Taggati con: Balducci

IDV NON FA AFFARI CON LA CRICCA

Una cosa che ho sempre trovato assolutamente rivoltante sono “le difese d’ufficio” che i politici dei più svariati partiti, ad ogni inchiesta o indagine della magistratura, si sentono sempre in dovere di fare, verso i loro colleghi inquisiti o indagati. Parlo di gente che nulla sa dei fatti di cui si indaga, ma che solo per vincolo di colleganza politica si sente in dovere di parlare di inchiesta politica, di giudici mascalzoni, di teoremi assurdi e via discorrendo. Oggi voglio parlare del presunto scandalo legato ai due appartamenti di proprietà di Propaganda Fide che, secondo l’architetto Zampolini, sarebbero stati trovati grazie all’intercessione di Balducci, restaurati da Anemone e dati poi in affitto ad Antonio Di Pietro, uno per sua figlia, l’altro per aprirvi la sede del giornale di IDV. Voglio intervenire su questa vicenda per difendere con passione e veemenza sia Antonio Di Pietro che Silvana Mura, non perché, come quei politici rivoltanti di cui parlavo prima, a questo mi spinga la colleganza di partito. Personalmente mi attengo sempre alla stessa regola etica. Quando non so taccio e quando parlo è solo perché sono cose che conosco per averle vissute in prima persona. Partirò dalla vicenda che riguarda l’appartamento che avrebbe ospitato la sede del giornale di IDV. Chiarisco subito una cosa: né  Di Pietro, né Italia dei Valori, né nessun altro in qualche modo collegato a lui o al partito, ha affittato quell’immobile per metterci la sede del giornale di IDV. Le cose stanno così. Avevamo deciso, come ufficio di presidenza del partito, di dar vita ad un nostro giornale, utilizzando il finanziamento pubblico specificamente previsto. La decisione era stata tutt’altro che facile per noi, visto che non ci entusiasmava ricorrere a quei fondi pubblici che sempre abbiamo criticato. Il punto era che ci sentivamo accerchiati. Allora (come oggi) i giornali ci ignoravano o quando parlavano di noi era per parlarne male. Sentivamo la necessità di un giornale che desse il nostro punto di vista. Poiché non avevamo né i mezzi nè le competenze né il know how, ci rivolgemmo ad un editore con il quale stipulammo un contratto per un giornale “chiavi in mano”. In pratica, a fronte del pagamento di un corrispettivo, questo editore avrebbe messo in piedi una piccola redazione, stampato il giornale e provveduto alla sua distribuzione nelle edicole. L’ufficio di cui oggi si parla era già allora la sede di questo editore e rimase la sua sede anche quando, dopo poco più di un anno, decidemmo di chiudere il giornale (sul blog di Di Pietro vi sono anche tutti i documenti che comprovano queste circostanze). L’affermazione di Zampolini che l’ufficio venne procurato per Di Pietro da parte di Balducci e restaurato da Anemone è quindi clamorosamente un patacca. L’affitto non era nostro. Ci stava da anni una casa editrice con la quale noi abbiamo avuto soltanto un breve rapporto commerciale. Per quanto riguarda l’altro appartamento, quello dove vive l’amica e collega Silvana Mura (sul suo blog Silvana Mura racconta come stanno le cose), ero lì quando tutto si svolse. Eravamo tutti seduti vicini nei banchi alla Camera. E ricordo che Di Pietro aveva chiesto una mano a Pedica, l’unico romano di noi, per trovare una casa a sua figlia che si sarebbe trasferita a Roma per ragioni di studio. Ricordo anche quando alcune settimane dopo Di Pietro disse a Stefano di lasciar stare perché sua figlia aveva cambiato idea e si era iscritta alla Bocconi a Milano. Proprio in quei giorni Silvana Mura aveva subito un’esperienza terribile. Nell’appartamento dove stava erano entrati i ladri con lei dentro casa. Ricordo che era ancora sotto choc e che non aveva più voluto mettere piede in quella casa da quel giorno. Ascoltando Di Pietro e Pedica parlare disse che l’avrebbe preso volentieri lei quell’appartamento visto che non voleva più tornare nell’altro. E così fu fatto. Tra l’altro, appena si trasferì, la andai a trovare nell’appartamento in questione. Era un appartamento di quelli tipici per affitti brevi dove il proprietario vuole ottenere il massimo risultato con la minima spesa. L’appartamento era arredato, con mobili dozzinali. Ritinteggiato, ma con finiture scadenti. Ricordo che c’era il linoleum per terra. Ci tengo a dire queste cose per onore di verità. E qui emerge la seconda patacca di Zampolini. L’appartamento non fu mai affittato da Di Pietro ma direttamente da Silvana Mura. Il tutto fu frutto della più assoluta casualità. Altro che cricca, altro che restauri eseguiti da Anemone. La morale di tutto questo è chiara. Zampolini non è un santo. E’ quello che, modello “spallone”, girava mezza Roma, per conto di Anemone, con le bustarelle di contanti con i quali pagava gli affitti o gli acquisti di immobili ai politici coinvolti nella cricca del suo datore di lavoro. E’ evidente che quella cricca della quale fa parte fino al collo oggi stia cercando di coprire i propri mandanti politici e di far passare il concetto che tutta la politica è uguale, e che viviamo nella notte nera in cui tutte le vacche sono nere. Ma non è così, e la verità, per le persone onorabili, si afferma con una forza irrefrenabile. Peccato che ai giornali questa verità non interessi.

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E’ UNA NUOVA TANGENTOPOLI

BertolasoBertolaso“Solo volpi nel pollaio”. “Solo ladruncoli da quattro soldi”. “Oggi chi ruba non lo fa per il partito ma perché è un ladro”. “Solo volgari lestofanti”. “Non è una nuova Tangentopoli”. E’ da ieri che, illustri esponenti del centrodestra martellano con questi ritornelli. La ragione è presto detta. Le regionali sono dietro l’angolo e ritrovarsi con esponenti di spicco del proprio partito e qualche ministro beccati con le mani nella marmellata non è proprio la miglior carta da giocare in campagna elettorale. Per questo, il presidente del Consiglio  è furioso e grida ai suoi “Che c’entro io con questi ladruncoli?”.Anche Mario Chiesa, quello del famoso pio albergo Trivulzio da cui partì l’inchiesta Mani pulite, fu definito poco più di una volpe, un ladruncolo, un volgare lestofante, un “mariuolo”, vi ricordate? E poi sappiamo come è andata a finire.La verità è che quanto sta emergendo è una nuova Tangentopoli. Serve a poco dire il contrario di fronte al verminaio che sta emergendo: consiglieri comunali, parlamentari, pezzi da novanta del primo partito in Italia e ministri non sono proprio rubagalline qualunque. Qualche differenza rispetto al ’92 c’è, ma la diversa forma non cambia la sostanza dei fatti.Questa è una nuova Tangentopoli, con abiti nuovi, più adatti all’epoca che stiamo vivendo. Oggi, va di gran moda il modello Bertolaso, e cioè, un commis di Stato trasversale, adatto a tutti i tipi di maggioranza, col piglio del salvatore della patria che, nel tempo, si è fatto fare leggi su misura per avere i superpoteri con i quali gestire allegramente centinaia di milioni di euro, senza doverne rispondere a nessuno. Il modello Pennisi, il consigliere comunale di Milano che si è fatto portare i soldi in una scatola di cartone, è demodè, non è più a la pàge. Ma il ritornello della difesa è identico a quella della Milano da bere degli anni novanta: “Non rubo per me, ho preso i soldi perché la politica costa. Servivano per la campagna elettorale”. Non so a voi ma a me ricorda qualcuno.Il sistema di corruzione si è ingegnerizzato ma la corte dei favori tra politica e mondo degli affari è rimasta quella di sempre, con un pizzico di furbizia in più per non farsi beccare. Un sistema ramificato di corruzione, una ragnatela che coinvolge tutti i livelli istituzionali, tessuta con consulenze, appalti, favori, poltrone, potere, assunzioni facili e posti in paradiso. Come hanno ingegnerizzato il sistema? Con diversi mezzi. Prima hanno iniziato con la delegittimazione dell’inchiesta di Mani pulite e dei giudici che fecero l’impresa. Poi si sono fatti le leggi per aggirare i paletti anti-corruzione. Poi hanno continuato a martellare contro i soliti giudici comunisti e la loro giustizia ad orologeria.La Corte dei Conti, che dal ’92 ad oggi non ha smesso di monitorare l’impatto dei reati contro la pubblica amministrazione, ha reso noto che, nel 2009, la corruzione è aumentata del 229 per cento, del 153 per cento la concussione. Per le mazzette lo Stato ha perso 69 milioni di euro.  La voce tangenti, corruzione e concussione è aumentata dell’11% rispetto allo scorso anno. Emerge, dice la corte, la massiccia sagoma di un iceberg mai dissoltosi dopo lo scoppio di Tangentopoli. Serve altro per dimostrare la palese continuità tra ieri e oggi?

LA NUOVA LOGGIA B2

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Un sistema criminogeno dove l’emergenza diventa la regola per gestire direttamente, senza nessun controllo, un mare di soldi. Questo è il dato inquietante che emerge dalle inchieste che riguardano l’uomo della Protezione civile, Guido Bertolaso. Alla magistratura spetterà di stabilire le responsabilità penali dell’uomo delle emergenze. Quello che nessuno può negare è, invece, la responsabilità politica di Bertolaso che, insieme a Berlusconi, ha creato una gigantesca macchina d’affari che, con la scusa dell’emergenza, si è sottratta a qualsiasi forma di controllo, istituzionale e di spesa. Una macchina che ha gestito miliardi di euro con le mani libere. Una macchina che ha deciso a chi affidare appalti, assunzioni e consulenze. Una macchina che, dietro il paravento dell’emergenza, ha gestito miliardi di euro ed ha evitato ogni controllo di legalità e che ha il suo apice in quel “sistema di corruzione gelatinosa” che sta emergendo.Con la nuova loggia B2, tutto in Italia è diventato emergenza: la beatificazione di Padre Pio, il traffico sulla Salerno Reggio Calabria, la Louis Vitton cup. 587 ordinanze emergenziali, 100 solo nel 2009. 1,5 miliardi di costi certi e 6,5 miliardi di costi stimati. Perché, se è emergenza, nessuno sa e può conoscere come vengono spesi i soldi, chi si aggiudica gli appalti o le consulenze, chi viene assunto. Con la nuova loggia B2, anche eventi pianificati nel tempo sono emergenza, perché lì ci sono i miliardi, tanti, quelli veri: i Mondiali di nuoto, le Olimpiadi di Torino, l’Expo 2015, il G8 della Maddalena, la ricostruzione dell’Abruzzo.Una discrezionalità totale che cancella un castello di leggi che regolano il mercato delle opere pubbliche, cancellando ogni principio di concorrenza e mercato. Un crescente e strumentale utilizzo dell’emergenza per legittimare l’adozione di misure, la creazione di strutture e l’assunzione di decisioni incoerenti con una visione complessiva di efficienza e si sviluppo del Paese. Non lo diciamo noi. Lo dice, rispettivamente, il presidente dell’Associazione nazionale costruttori, Paolo Buzzetti, e il vicepresidente di Confindustria, Cesare Trevisani.Protezione civile spa, il gioiello voluto pervicacemente da Bertolaso, era solo l’ultimo anello dell’ambizioso piano della nuova loggia B2, che avrebbe consentito non solo di gestire le attività emergenziali al di fuori di ogni controllo ma anche quel poco che mancava, ovvero, consulenze, assunzioni, progettazione da affidare in maniera privatistica agli amici degli amici. Dopo gli inquietanti fatti che stanno emergendo, ovviamente, Italia dei Valori darà battaglia in Parlamento perché la legalità torni a guidare l’emergenza di questo Paese e non sia più la scusa per qualcuno a fare sporchi affari.