novembre 2011

Guargaglioffo

Parola d’ordine: discontinuità. Abbiamo dato la fiducia al governo Monti e continueremo a dare il nostro contributo (condizionato alla bontà dei provvedimenti che arriveranno in Aula) per il consolidamento della sua azione di governo, ma dobbiamo rilevare che siamo in presenza del primo vero snodo su cui il nuovo esecutivo si gioca buona parte della sua credibilità: la vicenda Finmeccanica.

Il nuovo governo ha l’opportunità di dimostrare un’inversione di rotta sui temi dell’etica pubblica e della legalità rispetto al precedente esecutivo. E’ evidente che i vertici Finmeccanica vanno azzerati. Guarguaglini deve andare a casa, su questo non ci piove. E con lui l’intero vertice della grande azienda controllata dallo Stato. Ma non basta: si deve tagliare tutta la parte ‘marcia’ dell’impresa per permetterle di tornare leader nel mondo.

Attendiamo il governo al varco e valuteremo con estrema attenzione. Sono scelte che peseranno come macigni sulla nostra considerazione. Non si può pensare di risanare l’economia con manager di Stato che hanno fatto della corruzione uno stile di vita professionale. Serve una vera svolta nella gestione della cosa pubblica, che parte proprio dalla nomina dei nuovi vertici. Per troppi anni le cricche hanno prosperato all’ombra di un governo Berlusconi tollerante, se non complice, nei confronti di un certo modo di fare, illegale e dannoso per l’ economia reale e per i conti dello Stato.

La Corte dei Conti da anni lancia allarmi sulla corruzione. Le cifre sono spaventose, si bruciano ogni anno qualcosa come 60 miliardi di euro. Se l’Italia vuole rialzare la testa deve combattere questa battaglia senza quartiere contro i ladri. Soprattutto i ladri di Stato, che, talvolta addirittura mascherati da civil servant fanno i propri sporchi affari. Questa gente che si arricchisce con i soldi pubblici sulle spalle dei cittadini onesti, nei paesi dove la parola ‘legalità’ ha un senso, non guida grandi aziende, ma sta in galera. E, soprattutto, non viene protetta dai vertici politici.

RILANCIARE LA CRESCITA PER EVITARE LA RECESSIONE

OCSE: ITALIA IN RECESSIONE 2012, CON GRECIA E PORTOGALLO IN ROSSO ANCHE UNGHERIA, CRESCITA TIMIDA PER SPAGNA E FRANCIA (ANSA) - ROMA, 28 NOV - In recessione nel 2012, in compagnia di Grecia, Portogallo e Ungheria. Meglio di noi, con una crescita comunque limitata allo 0,3%, Francia e Spagna, mentre il Regno Unito crescera' dello 0,5%. E' il quadro sull'economia europea che emerge dall'Outlook dell'Ocse, che stima nel 2012 un calo del 3% per la Grecia (dopo il -6,1% di quest'anno), del 3,2% del Portogallo (-1,6% nel 2011) e dello 0,6% dell'Ungheria (+1,5% nel 2011). Nel 2013, poi, saremo quelli che cresceremo meno, +0,5% ancora come Grecia e Portogallo.(ANSA).

Ecco qui, la certificazione è arrivata. Noi lo ripetiamo inascoltati da due anni e i dati dell’Ocse ancora una volta confermano le nostre tesi: è inutile fare provvedimenti di solo rigore basati su tasse e tagli. Il governo Berlusconi non ha fatto nulla per anni ed ora ci troviamo a dover affrontare una situazione di emergenza.

Ribadiamo di averlo detto da tempo non perché vogliamo fare i primi della classe, ma perché in questo clima di finta unità nazionale c’è chi tende a far dimenticare le proprie pesantissime responsabilità. E non è giusto nei confronti dei cittadini, perché c’è chi in questi anni ha lavorato per rilanciare l’economia e chi, irresponsabilmente, si è cullato sugli allori nella speranza che la buriana passasse da sola.

Ora ci auguriamo che il nuovo premier Monti tenga fede agli impegni presi e che le misure economiche che prenderà siano di forte impulso alla crescita senza la quale non si può rilanciare l’economia. Il rigore è certamente necessario, ma serve anche una forte discontinuità rispetto al recente passato perché continuare a tagliare la spesa e ad aumentare il prelievo senza occuparsi del rilancio e della crescita, allontana sempre di più l’Italia dall’obiettivo. Dobbiamo uscire da questo circolo vizioso che deprime la nostra economia.

RISPETTO E SILENZIO PER LUCIO MAGRI

Questa mattina, all’apertura dei giornali, sono rimasto colpito dalla notizia della morte di Lucio Magri, fondatore de "Il Manifesto" che ha deciso di morire. Era depresso, per la morte della cara moglie, a seguito di una lunga e dolorosa malattia. E’ andato in Svizzera, paese in cui il suicidio assistito è una pratica lecita. Aveva detto Lucio Magri agli amici: non fate troppi pettegolezzi.

Ho chiuso i giornali. Mille domande e dubbi angoscianti ti affollano la mente di fronte ad un gesto del genere: perché? È giusto? È sbagliato? Può l’uomo disporre della sua vita fino all’estremo gesto o è lo Stato a doverlo fare? Le mie conclusioni e i miei personali convincimenti li tengo per me, perché credo che attengono alla mia sfera di uomo e non di politico.

Non altrettanto stanno facendo, in queste ore, alcuni miei colleghi che rispetto ma non comprendo. Nessuno ha giudicato la scelta personale di Lucio Magri, ma c’è chi ha ribadito la sovranità dello Stato italiano sulla vita, sulla famiglia, sulla morte e chi, invece, ha parlato di regola ipocrita nel nostro Paese, quella del “sì fa ma non si deve dire”, dove “o lo si fa clandestinamente, oppure si è costretti a emigrare.

Pietà e non steccati ideologici è quello che serve ora. Rispetto per una scelta, al di là che la si approvi o meno, e non battaglie e bandierine ideologiche è quello che serve ora. Rispetto e silenzio, un silenzio pensoso che avvolga questa vicenda e scenda sulle nostre coscienze per sollecitarle e non addormentarle.

Pareggio di bilancio sì ma va corretto

Sì all'introduzione del pareggio di bilancio in Costituzione ma no all'istituzione di un organismo indipendente presso il Parlamento al quale attribuire compiti di analisi, verifica e valutazione in materia di finanza pubblica, una sorta di Cbo (Congressional Budget Office) italiano. Avremmo voluto che il compito di controllo fosse affidato alla Corte dei Conti. Sarebbe stato molto più congruo e garantista per la terzietà dell'organismo che andiamo a prevedere, e più conveniente dal punto di vista economico. Per tentare di modificare la norma presenteremo un emendamento in Senato.