditori senza scrupoli, non può guidare un grande paese con grandi responsabilità internazionali.



Body-guard di Berlusconi pagati dallo Stato?
E’ vero che i 24 uomini della scorta del presidente del Consiglio, da gennaio in carico all’Aisi e prima al Cesis, sono ex body-guard Fininvest? E’ vero che sono equiparati, sia dal punto di vista retributivo che normativo, ai funzionari dei nostri servizi segreti che, come prassi consolidata, sono selezionati tra le forze dell’ordine?
E’ vero che, per garantire l’assunzione ai suoi personal body guard il presidente del Consiglio si è inventato, esclusivamente per loro, una competenza per i Servizi, ovvero l’assunzione per chiamata diretta?
E’ vero che attualmente esiste un nucleo speciale per la scorta del presidente del Consiglio pagata dai cittadini che con l’attività di intelligence nulla ha a che fare?
E’ vero che a capo di questo nucleo c’è attualmente l’uomo che, alla fine degli anni ’80, faceva la sicurezza alla Standa? Sono queste le domande che ho rivolto al presidente del Consiglio, in un’interrogazione parlamentare urgente sottoscritta da tutti i deputati del gruppo, dopo le notizie apparse su la Repubblica.
Il presidente del Consiglio si è sempre fatto vanto di non gravare sulle casse dello Stato per svolgere il suo ruolo istituzionale e per la sua sicurezza personale. Ora, però, sembra stia emergendo un quadro diverso. Avendo eletto a residenze istituzionali le sue magioni private, da Villa Certosa a palazzo Grazioli, se le notizie corrispondessero al vero, ci ritroveremmo a pagare per garantire la sua sicurezza anche in quelle sedi. Non solo. Se così fosse, grazie all’abile escamotage che il premier si sarebbe inventato di sana pianta, lo Stato sarebbe costretto a pagare un nucleo speciale che sorveglierebbe la sua sicurezza, peraltro in maniera discutibile. Voglio sapere se tali notizie corrispondano al vero.



Abolire le province: c'è chi fa sul serio e chi no
C’è chi in Parlamento lavora per mantenere fede agli impegni assunti con i cittadini e chi, invece, fa solo i suoi interessi. La coerenza, in politica, non è una virtù. E’ un’eventualità, un caso, un accidente. Per tutti, indistintamente, ma non per Italia dei Valori.
Da sempre ci battiamo per l’abolizione delle province, enti superflui e spreconi, più indispensabili ai partiti per spartirsi poltrone e potere, che per fare gli interessi dei cittadini. All’inizio di questa legislatura, coerenti con il nostro programma e con quanto avevamo sostenuto in campagna elettorale, abbiamo presentato un progetto di legge che ne chiede l’abolizione. Abbiamo difeso e sostenuto il nostro progetto in tutte le sedi parlamentari, chiedendo all’Aula di discuterne prima dell’estate. La risposta bypartisan è stata eloquente. Sinistra, destra e centro hanno nicchiato, fatto spallucce, scaricato responsabilità e, infine, tutti insieme appassionatamente, hanno votato per il rinvio. Per ora non se ne fa nulla. Ne riparliamo a settembre, con la benedizione complice e colpevole del presidente della Camera, Gianfranco Fini.
Peccato che, a settembre, arriverà in Parlamento il nuovo codice degli enti locali del Governo che, con abile mossa ed astuzia, finge di abolire le province, in realtà le trasforma mantenendole in vita, con tutti i costi che tale decisione comporta. Solo per darvi un’idea in soldoni: se si abolissero le province, ogni anno lo Stato risparmierebbe tra i 10 ed i 13 miliardi di euro, che potrebbero essere reinvestiti per ben più importanti obiettivi strategici.
E’ chiaro che, con il rinvio di ieri, la nostra proposta che inchiodava tutti i partiti a mantenere la parola data e a dare un segnale concreto nella lotta agli sprechi, finirà per non essere neanche esaminata dall’Aula.
Con un bel colpo di spugna, si sono rimangiati tutti la parola. A cominciare dal premier Silvio Berlusconi che, il 10 aprile, in piena campagna elettorale, aveva detto: “Aboliremo le province, è nel nostro programma. Visto che l’abrogazione delle province è nel programma del Pd, su questo potremmo sicuramente collaborare”. Per concludere con Pier Ferdinando Casini che l’11 aprile aveva dichiarato: “Occorre congelare le spese correnti, abolire le province e vendere le partecipazioni statali”.
Ad elezioni passate e voti conquistati, gli annunci e gli impegni assunti con gli elettori diventano carta straccia. La casta, quando sente scricchiolare sotto di sé la poltrona, quando sente il suo potere venire meno, fa quadrato e tira fuori le unghie. Noi andremo avanti. Faremo una campagna senza tregua e senza sosta per l’abolizione delle province. Chiederemo il sostegno di Confindustria, delle associazione di settore, di tutta quella parte di società civile che in passato ha mostrato sensibilità su questo tema. Impediremo alla casta che si fa sempre più intoccabile di farla franca ancora una volta.



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