dicembre 2009

PIAZZA AFFARI BANCHETTA... E NOI PAGHIAMO IL CONTO

Piazza AffariPiazza Affari  Oggi l’Istat certifica quello che gli italiani sanno già da tempo: la crisi c’è, picchia giù duro e colpisce soprattutto i lavoratori, le famiglie, i giovani, le piccole e medie imprese. I dati diffusi dall’istituto di statistica sulla disoccupazione sono allarmanti e riferiscono una situazione di vera e propria emergenza: due milioni di disoccupati, che significa un balzo indietro di sei anni, un tasso di disoccupazione che ha raggiunto quota 8 per cento, una percentuale di disoccupazione giovanile che sfiora il 27%.Di fronte a tutto questo colpisce come un pugno allo stomaco l’immobilismo del Governo. Non c’è una sola proposta concreta, in questa Finanziaria, per sostenere l’occupazione e ampliare la rete di protezione per chi perde il posto di lavoro. Non c’è nessuna iniziativa vera per contrastare non solo la disoccupazione, ma il precariato, la cattiva occupazione, problemi sociali enormi, amplificati da una crisi pesantissima.Italia dei Valori una proposta concreta per liberare risorse ed aiutare il mondo del lavoro ce l’ha. In termini tecnici, si tratta di uno slittamento di risorse, ovvero una sorta di travaso tra settori tartassati ad altri che lo sono molto di meno o non lo sono affatto. Mi vado a spiegare. Oggi, il lavoro subisce un carico fiscale enorme. I lavoratori dipendenti, ma anche i  liberi professionisti, quelli onesti che pagano le tasse, subiscono un carico fiscale altissimo, tra i più alti d’Europa. Gli imprenditori non fanno più ricerca e innovazione, perché la maggior parte delle risorse devono necessariamente andare a coprire il costo del lavoro. Ed il risultato non avvantaggia neanche il lavoratore che si trova una busta paga dissanguata in mille rivoli.Accanto a tutto questo, c’è un settore che, dopo un periodo fisiologico di contrazione, ha ripreso a banchettare allegramente. Piazza Affari, nell’ultimo periodo, è cresciuta del 77 per cento.  Le speculazioni finanziarie sono ripartite alla grande, c’è un giro d’affari finanziario enorme ma, a fronte di guadagni giganteschi, chi specula in borse paga solo il 12,5 per cento di tasse. L’economia di carta, dunque, sta mangiando quella reale.E’ di fronte a questa sperequazione enorme e, per certi aspetti, incomprensibile, che entra in gioco il nostro “travaso”. Quello che noi proponiamo è di tassare le plusvalenze finanziarie speculative al 20 per cento, con l’esclusione dei rendimenti dei titoli di Stato, ovviamente, che riguardano non certo gli speculatori di borsa ma i piccoli risparmiatori. Le risorse che ne deriverebbero potrebbero essere travasate, ovvero, reinvestite per ridurre la pressione fiscale sul lavoro, con vantaggio sicuro per chi un lavoro ce l’ha, ma anche per chi lo attende o lo ha perso.Vorremmo confrontarci su questo con il Governo e la maggioranza. Invece, ci ritroviamo a parlare intere giornate se ricamare o no il crocifisso sul tricolore. Non hanno la benché minima idea di come uscire dalla crisi, questa è la verità ed il Paese ne sta pagando il prezzo più alto.

IL GRANDE SONNO DEL PD

 Umberto Bossi, Silvio Berluconi, Gianfranco FiniUmberto Bossi, Silvio Berluconi, Gianfranco Fini La compattezza del centrodestra si sta sciogliendo come neve al sole. Non c’è conflittualità e contrasto sui temi, come accadeva al governo Prodi,  ma reciproca disistima e disprezzo totale. Berlusconi, Fini e Bossi sono un patetico menage a trois, tre separati in casa che si odiano ma continuano a stare insieme solo per necessità. Da questo matrimonio andato in pezzi ciascuno vuole trarne il massimo profitto, chissenefrega del prezzo che il Paese paga. Fini, che ormai non ha più nulla a che spartire con questa maggioranza, ha intrapreso la sua strada ed il suo percorso individuale, Bossi, che ricatta apertamente il premier, insegue il suo sogno secessionista, Berlusconi che, come Hitler negli ultimi giorni è asserragliato nel bunker a difendersi da tutto e da tutti, insegue l’unico obiettivo di salvarsi dai processi e conservare il suo impero economico.C’è ne è abbastanza per mettere la parola fine a questo patetico matrimonio, a questa ormai ridicola parvenza di Governo. Ce ne sarebbe abbastanza se di mezzo non ci fosse il solito Pd. Di fronte a questo scenario, il maggior partito di opposizione, invece di cogliere l’attimo e dare una zampata che lasci il segno, come un’opposizione seria e decisa dovrebbe fare, mette sotto l’albero di Natale un doppio regalo a Berlusconi. I Dalemoni di turno, il segretario Bersani, Livia Turco, Nicola La Torre, criticano apertamente la piazza del No B-day, definendola addirittura pro-Berlusconi. I Letta di turno aprono al presidente del Consiglio sulla giustizia e propongono l’ennesimo patto della crostata. Se qualcuno nutrisse ancora qualche dubbio, è servito: il Pd, qualunque sia la faccia della medaglia, se deve scegliere a chi fare un favore, non sceglie gli italiani ed il Paese ma Berlusconi. Un po’ quello che accadde durante la trasmissione di Omnibus di qualche tempo fa, quando il senatore La Torre del Pd, invece di giocare di sponda con il sottoscritto e mettere in difficoltà l’esponente di turno della maggioranza, decise di andare in soccorso dell’onorevole Bocchino, passandogli l’ormai celebre pizzino.Io credo che questa maggioranza sia giunta al capolinea e che sia finito il tempo dei distinguo, dei se e dei ma, dei ma anche, dei distinguo, tutti sintomi evidenti della sindrome da primi della classe di cui la classe dirigente del Pd è afflitta da sempre. E’ tempo che il maggior partito di opposizione si dia la sveglia. Il 5 dicembre venga in piazza con noi, è l’occasione giusta. Questo Governo è in piedi per miracolo, va avanti per forza di inerzia, si regge sui personalismi e gli egoismi dei suoi protagonisti in cerca d’autore. Si odiano, non sono d’accordo su niente, non presentano un provvedimento legislativo ormai da tempo. Non governano più, anzi, non hanno mai governato. Che aspettiamo?

ECCO PERCHE' DICIAMO NO

militari italianimilitari italiani Per prima la volta in cinque anni l’Italia dei Valori non ha votato a favore del rifinanziamento delle missioni di pace all’estero. La nostra non è una scelta ideologica, da sempre rivendichiamo di essere un partito post ideologico che orienta le sue scelte con pragmatismo per il bene del paese.Per capire la ragione di questo voto è importante fare un passo indietro e vedere cosa è successo in questi anni.In Afganistan ci sono due missioni internazionali. La prima, sotto l’egida dell’Onu, alla quale partecipa anche l’Italia e che aveva come obiettivo il rafforzamento della pace nell’Afghanistan liberato. L’altra, promossa unilateralmente dagli Stati Uniti che, fin dall’inizio, è dichiaratamente  guerra per liberare il territorio dalle residue forze talebane. Mentre la missione Onu ha dato i suoi frutti, l’altra si è impantanata e dopo otto anni l’azione di guerra degli Usa, lungi dall’esaurirsi, ha visto un sostanziale insuccesso con il progressivo estendersi della guerra a parti sempre più ampie del paese. Per questa ragione gli Usa oggi, nel tentativo di forzare e chiudere la partita, stanno per rafforzare di trenta mila unità il loro contingente, sia chiaro, di guerra, non di pace. Questo ha comportato un contrasto crescente con la missione Onu. Perché anche le zone una volta pacifiche dove operavano le missioni di pace sono diventate teatro di guerra. Sicché appare evidente che è impossibile parlare di missione di pace in un paese dove ormai è arrivata la guerra. Questa situazione è ormai evidente da tempo, ma, per senso di responsabilità abbiamo evitato fino ad ora di sollevare alcuna polemica nell’attesa che in Afghanistan si svolgessero le prime elezioni democratiche, anche nella speranza che questo avrebbe portato a una forte pacificazione. In realtà così non è stato ed anzi, a causa dell’estensione dei brogli le elezioni hanno creato ulteriori focolai di tensione e di crisi interna al paese. Per questo tre mesi fa, in occasione dell’ultimo rifinanziamento della missione, che sempre con senso di responsabilità abbiamo votato, abbiamo chiesto alla maggioranza di avviare un serio confronto parlamentare che manca ormai da otto anni, per capire se la missione italiana, come era concepita, avesse ancora un senso oggi o se dovesse essere o modificata o conclusa. Abbiamo anche chiesto al Governo di farsi promotore di un’analoga verifica in sede Nato, avvisando che in caso contrario si sarebbe aperto per noi un problema politico. Per tutti questi mesi abbiamo atteso invano risposte che non sono arrivate. La maggioranza è spaccata al suo interno e, dunque, ha paura di affrontare la questione in Parlamento. Il Governo invece che fa? Mentre gli altri paesi europei, Berlino e Parigi in testa, non ci pensano nemmeno per un attimo a mandare altri uomini in questo contesto, Berlusconi si precipita  a promettere agli Usa nuovi militari, senza nemmeno consultare il Parlamento, solo perché è talmente screditato a livello internazionale che dicendo di sì a tutti spera di riacquistare un po’ di credibilità.Per queste ragioni ci è sembrato il caso di dover lanciare un segnale politico forte. Noi crediamo che oggi non sia più possibile rinviare un dibattito serio e responsabile sul senso e sul ruolo della presenza militare italiana sul territorio afghano. Per questa ragione abbiamo deciso di astenerci e lo faremo finchè non ci sarà un confronto sia in Parlamento che nelle sedi opportune dell’Alleanza Atlantica. Siamo stanchi di assistere al coro di cordoglio e lutto dopo ogni incidente che costa la vita a un nostro soldato. E’ un rituale ipocrita messo in scena da chi si rifiuta di discutere in Parlamento il senso di una missione profondamente mutata. E’ inutile fare finta che siamo in Afghanistan in missione di pace, ora lì c’è una vera e propria guerra. E’ ora di parlare chiaro, lo dobbiamo ai cittadini italiani e ai nostri militari.

UN QUADRO INQUIETANTE E OSCURO

Il pentito Gaspare SpatuzzaIl pentito Gaspare Spatuzza Oggi è stato il giorno della deposizione del pentito Gaspare Spatuzza al processo per mafia a carico del senatore del Pdl, Marcello Dell’Utri. La sua testimonianza riapre quel capitolo doloroso delle stragi degli anni Novanta, avvenute a Roma e Firenze, stragi anomale secondo il pentito Spatuzza. Nella testimonianza di questo killer spietato, oggi collaboratore di giustizia, c’è un’accusa pesante: Silvio Berlusconi, l’uomo di Canale 5, e Dell’Utri, il compaesano Marcello, fecero favori alla mafia. Anzi, grazie alla serietà di queste due persone “la mafia ottenne praticamente il Paese nelle sue mani”.E poi c’è il racconto delle terribili stragi, quelle compiute e quelle evitate per un soffio, che svelano il volto più feroce della mafia che nessun sceneggiato o libro potrà mai eguagliare. Come quando il boss Giuseppe Graviano avrebbe chiesto al pentito Spatuzza “morti per smuovere qualcuno”. Oppure, quando il pentito Spatuzza dice che nella bomba dello stadio Olimpico, furono messi 50 chili di tondini “per fare più male possibile”. Neanche i talebani, ha detto oggi Spatuzza nell’aula bunker di Torino, sono arrivati a tanto. Oppure quando dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio  la mafia festeggiò “perché Borsellino e Falcone erano nemici”. O come il racconto dell’incontro avvenuto nel ’94 al bar Doney di via Veneto a Roma, prima  del fallito attentato allo stadio Olimpico, quando il boss Graviano arrivò “con un atteggiamento gioioso, come chi ha vinto all’enalotto o ha avuto un figlio” perché “abbiamo chiuso e ottenuto tutto quello che cercavamo grazie a due persone serie” che non erano “come quei quattro crasti socialisti che avevano preso i voti dell’88 e dell’89 e poi ci avevano fatto la guerra”.Le frasi di Spatuzza dipingono un quadro inquietante ed allarmante. Si riallacciano alle dichiarazioni dei pentiti rese durante le inchieste che partirono all’indomani degli attentati del ’94, poi archiviate. In realtà, quelle dichiarazioni, a differenza delle inchieste, non furono archiviate ma congelate, in attesa di riscontri più oggettivi. Rimasero, come tante spade di Damocle, a pendere sulle teste degli imputati.Oggi è venuto il momento di fare chiarezza. Nessuno, a parte la magistratura, può o deve emettere sentenze di accusa o di assoluzione. Per questo, è opportuno che la politica faccia un passo indietro, fino al momento della verità, perché è la verità l’unica cosa che conta. La politica taccia  e lasci lavorare la magistratura. Siamo sicuri che i giudici lavoreranno con scrupolo per accertare la verità dei fatti e verificare le dichiarazioni rese dal pentito Spatuzza. Certo è che, da quelle parole, pesanti come macigni, emerge un quadro inquietante ed oscuro.

IL GENIO DELL'ATOMO E LA CENTRALE NEL PARCO

No al nucleareNo al nucleareNel 1987, gli italiani scelsero di dire no al nucleare. Questo governo, nella persona illuminata del ministro Scajola, l’imperiese che chiese ed ottenne un collegamento aereo Roma-Albenga, ha ritirato fuori dal cilindro la meravigliosa idea di piazzare qualche centrale atomica un po’ qua e un po’ là, su e giù per lo Stivale, in barba al volere espresso dagli italiani attraverso il referendum. Dire che, ancora una volta, questo governo mostra totale insensibilità nei confronti degli interessi dei cittadini, è come dire che l’acqua è bagnata. Un’ovvietà, insomma.Siccome, però, sono sempre stato convinto che la volontà degli elettori non debba essere mai tradita, non solo ribadisco che Italia dei Valori riproporrà il referendum per dire no al nucleare ma, qualora il Governo proseguisse in questa sua volontà di costruire centrali atomiche a due passi da casa nostra, chiederemo che i cittadini vengano consultati città per città, provincia per provincia, comune per comune. Insomma, gli daremo del filo da torcere, a dimostrazione del fatto che i diritti non vanno calpestati, soprattutto se in gioco c’è il futuro del nostro Paese e dei nostri figli.La cosa proprio che non mi va giù è che questo Governo, su una materia tanto delicata che interessa così direttamente la nostra vita ed il futuro delle nostre città, decida tutto di nascosto, trami nell’ombra con le grandi lobbies, agisca in gran segreto e imponga poi dall’alto ad un territorio e ai suoi cittadini le scelte già belle che decise. Come a dire, cittadini non contate niente, la centrale ve la piazzo sotto casa, zitti e mosca.Ora pare che il ministro Scajola abbia deciso di costruire la prima centrale nucleare nell’area del Polesine, ovvero, quella zona del Delta del Po che è già da tempo parco naturalistico e che, ironia della sorte, proprio in virtù di questo suo status, può vantare già la presenza di un rigassificatore e della centrale elettrica più inquinante d’Italia.E’ chiaro che di naturalistico, il parco del Polesine ha di fatto solo il nome e che, in tutti questi anni, la politica se ne sia infischiata, non facendo assolutamente niente per rilanciare e far conoscere questo straordinario parco naturale. Pensare di costruire qui, in una zona già tanto messa a dura prova, una centrale atomica, a due passi da Venezia e Padova, è da folli e noi ci opporremo con tutte le nostre forze.A marzo si vota per le regionali. Noi crediamo che su questa vicenda si giocherà la campagna elettorale. Per questo, chiederemo al candidato del centrosinistra alla presidenza della regione Veneto, chiunque esso sia, un istante dopo l’ufficializzazione della sua candidatura, di spiegare ai cittadini cosa ne pensa della costruzione di una centrale atomica nel Polesine. E agiremo di conseguenza.

LA CASTA SI AUTOASSOLVE, VERGOGNA!

video: 

Pubblico il mio intervento in Aula a favore dell'arresto del sottosegretario Cosentino.

Il gruppo dell'Italia dei Valori voterà contro la proposta della Giunta, perché ritiene che la domanda di arresto presentata dal GIP di Napoli nei confronti dell'onorevole Cosentino sia giusta e vada accolta. Vorrei però prima fare una premessa, nella quale si inserisce per noi anche un metodo di comportamento quando arrivano all'esame di questa Assemblea richieste da parte della magistratura di atti restrittivi della libertà nei confronti di singoli parlamentari. Dal 1993 ad oggi la magistratura ha presentato ben 18 richieste di arresto nei confronti di parlamentari di destra, di centro e di sinistra. Per tutte e 18 le volte questa Camera ha votato contro la richiesta di arresto. Possiamo dunque dire, dopo quasi vent'anni e di fronte a una molteplicità di casi nei quali le indagini erano state condotte in modo ineccepibile e con riscontri probatori gravi, molteplici e tutti riscontrati, che questo Parlamento si è ogni volta voluto trasformare in qualcosa di diverso da quello che la Corte costituzionale aveva voluto che fosse: non in un luogo di verifica che, nei confronti dell'organo di rappresentanza politica del Paese, non arrivassero dalla magistratura atti di carattere persecutorio, ma in qualcosa di diverso, una sorta di Camera che si è appropriata dello stesso potere giurisdizionale, una sorta di casta che sempre e comunque nega la possibilità che la giustizia faccia suo corso e che garantisce un'impunità che non ha limiti e non ha regole; un'impunità che va oltre le regole della giurisdizione.

Anche oggi abbiamo sentito da parte del relatore per la maggioranza una serie di argomentazioni che non vanno minimamente a cercare di ricostruire quello che la Corte costituzionale sostiene, cioè se vi siano o meno gravi indizi di colpevolezza, se vi sia o meno fumus persecutionis nei confronti dell'onorevole Cosentino. Qui si vuole ricostruire il processo, si vuole esaminare punto per punto il provvedimento del giudice per le indagini preliminari di Napoli per emanare una sentenza che è una sentenza politica, sempre e comunque l'unica soluzione.
Noi, rispetto a tutto questo, per principio diciamo che fino a quando non ci sarà una riforma di quella che si definisce autodichia - cioè il potere di autodecisione del Parlamento che questo Parlamento ha dimostrato di non saper meritare e di non saper governare e che in futuro dovrà essere attribuita ad un organo terzo come la Corte Costituzionale - fino ad allora, a meno che non ci si trovi di fronte a casi eclatanti di giustizia e di persecuzione, voteremo sempre per i provvedimenti richiesti dall'autorità giudiziaria. Meglio che i parlamentari siano cittadini come tutti gli altri, piuttosto che una casta sempre impunita, sempre sciolta dal rispetto delle leggi e delle regole.Tanto più lo faremo in questo caso, perché proprio in questo caso appare evidente come la procura di Napoli abbia svolto indagini serie, importanti, articolate, basate sulle dichiarazioni di sei pentiti le cui reciproche dichiarazioni hanno trovato riscontro sia fattuale, sia nelle ricostruzioni complessive che emergono dei fatti raccontati da parte di queste persone.Sono pentiti o testimoni che sono stati riconosciuti autorevoli per le conseguenze stesse delle loro dichiarazioni.

Ricordiamo a quest'Assemblea che uno dei pentiti sulle cui dichiarazioni si basano le accuse qui oggi portate in Aula ha pagato con la vita il prezzo delle sue dichiarazioni. Un altro di questi pentiti con le sue dichiarazioni prima di tutto ha portato al sequestro del suo intero patrimonio (personale e della famiglia), portando così al sequestro di beni per 41 milioni di euro. Questi sono i dati che hanno portato la procura prima, e i giudici dopo, a ritenere fondate le loro dichiarazioni. Ma allora vediamo di capire quali sono queste dichiarazioni che si inseriscono in un quadro secondo il quale il clan dei Casalesi, con l'appoggio di alcuni imprenditori organici alla camorra e con l'appoggio di alcuni politici organici collaboratori e sostenitori dell'azione camorristica, avrebbero realizzato una gestione totalmente illegale e totalmente in violazione dei più fondamentali principi della libera concorrenza e della legalità del ciclo dei rifiuti in Campania.

Allora andiamo a riprendere alcune singole dichiarazioni, come quella di Gaetano Vassallo che dice: «Confesso che ho agito per conto della famiglia Bidognetti quale loro referente nel controllo della società ECO4 gestita dai fratelli Orsi. Posso dire che la società era controllata dall'onorevole Cosentino». Ancora Michele Orsi (poi ucciso) dice: «Una volta costituita l'ECO4 fu necessario renderla concretamente operativa, rendendosi necessario ottenere gli affidamenti da parte dei comuni. Intervenne anche qui Valente Giuseppe, il quale ci consigliò di riferirci ai suoi referenti politici». Cita diversi politici tra i quali l'onorevole Cosentino, affermando che era necessario tale sostegno per gli interessi della società. Ancora dall'interrogatorio di Vassallo: «Mi sono ricordato di una riunione nel 2007 presso il domicilio di un parente di Bidognetti. Alla mia presenza, in quella riunione, Raffaele Bidognetti e alla presenza di Di Tella Antonio, riferì che alcuni onorevoli, tra i quali Nicola Cosentino, facevano parte del nostro tessuto camorristico». E ancora Gaetano Vassallo dice: «Presenziai personalmente alla consegna di 50 milioni di lire in contanti da parte di Sergio Orsi all'onorevole Cosentino a casa di quest'ultimo a Casal di Principe». Ancora Michele Orsi (poi ucciso) dichiara: «I politici ebbero, altresì, a spartirsi il consiglio di amministrazione per quanto concerne le componenti personali pubbliche. Ricordo che Cosentino individuò nel sindaco di San Nicola La Strada un altro componente del CdA. Rappresento che le tangenti da pagare alla camorra erano ai miei occhi inevitabili, mentre il nostro impegno con i politici poteva essere largamente garantito attraverso le assunzioni nelle società ed incarichi di consulenze, oppure ancora nel consentire la scelta a loro degli amministratori di questa società»
Ancora Michele Orsi: «L'ECO4 si rivelò una società che faceva comodo a tutti. Rappresento che circa il 70 per cento delle assunzioni che vennero operate per la ECO4 erano inutili e motivate per lo più da ragioni politico-elettorali richieste, tra gli altri, dall'onorevole Cosentino».
Gaetano Vassallo dice: «Ho conosciuto Cosentino perché me lo aveva presentato il geometra Cirillo Bernardo prima del 1992, il quale disse che il parente Bidognetti Francesco aveva chiesto di aiutare Cosentino per le elezioni che all'epoca si stavano per svolgere. Mi disse di raccogliere le maestranze che lavoravano per me, organizzare un buffet, indurre i miei uomini a fare volantinaggio e a promettere il loro voto».
E poi ancora Michele Orsi: «Come accadde in tutti i casi in cui fu necessario sostenere un candidato della camorra per le elezioni ci impegnammo affinché tutte le maestranze della GMC seguissero le nostre indicazioni. Disponevamo di un pacchetto di voti pari alle 60 unità più i loro familiari, ma il bacino di voti controllato attraverso la ECO4 era persino superiore, potendo contare su 250 dipendenti e i loro familiari. Tra gli impegni elettorali dei diversi candidati nelle rispettive elezioni ricordo il sostegno a Forza Italia attraverso l'onorevole Pag. 66Cosentino alle politiche del 2001, il sostegno di Brancaccio alle regionali del 2005 e quello di Cosentino alle provinciali del 2005».
Ecco, questi credo che siano alcuni degli elementi che hanno portato i GIP di Napoli a ritenere che in questo caso ci fossero i gravi indizi di colpevolezza e sappiamo tutti che, a fronte di ipotesi di mafia, di fronte ad esigenze di custodia cautelare, il carcere non ha alternative.

 Mi pare che in questo caso possiamo anche ritenere con assoluta serenità che in nulla di queste 300 pagine (che dettagliatamente, analiticamente e puntualmente ripercorrono i legami tra l'onorevole Cosentino e alcuni gruppi camorristici facenti parte del clan dei casalesi) non sono affetti da alcun fumus persecutionis. Sono tutti fatti e circostanze puntuali e comprovati, inseriti all'interno di un'indagine - questo dovrebbe essere determinante -, che non hanno riguardato soltanto il parlamentare del Popolo della Libertà, ma politici di tutti gli schieramenti, sia di destra che di sinistra, dimostrando così - casomai ve ne fosse stato bisogno - che da parte di quella Procura si è agito avendo un unico obiettivo quale proprio scopo, cioè quello di appurare e accertare la verità e far prevalere la giustizia.
Per queste ragioni, anche se vediamo oggi un'aula gremita soprattutto nei banchi del Governo abitualmente deserti da parte di un Esecutivo che in quest'aula è sempre latitante, oggi, invece, quei banchi sono riempiti in tutti i loro ordini e gradi da parte di ministri e sottosegretari qui giunti per garantire ancora una volta l'impunità a un parlamentare che poi riveste un ruolo così grave rispetto alle responsabilità che gli vengono attribuite di sottosegretario all'economia. Oggi il gruppo dell'Italia dei Valori a voterà favore della concessione dell'arresto così come richiesto dalla Procura di Napoli.

LA LUCIDA FOLLIA DI BERLUSCONI

berlusconiberlusconiSilvio Berlusconi è fuori di sé, ormai straparla. Le frasi pronunciate ieri a Bonn sono un attacco di una violenza inaudita ai maggiori organi di garanzia del Paese, Quirinale, Corte Costituzionale e Csm. A nulla valgono le giustificazioni avanzate dai suoi. Tentare di sminuire le affermazioni del premier, sostenendo che le ha pronunciate non in un contesto ufficiale ma durante una riunione di partito, è patetica e fa ridere.Ma sarebbe un errore ridurre lo spettacolo messo in scena ieri dal premier ad una macchietta da avanspettacolo. Così come sarebbe riduttivo derubricare le sue esternazioni a quelle di un pazzo. Quella del presidente del Consiglio è una lucida follia che nasconde un piano preciso: andare ad elezioni anticipate per un nuovo plebiscito su di sé.Silvio Berlusconi è sempre più solo, si sente assediato, abbandonato dal suo alleato Fini, ricattato dalla Lega. I suoi onorevoli-avvocati annaspano, ormai da troppo tempo, alla ricerca di una soluzione per tirarlo fuori dai suoi enormi guai giudiziari. E’ ad un passo dalla galera, sente l’orologio giudiziario che avanza, ha paura perché sa che tutti i lodi, lodini e ddl brevi del mondo stavolta non lo salveranno.Ed è qui che scatta il disegno folle di Silvio Berlusconi. Di fronte ai suoi problemi, che stanno immobilizzando l’attività di governo ormai da tempo immemorabile, invece di pensare al bene del Paese, così come qualunque uomo di Stato penserebbe primariamente a fare, sparge veleno e trascina nel fango le istituzioni. Più fango pensa gli venga buttato addosso, più lui trascina il Paese e le istituzioni verso il baratro. Nutre ormai un fastidio profondo ed incontrollato per il Parlamento, quel luogo dove per lui si perde tempo ad esercitare la democrazia. Lancia strali contro la prima carica dello Stato, il presidente della Repubblica, invitandolo ad occuparsi delle toghe comuniste che sono comuniste perché lui è comunista e comunisti erano pure i tre presidenti prima di lui. Questo è il vero comportamento criminale di Silvio Berlusconi che non è certo uno statista e mostra, se mai ce ne fosse bisogno, totale disprezzo per il bene del Paese e degli italiani. Berlusconi sta mettendo a rischio la pace sociale e sta massacrando le istituzioni. Invece di occuparsi della crisi economica che sta mettendo in ginocchio le imprese e impoverendo famiglie e lavoratori, costringe il Parlamento ad occuparsi delle sue vicende e dei suoi interessi personali. Vuole cambiare la Costituzione ed è disposto a garantire l'impunità a migliaia e migliaia di criminali solo per sfuggire ai suoi processi.  L'Italia non può permettersi di rimanere in balia di quest'uomo che, per salvare se stesso, sta sfasciando lo Stato. L’Italia merita qualcosa di meglio.

POLITICI VERI E IPOCRITI DI PALAZZO

Manifestazione del PdlManifestazione del Pdl   Il volto insanguinato e ferito del premier colpisce come un pugno allo stomaco. E’ il viso di un uomo spaventato, fragile, tremante che, all’improvviso, mostra tutti gli anni che ha. Guardo quel volto e vedo l’uomo, non l’avversario politico, per questo il mio sentimento è di umana pietà. Non ci possono essere ambiguità al riguardo. Episodi di tale violenza devono essere condannati senza se e senza ma. Provo orrore e vergogna per i gruppi di facebook che stanno nascendo in queste ore e che inneggiano all’autore di questo atto violento, un uomo con gravi problemi mentali.Sono attimi convulsi quelli che hanno seguito il ferimento del premier, minuti concitati durante i quali si è temuto il peggio, un attentato dalle proporzioni ben più drammatiche. Poi, a tragedia evitata, inizia il balletto assurdo e ipocrita della politica.Non sono passati neanche venti minuti dall’aggressione al premier che il solito Capezzone detta alle agenzie le sue perle di saggezza: “I seminatori d’odio fanno scuola”. Sappiamo chi sono i seminatori d’odio per Capezzone: Repubblica, Di Pietro ed il Tg3. Sette minuti prima di Capezzone, Di Pietro, intervistato dall’Adnkronos, dice “Io non voglio che ci sia mai violenza ma Berlusconi con i suoi comportamenti e il suo menefreghismo istiga alla violenza”. Tecnicamente, l’agenzia di Capezzone e l’intervista di Di Pietro sono coeve, avvengono in contemporanea, anche se quella di Di Pietro appare nelle agenzie qualche minuto prima. Ma è l’unica voce fuori dal coro dell’ipocrisia, quella di Di Pietro, che scatena il solito inferno. Non quelle di Capezzone che ha già individuato prima della polizia i colpevoli.Quando accadono fatti di tale gravità, si devono necessariamente contestualizzare politicamente e socialmente i fatti, perché solo così facendo si può forse arrivare a capire la verità che si nasconde dietro un gesto sconsiderato. E’ questo quello che, Di Pietro a caldo e Rosy Bindi a freddo, hanno fatto ieri. Hanno espresso umana solidarietà e vicinanza al premier, senza se e senza ma, poi, con l’onestà intellettuale e politica che li caratterizza entrambi, hanno cercato di capire e di comprendere il folle gesto, senza ipocrisia.E la realtà di questo Paese, se si è politici veri e non ipocriti di palazzo, abituati ad andare in piazza e nelle fabbrica, ad ascoltare i problemi delle famiglie e dei lavoratori, è di tensione, allarme e, in molti casi, di disperazione sociale. D’altronde, è da giorni che Di Pietro lo va ripetendo. E si doveva essere ciechi e sordi per non capire. E cosa ha fatto il governo sino ad oggi per contrastare la crisi economica? E’ rimasto a guardare. Chi mentre il Paese va alla deriva, travolto dalla più grave crisi economica di tutti i tempi, ha messo al centro dell’azione di governo, non il lavoro, la scuola, i precari, ma i guai giudiziari del premier?In questo clima difficile e teso la mente di una persona disturbata può trovare conforto ai suoi pensieri più esecrabili e folli. Su questo dovrebbero riflettere i tanti soloni del centrodestra, invece di fare a gara a chi pronuncia la fatwa più dura nei confronti di Di Pietro. E su questo dovrebbe riflette anche Casini che, fino a due giorni fa, invocava “uno schieramento repubblicano a presidio della democrazia”. E Franceschini che, solo due giorni fa, parlava di mettere in piedi una specie di nuovo Comitato di Liberazione nazionale, lasciando entrambi chiaramente intendere che in Italia la democrazia è in pericolo.Cosa è cambiato da due giorni a questa parte? Erano ipocriti allora o sono ipocriti oggi che, per partecipare alla grande gara della solidarietà, fingono di non ricordarsi più quello che hanno detto due giorni fa? Noi siamo coerenti e diciamo, senza mezzi termini, che fino a quando l’agenda del Governo sarà quella di smantellare la giustizia e delegittimare sistematicamente la Corte costituzionale e la presidenza della Repubblica, noi non volteremo la testa dall’altra parte e continueremo a contrastare l’azione di questo Governo con tutte le nostre forze. Ribadiamo, quindi, che la solidarietà verso l’uomo Berlusconi è piena e convinta ma i toni del confronto politico, per quanto ci riguarda, potranno cambiare soltanto quando dall’agenda del Governo spariranno le leggi ad personam e tutte le altre nefandezze che, da un anno, tengono il Paese inchiodato e ci si occuperà, finalmente, dei temi del lavoro, della solidarietà e del rilancio complessivo di un paese sfibrato da 15 anni di berlusconismo.    

I MAESTRI DELL'ODIO

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Questa mattina in aula alla Camera si è consumato un vero e proprio regolamento dei conti. Si è compiuto un attacco predeterminato al partito dell’Italia dei Valori. Il centrodestra ha indicato i mandanti politici dell’aggressione a Berlusconi, “coloro che dal 1994 fomentarno l'odio nel Paese”. Ho deciso di postare il video con cui il capogruppo del Pdl alla Camera, Fabrizio Cicchitto, ha commentato l’informativa del ministro Maroni. Vorrei che a valutare se ad alzare i toni e fomentare gli animi del Paese è proprio Antonio Di Pietro e la compagnia dei terroristi mediatici come Travaglio e Santoro. “Una campagna di odio iniziata il 1994 da sempre concentrata contro una sola persona, contro Silvio Berlusconi. A condurre questa campagna è il network composto dal gruppo editoriale Repubblica-Espresso, da quel mattinale delle procure che è Il Fatto Quotidiano, da una trasmissione televisiva condotta da Santoro e da un terrorista mediatico di nome Travaglio da alcuni pubblici ministeri che hanno nelle mani alcuni processi tra i più delicati sul terreno del rapporto tra mafia e politica e che nel contempo vanno nei più vari talk show televisivi a demonizzare Berlusconi e da un partito, l'Italia dei Valori, il cui leader Di Pietro sta in questi giorni evocando la violenza, quasi voglia tramutare lo scontro politico durissimo in atto in guerra civile fredda”. Queste sono le parole che Cicchitto ha pronunciato in Parlamento. Queste sono le dichiarazioni che confermano che l’odio politico di cui tanto parlano nasce proprio dal modo in cui per quindici anni hanno deciso di portare in Parlamento non gli interessi del Paese ma quelli del Premier. Per Cicchito, infatti, l’unico modo per disinnescare questo clima da “guerra civile” è quello che il Parlamento approvi “leggi funzionali” a contrastare “l'uso politico della giustizia”. Tradotto in soldoni il Parlamento e l’opposizione tutta dovrebbe approvare le leggi ad personam per salvare il premier dalle sue beghe politiche. Questo, conclude Cicchitto “è il cancro che ha distrutto la prima Repubblica e che sta corrodendo anche la seconda”. Solo così, a detta di Cicchitto “si può iniziare un cammino virtuoso, procedendo ad una grande riforma istituzionale, ad una grande riforma della giustizia, ad un'incisiva riforma dei regolamenti parlamentari e all'istituzione del federalismo fiscale”. Tutto questo è davvero inaccettabile. Gli interessi del premier per questa classe politica vengono sempre prima del bene del Paese che ha bisogno come il pane di queste riforme. Purtroppo per loro, noi non cadremo nel tranello. Queste loro intimidazioni non ci fermeranno. Noi non facciamo opposizione per odio verso Berlusconi, ma per amore del nostro Paese. Ed è per questo che continueremo a batterci contro i provvedimenti ad personam che umiliano i cittadini e la nostra Costituzione. Il presidente Cicchitto dovrebbe capire che i toni si abbasseranno solo esclusivamente quando saranno loro a farlo per primi e quando questa maggioranza deciderà di occuparsi delle questioni che stanno a cuore agli italiani. Anche oggi, con il monito di Fini mi sono reso conto che ci sono due centrodestra. Il primo, è il centrodestra che non ha futuro, quello di Silvio Berlusconi, che sparge odio nel paese e altro non sta facendo che strumentalizzare quello che è accaduto domenica. Poi c’è un altro centrodestra, quello rappresentato dal presidente  della Camera Gianfranco Fini che potremmo non condividere nei contenuti, ma che è un serio e leale avversario politico con cui potersi confrontare partendo da una visione comune dei valori che ispirano l’arte della politica: i principi sacrosanti della carta Costituzionale, l’equilibrio dei poteri e il rispetto per le istituzioni democratiche. Tutte cose che Berlusconi e tanti del centrodestra calpestano quotidianamente. Per questo chedevo constatare che la serenità del confronto politico tornerà quando Berlusconi deciderà di uscire dalla politica e si porterà dietro tutta la clache di politici eletti solo per fare i suoi interessi in parlamento. Solo allora la politica italiana potrà permettersi di riabbassare i toni e tornare a un confronto civile.

PROVE TECNICHE DI REGIME

Un frame da "La vita in diretta"Un frame da "La vita in diretta"  La puntata di ieri de “La vita in diretta” è la riprova che siamo al regime mediatico. Dopo i tg, anche i contenitori televisivi pomeridiani diventano il luogo dove si cancella la realtà, si distorcono i fatti e si mette il bavaglio all’opposizione. Stanno progressivamente cancellando la voce dell’opposizione e lo fanno con una tecnica sopraffina. Ieri, però, il sottoscritto ha rotto il giochino nelle mani di questi signori, lasciandoli a becco asciutto. Non mi mancavano certo gli argomenti per controbattere parola per parola alle fandonie sparate a raffica da giornalisti ospiti insieme a me della trasmissione. Ma ci sono momenti in cui il silenzio ed i gesti sono più eloquenti di mille parole. Vi spiego.Lunedì pomeriggio “La vita in diretta” ha messo in scena un vero e proprio processo mediatico a Italia dei Valori. Tutti gli ospiti presenti, oltre al solito Capezzone, ormai parodia di se stesso, alcuni giornalisti, hanno per più di un’ora insultato, strumentalizzato, mentito, ribaltato le nostre posizioni pur di farci apparire agli occhi dei telespettatori istigatori d’odio. Ovviamente, non era stato invitato nessun rappresentante di Italia dei Valori a difendere e spiegare le proprie ragioni.Ieri, dunque, sarebbe dovuta andare in scena la puntata riparatrice, ma si capiva, sin dalle prime battute, che quelli che avevo accanto non erano ospiti di un normale ed equilibrato parterre televisivo: era stato messo su “ad arte” un vero e proprio plotone di esecuzione, i cui più fieri componenti erano due sedicenti ed illustri giornalisti, Pierluigi Diaco e Maria Giovanna Maglie.Del primo, si ricordano i successivi molteplici, affannati e, qualche volta, sghangherati tentativi di ritagliarsi uno spazio da “grande” giornalista. L’ambizione a diventare bravo come Travaglio ci è parsa tanta, la rabbia pure. Per il talento, attendiamo con ansia. Per ora, rimangono a memoria dell’umanità più i litigi in tv di cui si è reso protagonista che gli articoli a sua firma pubblicati sul quotidiano Clandestino, edito da Mondadori (!) e di cui  è vicedirettore e che probabilmente vanta il più basso numero di lettori in Italia.Della seconda, Maria Giovanna Maglie, si ricordano i conti milionari dal visagista quando era corrispondente del Tg2 dall’America, le fatture false per decine di migliaia di dollari rimessi alla Rai e intestati a società inesistenti, ricevute per compensare collaboratori fasulli e gente in pensione, insomma, le carte truccate per coprire spese ingiustificabili che le costarono il posto in Rai. Non lo dico io ma un articolo di Concita De Gregorio (link) oggi direttore de L’Unità ed allora cronista de la Repubblica. E poi c’erano altri giornalisti, quelli che, in teoria, avrebbero dovuto equilibrare la presenza di tali illustri firme ma che, nei fatti, ogni giorno scrivono e massacrano Italia dei Valori dalle colonne dei giornali per i quali scrivono.Lascio a voi ogni giudizio. A me rimane una certezza, quella di aver ascoltato insulti, rabbia e disprezzo, urlati probabilmente per acquisire credenziali agli occhi dell’onnipotente patron di Mediaset, alias, il presidente del Consiglio. Ma il sottoscritto gli ha riservato una piccola sorpresa. Si è alzato e se ne è andato, rompendogli il giochino. Loro sono rimasti li, a continuare ad urlare il loro livore e le loro menzogne. Io sono tornato in Parlamento a lavorare per cercare di contribuire a risollevare le sorti di questo Paese e a contrastare l’azione sbagliata di questo Governo e di questa maggioranza.

SIAMO ALL’EDITTO FACEBOOK

 Censura di StatoCensura di Stato  Quello che è accaduto al presidente del Consiglio è un fatto orribile e non mi stancherò mai di ripeterlo. Al premier va tutta la nostra solidarietà e gli auguri di pronta guarigione. Ma il giro di vite per controllare la rete che il Governo e la maggioranza stanno minacciando in queste ore è intollerabile ed inaccettabile perché nulla ha a che fare con quanto accaduto, con il gesto di una povera mente instabile. E’ solo il pretesto, il tentativo di soffocare ogni forma di protesta civile e democratica che nasce dalla rete, come il 5 dicembre, il no B-day, che ha cambiato la storia di questo paese. Per la prima volta, piazza San Giovanni si è riempita di persone grazie al tam tam di Facebook, straordinario social network. Io c’ero ed è stata una giornata magnifica, una manifestazione di civile e democratica protesta, senza bandiere, né vessilli, solo il colore viola, simbolo di libertà, di libera circolazione di idee, di dissenso forte ma civile.Per questo, oggi, la maggioranza dice che  la rete è il male e con la scusa dell’ordine pubblico, vuole limitare libertà e diritti. Oggi il presidente del Senato, Renato Schifani, ha detto che Facebook è più pericoloso dei gruppi degli anni ’70, confondendo leggermente i piani della storia. Facebook è uno straordinario spazio di libertà e, come tale, subisce anche intrusioni da parte di idioti o persone pericolose che, come tali, vanno isolate. Ma non c’è alcun bisogno di misure aggiuntive, di giri di vite per controllare eventuali derive pericolose. Le norme per isolare e controllare eventuali menti impazzite ci sono già, basta metterle in pratica.La verità è che il governo e la maggioranza voglio dare lo scacco matto alla rete, dopo aver messo nel sacco l’informazione televisiva nazionale. I giri di vite annunciati su Facebook sono il tentativo sinistro di mettere la rete sotto il controllo dell’Esecutivo e per questo puzzano di editto bulgaro e di olio di ricino. Mettere il bavaglio a 10 milioni di persone che quotidianamente dialogano su questo social network è un’idea folle.In America sono decine e decine i gruppi su Facebook contro il presidente Obama. Ce ne è per tutti i gusti. A sfondo politico, razziale, etnico, veri e propri deliri spaventosi. I servizi segreti vigilano, ovviamente. Ma mai e poi mai al presidente Obama, o al presidente del Congresso degli Stati Uniti d’America, gli verrebbe in mente di metter il bavaglio a 10 milioni di persone. E’ per questo che l’America è tanto lontana dall’Italia... e non solo geograficamente.   

I MAESTRI D'ODIO IN CAMICIA VERDE

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Si parla molto in questi giorni di clima d’odio e della necessità di riportare la politica sui binari della ragionevolezza e della pacatezza. A furia di occuparci di Berlusconi, indubbiamente un serio problema per la democrazia, abbiamo tutti dimenticato le gravi responsabilità della Lega che, negli ultimi quindici anni, ha avvelenato i pozzi, ha seminato odio e razzismo nel terreno fertile della paura.Dalle famigerate cacce al terrone dei primi anni novanta, all’indipendenza della padania, fino ad arrivare all’odierna rimozione del prefetto di Venezia ad opera del ministro Maroni, macchiatosi del grave delitto di non essersi opposto all’insediamento di 38 famiglie rom, quello della Lega è un excursus bestiale.Prima erano solo parole feroci. Ora sono fatti, azioni bestiali. Oggi è razzismo e xenofobia. Nel 1994, Bossi diceva che la vita di un magistrato non valeva 300 lire, ovvero, il costo di una pallottola. Nel 1997,  spiegava agli italiani cosa amasse farne del tricolore. Contro Roma ladrona invocava i fucili. Sugli immigrati, dicevano che dovevano andare a pisciare nelle loro moschee.  La Lega ha seminato in quindici lunghi e pazienti anni. E dopo la semina sono arrivati i frutti, mostruosi però. Come quello del consigliere comunale Bettio che, contro i negri, ha invocato il metodo delle Ss, ovvero, punirne dieci per ogni torno fatto ad un italiano. Come quello dell’europarlamentare Salvini che ha proposto le carrozze della metropolitana per soli milanesi. Come quello dei deputati  della Lega che hanno proposto di togliere la cassa integrazione agli immigrati, a dispetto del fatto che sono cittadini italiani e che pagano le tasse. Come quello del White Cristhmas dell’assessore leghista Abiendi di Coccaglio, in provincia di Brescia, l’invito ai cittadini a denunciare tutti gli extracomunitari presenti al fine di scovare eventuali clandestini e dar vita ad una maxi retata natalizia. Come i continui richiami ai valori del cattolicesimo, in maniera strumentale e becera, come facevano i nazisti al grido “Dio è con noi”. Per arrivare a quanto sta succedendo a Cologne, paesino della bassa bresciana, raccontato ieri ad Annozero, dove si è vietato alla comunità musulmana di pregare nella moschea. Non importa che siano cittadini italiani da decenni, onesti e lavoratori e che pagano le tasse. Siamo all’odio razziale.Di fronte a tutto questo, ognuno deve fare la sua parte di autocritica. Noi dell’opposizione che, troppo tolleranti, abbiamo occhieggiato più volte alla Lega. Ma soprattutto la maggioranza che, totalmente presa ed assorbita dai problemi giudiziari del premier, ha delegato ad essa la politica sulla sicurezza e sull’immigrazione. Ma la Lega non è la risposta a tali questioni, è semmai il sintomo grave della tensione sociale provocata da un problema epocale e mondiale come quello dell’immigrazione. La Lega sa declinare la sicurezza e l’immigrazione solo in termini di xenofobia. Finché non si capirà questo non si farà un passo in avanti. Solo drammatici passi indietro.

LA DEMOCRAZIA NON CEDA AI RICATTI

InciucioInciucioLe istituzioni e la democrazia sono sotto ricatto. A dimostrarlo è il tam-tam di dichiarazioni che arriva dal mondo politico di destra e di sinistra e che apre al dialogo sulle riforme con il Cavaliere. E la scena si ripete. Ma come al solito niente di nuovo si vede sotto il sole.E’ come se stessimo assistendo alla scena cruciale di un film, un classico thriller-movie americano. Il sequestratore asserragliato in una banca. Con una mano tiene la pistola puntata sulla tempia degli ostaggi e con l’altra chiama la polizia e dice :"o mi fate avere un elicottero sul tetto per mettermi in salvo oppure io ammazzo tutti gli ostaggi".Questa scena, ricalibrata, può essere trasferita al clima politico che si respira in questi giorni. Berlusconi è il sequestratore che tiene la pistola puntata alla tempia delle istituzioni democratiche e rivolto all’opposizione e al presidente della Repubblica dice : “o mi date subito la legge che mi garantisce l’impunità o io scasso tutto”. La pistola carica è rappresentata dalla legge sul processo breve che manderebbe a gamba all’aria la giustizia penale italiana e lascerebbe impuniti il 50 per cento di reati commessi. Il problema è che qui non siamo in un film. In gioco c’è la qualità della nostra democrazia. In un sistema democratico non si possono accettare ricatti. Per questo pagare il riscatto come vorrebbe fare D’Alema è inaccettabile.Oltretutto pensare allo scambio non solo è sbagliato, ma per il centrosinistra è pura follia e masochismo, viste le riforme che ha in mente di fare il centrodestra. In una lettera al Giornale il coordinatore del Pdl, Denis Verdini, ha spiegato che occorre “cambiare la Costituzione ormai arcaica”, “riformare la Corte Costituzionale perché è un organo squilibrato formato da giudici di sinistra”, “eleggere direttamente il premier” e arrivare a un quadro politico che porti al “bipartitismo”, riscrivere il sistema giudiziario italiano perché non sia più il dominus della vita politica e degli equilibri istituzionali”.  In realtà nessuno parla della prima riforma della quale il paese ha bisogno. Bisognerebbe infatti partire dalla radice, ovvero, cambiare le regole che sorreggono il nostro sistema dell’informazione e della comunicazione televisiva. Oggi non si può prescindere da questo, soprattutto in una società come la nostra, nella quale l’informazione condiziona pesantemente l’opinione pubblica. Mi riferisco a due cose. La prima, che dovrebbe valere per tutti i mezzi di informazione, è l’assoluta incompatibilità tra la proprietà e/o il controllo di mezzi di informazione e l’attività politica. La seconda , valida solo per le televisioni, è il divieto assoluto e inderogabile ai mezzi di informazione di sostegno privilegiato a una formazione politica o a una coalizione. Solo così la nostra democrazia, da anni condizionata  dalle intricate vicende giudiziarie e dal conflitto di interessi del premier, potrà essere libera dal cappio che ha intorno al collo da quando è sceso in campo  Silvio Berlusconi.  Solo così si potrà impedire che un altro 'Berlusconi' metta sotto ricatto ancora la nostra democrazia.

NON E’ TUTTA COLPA DI “GENERALE INVERNO”

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Il freddo e il gelo hanno messo in ginocchio mezza Europa. Germania, Francia, Inghilterra, Olanda e Portogallo sono finite sotto un manto di gelo eccezionale. Persino l’americana Washington è sepolta sotto la neve. Anche l’Italia è sotto la morsa del gelo e della neve: Friuli, Veneto, Lombardia, Piemonte ed Emilia Romagna. Ma in nessun paese europeo si è verificato quello che sta accadendo in Italia. In Europa accade che per ragioni di sicurezza venga chiuso l’Eurotunnel che collega Parigi e Londra, con gravi disagi per i passeggeri. Ma solo nel nostro Paese succede che le porte dei treni non riescano più a chiudersi a causa del gelo, che la neve arrivi dentro i vagoni e gli scompartimenti, persino sui sedili e nei corridoi. Solo da noi accade che, per colpa di un sistema ferroviario già “terzomondista”, migliaia di cittadini e, in particolare, i pendolari subiscano oltre al danno di tutto l’anno, anche la beffa di Natale, attendendo per ore ed ore un treno che non arriva mai, in qualche squallida stazione a qualche grado sotto zero, o viaggiando magari all’impiedi per ore. Solo in Italia capita di avere treni ad altissima velocità che, per colpa del gelo, finiscono a scartamento ridotto.E di fronte a tutto questo, invece di sentire mille scuse da parte di chi ha la responsabilità di questo disastro, per alcuni versi annunciato, ecco i consigli per viaggiare di Moretti, amministratore delegato di Trenitalia, l’uomo da un milione di euro l’anno: “Chi si mette in viaggio sui treni a lunga percorrenza è meglio che si munisca di bottiglie, d’acqua, panini e maglioni”. Non credo che in nessun paese d’Europa, l’amministratore delegato delle ferrovie locali si sia espresso in termini analoghi. Oppure la lucida analisi del vicesindaco di Milano De Corato che per l’occasione rispolvera vecchie terminologie care alla zia per addolcire la pillola e dice: “Il Generale Inverno non ci ha creato ancora grossi problemi”. Forse a lui no, ma a più di qualche milanese sì.Credo che gli italiani si meritino qualcosa di meglio che l’arroganza di un amministratore delegato di Trenitalia pagato profumatamente con i soldi dei contribuenti e che, di fronte ad un sistema ferroviario in tilt, invita a portarsi coperte in treno. E non mi riferisco soltanto ai disagi creati da questa situazione di maltempo eccezionale. La rete dei treni regionali, ad esempio, è da tempo inenarrabile in ginocchio.In Finlandia, i treni sia in estate che in inverno corrono, veloci come le slitte di Babbo Natale. In questi giorni, però, proprio a causa dell’eccezionale ondata di maltempo, anche i treni finlandesi hanno accumulato ritardo. Un ritardo indicibile, insopportabile: ben 5 minuti. Ora, siamo ben coscienti che sperare di avere in Italia treni puntuali come quelli finlandesi sia una chimera, ma almeno non ci vengano a dire, come ha fatto oggi il ministro Matteoli, che il sistema dei trasporti italiano ha retto. Questo è davvero insopportabile, più di qualunque ritardo.

LE BUGIE HANNO LE GAMBE CORTE

SenatoSenatoIeri palazzo Madama ha eletto due nuovi segretari d’Aula. Finalmente, anche Italia dei Valori ha il suo rappresentante nell’Ufficio di presidenza del Senato, organo di massima delicatezza che sovrintende alla formazione del bilancio e alla trasparenza degli appalti, dai restauri, ai ristoranti, alle forniture, fino all’assunzione del personale. Ottenere quello che ci spettava di diritto non è stato facile. Abbiamo dovuto, come sempre, lottare a lungo e duramente, per vincere le molte resistenze, tanto a destra quanto a sinistra. Oggi alcuni quotidiani, sia quelli nemici che i cosiddetti giornali amici, hanno raccontato un’altra storia. Hanno parlato di forzatura al regolamento da parte nostra, di norma inciucista col nostro avvallo, di regalo ai dipietristi a carico di Pantalone, facendo passare l’idea che Idv ha preteso di aggiungere due posti a tavola per partecipare al ricco banchetto di spartizione del potere.Niente di più falso. Sono tutte balle. Non è stato fatto nessun regalo a Idv ma è stato solo colmato un vuoto di democrazia e vi spiego perché.I regolamenti di Camera e Senato stabiliscono, infatti, che nell’ufficio di presidenza “tutti i gruppi parlamentari esistenti all’atto della sua elezione devono essere rappresentati”. E, qualora a seguito delle votazioni, uno o più gruppi non risultino rappresentati, si procede all’elezione di un corrispondente numero di segretari. Il regolamento prevede, inoltre, che “i gruppi parlamentari che non siano in esso rappresentati possono richiedere che si proceda all’elezione di altri segretari, in ogni caso non superiore a due”. Questo dice il regolamento. Non abbiamo fatto nessuna forzatura o chiesto nulla più di quanto non ci spettasse o che il regolamento non prevedesse.E’ dall’inizio della legislatura, infatti, che Italia dei Valori aspettava il riconoscimento dei suoi diritti di rappresentanza di forza politica democraticamente eletta. Ma l’ingordigia del Pd e l’ostilità del Pdl avevano avuto fino ad ieri la meglio sulle nostre buone ragioni. Il Pd, infatti, nella  veste di assopigliatutto, si era aggiudicato due vicepresidenti del senato, un questore e ben 4 segretari d’Aula, prendendosi anche quello che toccava a noi, in maniera subdola, tradendo gli impegni presi. L’elezione dei segretari d’aula avviene con il voto in Aula. Quando si è trattato di votare il segretario di Idv, il Pd ne ha votato un altro, sul quale sono confluiti anche i voti del Pdl. Dunque, ieri, si è rimediato ad un ferita fatta allora. Se non fosse stato un nostro diritto avere un segretario d’Aula, figuratevi se ce lo avrebbero concesso, visto lo scarso amore che tutti nutrono nei nostri confronti.La democrazia impone il rispetto delle regole e questo noi abbiamo chiesto. Niente di più, niente di meno. Faremo con coscienza ed impegno il nostro lavoro anche nell’Ufficio di presidenza del Senato, vigilando che le cose vengano fatte nel modo giusto, soprattutto per quanto riguarda il bilancio e le spese di palazzo Madama. Se qualcuno pensava di lasciarci fuori dalla porta per farsi gli affari propri in silenzio nelle ovattate stanze del potere ha capito proprio male. Idv c’è e si farà sentire.

BUON NATALE A TUTTI

Buon NataleBuon Natale  Siamo in spirito natalizio e mi viene in mente una freddura di Pierre Desproges, un fine e cinico umorista francese: "L'adulto non crede a Babbo Natale. Ma lo vota". Ed è vero: l’ultimo sondaggio di Ipr Marketing dice che la fiducia in Berlusconi è aumentata. Questo è il Natale italiano. Un 25 dicembre che come ogni anno è carico di promesse e di buoni propositi, anche e soprattutto da parte del governo e della maggioranza. Inviti al dialogo, appelli per le riforme, cui parte dell’opposizione, Partito democratico e Udc, risponde con interesse. Una corrispondenza d’amorosi sensi che può durare lo spazio di un augurio o trasformarsi in un inciucio, perché è chiaro che Berlusconi non vuole le riforme vere, ma solo sistemare i suoi guai con la giustizia. Noi non crediamo a Babbo Natale e neanche lo votiamo, per questo non siamo e non saremo mai disposti ad approvare leggi ad personam e ad avallare inciuci della peggior specie. E’ questo il nostro impegno ed anche, credo, il miglior modo di farvi gli auguri.Tanti auguri di Buon Natale.  

IL PARTITO E IL MINISTERO DELL'AMORE

 George Orwell, 1984George Orwell, 1984  Mi spiace, sarò cattivo in questo Natale alla melassa, ma quando ho sentito il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, invocare il partito dell’amore, un brivido mi è corso lungo la schiena. Mi è venuto in mente quanto ha ricordato oggi anche Lucia Annunziata su "La Stampa": il terribile Ministero dell’Amore di George Orwell in 1984…“Fra tutti il ministero dell’Amore era quello che incuteva un autentico terrore. Era assolutamente privo di finestre. Accedervi era impossibile, se non per motivi ufficiali, e anche allora solo dopo aver attraversato grovigli di filo spinato, porte d’acciaio e nidi di mitragliatrici ben occultati.Anche le strade che conducevano ai recinti esterni erano pattugliate da guardie con facce da gorilla, in uniforme nera e armati di lunghi manganelli…”.Il ministero dell’Amore è uno dei quattro ministeri che coadiuvano il Grande Fratello nel governo dell’Oceania. Si occupa di reprimere ogni sintomo di dissenso contro il Grande Fratello e contro il Socing, il partito che governa dispoticamente l’Oceania.Il suo nome è paradossale, così come paradossale è il partito dell’amore di Berlusconi. Da una parte, infatti, il premier invoca il partito del “volemose bene” come base per la ricostruzione di un clima di concordia nazionale, humus ideale per le riforme istituzionali. Dall’altra, con una strategia precisa e dagli obiettivi inequivocabili, ovvero tirarsi fuori dai suoi guai giudiziari, piega il Parlamento, ormai ridotto a Zittamento. Basta guardare il calendario dei lavori parlamentari di gennaio. Ecco le priorità del governo: legittimo impedimento, processo breve e lodo Alfano per via costituzionale. Il tutto coadiuvato dai “portavoci a vario titolo” del partito dell’amore, che dicono chiaramente e senza mezzi termini che sulla giustizia andranno avanti anche da soli.Allora, mi domando, di cosa stiamo parlando, a cosa dovrebbe servire questo ruffiano ed ipocrita partito dell’amore, quali siano le basi sulle quali dovrebbe germogliare l’amore tra maggioranza ed opposizione. Qui c’è una maggioranza che vuole farsi da sola la riforma della giustizia, per mettere il premier al riparo dai suoi guai, ma che poi vuole dialogare con l’opposizione su non si sa bene quali riforme. Le chiacchiere, come dice qualcuno, stanno a zero e Berlusconi, si sa, non è uno statista. Le riforme che ha in testa sono solo quelle a suo uso e consumo ed il partito dell’amore è solo un atto di cesarismo. Con l’amore non si ottiene uno stato più efficiente. Con l’amore non si restituisce ai cittadini assistenza e beni all’altezza delle tasse pagate. Con l’amore i cassintegrati, i disoccupati, gli operai licenziati non arrivano alla fine del mese. Di questo vogliamo parlare e di queste riforme vogliamo discutere in Parlamento. Ma nella famigerata stanza 101, nelle segrete del ministero dell’Amore, l’obiettivo è un altro e solo gli ingenui possono pensare che si tratti del bene del Paese.    

BETTINO CRAXI ERA UN POLITICO, UN CONDANNATO E UN LATITANTE

 Bettino Craxi e Silvio BerlusconiBettino Craxi e Silvio Berlusconi   E così la politica, quella con il vizietto di autoassolversi e dalla memoria corta, ci riprova. Il sindaco di Milano, Letizia Moratti, in occasione del decennale della scomparsa di Craxi che ricorrerà il prossimo 19 gennaio, propone di intitolare a Bettino qualcosa: una strada, una piazza o un parco, quello che sia, l’importante è riabilitare ed uscire da anni che definire “squallidi”, secondo il Paolo Pillitteri, sindaco di Milano alla vigilia dello scoppio di Tangentopoli e cognato del leader socialista, inquisito anche lui, è dir poco.Punti di vista. Ovviamente, per noi lo squallore è una politica che, per anni, ha rubato e truffato i cittadini. Per questo, l’idea di intitolare a Bettino Craxi una strada, una piazza o un parco è fuori dalla nostra concezione etica della politica e delle vita sociale e civile. Perché per noi, per Italia dei Valori, c’è un limite invalicabile tra onestà e criminalità e quando un politico commette crimini la sua immagine si infanga per sempre. Non c’è una via di mezzo e la politica dovrebbe rendersene conto una volta per tutte. Un politico corrotto è solo un corrotto, non può essere scisso in due, per dimostrare che è stato anche uno statista. Un chirurgo, per quanto bravo, se fa esperimenti su cavie umane, non è un bravo chirurgo è un assassino e basta. Anzi, forse è il peggiore dei chirurghi.E’ questo che alla politica proprio non va giù. Ed è per questo che a Di Pietro e a Italia dei Valori certa politica non perdona il fatto che ama ricordare ad essa quanto sia sporca. Bettino Craxi non merita l’intestazione di nulla perché non era un esiliato ma un latitante, una persona condannata per corruzione e illecito finanziamento ai partiti, responsabile di tanti debiti nelle casse dello Stato nella prima Repubblica. Ha ragione Antonio Di Pietro quando dice che c’è una distorsione della realtà e che se targa ha da essere allora ci si scriva sopra “Bettino Craxi, politico, condannato, latitante”, perché questa è la verità che una stagione, quella di Tangentopoli, ha consegnato alla storia.Italia dei Valori ritiene offensivo, indecoroso intitolare una via, una piazza o un parco o qualunque altra cosa ad un latitante. Nulla contro l’uomo. E’ rivoltante la strumentalizzazione che molti nella maggioranza stanno mettendo in atto in queste ultime ore. Ma nessuno sconto quando c’è il gioco la  verità.    

IL PARTITO DELLA COSTITUZIONE NON E' LA VIA GIUSTA

Antonio Di PietroAntonio Di Pietro Ieri, Paolo Flores d'Arcais, sulle colonne de il Fatto quotidiano, ha lanciato una provocazione: ha chiesto di sciogliere Italia dei Valori in un movimento di più ampio respiro che raccolga l'ala movimentista del popolo viola, la società civile, i sindacati, per dar vita ad un grande partito della Costituzione.Per quanto mi riguarda, come ho già avuto modo di rispondere in parte sul quotidiano diretto da Antonio Padellaro, ritengo la proposta di d'Arcais inaccettabile e spiego il perchè.Silvio Berlusconirappresenta un grave pericolo per la Costituzione. Su questo non ci piove, così come non piove sul fatto che il Pd sia in preda ad un grande sonno e che l'Italia dei Valori sia l'unico partito a fare vera opposizione al totalitarismo devastante del premier. Il Partito democratico, in questo momento storico, non è solo afflitto da divisioni e contraddizioni interne strutturali, ma da anni ormai fatica a dare un'elaborazione adeguata della complessa situazione della società italiana. Con Bersani, oggi, scopre, la socialdemocrazia, quando è ormai scomparsa in tutt'Europa.Premesso questo, la soluzione che propone Flores d'Arcais risente di un vizio di forma. I movimenti, per definizione, si evolvono continuamente. Non sono statici. Ingabbiarli in un sistema come quello dei partiti, irreggimentarli, ne svilirebbe l'anima e li condurebbe a rapida morte. Quello che, invece, i partiti devono fare è cogliere le istanze e fare da pontieri con la società civile. Insomma, svolgere quel ruolo e quella funzione che la storia assegna ai partiti, ovvero essere valvola di collegamento tra la società e la politica.Italia dei Valori, a differenza di tutti gli altri partiti ormai ridotti a casta autoreferenziale, già svolge questo ruolo, è già valvola che cerca, aggrega e seleziona il meglio tra i movimenti e i sindacati. Prova ne è il fatto che il 95% dei candidati di IDV alle ultime elezioni europee proviene proprio dalla società civile. Ognuno, dunque, nella sua sfera di competenza ed appartenenza, ha e svolge un ruolo preciso. Semmai, dobbiamo chiederci perchè tutti i partiti, a cominciare dal Partito democratico, siano ormai scollegati dalla realtà, a differenza della Lega che, però, non parla alla testa ma alla pancia dei suoi elettori. C'è poi un altro aspetto non trascurabile per il quale ritengo il partito della costituzione una via non praticabile. I partiti non possono nascere in contrapposizione a o in difesa di qualcosa. Lo devono fare nei fatti, con un'opposizione seria ed intransigente. Se nascessero solo su questo humus, sarebbero destinati ad essere partiti per una stagione sola e mai partiti di governo.E' questa l'ambizione che Italia dei Valori deve avere oggi. Berlusconi, che conduca o meno a termine questa, è alla sua ultima legislatura. Lunga vita al premier, per carità, ma è nell'ordine anagrafico delle cose. Noi, da oggi, dobbiamo prepararci a diventare un partito di governo, in grado di proporre alternative moderne e soluzioni efficaci per il Paese. Dobbiamo diventare un partito post-ideologico, a vocazione maggioritaria, che confronta le sue scelte e strategie con il Pd, suo alleato, e dare ad esso, all'occorrenza, la scossa, ponendoci come baricentro nell'alleanza.Ci attende una grande sfida ma dobbiamo sapere guardare sempre oltre l'oggi, puntare lo sguardo su orizzonti sempre nuovi e più lontani. Italia dei Valori non è e non sarà mai il partito di una stagione sola. Sarà tra i partiti protagonisti di una nuova stagione, di una nuova primavera non lontana.

FELICE ANNO NUOVO. AUGURI DI CUORE

 Buon AnnoBuon Anno   Fine anno. Tempo di bilanci e di programmi. Ci lasciamo un anno difficile alle spalle. Il dramma terribile del terremoto, che ha piegato l'orgogliosa terra d'Abruzzo. Poi la ricostruzione, ancora in corso, difficile e discussa e la sensazione forte che chi ha sbagliato non ha pagato il giusto prezzo. E' a loro, agli abruzzesi, orgogliosi e tenaci, che va il mio pensiero affettuoso e l'augurio di un sereno anno nuovo.Ma il 2009 è stato anche l'anno del gossip: Noemi, le escort a palazzo Grazioli, le tante zone d'ombra ed un privato del presidente del Consiglio, ingombrante ed imbarazzante, che si fa pubblico, con le sue ripercussioni sul piano internazionale ed un Paese intero messo alla berlina.L'anno che ci lasciamo alle spalle è stato anche segnato da scontri durissimi, tra politica e magistratura e tra le cariche istituzionali. E' l'anno del lodo Alfano, odiosa leggina ad hoc per congelare i processi del premier. Poi lo scontro durissimo tra il presidente Berlusconi e Giorgio Napolitano, reo, secondo il premier, di essere comunista come i giudici che hanno bocciato il lodo.Un anno difficile, duro, dai toni politici aspri, dominato dalla figura ingombrante di un presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che confonde il consenso popolare con una sortà di impunità nei confronti di qualsiasi altra autorità di controllo e garanzia; che ha ridotto il Parlamento ad una sorta di suo personale ufficio per gli affari legali; con una maggioranza che, nonostante i numeri, ha governato fin qui a colpi di fiducia, mortificando le opposizioni e la democrazia.C'è l'amara constatazione di un anno trascorso senza fare le riforme che servono ai cittadini, per colpa di una maggioranza inetta e inerme di fronte ad un Paese che soffre, a famiglie sempre più in difficoltà per il mutuo e le spese, a pensionati che arrivano a stento alla fine del mese, a migliaia di lavoratori che stanno perdendo o hanno perso il posto di lavoro.Ma c'è anche l'orgoglio e la consapevolezza di chi, come Italia dei Valori, sa di aver fatto il suo dovere in Parlamento, con tenacia e determinazione. Abbiamo pungolato, stimolato, denunciato la maggioranza ed il Governo richiamandoli ai loro doveri. Abbiamo gridato, in Parlamento e in piazza, la nostra indignazione contro un governo che pensa solo a salvare il premier dalle sue beghe giudiziarie e ci racconta la favola del dialogo sulle riforme. Abbiamo messo in atto azioni concrete di contrasto a questo Governo: dal referendum sul lodo Alfano a quelli sull'acqua ed il nucleare presentati proprio in questi giorni.Il 2010 sarà per noi ancora un anno di resistenza democratica ma il declinio di Berlusconi è già iniziato e si compirà probabilmente entro fine legislatura. Il terribile incidente di Milano ha solo sospeso momentaneamente il corso delle cose ma le contraddizioni e le divisioni all'interno della maggioranza hanno avviato ormai un processo irreversibile.Noi ci saremo. Dal prossimo mese, in Parlamento, a contrastare tutte le vergognose leggi ad personam di questo governo e di questa maggioranza, e ci saremo domani, per creare le condizioni di una vera alternativa di governo. E' il nostro impegno nel rispetto del mandato dei nostri elettori e sostenitori. A loro va il mio più sentito, doveroso ed affettuoso ringraziamento per il sostegno che ci hanno dato in questi lunghi mesi e a voi amici di questo blog per aver animato questo spazio di libero dialogo. Auguri di cuore a tutti.