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QUATTRO DOMANDE A BERLUSCONI

Editoriale di Massimo GramelliniEditoriale di Massimo GramelliniPubblico l'articolo di Massimo Gramellini di oggi che credo commenti al meglio l'intervista fatta ieri dal direttore del Tg1 a Silvio Berlusconi. Lascio a voi ogni riflessione.

Altre domande?

1. Presidente, negli ultimi due anni l’Italia ha tenuto alto l’argine della stabilità dei conti, come hanno riconosciuto l’Europa e il Fondo Monetario Internazionale. Ora è il momento di tornare a crescere. In che modo?

2. Molti analisti affermano che l’Italia è ancora un Gulliver, ovvero un gigante bloccato da lacci e laccioli. Lei è sceso in politica nel 1994 promettendo la rivoluzione liberale. Per dare una scossa alla nostra economia è arrivato il momento di andare fino in fondo?

3. Proprio su questi temi lei ha fatto una proposta all’opposizione che ha risposto che non è credibile. Ma dietro questo rifiuto, secondo lei, aleggia il partito della patrimoniale, la vecchia ricetta che per risolvere i conti della nostra economia punta sempre sulla scorciatoia dell’aumento della pressione fiscale?

Domande dure, niente da dire. Di quelle che lavorano ai fianchi l’interlocutore, specie nel caso in cui soffra di solletico. A volte capita di leggerle anche sui giornali, ma sussurrate all’ora di cena sul primo canale della tv di Stato fanno tutto un altro effetto. Pur intimidito dalla prospettiva di trovarmi al cospetto di un superuomo che teneva entrambe le mani sopra la cartina geografica del mondo intero, al posto dell’intervistatore del Tg1 avrei approfittato della storica circostanza per rivolgere a Berlusconi una domanda ancora più insidiosa.

4. Presidente, come va?

La Stampa – Massimo Gramellini

7 PAGINE IMBARAZZANTI: IL PROGRAMMA ECONOMICO DI GIULIO TREMONTI

Tremonti bondsTremonti bonds Pubblico un interessante articolo del prof. Michele Boldrin, apparso sul sito www.noisefromamerika.org. Un sarcastico e formidabile saggio sulla politica economica del ministro Giulio Tremonti.

"A mezzo d'un mirabolante un-due-tre, l'incipit riassume tutta la politica economica tremontiana: socialismo populista + monopoli nazionali simbiotici al potere politico + rovesciamento della realtà:

1. Son anni che GT annuncia il "rientro della politica" senza che agli annunci seguano altro che condoni, o fallimenti. La lista di quest’ultimi è nota: Tremonti bonds, Banca del Sud, cartolarizzazione del patrimonio edilizio pubblico, richieste di dazi europei, vendita dell’oro della Banca d’Italia, social cards della miseria, riforme fiscali mai avvenute ...

2. Il barattolo di pelati Cirio: Tremonti rieccheggia la linea difensiva di Cragnotti. In realtà le frodi maggiori avvennero mentre Tremonti era ministro dell'economia, le tecniche finanziarie usate furono elementari e la legislazione che permise a Cragnotti di frodare e scamparla venne mantenuta in vigore (e in parte promulgata) mentre il nostro sedeva a quella medesima scrivania. La "finanza disinvolta" c’entra come i cavoli a merenda. C’entra, invece, la "politica disinvolta" che GT pratica sin da quando lavorava per Craxi, maestro della medesima.

3. La tassa di Obama: ennesimo attacco al libero mercato e ai piccoli risparmiatori. Tassa populista a suggello del patto mefistofelico fra Washington e Wall Street: il supporto della dirigenza bancaria (i cu ingiustificati redditi vennero e vengono preservati) a cambio della tosatura degli azionisti. A questo modello Tremonti s'ispira, il suo unico cruccio essendo quello che le banche italiane non hanno ancora ceduto alle sue, per niente timide ma senz'altro pelose, offerte d'aiuto.

Il resto dell'intervista si sviluppa quindi in una realtà parallela, farcendosi d'insensatezze (def: sequenza di parole prive di senso compiuto e/o riscontro nella realtà). Documentarle tutte richiederebbe un altro libro ... in fondo all'articolo elenco le peggiori, lasciando ai lettori il piacere di discuterle.Nei meandri di questo mondo capovolto, ho comunque rinvenuto tre importanti messaggi al popolo:

A. L'ennesima promessa, con scadenza a tre anni e mezzo, di riforma fiscale. Poiché sulla medesima non dice nulla di preciso, nulla possiamo commentare. Alla promessa di riforma non si accompagna la promessa d’una riduzione della spesa pubblica, il che implica (visto il debito e lo squilibrio di bilancio esistenti) che Tremonti sta promettendo di non ridurre il carico fiscale aggregato ma, al più, di redistribuirlo. L’affermazione secondo cui la spesa si ridurrà spontaneamente per effetto del federalismo fiscale è priva d’alcuna sostanza. In sintesi: carico fiscale e spesa pubblica invariati.

B. Nessun’altra riforma viene promessa: "riforma della pubblica amministrazione, della scuola, dell'università e delle infrastrutture sono in atto", afferma Tremonti. Si parva licet, mi ricorda Bob Lucas che, nel suo articolo del 1978 su Asset Prices in an Exchange Economy, affermava che sia il problema della dinamica dei prezzi (tâtonnement) che quello delle dinamiche di accumulazione (convergenza o meno alla crescita bilanciata) erano stati risolti. Bob fantasticava allora, Giulio Tremonti lo imita oggi nel suo piccolo. Il messaggio politico è chiarissimo: immobilismo totale. Guai a toccare i delicati equilibri che, sino ad ora, hanno permesso al suo capo ufficio d’essere eletto. Che il paese decada è poca cosa a fronte della rielezione del batka nostrano.

C. Il grande rientro della politica consiste nell'offrire sicurezze verbali, ossia fantasie. Il declino italiano non esiste, perché l'ha detto Tremonti. Non importa che i dati gli diano torto, lui continua a dichiarare che la crescita degli altri paesi, durante gli ultimi dieci-quindici anni, era falsa e drogata. Quindi non siamo rimasti indietro: abbiamo fatto solo a meno di drogarci ... Che il reddito pro-capite di Irlanda, Spagna e svariati altri sia tutt'ora superiore al nostro non va menzionato: essi devono affrontare squilibri non ben specificati e stanno quindi peggio di noi. Il loro essere andati avanti era apparente, come apparente era ed è il declino del reddito delle famiglie italiane. Chi lo nega è disfattista e anti-italiano, come la Banca d'Italia che non la smette di dire cose scarsamente coerenti con le fantasie che il ministro dell'economia ritiene necessario gli italiani credano. Se Giulio Tremonti dice che gli altri stanno peggio di noi, non importa che i dati dicano l'opposto: i dati sono probabilmente drogati da qualche economista determinista. La realtà non esiste, le statistiche non esistono, il declino italiano non esiste. Esistono solo le favole che raccontano le TV di stato e di Berlusconi. Favole che Giulio Tremonti sogna di notte e spiattella di giorno a giornalisti ossequiosi, perché le copino e le diffondano fra il popolo. Ecco, la nuova e grande politica economica di Giulio Tremonti che "rientra" è tutta qua, va da A. a C.

IL FUTURO "IN CASSA INTEGRAZIONE"

video: 
Riparte dalla Calabria il nostro viaggio nella crisi, da quel Sud colpito due volte, da un lato da un crollo dell’economia spaventoso, che ha messo in ginocchio quelle poche realtà di piccola e media impresa che a fatica e tra mille difficoltà cercano di affermarsi in un ambiente per molti aspetti ostile a chi fa impresa e, dall’altro, da decenni di politica assistenzialista, fatta di soldi, tanti, ma priva di progettualità e sostegno reale.Una politica che ha spesso portato ad investire nel Sud d’Italia non le aziende più competitive ma i carrozzoni di tutta Europa, quelle aziende ambulanti che si trasferiscono ed aprono sedi dove c’è il contributo pubblico più ghiotto e che, al primo accenno di crisi o di contributi che non arrivano, chiudono i battenti. Sono state politiche di corto respiro che non hanno portato vero arricchimento e lavoro al Sud ma solo vantaggi ad imprese che ne beneficiano.In Calabria, fino a maggio di questo anno, erano 27.000 i posti di lavoro persi. Prima della fine dell’anno, secondo stime della Cgil, arriveranno a 35.000. Ad oggi, sono 5.655 i lavoratori in trattamento di sostegno al reddito. La percentuale di disoccupazione è al 12.78%. Nel 2009, sono stati 8.000 i calabresi emigrati, di questi 4.000 sono giovani. Migliaia di giovani e donne non hanno mai lavorato né potranno farlo.Il Governo nasconde queste verità. Le tv nazionali, insabbiano, silenziano, stendono veli pietosi. C’è solo il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che, a reti unificate, dice che la crisi è finita. C’è solo Tremonti che, a reti unificate, sforna l’ennesima ricetta assistenzialista e miracolista, la Banca del Sud, ovvero l’ennesimo carrozzone pubblico di cui il Paese non sente e non ha alcun bisogno.Abbiamo incontrato a Roma gruppi di lavoratori calabresi durante una manifestazione. Sono dipendenti di aziende che hanno sedi su tutto il territorio nazionale. Molti sono in cassa integrazione, altri senza stipendio da mesi. Tutti sono preoccupati per il loro futuro e per quello delle loro famiglie. Tutti chiedono una sola cosa: una nuova politica per il Mezzogiorno del Paese.Noi crediamo che serva innanzitutto  una misura urgente di carattere nazionale, ovvero, il raddoppio della cassa integrazione, da 52 a 104 settimane, per tutto il tempo della crisi, affinché centinaia di migliaia di lavoratori non escano dal mercato del lavoro. Per il Sud, crediamo servano due cose contemporaneamente: grandi investimenti sulle reti infrastrutturali,  sia stradali che ferroviarie che telematiche, e grandi investimenti, umani più che economici, per sconfiggere la criminalità organizzata ed affermare finalmente la supremazia dello Stato e della legalità sulle mafie.