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ARCORE E’ ANDATA, SILVIO PURE

Berlusconi-BossiBerlusconi-BossiArcore è andata e Silvio Berlusconi pure. Ad Arcorlandia, il Pd è il primo partito e stacca di due punti il Pdl.Voleva il plebiscito su di se e così non è stato, almeno non nel verso in cui voleva lui. In campagna elettorale aveva deciso di mettersi in gioco in prima persona. Aveva invitato i suoi collaboratori a battersi “casa per casa” e di essere “missionari della libertà”. “Se ricevo meno delle 53.000 preferenze delle precedenti comunali l’opposizione mi farà il funerale”. Ebbene, il referendum personalissimo di Silvio si è fermato a quota 20.000 preferenze, la metà del 2006. Se, dunque, a palazzo Chigi, qualcuno conserva un minimo di decenza e di spirito di coerenza dovrebbe trarre le giuste conclusioni: l’aria sta cambiando. A nulla servirà correggere il tiro ora, in vista dei ballottaggi. Correggere la rotta ora è una presa per i fondelli. E’ inutile cambiare il mantra e i ritornelli ora. La gente è stufa di operazioni mediatiche ruffiane. Hanno imposto una campagna elettorale non sui programmi per le città, ma tutta all’insegna di attacchi violenti, toni duri e insulti. La scelta non ha pagato e non pagherà in futuro. Da questa tornata di elezioni amministrative arriva una sonora batosta per il Pdl e un bilancio positivo per il centrosinistra, al netto delle analisi specifiche che verranno dopo. Il berlusconismo è al tramonto, si può battere. Il blocco Pdl- Lega non fa più paura, soprattutto al Nord. Sta esplodendo e presto il Carroccio servirà il conto al premier. Ora, avanti tutta per i ballottaggi: il vento è cambiato!

MATTEO RENZI, IL ROTTAMARCORE

E così il rottamatore Renzi, il giovane, è andato ad Arcore e su Facebook è scoppiato il caso Renzi. Molte e molto dure le critiche in casa Pd al sindaco di Firenze, 'reo' di aver preso parte ad un pranzo con Silvio Berlusconi nella di lui dimora privata. Lui, dal canto suo, non ha mancato di sottolineare le sue ragioni in difesa del suo gesto. Ha raccontato che hanno pranzato assieme ed erano solo loro due, lui ed il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, non c’erano né Emilio FedeLele Mora. Dice di essere andato ad Arcore per perorare la causa di Firenze e sostenere la legge speciale per la città. A chi lo ha attaccato duramente ha ribadito che non c’erano altri scopi segreti. Solo in un paese malato, ha detto il sindaco di Firenze, si può pensare che ci sia qualcosa sotto. Premesso che ho sempre guardato a Renzi e ai rottamatori con grande simpatica, perchè in questo paese di inamovibili rappresentano la volontà di dare una scossa per liberare gli alberi dai frutti troppo maturi, questa volta non condivido del tutto il suo gesto. Io faccio il sindaco di Firenze, ha detto Renzi, lui il presidente del Consiglio. Appunto. E’ proprio qui che avverto una nota stonata. Un sindaco quando incontra un presidente del Consiglio non lo fa nella sua residenza privata, ad Arcore, ma a palazzo Chigi, nella sede istituzionale del Governo. E soprattutto, non lo fa pochi giorni prima il voto di sfiducia, quando tutte le opposizioni stanno sostenendo uno sforzo titanico per chiudere definitivamente l’epoca del berlusconismo che ha fatto danni inenarrabili a questo povero Paese. Non ho dubbi che il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, che ha provocato più di qualche mal di pancia al segretario del Pd Pierluigi Bersani e a tutta la nomenclatura del Partito democratico, abbia avuto motivi nobili e finalità altamente istituzionali ma scegliere di andare ad Arcore, in questo momento, significa scendere sul piano di quel berlusconismo che ha il suo motore e credo nella confusione dei ruoli, delle istituzioni che confonde pubblico e privato. Sicuramente, come scrive oggi Massimo Gramellini su la Stampa, Renzi appartiene all'attualità e gli altri al museo del Novecento ma, non sarà politicamente sexy dirlo, lo stile come rispetto delle regole e della distinzione dei ruoli è una condizione imprescindibile in politica, è la regola aurea e se l'attualità del centrosinistra passa attraverso il modello Berlusconi, allora vorrebbe dire che abbiamo trovatomagari un nuovo leader ma non siamo riusciti ad uscire dalle secche del leaderismo e personalismo in politica. Per questo, pur ribadendo la mia stima ai rottamatori, stavolta la scelta di Matteo Renzi di andare ad incontrare il presidente del Consiglio nella sua residenza privata e non nella più opportuna sede di palazzo Chigi è un segnale bruttissimo. E' una questione non secondaria di stile e se questo è quello dei rottamatori, spiace dirlo ma viene voglia di dire "niente di nuovo sotto il sole". Cambiano le generazioni ma lo stile resta lo stesso, anzi peggiora. Perché, almeno fino ad oggi, mai nessun alto esponente del Partito democratico avevano varcato i cancelli della residenza privata del presidente del Consiglio.