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E' NATO UN NUOVO PARTITO: LA LISTA MINZOLINI!

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Dopo l’edizione serale del Tg1 di ieri è ufficiale: è nato un nuovo partito, la lista Minzolini, ovvero il Tg1 delle Libertà. Mai, nella storia politica di questo paese e nella storia della tv pubblica nazionale, un direttore è sceso così tanto “in campo”, trascinando l’informazione ed il primo tiggì nazionale nell’agone politico, schierando così apertamente il primo telegiornale nazionale e tradendo milioni di italiani, affezionati telespettatori del tg della prima rete pubblica nazionale, sempre contraddistintosi per imparzialità ed equilibrio tra tutte le forze politiche. Non ne faccio una questione di professionalità del direttore. Conosco il modo con cui, almeno fino a ieri, Augusto Minzolini faceva informazione, quando il suo obiettivo era lo scoop giornalistico e la notizia. Quello che trovo intollerabile ed ingiustificabile è come sia possibile che nel nostro Paese, nel ventunesimo secolo, nel silenzio generale, un direttore diventi l’organ house ufficiale del governo, si presenti davanti alla telecamere e come un politico di lungo corso parli alla nazione invocando il voto anticipato ed esprimendo il suo dissenso ai “governicchi”, senza che nessuno tra i tanti intellettuali, giornalisti, politici che albergano in questo Paese e che ogni giorno ci dispensano le loro pillole di saggezza, senta il bisogno di esprimere con forza e senza mezzi termini il suo profondo disagio culturale ed intellettuale. In un paese normale, l’editoriale di ieri sera sarebbe bastato al mondo civile, culturale, intellettuale e politico per chiedere a gran voce e unitariamente le dimissioni di un direttore che con disinvoltura smette le vesti di giornalista e indossa quelle del politico di parte. In questo senso, trovo ridicola ed anche un po’ patetica la letterina a che i finiani hanno inviato a Santa Claus affinché liberi il Paese da Minzolini. Si sono accorti solo ora dello stato in cui Berlusconi ha ridotto l’informazione in questo Paese? Solo ora percepiscono l’occupazione manu militari della Rai che ha messo in atto il presidente del Consiglio? Solo ora che i riflettori si sono spenti o stanno colpendo implacabili loro, i neo avversari di Silvio, invocano l’intervento di Babbo Natale? Due cose mi preme dire ai finiani. Babbo Natale non esiste. La dittatura mediatica di Silvio sì e non si contrasta con le letterine-strenna ma con il coraggio e la forza delle idee. In Inghilterra, è nato un caso quando hanno visto il direttore generale della Bbc al numero 10 di Downing street per incontrare il portavoce del premier Cameron. E ho detto tutto.

FINI FACCIA MEA CULPA

Fini - Casini - BerlusconiFini - Casini - Berlusconi

“Si discute tanto sulle preferenze, ma noi abbiamo scelto di non votare con le preferenze, perché soprattutto in certe regioni la preferenza equivale alla clientela”. Sono parole di Gianfranco Fini, pronunciate nel 2005, alla vigilia dell’approvazione del cosiddetto Porcellum, lo stesso Fini che ieri, con aria decisa e combattiva, dal palco della festa di Mirabello, ha detto, testuale: “E’ semplicemente vergognoso che ci sia la lista ‘prendere o lasciare’”. Sempre da Mirabello il presidente della Camera ha detto che “sovranità popolare significa che le elettrici e gli elettori devono avere il diritto di scegliere i loro parlamentari”. Tornando alle sue affermazioni del 2005 sulla legge elettorale, si legge che “prevede una maggioranza scelta dagli elettori, impegna i partiti a dare vita alle rispettive coalizioni e a indicare i rispettivi leader ai quali, ferme restando le prerogative del capo dello Stato, sarà dato il mandato di formare il governo”. Non c’è molto da commentare, quanto diceva nel 2005 è l’esatto opposto di quanto, davanti ad una platea quasi in delirio e sicuramente speranzosa,  ha affermato ieri. Le stesse cose che il leader dell’Udc oggi gli accusa, in qualche modo a ragione, di aver copiato a lui. L’unica differenza è che il presidente della camera ha fatto il mea culpa, per quanto sterilmente, mentre il leader dell’Udc neanche quello.  “Sono determinato affinché la legge passi, è questo il segnale di discontinuità che aspettavamo. La riforma elettorale è una richiesta avanzata dall'Udc e non riesco a capire perché bisogna affossarla”. Ecco cosa diceva Casini del Porcellum, sempre nel 2005 ed oggi insiste nel rivendicare come sua la proposta di cambiare la legge elettorale. Ma allora come mai l’appoggiò nel 2005, quando, con lui presidente della Camera, la stessa legge fu approvata. A cosa serve, mi chiedo, demolire di punto in bianco, una legge elettorale per l’approvazione della quale si è insistito con ogni forza?. Cosa significa, da parte di Fini, contestare, per altro in modo politicamente ineccepibile, un presidente del Consiglio dinnanzi al quale fino al momento si è sdraiato supino e cui continua a dare l’approvazione come premier? In realtà quanto è successo ieri a Mirabello rende evidente quanto sia grave la posizione che Fini, come anche Casini, hanno mantenuto in questi anni. A cosa serve ora condannare una politica dell’illegalità che entrambi fino al momento hanno approvato? Anzi, direi che proprio il fatto di non avere impedito che queste politiche andassero avanti, li rende corresponsabili di quanto accaduto in questo ventennio. Già, perché, se da parte delle opposizioni vengono sollevate le stesse obiezioni alzate da Fini nell’ultimo periodo, è pur vero che il centro sinistra non avrebbe potuto fare molto più che opporsi e contestare, mentre la posizione di Fini lo rendeva, anche in questi anni, politicamente più attivo ed in grado di ottenere un risultato. E’ quanto ha confermato pochi giorni fa proprio un fedelissimo del presidente della Camera, che, a proposito del processo breve, ha detto che si è trattato di un loro successo e che hanno ottenuto più loro in pochi mesi che il centro sinistra in quasi tre anni. Ai Finiani noi diciamo che proprio questa considerazione rappresenta la prova provata di quello che è stato il grado d’irresponsabilità di An e Udc in questi anni. Se, anziché rimanere supini a guardare un Berlusconi che ora contestano e che di fatto ha rovinato il Paese, avessero agito per tempo, probabilmente ora la situazione sarebbe ben diversa. Tutto questo non significa che io abbia cambiato idea, sono ancora convinto che, se serve a mandare a casa Berlusconi, le alleanze si possono fare anche con il diavolo. Almeno però il diavolo faccia il mea culpa.

E’ CRISI DI GOVERNO. BERLUSCONI RIFERISCA IN AULA

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Da ieri sera tutto è cambiato e questa mattina nell’aula di Montecitorio si è di fatto aperta la crisi del governo. Non siamo di fronte ad un bisticcio, l’ennesimo, tra Berlusconi e Fini ma di fronte alla deflagrazione della maggioranza e all’implosione di un progetto politico e di un partito che doveva essere il grande partito della destra dei moderati italiani e della libertà ma che, alla fine, del concetto di libertà ha dimostrato di avere solo la presunzione del nome. Non appena uno dei due cofondatori, e alcune persone a lui vicino, si sono limitate ad esprimere liberamente le proprie opinioni e valutazioni su un tema come quello della questione morale, che nel Pdl è come parlare della corda in casa dell’impiccato, la maggioranza non ha retto. La difficoltà di coesione tra chi, come Fini, aveva da una parte pensato di dare vita davvero ad un partito plurale e liberale e chi ha, viceversa, una visione del partito totalitaria è venuta al pettine. Di fatto oggi la maggioranza è implosa sia numericamente che politicamente. Lo si potrà verificare oggi stesso, se ci sarà, come appare molto probabile, lo scisma e la costituzione di due gruppi parlamentari distinti. Ma di fatto ieri abbiamo assistito alla deflagrazione delle due colonne portanti del Pdl. E’ deflagrato il Pdl come partito portante della coalizione e presto imploderà anche la seconda colonna, ovvero il patto fondativo tra Pdl e Lega. Sono certo che questo governo cadrà in autunno e non per mano di Fini. A staccare la spina sarà la Lega, quando prenderà atto che questo governo ormai non andrà più da nessun parte e che il federalismo rimane solo un progetto sulla carta. Un attimo primo che l’inganno venga svelato, la Lega staccherà la spina. In questo mutato quadro, è chiaro che per Italia dei Valori, e per tutti gli altri gruppi di opposizione, non esiste più nessun accordo a chiudere questa sera, così come era stato preventivato fino a ieri sera. Da oggi inizierà una durissima azione ostruzionistica. Se non c’è più una maggioranza la politica non può andare in vacanza. Noi andremo avanti con il nostro ostruzionismo per tutto il mese se sarà necessario, finché il presidente del Consiglio non uscirà dal buco in cui si è rintanato e si assumerà pubblicamente, nell’Aula della Camera dei Deputati, le sue responsabilità venendo a riferire sulla crisi di governo. E’ intollerabile ed impensabile che il paese rimanga nell’oblio.

GOVERNO TECNICO: SI O NO?

Le fibrillazioni all’interno della maggioranza aumentano giorno dopo giorno. Ormai tra Berlusconi e Fini è guerra aperta. La maggioranza, intesa come coesione e condivisione di un progetto, non c’è più ma non per questo il governo cadrà, o comunque, cadrà subito, perché il governo Berlusconi non è mai stato tenuto insieme da un progetto politico ma solo da interessi e ricatti reciproci tra Berlusconi e Bossi. Per questa ragione, anche se una caduta del governo è, a questo punto, possibile non la ritengo all’ordine del giorno. Tuttavia, l’ipotesi che questo governo cada e che ad un certo punto della legislatura si profili il bivio tra l’immediato ritorno alle urne ed un governo “tecnico a tempo”, non può più essere esclusa. Come io la penso sui governi tecnici e sulle maggioranze trasversali lo dico, credo, con chiarezza, nell’intervista rilasciata ieri a “Il Fatto quotidiano” che riporto di seguito. Credo tuttavia che tra un principio generale ed astratto e la valutazione di un caso concreto ci debba stare in mezzo un’attenta valutazione. Lo chiedo dunque a voi: tra elezioni immediate, con questa legge elettorale e con questa Rai, e con Berlusconi dall’altra parte,  ed un governo tecnico che, in un anno e mezzo cambi la legge elettorale, approvi una seria legge sul conflitto di interessi, cancelli le leggi ad personam e deberlusconizzi la Rai (come auspicava ieri Flores d’Arcais dalle colonne de il Fatto) cosa dovrebbe fare Italia dei Valori, sapendo che un simile, per quanto ipotetica, maggioranza non potrà mai fare a meno dei numeri dell’Udc e dei finiani? Fatemi sapere cosa ne pensate.

Ecco l'intervista al "Fatto Quotidiano".

Nessun Governo tecnico e nessun accordo con pezzi dell’attuale maggioranza. Massimo Donadi, capogruppo Idv alla Camera, non è d’accordo con la proposta del segretario del Pd, Pier Luigi Bersani (“Se il Governo non ce la fa, dobbiamo pensare a qualche altra ipotesi”).

Onorevole Donadi, il governo è arrivato al capolinea? Non credo, anche se il conflitto tra Fini e Berlusconi è vero e profondo. Il premier è un corruttore a tutti i livelli, e quindi anche della politica. Dunque, se dovesse rompere con Fini, userebbe le armi della persuasione per ridurre le perdite dei parlamentari. Non vedo crisi dietro l’angolo.

Allora la maggioranza tiene? Non vedo una sua deflagrazione. Ma è evidente che si sta avvitando su se stessa ed è in uno stato sempre più confusionale. Ma la crisi di questa maggioranza  non significa crisi di governo.

Bersani ha dichiarato che bisogna pensare  a qualche altra ipotesi se il governo non ce la fa, tendendo la mano a Lega e finiani. Voi siete d’accordo? Crediamo che oggi il centrosinistra farebbe bene a ricostruire il suo fronte, che è sfrangiato e frantumato. Individuiamo la nuova leadership del centrosinistra, ma senza inseguire Fini, l’Udc o altri. Con le manovre di Palazzo il consenso che si ottiene è inesistente. Per questo c’è una grande perplessità dell’IdV di fronte a questo tipo di progetti.

Quindi non entrereste in un governo tecnico? I governi tecnici, per quanto ci riguarda, spesso sono antidoti peggiori del male. Oggi pensiamo che si debba rimettere in campo un progetto vincente, invece di inseguire progetti di maggioranze alternative che noi oggi non vediamo. Solo il voto è un principio per stabilire una maggioranza.

Sono possibili le elezioni anticipate? E’ uno scenario che esiste sempre in questa legislatura, visto che si basa su un doppio e reciproco ricatto tra Berlusconi e Lega. Casomai venisse meno, il voto è dietro l’angolo.

Franceschini ha dichiarato che il Pd è pronto a votare gli emendamenti dei finiani al ddl sulle intercettazioni. Potreste farlo anche voi? Noi faremo una valutazione di merito. Crediamo che questa legge sia inemendabile, sia un tale obbrobrio che non si può migliorare. Ma se ci sono singoli emendamenti per limitare il danno ben vengano.

Anche in questo caso, l’apertura di Franceschini ha una valenza politica più generale… Ma per noi ci sono e ci saranno in Parlamento solo questioni di merito.

Cosa dovrebbe fare Napolitano? Sta facendo le cose giuste: ha richiamato la maggioranza al rispetto del principio costituzionale su manovra e intercettazioni. Poi però è evidente che le scelte tecniche spettano alla maggioranza: il Presidente valuta in merito alla congruità alla Costituzione.

Che tipo di opposizione farete allora? Continueremo con la nostra opposizione. Al di là del mare di sciocchezze interessate che vengono dette sull’opposizione dell’IdV, noi non facciamo sconti. E sulle intercettazioni faremo una guerra senza confine in Parlamento.

da "Il Fatto Quotidiano" - di Wanda Marra - 4 luglio

ENTRO UN ANNO SCEGLIAMO LEADER

Pubblico la mia intervista di oggi sul quotidiano l'Unità.

“La maggioranza, finché c' è, ha il dovere politico e, più ancora, etico e morale di governare e risolvere i problemi del paese.  Non di fare chiacchiere, come è stato finora. L' opposizione ha il dovere altrettanto politico ma anche etico e morale, di rimettersi insieme, prendendo atto che in questo momento non c' è una coalizione avversa a quella del Pdl e Lega". Questo in estrema sintesi il pensiero di Massimo Donadi, capogruppo dell' Italia dei valori alla Camera, che però avverte: "Se questa maggioranza implodesse ci potremmo trovare di fronte a un' emergenza nazionale, di fronte al problema di creare una maggioranza diversa o andare alle elezioni".

Cosa si dovrebbe fare in questo caso? "Ci sono questioni gravi legate alla crisi economica ma, poiché si vota in tre mesi, io penso che sia meglio avere un governo che sia espressione della volontà degli elettori con un mandato chiaro, piuttosto che uno pseudo governo tecnico. Però, prima di andare a votare, bisognerebbe fare, in tre o al massimo sei mesi, una riflessione sulle regole, perché in Italia c' è una democrazia taroccata.In una democrazia dell' informazione non si può andare alle elezioni quando forze economico-editoriali, che fanno riferimento al presidente del consiglio, condizionano alla radice la trasparenza e l' obiettività del formarsi del pensiero politico nel paese".

E cosa propone? "Tre leggi fondamentali: una sulla libertà dell' informazione che stabilisca l' informazione libera ma anche la politica libera dall' informazione, ci deve essere incompatibilità fra chi fa una cosa e chi fa l' altra. Secondo: servirebbe una riforma delle legCosa si dovrebbe fare in quel caso? E cosa propone? ge elettorale che ridia pienezza del diritto di voto ai cittadini e, tre, una riforma dei regolamenti parlamentari perché non si accampino pretesti sulle leggi che non vengono approvate, passando stancamente da un ramo all' altro dal parlamento".

Si dovrebbe creare una maggioranza diversa, quando Bersani parla di patto repubblicano anche con Fini, lei pensa che dovrebbe servire a questo? "Esattamente, ma senza perdere di vista che sono due i profili su cui lavorare. Il primo è quello di lunga prospettiva, della costruzione di una coalizione che si candidi a governare con una visione riformatrice del paese. L' altro è essere pronti a fronteggiare il rischio che questa maggioranza imploda e, in questo caso, ci si deve dare il compito di riscrivere due o tre regole per restituire veridicità a una democrazia taroccata e, al tempo stesso, fare fronte alle urgenze economiche e sociali prodotte dalla crisi".

Quale opposizione? "Sono un po' stufo dell' etichetta di centro sinistra. Nella politica italiana destra e sinistra sono concetti da radare al suolo e da ricostruire sulla base di progetti nuovi. Abbiamo bisogno di passione e generosità e di pochi calcoli politici fatti a tavolino, di quelli che hanno visto indulgere il Pd su pallottolieri magici che gli elettori hanno rifiutato. E abbiamo bisogno di trovare presto, sulla base di valori trainanti, un leader, poiché nelle democrazie moderne non si può fare a meno di incarnare il progetto in una leadership".

Un leader non si compra su e bay. "E' vero ma va riconosciuto al Pd il merito di avere imposto un metodo di grande partecipazione come le primarie. Bisognerebbe avere il coraggio di trasformarle in qualcosa di ancora più americano di quanto non siano state fino adesso. Diamoci tempo un anno in cui candidati della società civile e dei partiti si confrontino sulle idee, poiché l' unico modo di fare emergere una leadership è il confronto delle idee. Se aspettiamo le segreterie dei partiti, non dico un Obama ma nemmeno un Tony Blair verrà mai fuori”.

di Jolanda Bufalini, dal quotidiano l'Unità

FUGA PER LA VITTORIA

La rottura tra Fini e Berlusconi segna una crisi politica evidente. Il governo è a pezzi, la maggioranza di fatto non esiste più. Bossi minaccia addirittura il voto anticipato. E’ chiaro a tutti che dopo due anni di legislatura sono allo sbaraglio. Come, del resto, il Paese, afflitto da una crisi economica che continua a bruciare posti di lavoro. Oggi, però, non voglio parlare del governo, preferisco parlare dei centrosinistra, che deve farsi trovare pronto ad affrontare una eventuale tornata elettorale. Con una premessa: nessuno si illuda che la crisi del Pdl si trasformi automaticamente in una vittoria del centrosinistra. Per battere Berlusconi non servono strane alchimie politiche, ma un’alleanza salda, una leadership riconosciuta ed un progetto chiaro. In questi anni il centrosinistra ha dilapidato un patrimonio di consenso e di voti. Ora è il momento di recuperare la credibilità e di ritrovare l’entusiasmo. La via è quella del riformismo radicale, costruito attorno ad un programma  forte, che c’è già, almeno per quanto ci riguarda. Con il Pd e con le altre forze politiche e civili pronte ad aderire al progetto, si può, anzi, si deve costruire l’alternativa di governo. Le ultime elezioni regionali impongono una riflessione a tutti: il centrodestra ha vinto in molte regioni perché non siamo stati in grado di rappresentare il cambiamento e le aspettative dell’elettorato. Ora dobbiamo rimboccarci le maniche per ricostruire questo Paese. Ricostruire, sì, perché 15 anni di Berlusconi e berlusconismo hanno prodotto macerie istituzionali, sociali, economiche, culturali. Dobbiamo partire da una rinnovata etica politica e dalla difesa della Costituzione per costruire una nuova Italia e fare le vere riforme che servono ai cittadini, non ad una sola persona.

BERLUSCONI-FINI? CACCIAMOLI NOI!

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Proprio non ce la fa. E’ più forte di lui. Non concepisce altro culto che l’idolatria. Che ci crediate o no, ieri, di fronte allo psicodramma  stile “Kramer contro Kramer” tra Silvio e Gianfranco, il presidente del Consiglio mi ha quasi fatto pena. Lui, ricco, anziano, abituato come è ad essere obbedito, ossequiato, incensato, venerato, riverito, omaggiato, lui che con i soldi è riuscito a comprare tutto nella vita, lui che si è fatto da solo, e che da solo si vuole fare la giustizia e le riforme, faceva quasi pena così come era, stordito, suonato, come un pugile prima di cadere al tappeto. Ma è bastato poco, il tempo di una notte. L’anziano pugile, ferito ed umiliato, ha coperto i lividi con il cerone ed ha iniziato la sua vendetta inesorabile. Come Rockerduck che mangia il cilindro, ha aperto ufficialmente la stagione della caccia ai finiani, vil razza dannata, cui vuole riservare lo stesso destino delle aquile reali, dei bisonti europei, delle foche monache e degli scoiattoli rossi: l’estinzione . L’obiettivo è portare a casa l’impunità per via costituzionale.La vendetta, diceva Daniel Pennac, è il territorio infinito delle conseguenze indesiderate. Berlusconi potrà mettere in atto tutte le epurazioni che vuole, potrà vedere i finiani perire, in senso metaforico s’intende, ad uno ad uno, potrà veder rotolare giù tutte le teste ingrate che vuole, ma non potrà fermare l’inesorabile processo di decomposizione di un partito dell’amore che non c’è mai stato, non è mai esistito e in cui mamma e papà se le suonano da anni di santa ragione. E’ finita per sempre la favola dei cieli azzurri e dei prati fioriti. L’unanimismo sciocco e servile vivrà, forse, qualche altro giorno di gloria ma il destino del Pdl ormai è segnato. Per sempre.Non c’è di che stare allegri per i prossimi tre anni. Già nei primi due, dove filavamo o almeno fingevano di filare d’amore e d’accordo, hanno fatto poco o niente e quel poco che hanno fatto è riuscito pure male. Messi come sono oggi, divisi e l’uno contro l’altro armati, con il rischio di continui agguati ed imboscate, rischiamo la paralisi istituzionale e parlamentare. Noi non possiamo restare a guardare mentre i Montecchi e i Capuleti se le suonano di santa ragione e Verona affonda in una crisi sempre più inesorabile. Abbiamo il dovere di metterli alle strette, di pungolarli, di bastonarli se necessario. Italia dei Valori non sarà l’opposizione con la mano tesa, quella abituata a ballare con la musica altri. Se non sono in grado di andare avanti, di fare le riforme che servono al Paese vadano a casa.

PDL, SIAMO ALLA RESA DEI CONTI

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Fini-BerlusconiFini-Berlusconi

“Non ho mai imposto la mia volontà”. Non lo ha detto Ghandi o Madre Teresa di Calcutta. Tenetevi forte, lo ha detto Silvio Berlusconi questa mattina aprendo i lavori della direzione nazionale del secolo. Temo fortemente che, a questo punto, a Silvio Berlusconi serva uno psichiatra, ma uno bravo, che possa risolvere il suo ormai evidente problema, ovvero, la sistematica negazione della realtà e la creazione di una neorealtà delirante parallela. Chi si mette contro viene messo alla berlina sui suoi giornali. E’ da quando il presidente della Camera ha aperto ufficialmente la crisi nel Pdl che Gianfranco Fini viene deriso e sbertucciato a caratteri cubitali sui quotidiani di famiglia. Addirittura, oggi scopriamo un Silvio in veste di Ercole forzuto e nerboruto che, una volta, per farlo risedere, gli ha messo le mani addosso. Questa è la dimensione di Silvio e, purtroppo, è anche la sua cifra politica. La democrazia interna nel partito è un concetto che non fa parte del suo vocabolario. Chi si mette contro di lui viene colpito dal fuoco di fila della stampa e dei telegiornali di famiglia, bravissimi nel praticare il neo-minzolinismo di ritorno. A chi si mette di traverso arrivano puntuali bastonature mediatiche, roghi e minacce di licenziamento. Il confronto per lui è una metastasi e c’è un unico modo per combatterla: soffocarla, reprimerla, in maniera autoritaria e rozza, mostrando i muscoli se necessario. Questa non è politica, è rappresaglia, vendetta, questa è la politica secondo Silvio.
Tutta questa vicenda un merito ce l’ha. Abbiamo scoperto finalmente chi è il vero fascista tra Fini e Berlusconi, e non è il primo. Abbiamo scoperto che nel Pdl ci sono più cani da riporto che segugi, e c’è chi, fregandosene del ruolo di seconda carica dello Stato, esegue gli ordini del padrone senza emettere un fiato. Non si capisce perché il presidente del Senato, Renato Schifani minacci da più giorni di licenziare Fini, colpevole di fare secondo lui politica attiva, e lui che sta facendo la stessa identica cosa dovrebbe, invece, rimanere in sella al suo incarico tranquillo e beato. Per quanto ci riguarda, ci auguriamo che tutto questo non finisca qui, che la nuova stagione aperta da Gianfranco Fini nel Pdl porti alla fine dell’era berlusconiana quanto prima, nell’interesse del paese e dei cittadini, prima che sia troppo tardi.

FINI E MONTEZEMOLO? NON PAROLE MA OPERE

Fini - MontezemoloFini - Montezemolo

In politica la coincidenza non esiste. Fini resta nel Pdl e fa la sua corrente. Nell’attesa di conoscere il nome che si daranno, li attendiamo alla prima prova dei fatti: giustizia ed intercettazioni. Vediamo se avranno il coraggio e la forza di mettersi di traverso alle prossime leggi vergogna di Berlusconi, così come non hanno osato fare sino ad ora. Se c’è ancora una maggioranza di governo lo potremo dire solo vivendo. Certo è che, nella più rosea delle previsioni, i prati verdi delle riforme dei prossimi tre anni e il partito unico dell’amore hanno lasciato il posto al Vietnam delle imboscate e al partito di Cesare Ottaviano e Marco Antonio. Marco Emilio Lepido, alias Umberto Bossi, intanto fa mambassa al Nord. Luca Cordero di Montezemolo, nel giorno in cui Fini lancia il suo gruppo interno, lascia la presidenza della Fiat. Resterà nel consiglio di amministrazione della storica azienda torinese, manterrà la presidenza della Ferrari e si dedicherà alle sue attività imprenditoriali, poltrone Frau e i treni privati Ntv. La domanda del secolo è: scenderà o non scenderà in politica? Non mi piacciono le specialità a base di retroscena e dietrologia, servite al ristorante della politica e del giornalismo italiano. Dio solo sa se questo paese ha bisogno di guardare e di andare avanti. Dio solo sa se ha bisogno di capitani coraggiosi e non di fabi massimi temporeggiatori. Che Montezemolo sia l’uomo giusto al posto giusto è tutto da vedere. E’ dal 2005 che si parla di sue eventuali discese in campo. A furia di aspettare, però, si diventa troppo grandi e troppo maturi per nuove sfide. L’ex leader degli industriali ieri ha confermato di non voler fare politica. La sua associazione, Italia futura, però, lavora da mesi a pieno regime ed elabora progetti su sanità, fisco e mobilità sociale. Insomma, quello che si chiama un programma di governo. Per farne cosa? Dice, Montezemolo, che da oggi in poi, non più vincolato dalla presidenza della Fiat, potrà esporre le sue opinioni con maggiore libertà. Libero di farlo, lo ascolteremo volentieri, così come abbiamo sempre fatto. Ma questo Paese non ha bisogno di nuovi maitre a penser, di nuovi aurispici, di nuovi grilli parlanti o cassandre. Ha bisogno di leader di razza, che siano capaci e abbiano la motivazione politica a sporcarsi le mani nell’interesse degli italiani, a buttarsi nella mischia per traghettare l’Italia fuori da una crisi economica spaventosa. In politica le coincidenze non esistono ma di scenari futuribili inchiostrati dai giornali ne abbiamo piene le tasche. La politica si fa per la gente e con la gente. Non nei laboratori del piccolo chimico.

PDL: IL PARTITO DELL'ODIO E DELL'INVIDIA

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Dove è finito il partito dell’amore? Che ne è stato di quella coalizione solida di cui parlava Berlusconi qualche mese fa, nel massimo del suo proverbiale ottimismo? A noi pare che la spaccatura nel Pdl, con tanto di veleni tradotti in isteria, sia venuta a galla, senza filtri, in diretta televisiva, venerdì notte, durante la trasmissione “L’ultima parola”. Forse in linea con il programma in questione, che certo non si distingue per buon gusto, è andato in onda un esempio della peggior politica, fatta d’insulti da rissa di strada e urla da mercato di paese. Da una parte i finiani Italo Bocchino e Adolfo Urso, dall’altra il fedelissimo del premier Maurizio Lupi e la storica nemica del presidente della Camera, Daniela Santanché, la cui oscillante fede politica si è attualmente posata su Berlusconi. Più che una trasmissione televisiva, sembrava di assistere ad una riunione a porte chiuse di cui poi si legge nei retroscena dei giornali. Messa da parte anche l’ultima maschera di perbenismo evidentemente fasullo, i soggetti teoricamente sostenitori dello stesso governo, hanno palesemente dato dimostrazione di non conoscere più le ragioni ed il senso dello stare insieme. Le dichiarazioni ufficiali continuano, imperterrite, a parlare di governo solido, scissione lontana, ricomposizione imminente. Il premier, però, palesemente infastidito dalla poco dignitosa rissa avvenuta in tv, è esploso dicendo, riferendosi ai finiani in questione, “io quei due in televisione non li voglio più”. La facciata è definitivamente crollata, insomma, lasciando vedere chiaramente all’interno del cosiddetto partito dell’amore, una spaccatura e un odio insanabili. E non si tratta solo delle riforme, il nodo non è solo il rapporto con la Lega o il diritto al dibattito interno. I due mondi, le due ideologie, i due modi di intendere e fare politica, quello di Fini e quello di Berlusconi, non si sono mai veramente uniti, al di là dell’immagine patinata fornita finora con ostinato ottimismo. Adesso attendiamo gli eventi, con un briciolo di scetticismo, dovuto al fatto che, se anche dalla coalizione di governo si dovesse continuare a tentare di tenere in piedi la facciata e dunque dovessimo assistere ad una ricomposizione, rimane il fatto, ormai palese ed indiscutibile, che una spaccatura, profonda e insanabile c’è, c’è sempre stata e sicuramente continuerà ad esserci.