Taggati con: Vendola

Clima da ora X...

Tra un po’ (alle 13) inizierà l’ufficio di presidenza dell’Italia dei Valori per fare il punto sulla situazione politica e sulla crisi economica che sta investendo l’Italia. Valuteremo la situazione e presenteremo le nostre proposte. Come abbiamo sempre fatto, responsabilmente. Mai ascoltati, naturalmente, da un governo che ha fatto della delegittimazione dell’avversario politico una regola di vita.

Per anni abbiamo denunciato (inascoltati) la gravità della situazione, abbiamo chiesto spiegazioni ed abbiamo lanciato proposte. E questo lo sapete. Ciò che cambia in questi giorni, anzi, in queste ore, è il precipitare degli eventi. In queste ore ognuno di noi si assume una responsabilità che non è solo politica, ma storica, perché ne va del futuro dello Stato e delle politiche economiche e sociali dei prossimi anni. Per questi motivi siamo disposti a fare la nostra parte e anche a sostenere un governo di transizione. Non a tutti i costi, naturalmente. Non potremmo mai sostenere un governo che facesse della macelleria sociale o che facesse pagare alle solite categorie o ai più deboli i costi economici e sociali della crisi. A queste condizioni non ci staremmo.

Pubblico l’intervista rilasciata oggi ad Affaritaliani.it "Il governo tecnico è l'unica strada. In questo momento i partiti devono rivedere le loro priorità: la prima è quella di salvare il Paese". Massimo Donadi, capogruppo dell'Italia dei Valori alla Camera, con un'intervista ad Affaritaliani.it, stoppa Nichi Vendola che ha bocciato un esecutivo di larghe intese per affrontare la crisi. Monti premier? "E' una delle figure che può rassicurare l'Europa". Il governo tecnico sarebbe una buona soluzione per affrontare la crisi? "In questo momento è l'unica strada: questo governo non ha più i numeri, le idee e la credibilità per affrontare la situazione. Un governo con un'ampia maggioranza parlamentare può da un lato rassicurare i mercati e dall'altro fare le cose che servono per mettere il Paese sulla dritta via e poi ritornare alle urne". Vendola è contrario a un governo tecnico... "Rispetto le posizioni di tutti. Vendola, non essendo in Parlamento, sente come assolutamente prioritario il fatto di andare al voto per avere un governo legittimato dal popolo dove anche Sel possa fare la sua parte. Ma in questo momento i partiti devono rivedere le loro priorità: la prima è quella di salvare il Paese". Potrebbe essere Monti a guidare un governissimo? "Monti è una delle figure che potrebbero rassicurare l'Europa. Non è l'unica ma non credo sia un buon regalo né per monti e né a qualcun altro, prima che maturino le condizioni, eccedere nelle indicazioni dei nomi".

LE PRIMARIE NON SONO CONCORSO BELLEZZA

Primarie 2005Primarie 2005Le primarie sono uno strumento straordinario di democrazia, di partecipazione, di coinvolgimento e mobilitazione. Sono state la migliore ‘invenzione’ politica del centrosinistra negli ultimi venti anni. Hanno contribuito a rafforzare le leadership (per quanto possibile a dire il vero…) e ad aprire un confronto di idee e di programmi. Non sono e non devono diventare, però, né un feticcio cui immolare principi e battaglie, né un concorso di bellezza o una gara a chi ha più fascino o carisma. Noi non siamo Berlusconi. Non consideriamo la politica come un plebiscito sulla persona, svincolandola dalle idee e dai progetti. Ad invocare continuamente le primarie come panacea di tutti i mali del centrosinistra (ed il riferimento al pur stimato Vendola è del tutto voluto) c’è il rischio concreto di svilirle, di renderle un vuoto referendum sulla persona. Le primarie sono l’ultimo atto della creazione di una nuova alleanza per l’alternativa di governo. Prima si individua il perimetro della coalizione, i partiti ed i movimenti che ne fanno parte. Poi, tutti insieme, si lavora al programma, si individuano i 10 punti (dieci, o cinque, o dodici, non i ‘centomila’ del programma dell’Unione, vaghi e pieni di fumo) caratterizzanti ed innovativi, vincolanti per tutti, da presentare agli elettori. Infine, solo al compimento di questo passaggio, che è fondamentale, si possono indire le primarie, e solo vincolandole alle priorità programmatiche di ciascun candidato. Non è possibile, non avrebbe senso fare il contrario. Vincere le primarie non può significare essere legittimati a fare tutto, utilizzando strumentalmente l’investitura popolare per sentirsi il re della coalizione. Il cesarismo non appartiene al pensiero liberale né a quello di una moderna sinistra europea. Le primarie sono il punto di arrivo di un percorso politico, non il punto di partenza. Anche perché la situazione sociale, economica e culturale del Paese è molto seria, compromessa dall’immobilismo e dall’incapacità di questo governo. Per questo si deve mettere al centro del progetto del nuovo centrosinistra il programma. Dovremo essere in grado di presentare una ricetta per ogni vero problema dell’Italia, a partire dal lavoro per i giovani e per le donne, ancora fortemente penalizzate. Le primarie servono, sono un ottimo mezzo, ma non devono diventare il fine di una battaglia politica. Il fine, è rendere l’Italia un paese migliore.

ULTIMA CHIAMATA PER IL CENTROSINISTRA

 Il centrodestra è ormai in un avanzato stato di decomposizione e la monnezza che torna a sommergere il centro di Napoli ne è una sorta di rappresentazione plastica. Credo che presto Berlusconi e Fini verranno travolti dall’onda anomala della loro intollerabile ipocrisia. L’uno passa la mattina a corrompere (ovviamente per interposta persona) parlamentari dell’opposizione per rafforzare la sua malandata maggioranza, il pomeriggio a garantire al sottosegretario Cosentino l’impunità dall’accusa di camorra, e nottetempo lavora a garantire la propria di impunità. L’altro lo accusa di ogni nefandezza possibile, ultima quella di aver usato agenti dei servizi segreti deviati per confezionare attività di dossieraggio contro di lui. Ma poi, come nulla fosse, manda avanti  i vari Della Vedova, Bocchino e Briguglio a dire che, ci mancherebbe altro, loro alla maggioranza sono fedeli, e che voteranno tutto quello che gli verrà proposto, a partire dalla fiducia che Berlusconi forse chiederà in aula la prossima settimana. L’unica cosa che consente a questa parodia della politica, anzi, a questo spettacolo da postribolo di continuare a reggersi in piedi è la latitanza dell’opposizione. E, lo voglio dire subito, nessuno di noi è totalmente esente da colpe. Non certo  il PD, che nel momento in cui il paese si aspetta una proposta alternativa di governo, appare paralizzato da lotte intestine che risultano  incomprensibili per chi vi assiste attonito, e che fino a qui non ha ancora riorganizzato il fronte dell’opposizione solo perché al suo interno si confrontano, senza che alcuna abbia ancora prevalso, idee opposte sul come riorganizzarlo e con quali alleati. Neppure mi paiono esenti da responsabilità i tanti candidati leader  del centrosinistra, a partire da Vendola e Chiamparino - tacendo dei minori - per i quali è sembrato talora che azioni, tempi e scelte della loro discesa in campo  coincidessero più con la promozione della propria persona che non dell’interesse collettivo della coalizione. Su Grillo sospendo il giudizio, come ho già detto, ma non nascondo la mano, e ribadisco che se, in nome di un purismo più puro degli altri, sceglierà la corsa solitaria, contribuirà anche lui a riconsegnare l’Italia a Berlusconi. Ad IDV, che pure ha l’incommensurabile merito di essere stata l’unica, in questi anni, ad avere sempre tenuto la barra dritta sulla difesa dei valori costituzionali e di legalità, anche quando a tutti gli altri faceva comodo fare gli struzzi, mi permetto di dire (e lo dico a me per primo) che questo oggi non basta più.  IDV non è più un piccolo partito, che deve pensare soltanto alla propria sopravvivenza e per il quale è inevitabile pensare solo a coltivare il proprio orticello. Oggi abbiamo il consenso di un partito di medie dimensioni e questo ci impone di farci carico di un ruolo di responsabilità più ampio e generale. Non dobbiamo cadere nel tranello di sembrare tesi più a lucrare sulle disgrazie del PD che non a sostenerne le forze più propositive. Insieme a queste forze dobbiamo lavorare per realizzare un obiettivo comune fatto di progetti, riforme e di un’idea di modernizzazione del paese. Mi dispiace, ma sul centrosinistra, oggi, non posso dare un giudizio diverso. Perché, anche a causa dell’attuale malgoverno, un giovane su tre ha perso o non ha mai avuto un posto di lavoro; stipendi e pensioni sono i più bassi d’Europa ma la pressione fiscale sulle famiglie e sulle imprese è la più alta; siamo schiacciati dalla burocrazia e vessati da caste e lobby che odiano la meritocrazia. Frenati da un debito pubblico immenso e senza risorse per sanarlo. E, anche se so perfettamente che così non è, l’impressione che come centrosinistra tutti insieme stiamo dando, purtroppo, è che a tutto questo non ci pensi nessuno.  

DI PIETRO PRESIDENTE. ECCO PERCHE' SI'

Antonio Di PietroAntonio Di Pietro

Ieri sera su IlFattoQuotidiano.it ha preso il via un sondaggio che indica sei personaggi, compreso Antonio Di Pietro, tra i quali votare il più idoneo a sostituire Silvio Berlusconi, il cui governo volge al termine. Ciascun personaggio, oltre che da una foto, è accompagnato da due brevi note: “Perché Sì” e “Perché No” sarebbe adatto a sostituire il Presidente del Consiglio in carica. Sui due "Perché" che riguardano Antonio Di Pietro non sono d'accordo, anzi direi che proprio non c’azzeccano. A legger bene il "Perché Sì", poi, mi pare di trovarmi di fronte ad uno di quei vecchi stereotipi, sul modello che gli italiani sono tutti “pizza e mandolino”. Credo alla buona fede del giornalista del Fatto, testata che apprezzo. Ma vorrei utilizzare il blog per provare a riscrivere in un modo che mi pare più realistico le ragioni del si e quelle del no all’ipotesi di Di Pietro candidato premier alternativo a Berlusconi.

Perché Sì: Perché difende senza eccezioni o ambiguità il principio del rispetto delle regole in un paese che di assenza di legalità sta morendo. Rispetto delle regole che, assieme alla libertà individuale, sono i due pilastri sui quali tutte le grandi democrazie occidentali si fondano. E perché, grazie a Di Pietro, Italia dei Valori oggi è l’unico partito che ha un progetto coerente di rilancio del lavoro e dell’economia italiana. Un progetto presentato in occasione della nostra contromanovra alla finanziaria di Tremonti e che tutti i partiti del centrosinistra ci hanno scopiazzato (pardon …. hanno ripreso. Peccato che gli unici che non se ne sono accorti sono i media, Il Fatto compreso).

Perché No: Perché se diventasse Presidente del Consiglio realizzerebbe per davvero le cose che dice di volere, senza guardare in faccia i potenti, i grandi salotti economici e finanziari, le mille caste d’Italia, le lobby di potere. E l'Italia, si sa, è allergica alle rivoluzioni, anche se pacifiche e, dal Gattopardo in poi, è un paese dove tutto cambia perché tutto possa restare uguale.

VOTA IL SONDAGGIO

BASTA CHIACCHIERE, A VASTO PARTE IL CENTROSINISTRA

Tag: Bersani , BINDI , BONELLI , Casini , FAVA , FERRERO , Fini , Fli , Idv , Pd , PRODI , Sel , udc , Ulivo , Vendola , VERDI
Balle e balletti. Basta. Basta col teatrino della politica, che ad agosto si fa ancora più insulso ed insopportabile. Basta con ricette, alchimie, formule, autocandidature, suggerimenti e teorie. Ci vuole concretezza. In questa fase politica il governo potrebbe cadere da un momento all’altro e l’opposizione cosa fa? Discetta amabilmente (oddio, forse proprio amabilmente no) su alleanze, strategie, leggi elettorali sulle pagine dei giornali. Di concreto niente. Non un incontro, non un vertice, non un tavolo di confronto. Chiacchiere su chiacchiere, al vento. Noi siamo un po’ diversi, per fortuna. Più concreti. Per questo il 19 settembre, alla nostra festa nazionale di Vasto, abbiamo organizzato un incontro con tutti i rappresentanti del centrosinistra che intendiamo costruire. Per costruire il Nuovo Ulivo non basta solo parlarne. Ci saranno Rosy Bindi per il Pd, Claudio Fava per Sel, Paolo Ferrero per la Federazione della Sinistra e Angelo Bonelli per i Verdi. Abbiamo fato delle scelte. Abbiamo invitato i soggetti politici con cui vogliamo fare l’alleanza. Non abbiamo invitato quelli con cui non vogliamo allearci. Perché; al contrario di altri, abbiamo le idee chiare. Non abbiamo invitato Fli, perché loro stanno a destra, perché stanno ancora in maggioranza e continuano a cercare l’accordo con Berlusconi. Non sono nostri alleati strategici. Non abbiamo invitato l’Udc perché loro, invece, stanno con tutti. Col centrodestra e col centrosinistra, dipende da come gli conviene. Noi no, noi stiamo da una parte sola. E poniamo anche un problema di etica e trasparenza politica nei confronti dell’Udc. Non tutta la loro classe dirigente, al Sud soprattutto, è limpida. E noi certe persone non ce le vogliamo. Per tacere delle distanza sui temi etici e sui diritti civili. Hanno posizioni antitetiche alle nostre e trovare una sintesi sarebbe quasi impossibile. L’asse della nuova alleanza, cui non si può prescindere, è Pd-Idv. Noi fisseremo i paletti della tenuta etica e della coerenza politica che non sempre il Partito Democratico ha ben chiari. Sel e Verdi sono interlocutori naturali per costruire il nuovo Ulivo, mentre Ferrero, a nome della federazione della Sinistra, dovrà chiarire se intendono farsi carico delle responsabilità di governo. Un primo incontro in cui rappresentanti ai massimi livelli dei partiti del centrosinistra si confronteranno di persona e non sulle pagine dei giornali. Il primo incontro da tre anni  a questa parte. Il primo passo. Lo ripeto da tempo. Siamo già in ritardo e visto che la situazione politica è instabile e potrebbero esserci colpi di scena, sarebbe imperdonabile farsi trovare impreparati. Noi non facciamo chiacchiere, costruiamo la nuova alleanza per l’alternativa di governo.

ALLEATI ANCHE CON IL DIAVOLO PUR DI LIBERARCI DEL CAVALIERE

Pubblico la mia intervista di oggi al quotidiano La Repubblica.

Massimo Donadi, da capogruppo dell´Idv alla Camera come accoglie l´apertura di Bersani a tutte le forze dell´opposizione in caso di elezioni? «Con molto piacere e soddisfazione»

Siete pronti a stringere larghe alleanze per affrontare le urne? «Sì, siamo pronti ad allearci per creare un governo di transizione che cambi la legge elettorale o per andare alle elezioni.
E per questo è bene iniziare subito con idee, programmi e visioni da contrapporre al nulla del centrodestra».
Partiamo dallo scenario del voto anticipato. Oltre al Pd con chi accettereste di allearvi? «Prima si tratta di costruire quello che non esiste, ovvero una coalizione di centrosinistra che non smussi al ribasso gli angoli come avvenne nell´Unione di Prodi. Poi se ci saranno le condizioni per cui possiamo giocarci la partita, bene. Se invece all´ultimo ci dovessimo rendere conto che per chiudere con il conflitto di interessi permanente di Berlusconi serve l´alleanza con il diavolo la faremo».
Chi è il diavolo? «L´Udc e i finiani. Ma non sarebbe una nuova coalizione di centrosinistra, bensì un fronte di liberazione nazionale per salvare la democrazia e ridare vigore alla Costituzione. Un´alleanza per una sola legislatura con quelli che in teoria sono nostri avversari. Dopodiché ognuno tornerà a fare il proprio mestiere, noi il centrosinistra e loro il centrodestra, speriamo più democratico e moderno di questo».
Torniamo al centrosinistra. Nella coalizione vedrebbe anche la sinistra radicale? «Con quella di Vendola che si assume la responsabilità di governo ci dobbiamo certamente consultare. Non si può fare altrettanto con la sinistra che si rivede nel comunismo con una scelta ideologica».
Vendola può essere un candidato premier? «E' sicuramente una delle personalità di primissimo livello della sinistra come lo sono Bersani, Chiamparino e Di Pietro. Però dobbiamo trovare tutti insieme un candidato che motivi gli elettori di centrosinistra e sia capace di parlare a quelli moderati e ho qualche dubbio che Vendola abbia queste caratteristiche, pur potendo avere un ruolo di primissimo piano».
E allora chi scegliere. E come?«Le primarie restano il faro, salvo avere l´intelligenza di trovare una personalità esterna alla politica che metta d´accordo tutti. Un nuovo Prodi».
E il governo di transizione prima delle elezioni? «Andrebbe bene per fare una nuova legge elettorale visto che quella attuale è una ferita alla democrazia. Un esecutivo di larga maggioranza con pochi ministri che durerebbe tre o quattro mesi. Poi le urne».

VENDOLA SI’ O VENDOLA NO?

Nichi VendolaNichi Vendola

Ci sono due o tre cose che, a mio parere, rendono la discesa in campo di Niki Vendola paradossale. Il governatore della Puglia, perché questo è stato chiamato per il momento a fare, si candida a leader del centrosinistra senza un programma, senza un progetto, senza un’idea concreta per il Paese. Offre solo il suo corpo mediatico, senza dubbio fortemente carismatico, come mezzo per la conquista del consenso intorno a sé. Parla di narrazione, di sparigliamenti, di gare feconde, di nuova speranza in moto, di fiammate violente, di nuovo ossigeno da portare nell’obitorio della politica. Parole seducenti, suggestive, a forte impatto evocativo ed emozionale ma che, al netto della fascinazione, rimangono effimeri apparati retorici, roboanti e barocchi. C’è molto, troppo, Berlusconi, in questa paradossale discesa in campo di Vendola, in questo suo singolare modo di porsi in campo a fare il leader. Ai cieli azzurri e ai bambini felici di Silvio, Niki sostituisce la gramsciana connessione sentimentale con il popolo, le fabbriche di Niki, come luoghi di eruzione di buona politica, ma il modello offerto dai due è identico:  leaderismo allo stato puro senza idee né programmi. Quando, invece, al di là degli effetti speciali, si cercano frammenti di contenuti ed un’idea su cui ragionare e lavorare, crolla l’impalcatura. Come il tentativo compiuto da Vendola di mettere sullo stesso piano Carlo Giuliani, Falcone e Borsellino. Carlo Giuliani è un giovane ragazzo che ha perso la vita e che merita tutto il nostro rispetto e cordoglio, ma definire eroe chi partecipava ad un’azione violenta e che è stato colpito mentre si avventava a volto coperto contro un carabiniere brandendo un estintore, è francamente inaccettabile. Soprattutto, se si mettono sullo stesso piano Falcone e Borsellino, servitori dello Stato, massacrati dalla mafia che combattevano da una vita con intransigenza, coraggio e abnegazione totale di se stessi. Oppure, per fare un altro esempio, quando, in un’intervista di qualche giorno fa, discettando di economia, proponeva di sostituire tout court il modello di competizione capitalistica con quello della cooperazione che, per quanto sia importante e tuttora attualissimo, è una proposta che fa cadere le braccia e che, per dirla come Niki, è davvero il modo più vecchio che c’è nel mondo occidentale per pensare di dare una speranza di futuro a questo paese. Per queste ragioni, sono convinto che la candidatura di Vendola sarebbe disastrosa per il centrosinistra. E’ sicuramente oggi l’esponente più credibile, più moderno e carismatico di una sinistra radicale che rappresenta, però, una componente significativa ma nettamente minoritaria del centrosinistra, non certo un leader che possa guidare una coalizione capace di aggregare la maggioranza assoluta degli italiani. Sarò all’antica ma per me prima viene il programma, inteso nel senso nobile di una visione condivisa di sviluppo del Paese e dopo viene il leader che deve essere la persona capace di impersonare al meglio quel progetto e quelle idee. Per me, la proposta di governo alternativo del centrosinistra non parte dall’ostentazione del corpo carismatico di un leader ma dal coraggio e dalla generosità di partiti, movimenti, società civile, associazioni che finalmente scelgano di parlare con sincerità al paese e, così come fece Prodi nel ’96 – chiedendo sacrifici per portare l’Italia nell’euro – sappiano proporre al Paese una via d’uscita concreta dalle secche nelle quali si trova oggi.

VENDOLA LEADER? SAREBBE SUICIDIO COLLETTIVO

La StampaLa Stampa

Pubblico il testo della mia intervista apparsa oggi su "La Stampa"

Vero che di questi tempi il fantasma delle elezioni anticipate si aggira nei corridoi del Palazzo e per sentirsi pronti alla pugna è difficile prescindere dalla scelta di un condottiero dotato di carisma, perché «oggi la politica si nutre anche di leadership». Però affidarsi a Vendola «sarebbe un suicidio collettivo e dunque non mi sembra una buona idea». Massimo Donadi è un docente di diritto privato prestato alla politica, sempre misurato in tv, ma da buon veneto senza peli sulla lingua e di Antonio Di Pietro è il braccio destro alla Camera. E anche se un anno fa fece la scelta temeraria di smarcarsi da un Tonino ancora paonazzo dopo uno scontro frontale con il capo dello Stato, questa volta il capogruppo dell' Idv ci va giù con mano ancora più pesante. Dopo aver letto l' intervista a La Stampa in cui il suo leader benedice la kermesse di maggio a Firenze con Santoro, De Magistris e Vendola, non riesce più a tenersi. «Io non ci andrò e spero che Di Pietro ci ripensi.
L' immagine che ne viene fuori non è quella di un Idv che viaggia intorno al 10% e che può giocarsi la sua partita dettando temi e regole per costruire una futura coalizione, ma di un partito in difesa nel tentativo di arginare Vendola». Insomma il numero due dell' Idv non ci sta a farsi schiacciare dalla sinistra. «Sarebbe un errore mortale per noi. Vendola è una persona brillante e simpatica, ma per me non potrà essere mai e poi mai il leader della coalizione. E' l' espressione oggi più alta di una sinistra ideologica che non ha ancora fatto i conti con la sua storia, che ha la responsabilità di due fallimenti di governi di centrosinistra con lo slogan di "spendi e tassa". E che non ha capito nulla delle dinamiche della sicurezza e dell' immigrazione. Se Vendola fosse il prossimo candidato premier, potremmo dire di aver creato noi la Padania, perché non è un caso che il suo partito al nord abbia percentuali da prefisso telefonico». Quindi Di Pietro sbaglia su tutta la linea a cavalcare questa operazione? «Penso che lui, che è uomo scaltro e accorto, anche se ha poco da condividere con Vendola, voglia essere vicino a questo mondo in fermento. Un mondo a sua volta vicino ad alcuni settori del partito...». Ecco, anche se sono passati sei mesi dal congresso della "svolta governativa", in cui Di Pietro mise all' angolo il rivale De Magistris, è evidente che la piaga ancora è infetta.
E per Donadi, questo modo di corteggiare i movimenti «è sbagliato perché appare gregario e noi al contrario dobbiamo rilanciare con proposte di ben altro peso e spessore». Allora, visto che tirare la volata a Vendola ha tutto il sapore di uno schiaffo a Bersani, che «produrrà solo l' acuirsi dei conflitti dentro il Pd», per Donadi sarebbe saggio puntare su cavalli che potrebbero avere più gradimento tra le armate dipietriste. «Non si può pensare di costruire una futura coalizione se non partendo dal Pd, pur rivendicando che noi dobbiamo essere competitivi con loro e con la sinistra radicale. E' mai possibile poi che in Italia siamo condannati ad avere candidati premier sempre sulla soglia dei 60 anni? Esistono giovani bravi fuori dal Pd, ma anche nel Pd e penso al sindaco di Firenze Renzi, a Zingaretti, ad Andrea Orlando, a Beppe Civati. Facciamo delle primarie vere e basta con queste alleanze costruite nel chiuso dei laboratori politici che piacciono tanto a D' Alema».

dal quotdiano, La Stampa: www.lastampa.it

 

IDV PERNO DELLA NUOVA ALLEANZA

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Una fase costituente. E´ questo quello che ci attende nei prossimi mesi. E´ il momento di farsi promotori di una grande apertura e discussione politica che deve avere al centro della riflessione una reale fase di rinnovamento e cambiamento del panorama politico italiano. Cambiamento significa innanzitutto rinnovamento della classe dirigente. E’ ora di mandare a casa un ceto politico immobile da trent’anni. Ed anche nel territorio  bisogna superare quei califfati locali che, specie nel sud, hanno amministrato male quando non sono finiti direttamente in galera. Ma una cosa è certa: la grande sfida deve partire dalla costruzione di una coalizione di centrosinistra coesa e compatta e capace di vincere le elezioni. Un´alleanza in grado di convincere più della metà degli italiani che dare un voto a questo progetto significherà che i partiti che lo sottoscriveranno saranno poi compatti e uniti nel realizzarlo. Solo così il centrosinistra potrà riprendersi la guida del paese. IDV si farà promotore di questa fase costituente ma deve essere chiaro che il primo interlocutore di questi dialogo non può che essere il PD. Nessuno di noi è innamorato del PD (non lo sono nemmeno i suoi elettori, figurarsi noi) ma la politica è progettualità e sogno che si coniuga con la realtà. E non è possibile costruire nessun progetto di rifondazione del centrosinistra che non parta dall’incontro tra PD e IDV. Starà a noi e alla nostra determinazione saper contagiare/obbligare anche il PD a percorrere la strada del rinnovamento. Poi cercheremo altri compagni di viaggio. La sinistra radicale, SEL compresa, deve ancora dimostrare di aver chiuso con vecchie ideologie post comuniste fatte della vecchia formula “più spesa e più tasse” che ha affossato la coalizione ed il governo Prodi. Quanto a Beppe Grillo. Molti sono i punti di contatto politici e valoriali con Italia dei Valori ma c´è un punto che al momento ci divide e che in politica vale un abisso. Noi in questi anni ci siamo assunti la responsabilità di passare dalla fase di movimento a quella di partito, ci siamo assunti la responsabilità di governare, scegliere e stringere alleanze. La strada di Grillo è una scelta che sarebbe la più facile anche per noi. E´ quella di vedere soltanto il marcio che c’è sia a destra che a sinistra per dire: "è tutto uguale, è tutto da buttare". Questa è la strada della non assunzione di responsabilità, è la scelta di testimoniare la propria purezza costi quel che costi. Ci si può vantare di avere impedito che andasse al governo della regione un centrosinistra pro-tav, ma bisogna avere la consapevolezza che poi la Tav si farà lo stesso e per di più il Piemonte si ritroverà per cinque anni a capo della regione la lega ed  un presidente come Cota. Sono convinto che prima o poi anche Beppe Grillo dovrà assumersi la responsabilità di garantire, assieme ad altri partiti, in una logica di coalizione, il governo del paese o delle realtà locali. A quel punto, quando lo farà, sarà già in Idv oppure l´unione tra Idv e Grillo sarà cosa fatta. Anche perché noi ci dobbiamo porre l’obiettivo non solo di rimotivare i delusi del centrosinistra, ma anche di interpretare le speranze dei tanti elettori per bene del centrodestra ingannati e delusi sia dalla Lega che dal Pdl. Quindi o questa nuova coalizione avrà una capacità di intercettare anche questo voto oppure, per quanto saremo capaci di rimotivare i delusi del centrosinistra, saremo condannati a perdere per i prossimi 20 anni.

IL CENTROSINISTRA E LA RICERCA DELL’ANIMA

Nichi VendolaNichi Vendola   Congratulazioni a Nichi Vendola che, con la sua caparbietà e passione, ha prima imposto al Partito Democratico quel grande esercizio democratico che sono le primarie e ieri ha dimostrato che quando la politica, aperta e trasparente, sa essere vicina ai cittadini vince ogni ostacolo. A lui va il nostro pieno appoggio, nella convinzione che ora vi siano le condizioni migliori per riconfermare il centrosinistra alla guida di una regione importante come la Puglia.Ma dalle primarie pugliesi arriva un segnale ben più significativo. Vi è nel centrosinistra, soprattutto nel PD, una significativa maggioranza della classe dirigente convinta di due cose,  entrambe sbagliate.La prima è che in questo paese vi sia una inevitabile e fisiologica prevalenza elettorale del centrodestra. La seconda, in larga misura conseguenza della prima, che le alleanze abbiano una valenza esclusivamente elettoralistica, e che vadano, quindi, costruite a tavolino, volta per volta, come una specie di alchimia, mettendo insieme sigle, interessi, gruppi sociali, poteri.In quest’ottica, la scelta di un’alleanza preferenziale con l’UDC, della quale la Puglia doveva essere il laboratorio, per poi replicarla a livello nazionale, rispondeva a questa logica angusta. Un’alleanza di convenienza, fatta nella convinzione che per vincere si debbano prendere tout court pezzi del centrodestra e spostarli da questa parte, senza che a questo corrisponda un progetto politico per la gente o l’elaborazione di una visione culturale complessiva. Anzi, questa “alleanza a freddo”, proprio in quanto nasceva dai due errori di fondo di cui ho appena detto, portava in sé anche il germe del superamento del bipolarismo, concetto così caro a Casini, ma anche a D’Alema e ad una  parte non marginale della dirigenza PD.D’altra parte il ragionamento – se non fosse sbagliato nelle premesse – non farebbe una grinza: posto che la maggioranza degli elettori è di centrodestra, e non di centrosinistra, in un confronto bipolare, perderemo sempre. Meglio allora tornare al proporzionale dove “ognuno fa per sé” e le alleanze si fanno il giorno dopo il voto ….. a tavolino!Per fortuna gli elettori pugliesi del centrosinistra hanno bocciato, forse oltre ogni previsione, non solo e non tanto il candidato del PD, ma questa politica senza anima e senza cuore.Gli elettori italiani, in questi ultimi anni, hanno premiato il centrodestra anche perché, dopo la caduta del primo governo Prodi, il centrosinistra non è riuscito più a mettere in campo una coalizione degna di questo nome. Con un progetto chiaro e, soprattutto, condiviso. Quello che gli elettori hanno bocciato, al contrario, era proprio una coalizione avvertita come precaria, instabile, rissosa e conflittuale, oppure frutto proprio di quelle alchimie o convenienze elettoralistiche che non solo non salveranno mai il centrosinistra ma lo condanneranno in perpetuo ad una dimensione minoritaria, come lo è (in ultima analisi) la cultura di chi le propone.Questo è il grande compito che, se vogliamo tornare a vincere, dobbiamo svolgere, tutti ed insieme, senza perdere  tempo. Ripartire dai valori, dalle idealità, da un progetto di ampio respiro dove una pluralità di soggetti politici si mette in discussione per offrire al paese un modello di governo valido per i prossimi 10 anni. Se vorrà anche l’UDC, ma secondo una scelta chiara e coerente. Bisogna ripartire da una politica fatta soprattutto di anima e cuore. Ma anche di cultura di governo. Quella cultura fatta di responsabilità e di positivo pragmatismo che non può più essere sacrificata a visioni ideologiche della politica. L’IDV è pronta a questa sfida. Vedremo se, nei prossimi giorni, anche il PD avrà il coraggio di cambiare marcia e ripartire dal cuore e dall’anima.