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UNA PIAZZA PARADOSSALE

  "L’amore vince sempre sull’odio e sull’invidia": non è una frase della Bibbia, è lo slogan della manifestazione che vede, oggi, il Pdl in piazza, ciliegina agrodolce sulla torta a dir poco indigesta che è questa campagna elettorale.Già, perché, se fino al momento essa è stata scriteriata, anomala e caratterizzata da comportamenti molto gravi e assolutamente discutibili di un premier padrone che vuole tutti e tutto al suo servizio, questa storia della sua discesa in piazza, a furor di popolo, non può non strapparci un mezzo sorriso. In un clima da guerra civile, nel quale le paranoie di Berlusconi sembrano non conoscere confini, spingendolo a vedere complotti e tentativi di sabotaggio al suo potere ovunque e da parte di chiunque, ora chiama alle armi il popolo sovrano, spingendolo a scendere, al fianco del governo, in piazza. A far cosa? Ci chiediamo. Il centrodestra sarà per le strade a manifestare contro chi? Contro se stesso? Contro la propria incapacità di governare? Contro la propria stessa impotenza? Contro le proprie divisioni?L’unica cosa certa è che Berlusconi ha fatto anche questa volta le cose in grande, com’è nel suo stile: sms d’invito, mandati con la propria firma sui cellulari dei cittadini, anche di quelli che non avevano dato autorizzazione, ben due cortei previsti, ogni dettaglio organizzato a dovere da una ditta che cura la coreografia. Niente è lasciato al caso, insomma, tutto organizzato in pompa magna, con tanto di Berlusconi in persona, il quale, sordo agli appelli del Capo dello Stato, che solo ieri ha invitato gli schieramenti a parlare di temi concreti e problemi reali in campagna elettorale, ora torna a mettersi al centro della scenografia a lui gradita, quella fatta di cieli azzurri e di bambini sorridenti.Chiama i suoi ad una nuova "guerra santa", usando le parole più commoventi del proprio vocabolario: "amore, odio, invidia" e addirittura "difesa della libertà e della democrazia". Uno slogan tragicomico, perché parte da chi è intervenuto sull’Agcom, con pesanti pressioni, per far chiudere una trasmissione sgradita, da colui che è l’artefice numero uno della gestione privatistica della cosa pubblica che caratterizza questo governo, da colui che ha manipolato per mesi la vita del Parlamento, archiviando i problemi del Paese, al solo scopo di tutelare se stesso dalla temuta e criticata magistratura.Oggi, annunciata da uno slogan paradossale, assistiamo ad una manifestazione che è il massimo dei paradossi. Oggi il governo protesta contro la sua stessa politica, nascondendosi, come sempre, dietro la lotta alle opposizioni. Oggi il presidente del Consiglio, inseguendo forse ancora speranzoso il potere assoluto, farà il suo primo bagno di folla dopo il grave episodio di Milano. Oggi, probabilmente, va in scena uno degli ultimo atti di questo dramma che è stata l’era Berlusconi.

IL PARTITO E IL MINISTERO DELL'AMORE

 George Orwell, 1984George Orwell, 1984  Mi spiace, sarò cattivo in questo Natale alla melassa, ma quando ho sentito il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, invocare il partito dell’amore, un brivido mi è corso lungo la schiena. Mi è venuto in mente quanto ha ricordato oggi anche Lucia Annunziata su "La Stampa": il terribile Ministero dell’Amore di George Orwell in 1984…“Fra tutti il ministero dell’Amore era quello che incuteva un autentico terrore. Era assolutamente privo di finestre. Accedervi era impossibile, se non per motivi ufficiali, e anche allora solo dopo aver attraversato grovigli di filo spinato, porte d’acciaio e nidi di mitragliatrici ben occultati.Anche le strade che conducevano ai recinti esterni erano pattugliate da guardie con facce da gorilla, in uniforme nera e armati di lunghi manganelli…”.Il ministero dell’Amore è uno dei quattro ministeri che coadiuvano il Grande Fratello nel governo dell’Oceania. Si occupa di reprimere ogni sintomo di dissenso contro il Grande Fratello e contro il Socing, il partito che governa dispoticamente l’Oceania.Il suo nome è paradossale, così come paradossale è il partito dell’amore di Berlusconi. Da una parte, infatti, il premier invoca il partito del “volemose bene” come base per la ricostruzione di un clima di concordia nazionale, humus ideale per le riforme istituzionali. Dall’altra, con una strategia precisa e dagli obiettivi inequivocabili, ovvero tirarsi fuori dai suoi guai giudiziari, piega il Parlamento, ormai ridotto a Zittamento. Basta guardare il calendario dei lavori parlamentari di gennaio. Ecco le priorità del governo: legittimo impedimento, processo breve e lodo Alfano per via costituzionale. Il tutto coadiuvato dai “portavoci a vario titolo” del partito dell’amore, che dicono chiaramente e senza mezzi termini che sulla giustizia andranno avanti anche da soli.Allora, mi domando, di cosa stiamo parlando, a cosa dovrebbe servire questo ruffiano ed ipocrita partito dell’amore, quali siano le basi sulle quali dovrebbe germogliare l’amore tra maggioranza ed opposizione. Qui c’è una maggioranza che vuole farsi da sola la riforma della giustizia, per mettere il premier al riparo dai suoi guai, ma che poi vuole dialogare con l’opposizione su non si sa bene quali riforme. Le chiacchiere, come dice qualcuno, stanno a zero e Berlusconi, si sa, non è uno statista. Le riforme che ha in testa sono solo quelle a suo uso e consumo ed il partito dell’amore è solo un atto di cesarismo. Con l’amore non si ottiene uno stato più efficiente. Con l’amore non si restituisce ai cittadini assistenza e beni all’altezza delle tasse pagate. Con l’amore i cassintegrati, i disoccupati, gli operai licenziati non arrivano alla fine del mese. Di questo vogliamo parlare e di queste riforme vogliamo discutere in Parlamento. Ma nella famigerata stanza 101, nelle segrete del ministero dell’Amore, l’obiettivo è un altro e solo gli ingenui possono pensare che si tratti del bene del Paese.