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SINDACI E GOVERNATORI AL SOLDO DI B.




LE PRIMARIE NON SONO CONCORSO BELLEZZA
Primarie 2005Le primarie sono uno strumento straordinario di democrazia, di partecipazione, di coinvolgimento e mobilitazione. Sono state la migliore ‘invenzione’ politica del centrosinistra negli ultimi venti anni. Hanno contribuito a rafforzare le leadership (per quanto possibile a dire il vero…) e ad aprire un confronto di idee e di programmi. Non sono e non devono diventare, però, né un feticcio cui immolare principi e battaglie, né un concorso di bellezza o una gara a chi ha più fascino o carisma. Noi non siamo Berlusconi. Non consideriamo la politica come un plebiscito sulla persona, svincolandola dalle idee e dai progetti. Ad invocare continuamente le primarie come panacea di tutti i mali del centrosinistra (ed il riferimento al pur stimato Vendola è del tutto voluto) c’è il rischio concreto di svilirle, di renderle un vuoto referendum sulla persona. Le primarie sono l’ultimo atto della creazione di una nuova alleanza per l’alternativa di governo. Prima si individua il perimetro della coalizione, i partiti ed i movimenti che ne fanno parte. Poi, tutti insieme, si lavora al programma, si individuano i 10 punti (dieci, o cinque, o dodici, non i ‘centomila’ del programma dell’Unione, vaghi e pieni di fumo) caratterizzanti ed innovativi, vincolanti per tutti, da presentare agli elettori. Infine, solo al compimento di questo passaggio, che è fondamentale, si possono indire le primarie, e solo vincolandole alle priorità programmatiche di ciascun candidato. Non è possibile, non avrebbe senso fare il contrario. Vincere le primarie non può significare essere legittimati a fare tutto, utilizzando strumentalmente l’investitura popolare per sentirsi il re della coalizione. Il cesarismo non appartiene al pensiero liberale né a quello di una moderna sinistra europea. Le primarie sono il punto di arrivo di un percorso politico, non il punto di partenza. Anche perché la situazione sociale, economica e culturale del Paese è molto seria, compromessa dall’immobilismo e dall’incapacità di questo governo. Per questo si deve mettere al centro del progetto del nuovo centrosinistra il programma. Dovremo essere in grado di presentare una ricetta per ogni vero problema dell’Italia, a partire dal lavoro per i giovani e per le donne, ancora fortemente penalizzate. Le primarie servono, sono un ottimo mezzo, ma non devono diventare il fine di una battaglia politica. Il fine, è rendere l’Italia un paese migliore.



DI PIETRO PRESIDENTE. ECCO PERCHE' SI'
Antonio Di Pietro
Ieri sera su IlFattoQuotidiano.it ha preso il via un sondaggio che indica sei personaggi, compreso Antonio Di Pietro, tra i quali votare il più idoneo a sostituire Silvio Berlusconi, il cui governo volge al termine. Ciascun personaggio, oltre che da una foto, è accompagnato da due brevi note: “Perché Sì” e “Perché No” sarebbe adatto a sostituire il Presidente del Consiglio in carica. Sui due "Perché" che riguardano Antonio Di Pietro non sono d'accordo, anzi direi che proprio non c’azzeccano. A legger bene il "Perché Sì", poi, mi pare di trovarmi di fronte ad uno di quei vecchi stereotipi, sul modello che gli italiani sono tutti “pizza e mandolino”. Credo alla buona fede del giornalista del Fatto, testata che apprezzo. Ma vorrei utilizzare il blog per provare a riscrivere in un modo che mi pare più realistico le ragioni del si e quelle del no all’ipotesi di Di Pietro candidato premier alternativo a Berlusconi.
Perché Sì: Perché difende senza eccezioni o ambiguità il principio del rispetto delle regole in un paese che di assenza di legalità sta morendo. Rispetto delle regole che, assieme alla libertà individuale, sono i due pilastri sui quali tutte le grandi democrazie occidentali si fondano. E perché, grazie a Di Pietro, Italia dei Valori oggi è l’unico partito che ha un progetto coerente di rilancio del lavoro e dell’economia italiana. Un progetto presentato in occasione della nostra contromanovra alla finanziaria di Tremonti e che tutti i partiti del centrosinistra ci hanno scopiazzato (pardon …. hanno ripreso. Peccato che gli unici che non se ne sono accorti sono i media, Il Fatto compreso).
Perché No: Perché se diventasse Presidente del Consiglio realizzerebbe per davvero le cose che dice di volere, senza guardare in faccia i potenti, i grandi salotti economici e finanziari, le mille caste d’Italia, le lobby di potere. E l'Italia, si sa, è allergica alle rivoluzioni, anche se pacifiche e, dal Gattopardo in poi, è un paese dove tutto cambia perché tutto possa restare uguale.
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