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SE IL DIRITTO ALLO STUDIO VIENE NEGATO

Diciannove anni, costretta a letto da una rarissima malattia, diplomata con il massimo dei voti, molta voglia ed eccellenti capacità di proseguire gli studi: impossibilitata a farlo, perché nessun ateneo la accetta. Succede anche questo in Italia. Nell'Italia degli affanni economici, delle beghe politiche, dei tagli incondizionati a ricerca e università, nell'Italia delle tasse che gravano sempre di più su chi ha voglia di studiare e costruirsi un futuro professionale. Succede ad una ragazza della provincia di Bari, Rosanna. Il Comune del suo paese, fino al momento, grazie agli appelli del sindaco, è riuscito a finanziare quanto le serviva per seguire le lezioni e studiare dal suo letto. Ma ora università come la Cattolica di Milano, solo per citarne una, dicono, nero su bianco, a Rosanna, che non hanno possibilità di accoglierla tra gli studenti, perché non attrezzati per gli studi a distanza. La ragazza ha lanciato un appello al ministro Profumo, che mi auguro, ne sono anzi certo, interverrà sulla vicenda per consentire che a Rosanna venga riconosciuto un diritto che le appartiene. Mi unisco all'appello, naturalmente. Ma al ministro Profumo e a chi verrà dopo di lui, chiedo che fatti come questo non si debbano più verificare, perché le pagine dei giornali di oggi che trattano l'argomento mi fanno vergognare, e non credo capiti solo a me, di vivere in questa società. Passino allora, si fa per dire, i tagli ai fondi. Non passi che a chi, come Rosanna, è intenzionato, capace e desideroso di studiare, venga negata la possibilità di farlo solo perché non ci sono i soldi perché lo faccia a distanza.

SNOW CAMP E UNA LEGGE PER I GIOVANI

Oggi la politica è snow, neve, fresca come i tanti giovani che sono venuti a Molveno, in Trentino, per discutere e confrontarsi. Una ventata d’aria fresca e pulita, perché la politica vera non si fa solo nei palazzi. Sono venuti in tanti, nonostante gli scioperi dei trasporti, per discutere di scuola e università, di lavoro e merito, di liberalizzazioni e riforme istituzionali.

Come facemmo nel primo incontro di Bellaria, nel 2008, quando migliaia di ragazze e ragazzi vennero per dibattere di politica, stiamo continuando a mettere a disposizione la nostra esperienza. Non solo politici, ma anche esperti, professori e intellettuali. Si è discusso di Università e merito con il professor Massimiliano Bratti e di analisi dei flussi elettorali con il professor Paolo Feltrin. Il mancato rinnovamento della classe politica è uno dei problemi che affligge l’Italia.

Le classi dirigenti dei partiti hanno impedito il rinnovamento per paura, per pigrizia, per incapacità, per inedia, creando una sorte di effetto tappo che ha bloccato il cambiamento. Si fa un gran parlare di liberalizzazioni. Ecco, per me liberalizzare significa anche aprirsi al merito e alla competenza, lasciare che le energie migliori del Paese possano esprimersi e possano dare un contributo all’innovazione. Significa valorizzare i giovani, non marginalizzarli e mortificarli. Basta con i discorsi dal palco fatti di retorica e pieni di slogan come ‘i giovani sono il futuro’ e bla bla bla del genere. Le nuove generazioni di italiani hanno bisogno di opportunità non di parole. E non entro nella polemica che ha coinvolto il viceministro Martone per carità di patria…

Italia dei Valori ha presentato diverse proposte di legge per facilitare l’accesso dei giovani nel mondo del lavoro e nelle istituzioni. Tra queste ce n’è una a cui tengo molto, quella per favorire l'integrazione delle donne nel mercato del lavoro e sostenere l'imprenditoria femminile e giovanile.

Il nostro Paese, in base a quanto richiesto a livello europeo, avrebbe dovuto raggiungere la soglia del 60 per cento di occupazione femminile entro il 2010, ma continua a rimanere fermo al 46,3 per cento: tasso che colloca l'Italia al penultimo posto tra gli Stati membri dell'Unione europea. In Italia, infatti, ammontano a 7 milioni le donne in età lavorativa ma collocate fuori dal mercato del lavoro e nelle regioni meridionali, in particolare, il tasso di occupazione delle donne di età compresa tra i 25 e i 34 anni è del 34,7 per cento, contro il 74,3 per cento del nord. Le donne italiane lavorano in media 7 ore e 26 minuti al giorno e 5 ore e 20 minuti in famiglia mentre gli uomini dedicano di regola all'attività domestica soltanto un'ora e 35 minuti. Le donne del nostro Paese, inoltre, sono in media pagate il 9 per cento in meno degli uomini, a parità di lavoro, tanto è vero che la differenza di stipendio tra uomini e donne con ruoli dirigenziali è salita, secondo le ultime stime, al 26,3 per cento. A fronte di questo quadro preoccupante, appare quanto mai necessario attuare nuove politiche in favore delle donne sotto vari profili, in conformità agli obiettivi fissati dal Consiglio europeo di Lisbona del 23-24 marzo 2000. Noi proponiamo:
a) promuovere l'introduzione di un nuovo sistema di incentivi fiscali in favore delle donne lavoratrici con figli;
b) sostenere la creazione di nuove imprese femminili;
c) istituire un fondo strategico in favore delle piccole e medie imprese femminili;
d) realizzare su tutto il territorio nazionale almeno 1.000 nuovi asili nido entro l'anno 2012, in attuazione dell'obiettivo comune della copertura territoriale del 33 per cento;
e) realizzare l'integrazione delle donne disabili nel mondo del lavoro;
f) attuare il principio della pari retribuzione tra uomo e donna per prestazioni lavorative pari o di pari valore;
g) promuovere l'imprenditoria giovanile attraverso la concessione alle persone di età inferiore ai 35 anni che intendano avviare l'esercizio di attività di impresa, per i primi tre anni dalla data dell'inizio dell'attività, del regime di fiscalità agevolato.

GIORGIA E’ LENTA. I GIOVANI SONO ROCK

Ministro MeloniMinistro Meloni

Torno a parlare del ministro Meloni. Non perché il ministro dei giovani sia diventata la mia ossessione del weekend ma perché di nuovo le sue iniziative offrono spunto ad alcune riflessioni sul mondo giovanile, argomento che mi sta molto a cuore. Che ciò accada per la seconda volta di sabato, giuro, è una banale coincidenza. In un’intervista a “La Stampa” di mercoledì scorso, il ministro Meloni critica fortemente il sì del Comune di Torino al riconoscimento delle coppie di fatto. Non usa mezzi termini la presidente di Azione Giovani. Inutile, illogico, ideologico: sono questi gli aggettivi che sceglie. Dice ancora. Lo Stato non norma l’amicizia ma la famiglia. La famiglia naturale è quella che tiene in piedi l’organizzazione sociale e permette la prosecuzione della specie. La famiglia è utile, i vincoli affettivi no. Chi si sposa si assume responsabilità e quindi ha diritto ai benefici dello Stato. Al di là del singolare concetto che esprime il ministro su cosa sia utile o meno, sul matrimonio  e sulla prosecuzione della specie - concetto per la verità che mi provoca un brivido freddo lungo la schiena - credo che il ministro parli un po’ troppo a titolo personale. Mi spiego. Nel giudizio spietato e duro del ministro sul riconoscimento delle coppie di fatto non trovo il minimo cenno a quella laicità ed aperture alle varie istanze della società che deve necessariamente ispirare l’azione di un ministro. Giorgia Meloni è il ministro dei giovani ma dalle sue parole, è evidente che, al di là del mondo dell’associazionismo di destra che conosce bene per le sue lunghe frequentazioni, conosce poco o finge di non conoscere la realtà giovanile ed i suoi profondi cambiamenti. Fornisco alcuni dati utili al mio ragionamento. Non li ha elaborati Italia dei Valori ma l’Istat. Le coppie di fatto sono un fenomeno in espansione soprattutto tra i giovani: più di 500 mila a fronte di 250 mila matrimoni. La convivenza come nuova modalità di formazione della famiglia è testimoniata dal numero di bambini nati fuori dal matrimonio, 80 mila l’anno, il doppio rispetto a dieci anni fa. Ci si sposa sempre più tardi. E non per mancanza di senso di responsabilità, come dice il ministro, ma perché il lavoro se arriva, arriva sempre più tardi. Con la crisi, le cose sono peggiorate ulteriormente. Il tasso di disoccupazione giovanile in Italia è passato a maggio al 29,2% dal 29,1% registrato ad aprile. E' il dato più elevato dal 2004, ovvero dall'inizio delle serie storiche. Rispetto al maggio 2009, il numero di giovani tra i 15 e i 24 anni in cerca di lavoro è salito di 4,7 punti percentuali. Mi domando se il ministro Meloni abbia un’idea di quello che sta succedendo nel nostro Paese e se davvero abbia compreso i profondi mutamenti della nostra società. Ho come l’impressione che il ministro Meloni sia una giovane vecchia, abbarbicata a istituti d’antan ideologici e di maniera. Non sto inneggiando all’amore libero né disprezzo chi sceglie la via del matrimonio. Dico solo che c’è un mondo la fuori, di giovani coppie in difficoltà economiche, di nuove famiglie atipiche ma fatte di carne ed ossa, di bambini che nascono e che, al di là dei personali convincimenti e stili di vita, hanno bisogno di essere aiutate, tutelate e beneficiate dallo Stato. Lancio il sasso ma non nascondo la mano: e se i fondi che il ministro Meloni intende distribuire alle comunità giovanili, in modo peraltro abbastanza discutibile e tutto da chiarire, fossero invece destinate alle giovani coppie conviventi con prole in arrivo e lavori atipici? Allora sì che Giorgia diventerebbe rock.