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E' ORA DI "SANTIFICARE" L'ICI

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Girava una vignetta, qualche giorno fa, su facebook, l'avrete vista. Diceva più o meno così. "Io l'Ici non la devo pagare. Ho fatto il presepe e quindi è diventata luogo di culto". Suonerà beffarda a qualcuno ma mai vignetta fu più veritiera, perchè in effetti il meccanismo per l'esenzione Ici sui beni della Chiesa funziona proprio così: per richiedere l'esenzione dall'imposta basta che all'interno di un palazzo, adibito a qualunque uso, ci sia una cappella o uno spazio adibito al culto e l'esenzione è fatta. Non è un segreto più per nessuno che in molte proprietà della Chiesa vengono svolte attività commerciali. C'è il capitolo alberghi: la casa per ferie della Ancelle di Maria Immacolata ai Parioli, l'hotel Santa Brigida a piazza Farnese, l'Istituto di suore benedettine di Torre Argentina e Villa Maria delle suore salvadoriane: tutti a Roma, tutti hotel, qualcuno addirittura di charme, ospitano turisti e forestieri, non a titolo gratuito, ma non pagano l'Ici. Poi ci sono gli istituti scolastici religiosi, dalle materne alle superiori, istituti di grande prestigio, molto quotati e molto costosi. Fare il liceo nell'esclusivissimo istituto San Giuseppe de Merode a Roma, solo per fare un esempio, può arrivare a costare quasi diecimila euro all'anno. Poi ci sono le cliniche delle fede e i collegi universitari religiosi. L'elenco è lungo.Non amo le crociate, nè in un senso nè in un altro. Ritengo, però, che la questione Ici sulle proprietà della Chiesa debba essere affrontata con grande serietà e imparzialità, con quella stessa serietà con la quale gli italiani si accingono a pagare un prezzo altissimo per via di una manovra tutta tasse, a cominciare dalla casa per finire con la benzina, che non sono proprio beni di lusso. Noi ci abbiamo provato nella manovra a chiedere che le scuole e gli alberghi di proprietà della Chiesa, che svolgono attività commerciali, paghino l'Ici ma invano. Riconosco l'alto magistero della Chiesa e nutro profondo rispetto per lo straordinario lavoro che la questa svolge nei quartieri difficili di tante città italiane e nel mondo. Ma questo non ha nulla a che fare con quei luoghi dove si svolgono attività commerciali, che tali sono e tali restano. Molti, anche nel mondo cattolico, sono persuasi che sia giusto. Per questo, dico che  è ora di santificare l'Ici e sarebbe un segnale straordinario se partisse proprio dalla Chiesa la decisione a farlo

PERCHE' VOTIAMO NO A QUESTA MANOVRA

Noi il governo Monti lo abbiamo voluto. Abbiamo votato con convinzione la fiducia perché questo governo potesse nascere. Lo abbiamo detto dall’inizio con grande chiarezza: la stangata, di cui si fa un gran parlare, era ed è qualcosa di cui purtroppo l’Italia non poteva e non può fare a meno, per le condizioni disperate in cui dieci anni di governo “non-governo” Berlusconi ci ha portato. Se il Pdl e la Lega avessero fatto anche solo due anni e mezzo fa le riforme e i tagli che servivano, oggi staremmo molto meglio.

Ieri a "Porta a Porta", in una suddivisione surreale, mi sono trovato seduto accanto all’onorevole Reguzzoni, capogruppo alla Camera della Lega Nord partito che, pur avendo governo il Paese fino a ieri e per dieci lunghi anni, andando a braccetto con Berlusconi e assecondandone tutte le richieste ad personam, oggi cerca di ricostruirsi la verginità perduta.

Vorrei spiegare perché, invece, ero seduto io lì, tra quella che nella semplificazione politica e giornalistica era la parte dell’opposizione, ovvero spiegare le ragioni del nostro no alla manovra del governo Monti.

Abbiamo votato no perché convinti che un’altra manovra era possibile farla, ugualmente rigorosa, ugualmente seria, a saldi invariati, e cioè che non rendesse un centesimo di meno rispetto a quello che l’Europa ci chiedeva. Una manovra che contenesse più equità sociale e che soprattutto distribuisse, in maniera più giusta, i sacrifici che non si potevano evitare.

Così non è stato. Non c’è stato nessun margine di trattativa con il governo affinché venissero accolti i nostri emendamenti. In questa manovra mancano troppe cose: a partire dalla lotta all’evasione fiscale, dall’equità e dall’asta sulle frequenze tv. Qualche passo significativo c’è pur stato ma non sufficiente a nostro avviso. Lo avevamo detto. “Daremo il nostro voto affinché il governo Monti possa nascere ma poi valuteremo nel merito ogni singolo provvedimento”.

Abbiamo esaminato, lavorato sodo sulla manovra ma giudicandola fortemente depressiva e ingiusta oggi votiamo no. Ciò non significa che, in futuro, faremo mancare il nostro voto positivo qualora dovessimo ritenere un provvedimento giusto e sacrosanto. Questa è la nostra coerenza.

SPIRAGLI DI EQUITA’: PRENDERE O NO?

 

Questa manovra l’abbiamo pesantemente criticata, perché era a “senso unico” e chiedeva sacrifici solo ad una parte del Paese. Intendiamoci, una riforma del sistema previdenziale andava fatta, perché è inaccettabile che nel nostro Paese, un padre di famiglia vada in pensione a 59 anni con il 90 per cento del suo stipendio e  suo figlio, bene che vada, ci andrà a 70 anni con a malapena il 60 per cento. Ma la ragione del nostro giudizio profondamente negativo e contrario partiva soprattutto dalla constatazione di tutto quello che in questa manovra manca, ovvero, una patrimoniale vera, una seria lotta all’evasione fiscale ed altri provvedimenti come l’Ici alla Chiesa e l’asta sulle frequenze tv, di minore portanza ma di assoluta valenza.

Premesso ciò non possiamo negare che, dal governo, non siano giunti segnali positivi di apertura.  Le modifiche introdotte ieri sera, durante i lavori della Commissione Bilancio, sono significative. Riguardano aspetti non marginali e introducono quelli aspetti di equità per i quali ci siamo battuti tanto in questi giorni. E’ vero, ci sono ancora troppe ombre, passi indietro sulle liberalizzazioni ed il solletico, intollerabile, fatto ai costi della politica. Mancano temi fondamentali, quelli cui accennavo poc’anzi, come l'assegnazione delle frequenze tv e la lotta all'evasione fiscale.

Ma non possiamo ignorare che la nostra domanda di equità ha trovato risposte, seppur minime, nel governo e che la situazione disastrosa del debito pubblico italiano impone scelte dolorose. Per questa ragione, io non dimentico che 20 giorni fa abbiamo votato la fiducia al governo Monti e che il fallimento è dietro l’angolo. Per questo, quello che ieri sembrava scontato, oggi non lo è più e deve necessariamente essere oggetto di un’attenta riflessione da parte nostra. Io stesso lo sto facendo. Contemperare la battaglia di maggiore equità, con l’Europa che guarda a quello che facciamo, ed il lavoro da fare per salvare il Paese.

 

GLI EUROPEI CI SONO, FACCIAMO L’EUROPA

Da soli, arrivati a questo punto, non ci salviamo. La vera chiave di volta per uscire dalla crisi è politica ed europea, non solo economica ed italiana, perché la risposta alla speculazione internazionale può essere efficace solo se supportata dall’Unione Europea e dalla Banca Centrale Europea.

Quando dico che arrivati a questo punto non ci salviamo intendo che è tardi, molto tardi. Dovevamo intervenire almeno un anno e mezzo fa. Allora avremmo innescato un meccanismo virtuoso che forse, e dico forse, ci avrebbe salvati. Ma quando potevamo, un governo indecente non ha fatto quello che doveva fare.

Ora i ‘compitini a casa’ dell’Italia, come li definisce la Merkel, non garantiscono la salvezza economica del nostro sistema nazionale. La manovra del governo, infatti, per quanto iniqua e criticabile, dal punto di vista contabile centra l’obiettivo prefissato, ma non basta a garantire all’Italia di uscire dalla crisi. 

Non basta perché dobbiamo prendere atto che la speculazione sull'Italia è troppo forte, pressante e a un livello tale che i mercati hanno iniziato a speculare sul nostro Paese non più come anello debole dell'Europa ma come grimaldello per scardinare definitivamente l'euro.

Per fronteggiare questa speculazione servirebbe un accordo politico, ma i presupposti non sono certo incoraggianti. Il vertice Ue di questo fine settimana è stato una delusione e non è riuscito a dare risposte certe. Soprattutto non le ha date ai mercati. Serviva un salto di qualità che non c'è stato. 

L’ Europa esiste solo come insieme di stati che hanno una moneta in comune ed un'area di libero scambio, ma ancora non è un’entità politica riconosciuta e forte. Una precondizione per dare un indirizzo politico anche alla Bce, che, come fanno le banche centrali dei grandi paesi, potrebbe intervenire per contrastare la speculazione. Come? Comprando per esempio il debito pubblico dei paesi sotto attacco degli speculatori. Nessuno speculatore, per quanto grande e potente, potrebbe competere con la potenza monetaria della Bce e gli assalti degli ‘squali’ della finanza sarebbero respinti senza eccessive difficoltà, garantendo la stabilità dell’area Euro. 

Invece scontiamo gli errori di un’Europa costruita solo dal punto di vista burocratico e tecnocratico, priva di un indirizzo politico omogeneo. E scontiamo anche la politica della Germania, che confonde i suoi interessi con quelli dell’Europa tutta.

So che definire l’ Europa un’istituzione ‘burocratica’ e ‘tecnocratica’ ricorda un po’ il linguaggio leghista, ma è solo un caso perché le nostre conclusioni sono diametralmente opposte: serve più Europa, non meno. La crisi non si affronta con risposte localistiche, che hanno un certo appeal populista, ma nella realtà sono pericolose. Se realizzate, infatti, getterebbero sul lastrico le aree in questione. Nel 1861, agli albori dell’Unità d’Italia Massimo D’Azeglio disse: "L’ Italia è fatta ora facciamo gli italiani". Oggi è il contrario: "Gli europei sono fatti, facciamo l’Europa".

SULL'EVASIONE FISCALE GOVERNO COME “DON ABBONDIO”

 

Ci voleva più coraggio. Dall’evasione fiscale all’asta sulle frequenze televisive, dall’Ici sui beni della Chiesa ai tagli, ma quelli veri, sui costi della politica. Noi non chiedevamo meno tagli o sacrifici ma solo che fossero distribuiti in maniera più equa. Si dice che il coraggio chi non ce l’ha non se lo può dare: in questa manovra è mancato completamente. Non solo per il modo in cui è stata concepita ma per la sostanziale indisponibilità del governo ad aprirsi al confronto sulle modifiche proposte dai vari gruppi parlamentari.

Voglio in particolare soffermarmi sul complesso di emendamenti che Idv ha presentato in materia di evasione fiscale e che avrebbero rappresentato una vera e propria rivoluzione, capace di sconfigger l’evasione, mandando al tempo stesso in pensione per sempre studi di settore, redditometri, e spesometri vari.

La nostra proposta era semplice e da subito operativa. L’Agenzia delle Entrate, infatti, ha già oggi a disposizione una massa enorme di informazioni che le derivano in parte da una propria enorme banca dati, messa a punto in questi anni, e la possibilità di accedere alle banche dati del sistema bancario e degli intermediari finanziari.

Nelle sue linee essenziali la nostra proposta era di una semplicità straordinaria e partiva da un presupposto ovvio: i redditi evasi e i pagamenti ricevuti in nero, nella loro stragrande maggioranza, vengono prima o poi fatti transitare dall’evasore, prima di essere spesi, attraverso una banca o un intermediario finanziario. Sarebbe, quindi, sufficiente che l’agenzia delle Entrate si facesse trasmettere ogni anno da tutti gli operatori finanziari operanti nel nostro paese, il saldo delle uscite di denaro dai propri conti o depositi di ogni titolare di un codice fiscale.

Questo importo, che  rappresenta tutte le spese sostenute da un soggetto nel corso di un anno per qualunque causa o titolo, avrebbe potuto poi essere incrociato con i redditi dichiarati da quello stesso soggetto nell’anno precedente. Ogni volta, che non vi fosse stata congruità tra redditi dichiarati e spese effettuate sarebbe bastato attribuire alle Agenzie delle Entrate il potere di avviare autonomamente un procedura di accertamenti fatta di diversi passaggi. In primo luogo, invitare il contribuente, in presenza di spese maggiori ai redditi dichiarati, a dimostrare la provenienza delle maggiori disponibilità di denaro. Per capirci, un contribuente onesto potrebbe aver venduto un immobile, o ereditato una somma, o contratto un mutuo o un prestito con una banca. In tutti i casi in cui le giustificazioni del contribuente non fossero state puntuali e convincenti sarebbe partito un vero e proprio accertamento fiscale.

Questo sistema, che nei suoi principi fondamentali è molto semplice, e che abbiamo elaborato con docenti della Bocconi e della Cattolica di Milano, è, pari pari, la riproposizione del sistema attualmente vigente negli Stati Uniti, che ha permesso a quel paese di debellare l’evasione fiscale e di sferrare un duro colpo alla criminalità organizzata, che ha liquidità ma non sa spiegarne la provenienza.

Questo sistema non solo non lascia scappatoie agli evasori ma addirittura conduce a comportamenti virtuosi. Infatti, chi ha speso 100 sa che non può dichiarare 10 altrimenti, a differenza di quanto accade adesso, dove l’accertamento fiscale è un rischio remoto, incorrerebbe immediatamente nell’accertamento. Sia chiaro che oggi l’Agenzie delle Entrate ha già gli strumenti informativi e informatici per avviare questo processo. Basterebbe solo l’input politico per accendere il bottone.

La nostra proposta non è stata presa in considerazione dal governo. Spiace e molto che di fronte al nostro metodo, semplice e infallibile, il governo abbia preferito la via di Don Abbondio.

 

LA CASTA DIFENDE I VITALIZI

Ha ragione il Popolo Viola. C’è chi rivendica l’autonomia del Parlamento solo per proteggere i propri privilegi. Ma sbaglia quando non distingue tra partiti e tra parlamentari. E soprattutto quando attribuisce alla commissione Affari Costituzionale, di cui faccio parete anch'io, la responsabilità del mancato taglio delle indennità dei parlamentari.

La responsabilità, infatti, è delle commissioni riunite Bilancio e Finanze, che stanno esaminando il decreto contenente la manovra economica. Ma parlare di responsabilità collettiva non ha senso, perché ognuno porta in commissione le proprie posizioni. E le nostre, quelle di Italia dei Valori, sono molto diverse da quelle di chi si è opposto alla decurtazione. Questo lo sanno tutti, le nostre battaglie sono note da tempo. Anche in Parlamento c’è chi lavora per abbattere i privilegi della Casta, per tagliare i costi della politica, per eliminare gli sprechi. Non siamo tutti uguali. E purtroppo dobbiamo denunciare un fatto grave: ancora una volta, con motivazioni pretestuose, è stata dichiarata inammissibile la nostra proposta di abolizione dei vitalizi dei parlamentari.

La Casta è senza vergogna perché pensa a tutelare se stessa persino nel momento in cui chiede sacrifici ai cittadini, fa pagare ai lavoratori, alle imprese ed alle famiglie il costo del risanamento. E’ proprio la politica che dovrebbe dare il buon esempio e rinunciare ai propri privilegi in un momento difficile per tutto il Paese. E’ proprio da questo atteggiamento di autotutela che nasce l’indignazione popolare ed il sentimento dell’antipolitica, che allontana i cittadini dalla vita pubblica.

E’ stata scritta una brutta pagina, ma l’Italia dei Valori non demorde e continuerà questa battaglia di trasparenza e di giustizia sociale a nome di tutti i cittadini che sono stanchi di essere presi in giro. Oltre a questo ci auguriamo che il governo accolga le tante proposte presentate anche da Italia dei Valori per rendere questa manovra più equa. Chiediamo significative correzioni per rendere più equa e sostenibile questa manovra, per ripartire i sacrifici in maniera più giusta. In particolare chiediamo che le nostre proposte sulla lotta all’evasione fiscale e sui tagli ai costi della politica vengano accolte, perché reperirebbero risorse importanti e perché renderebbero più giusta socialmente ed economicamente questa manovra.

NO ALLA FIDUCIA

Invitiamo il professor Monti a non imitare il modus operandi di Berlusconi, che ha esautorato per anni il Parlamento delle proprie funzioni. Invitiamo il governo a non mettere la fiducia e a non fare una prova di forza sulla manovra, perché è una partita che si gioca in buona parte sulla pelle dei cittadini.

Voglio essere chiaro: questa manovra non ci piace, vogliamo migliorarla perché così com’è oggi fa pagare tutti i sacrifici ai soliti noti. Insistiamo affinché il governo non metta la fiducia, che sarebbe un brutto segnale di continuità con il governo precedente.

Non comprendiamo l’atteggiamento dell’esecutivo, perché la manovra si può modificare eccome, con normali emendamenti, mantenendo invariato il saldo. Si può e si deve modificare perché ora è assolutamente iniqua. Se il governo si rifiuta di modificare la manovra costringe Italia dei Valori a votare contro.

Abbiamo votato la fiducia al governo e vorremmo votare una manovra equa, ma non dipende da noi. Non ci stiamo a massacrare chi ha sempre pagato ed i più deboli e a non toccare i grandi patrimoni, i furbi e gli evasori. Equità non è uno slogan, ma una necessità politica e sociale.

In questo Parlamento rappresentiamo quella parte del Paese che, con l’alibi della crisi economica, non accetta che a fare i sacrifici siano sempre gli stessi. Vogliamo dare voce agli italiani che devono sobbarcarsi l’onere ed i sacrifici del risanamento e sono attanagliati da una profonda sensazione di ingiustizia. Se rimarrà così, non voteremo questa manovra, che è classista, neanche se dovessero mettere la fiducia.

Se pagano i soliti noi non votiamo

Tag: Ici , imu , Iva , manovra , Monti , pensioni

Lasciamo le polemiche agli altri. A noi interessa solo migliorare questa manovra che fa pagare tutti i sacrifici ai soliti noti. Ci scontriamo con l'atteggiamento del governo, che si ostina a non voler aprire ad alcuna modifica. Un atteggiamento incomprensibile, perché la manovra si può modificare eccome, con banali emendamenti. Ora è assolutamente iniqua. Il rifiuto del governo a modificare la manovra e renderla equa mette a rischio il voto di Italia dei Valori, che, se fossero introdotte misure di giustizia sociale, la voterebbe. In questo parlamento rappresentiamo quella parte del Paese che, con l’alibi della crisi economica, non accetta che a fare i sacrifici siano sempre gli stessi. Diamo voce agli italiani che devono sobbarcarsi l’onere ed i sacrifici del risanamento. Così com’è oggi, è una manovra classista, invotabile anche con la fiducia. Ma abbiamo idee e progetti e li presenteremo in Parlamento per rendere la manovra più equa.

Innanzitutto si devono rafforzare le misure contro l’evasione fiscale. Un atto doveroso, un elemento di giustizia. In particolare pensiamo ad un accordo con la Svizzera sui capitali italiani ridepositati e sottoporli ad una tassazione sotto la garanzia dell’anonimato.

Siamo favorevoli a tassare le attività economiche della Chiesa. Da troppo tempo si discute ideologicamente di questa argomento, e questo ha impedito un approccio serio alla questione. E’ vero che le istituzioni ecclesiastiche svolge egregiamente meritorie funzioni di accoglienza e carità, oltre al culto naturalmente, ma questo non basta a giustificare l’esenzione totale delle attività esclusivamente economiche. Accanto a questo, crediamo che la prima casa debba essere esentata dall’Imu.

Ci chiediamo perché a pagare debba essere chi ha di meno quando i grandi patrimoni sono stati solo sfiorati da amorevoli carezze. Per questo siamo favorevoli alla patrimoniale. E perché lo Stato deve rinunciare alla vendita delle frequenze televisive? In Germani l’asta ha fruttato 4,5 miliardi di euro, negli Usa circa 20 miliardi di dollari. E noi che facciamo? Le regaliamo? Italia dei Valori si batterà per un regolare bando e per lo scioglimento della commissione per le frequenze televisive.

Capitolo pensioni: proponiamo la rivalutazione del 100% delle pensioni basse, pari a circa tre volte la pensione minima. Stiamo parlando di pensioni di poco superiori ai mille euro. Siamo per l’allentamento delle pensioni anticipate, graduando nel tempo le pensioni di anzianità, esentando i lavoratori precoci e chi ha fatto lavori usuranti. Si devono prevedere dei contributi figurativi per i lavoratori precari durante il periodo di disoccupazione, il rinvio del Tfr per i dirigenti delle società pubbliche e prevedere che la metà della propria liquidazione vada in buoni del tesoro.

Ma servono anche incentivi allo sviluppo e misure per incentivare i consumi: maggiori detrazioni sui redditi medio-bassi per i familiari a carico, più liberalizzazioni e meno ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione ai fornitori. Modernizzare le reti e dare più sostegno al risparmio energetico, alle energie rinnovabili e in generale all’innovazione tecnologica. La manovra si può e si deve migliorare.

CONTROMANOVRA IDV: DOVE TOGLIERE E METTERE

Italia dei Valori non fa chiacchiere. Agisce e propone. Queste, dunque, le nostre prime tre proposte per una manovra più equa e ispirata ai principi di solidarietà. Cominciamo da un primo pacchetto di proposte. Tre punti chiari e semplici, da applicare subito.

1. DOVE TOGLIERE. Cancellare, subito, il previsto acquisto di 131 caccia bombardieri F35 che costeranno allo Stato 18 miliardi di euro. Cosa se ne dovrebbe fare il nostro Paese di 131 aerei da guerra, inutilizzabili nelle missioni di pace dove siamo ancora impegnati, in un momento in cui rischiamo il fallimento e tenuto conto che siamo l’ottava potenza militare al mondo? Cui prodest l’acquisto di questi 131 caccia bombardieri quando, secondo uno studio di Ania-consumatori in collaborazione con l’Università di Milano, le condizioni di vita dei bambini e dei minori sono notevolmente peggiorate e pagano il prezzo più alto della crisi?

DOVE METTERE. Con questi soldi, rendiamo più graduale l’innalzamento dell’età pensionistica prevista dal decreto, tutelando adeguatamente i lavoratori precoci, cioè coloro che hanno iniziato a lavorare a 15-16 anni e hanno diritto ad andare in pensione subito; chi è vicino ai 40 anni di contributi ed ha perso il lavoro a causa della crisi e non può vivere altri due o tre anni senza alcun reddito; tutti i lavori usuranti per i quali è impensabile allungare gli anni dell’attività lavorativa.

 

2. DOVE TOGLIERE. Dimezzare per decreto i tre miliardi di euro che le pubbliche amministrazioni spendono ogni anno per consulenze e che il più delle volte rispondono a logiche clientelari, quando addirittura corruttive, con un risparmio di un miliardo e mezzo di euro. In Italia abbiamo una pubblica amministrazione pletorica, con al suo interno eccellenti professionalità. Non si capisce la ragione per cui, dunque, si debbano buttare soldi invece che valorizzare le strutture e i dipendenti dell’amministrazione pubblica. Dimezzare, con decreto, il numero delle auto blu presenti in Italia che costano 4 miliardo di euro, con un risparmio netto di 2 miliardi di euro.

DOVE METTERE. Con questi soldi, cancelliamo completamente il blocco delle indicizzazioni delle pensioni.

 

3. DOVE TOGLIERE. Abbassare a 500 euro l’uso del contante ma soprattutto consentire alle Agenzie entrate di incrociare i dati delle spese di ogni singolo cittadino o società con i dati dei redditi dichiarati. In questo modo evadere diventerà praticamente impossibile.  Il recupero non è quantificabile ora, ma parliamo sicuramente di decine di miliardi di euro soltanto nei prossimi anni.

DOVE METTERE. Aboliamo l’Ici sulla prima casa e avanzeranno anche un bel po’ di quattrini per aumentare e di molto gli assegni familiari in busta paga per le famiglie numerose, che sono state le più colpite in termini di riduzione del potere d’acquisto.

 

Manovra ragionieristica

Tag: Camera , fiducia , Ici , Iva , manovra , Monti