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Monti bis e bis-cherate in libertà

Monti Bis. Bis-cherata direi, se fossi toscano. Ma son veneto, e mi astengo. Le prime pagine di ieri e qualcuna di oggi son dedicate all’ipotesi della prosecuzione del governo Monti.

Uao! Notizia sconvolgente se non fosse per il fatto che da mesi, dal giorno dopo l’incarico al Professore continua, ininterrotto, il lavorio dietro le quinte per favorire la nascita di un Monti Bis. Un lavoro discreto, sottile, certosino che va ben oltre la brutale schiettezza di certe dichiarazioni politiche alle agenzie di stampa, alle televisioni o alle radio.

Che Monti dica di non volersi candidare, ma di essere disponibile è un’ovvietà. Tutti sono disponibili se si tratta di sedere sullo scranno più alto dopo quello del Quirinale. Le parole di Mario Monti, dunque, hanno esplicitato all’opinione pubblica ciò che era evidente a tutti quelli che si occupano di politica.

Da mesi il dibattito verte su due temi chiave: Monti- Bis (in tutte le sue accezioni, compresa la cosiddetta agenda Monti) e legge elettorale. Non ci si schioda di un millimetro. E sono temi strettamente interconnessi. Il Monti bis dipende dalla legge elettorale. O, meglio, dalla truffa elettorale. Certi esperti, infatti, stanno lavorando per elaborare un sistema elettorale che
a) permetta a tutti i segretari di dire ‘ho vinto alè alè’, perché altrimenti scoppierebbero problemi interni ingestibili;
b) renda impossibile un governo di chiaro orientamento politico di centrosinistra o di centrodestra;
c) renda ‘inoffensive’ le forze che si oppongono all’agenda Monti;
d) renda indispensabile il ‘papa straniero’.

Bello schema, offensivo come il 4 3 3 zemaniano. Privo, però, del rigore morale del tecnico boemo. E’ uno schema, infatti, che passa sopra la testa dei cittadini, che fa strame dei concetti di democrazia e rappresentanza, che rende inutili e desuete, semplici esercizi stilistici, pratiche come le elezioni. Il sistema sta crollando e i partiti, anzi, certa classe dirigente, cerca di autoconservare se stessa.

Un conservatorismo miope perché non è fondato su ideali e valori, ma su benefici e privilegi. Contro questa deriva di esproprio della democrazia è necessario presentare agli elettori con chiarezza, dire con chi si vuole governare e per fare cosa. E’ troppo chiedere una legge elettorale in cui sia chiaro chi fa il premier, appoggiato da quali partiti e con quale programma?

il pdl perde pelo ma non il vizio

Il Pdl è come il lupo: perde il pelo, ma non il vizio. Dopo vent’anni di fregature rimango davvero perplesso di fronte all’ingenuità politica di chi crede ancora nel dialogo con Berlusconi. O con la sua controfigura, Angelino Alfano. Di fronte alla necessità, all’urgenza direi, di cambiare la legge elettorale, Pdl, Udc e Pd si sono incontrati nella massima riservatezza, escludendo le altre forze parlamentari.

Come se la legge elettorale fosse cosa loro e non l’architrave che regge il sistema politico italiani. Uno spettacolo desolante, che carica a pallettoni gli alfieri dell’antipolitica. Giustamente, in questo caso. L’unico risultato sinora, dopo mesi e mesi di trattative serrate, è stato il muro contro muro. Sì, perché la vera priorità non è dare una legge elettorale che garantisca diritto di scelta ai cittadini, che gli permetta di conoscere prima leader, coalizioni e programma. No, la priorità è massimizzare i vantaggi per il proprio partito.

Ciò che contesto non è tanto la segretezza degli incontri, quanto la logica che la sottende: coltivare il proprio orticello. In questo modo non si va lontano. Un milione e duecentomila cittadini ha firmato per il referendum a favore del ritorno al Mattarellum. Sono stati ignorati pur rappresentando forse la parte preponderante dell’ opinione pubblica italiana. La collera degli italiani nei confronti di certa politica non solo si giustifica, ma si alimenta di questa insensibilità che sfiora il solipsismo politico.

Dal Porcellum al Bordellum

Raggiunto un accordo sulla legge elettorale, cosa ne pensa?
Tutto il male possibile. Non è una legge elettorale, è una truffa elettorale e andrà a finire che dopo il Porcellum avremo il Bordellum. Una legge che ha un unico scopo: le mani libere per i partiti. Finisce il bipolarismo, ogni partito si presenterà con il proprio simbolo e toglieremo ai cittadini italiani anche quello che avevano da prima e cioè la possibilità di sapere, prima del voto e non di scoprirlo il giorno dopo, quale sarà programma, coalizione e candidato premier. E non si venga a raccontare che, almeno, con questa legge agli italiani verrà restituito il potere di scegliere i loro candidati, perché non è nemmeno questo. Metà verrano scelti in liste bloccate, tali e quali a prima, e l'altra metà in qualcosa che si avvicina molto alla legge elettorale delle province e io credo che nessuno italiano si ricordi nemmeno il nome del consigliere provinciale scritto in piccolo nella scheda a fianco del simbolo del partito che ha votato.

Addirittura Bordellum, secondo lei cosa c'è dietro questo accordo?
C'è un patto scellerato dove tutto è stato preso in considerazione tranne l'interesse del Paese. Il patto scellerato nasce da uno scambio: l'Udc voleva a tutti i costi la fine del bipolarismo per poter attuare al meglio la politica dei due forni e quindi scegliere, dopo le elezioni, con quale dei due partiti principali allearsi. I due partiti principali hanno concesso questa cosa all'Udc ottenendo, in cambio, di essere sovrarappresentati. In pratica siccome questi due partiti, Pd e Pdl, alle elezioni del 2008 insieme hanno preso il 72%, mentre oggi a malapena arrivano al 48%, si sono fatti dare in cambio una legge che, con il 48% dei voti, gli darà circa il 70% dei parlamentari come quattro anni fa. Quindi due partiti che hanno sempre meno consenso, e sono entrambi sul punto di esplodere, hanno scambiato il bipolarismo per un mucchio di parlamentari in più per accontentare quel terzo dei loro parlamentari che altrimenti sarebbero restati a casa.

Che cosa farà l'Idv?
Come è ovvio faremo una durissima battaglia parlamentare per impedire che il Bordellum diventi realtà ma ancora di più faremo una grande azione di informazione perché come oggi c'è in Italia il governo Abc, c'è anche l'informazione Abc, che non è regime, è semplicemente lottizzazione partitocratica della Rai e dei grandi mezzi di informazione e noi cercheremo di spiegare a tutti gli italiani che con questo disegno di legge non si dà più democrazia ma se ne avrà ancora di meno, torneremo alla Prima Repubblica. Non solo, il partito che si metterà in mezzo, pronto ad allearsi tanto a destra, tanto a sinistra, di fatto avrà la golden share della democrazia italiana, potrà governare ininterrottamente per i prossimi decenni scegliendo di volta in volta con quale dei due partiti principali allearsi.

PARTITOCRAZIA? NO, ABBIAMO GIA’ DATO…

La legge elettorale è l’architrave di un sistema democratico. Molti la considerano una questione squisitamente politica, che riguarda solo i partiti, invece è lo strumento più prezioso nelle mani dei cittadini. Con la legge elettorale non solo si scelgono governo e parlamento, ma si determina il sistema politico, la durata dei governi, la trasparenza delle camere, la qualità della classe dirigente nazionale, il rapporto col territorio e la  rappresentanza sociale. Tutti fattori indispensabili per il buongoverno.

In questo periodo la riforma della legge elettorale è tornata, giustamente, una priorità per la politica. Consultazioni, incontri più o meno formali, contatti, missioni degli sherpa, ambasciatori e delegazioni al lavoro.

Sono gironi di trattative frenetiche, più o meno alla luce del sole. Circolano diverse ipotesi, la più accreditata è un sistema misto, proporzionale e con collegi uninominali, con due soglie di sbarramento, la prima al 2% per entrare in parlamento e la seconda all’8% per dividersi un consistente numero di seggi. E diritto di tribuna per i ‘piccoli’.

Non so se sarà il modello definitivo, ma su una cosa voglio essere chiaro: siamo contrari al ritorno ad un proporzionale che non consente all’elettore di conoscere prima il candidato premier, la coalizione ed il programma di governo. Un sistema di questo tipo rischia di far tornare le sconcezze della Prima Repubblica ed i suoi governi balneari.

Se così fosse, si tradirebbe la volontà del milione e mezzo di cittadini che hanno firmato il referendum e che non ha alcuna intenzione di abbandonare il bipolarismo, che significa far tornare il paese indietro di vent’anni.

Ci batteremo in Parlamento contro qualsiasi ipotesi di legge elettorale che aumenta il potere partitocratico e che diminuisce il potere ed il controllo dei cittadini. Lo dobbiamo alle migliaia e migliaia di volontari che si sono impegnati per raccogliere le firme e al milione e mezzo di cittadini che ha firmato i referendum.

 

EPPUR SI MUOVE…

Ieri, con il capogruppo al Senato Felice Belisario e con il portavoce Idv Leoluca Orlando, sono andato al Quirinale per esporre le posizioni dell’Italia dei Valori sulla legge elettorale e sulle riforme. Abbiamo avuto con il Presidente un incontro lungo (più di un’ora) e cordiale. Abbiamo detto che sulla legge elettorale, dopo la bocciatura del referendum, è necessario dare un forte impulso parlamentare per abrogare il porcellum, che è un sistema truffaldino, rispettando lo spirito referendario. Un milione e duecentomila cittadini hanno firmato per cambiare la legge elettorale e, anche se la Consulta ha bocciato tecnicamente i quesiti, il valore politico di quella mobilitazione rimane intatto.

Il Parlamento ora deve dare varare una nuova legge elettorale che restituisca il diritto di scelta dei cittadini, il potere di decidere chi eleggere. Ma che salvi anche il bipolarismo e il diritto di conoscere prima quali sono le coalizioni che si candidano al governo, con quale leader e con quale programma. E deve anche avviare una drastica riduzione del numero dei parlamentari. Questa è una priorità.

Sul fronte della riduzione dei costi della politica si fa, anche grazie alla nostra attività, qualche passo avanti. Eppur si muove, mi verrebbe da dire a questo proposito. Non mi riferisco alla terra ma all’attività del Parlamento contro i privilegi dei politici e il taglio ai costi della politica e forse scomodare il genio di Galileo è eccessivo per una questione che ancora non risolve il problema. Eppur si muove, dicevo, nel senso che qualche piccolo passo in avanti si sta facendo. Ieri la commissione Affari Costituzionali, di cui faccio parte, ha deciso di vincolare il rimborso per i contratti dei collaboratori alla presentazione di una documentazione che attesti l’effettivo rapporto di lavoro.

Una norma di elementare civiltà che farà emergere il ‘lavoro nero’ di molti assistenti parlamentari. Bene. Erano anni che lo chiedevamo. Positivo è anche il passaggio, per il sistema pensionistico, al contributivo puro. Noi abbiamo chiesto che fosse retroattivo, ma gli altri partiti hanno rifiutato e ci hanno messo in minoranza. Certo c’è da fare ancora molto sui tagli ai costi della politica. E il nostro impegno non mancherà. Come sempre.

LEGGE ELETTORALE, UN MILIONE DI GRAZIE

Ieri la Cassazione ha ammesso il referendum sulla legge elettorale. Sono state, infatti, considerate valide le oltre 500mila firme raccolte per ciascuno dei due quesiti. Un passo in avanti importante che dà grande soddisfazione ai comitati promotori, al nostro partito e ai nostri militanti che, l’estate scorsa, all’ebbrezza delle onde marine, hanno preferito l’afa delle piazze cittadine ed il duro lavoro della raccolta delle firme, giunte copiose, più di un milione. A loro, innanzitutto, il primo plauso: se Idv potrà lasciare il segno in quella che è una importantissima battaglia di democrazia è solo grazie all’impegno dei nostri militanti e sostenitori.

Attendiamo ora fiduciosi il pronunciamento della Corte Costituzionale. Crediamo che, in questo momento, ci sia anche questo tipo di emergenza democratica. E’ importante cambiare passo, dando al paese una nuova legge elettorale che restituisca ai cittadini il potere di scelta. La democrazia, la legalità, il senso delle istituzioni, il rilancio di una Paese passa anche attraverso una legge elettorale trasparente e non truffaldina. Avanti tutta, la strada è quella giusta.

 

UN MATTARELLUM CONTRO I “NOMINATI”

Dalle parole ai fatti. Perché, a parole, tutti sono stati capaci di dire che questa legge elettorale è un grandissima porcata perché disegna un parlamento di nominati dai capi-partito e non di eletti ma, nei fatti, nessuno fino ad oggi si era mosso concretamente. Tutti hanno detto che il porcellum è una legge truffa perché serve alla Casta, ai partiti, ai capipartito, ai segretari di partito, per fare il loro comodo e mandare in Parlamento peones, nani, ballerine e yesman, ma nessuno si era mosso fino ad oggi con determinazione e concretezza di atti formali. La via parlamentare rimane la strada maestra ma se il Parlamento, così come ormai appare ampiamente dimostrato e assodato, non si muove, ci penseranno i cittadini a riprendere, attraverso il referendum anti-porcellum, la strada della democrazia. Italia dei Valori sosterrà con convinzione e determinazione il referendum per il ritorno al Mattarellum perché vogliamo abolire una legge elettorale che ha portato alla vergogna di un parlamento di nominati, pieno di nani, ballerine e, con un pizzico di autocritica, di Scilipoti. Vogliamo restituire dignità alla politica, restituendo ai cittadini il potere di scelta che, dopo il referendum, potranno tornare a scegliere chi mandare in Parlamento a rappresentarli. In più, rispetto al sistema proporzionale, i cittadini sceglieranno anche quale coalizione far governare e con quale programma. Gli elettori devono sapere e, soprattutto, devono essere messi nelle condizioni, di sapere prima quale è il programma e chi è il candidato premier per scegliere con piena consapevolezza. Chiedere il voto al buio, lasciare che si decida tutto nelle segrete stanze del palazzo, è un’idea che abbiamo sempre contrastato. Noi ci impegniamo a realizzare una nuova legge elettorale, da approvare prima di andare al voto, perché a casa nostra questa si chiama democrazia!

GOVERNO TECNICO? OGGI SERVE SOLO A SILVIO

BerlusconiBerlusconiL’idea di un governo tecnico non ci ha mai fatto impazzire. Lo ritenevamo, almeno fino ad oggi, il minore dei mali, necessario nel momento in cui non si riusciva a spezzare il sistema di potere di Berlusconi. Eravamo in una lotta di trincea dove Berlusconi se l’era sempre sfangata. Nelle ultime due settimane, però, tutto è cambiato. I fallimenti, politici ed economici, di questo governo sono venuti fuori, alla luce del sole. Dai rifiuti che sono tornati a riempire Napoli e la Campania alla mortificazione di Alitalia, passando per il terremoto dell’Aquila, il fallimento di questo governo è totale e drammatico e soprattutto impossibile da nascondere, come l’immondizia. A questo, si aggiunga l’abisso morale in cui è precipitato il presidente del Consiglio, lo squallore di dover vedere trasformati in “bordello di Stato” i palazzi della presidenza del Consiglio, teatro  di un via vai incessante di prostitute, portate su e giù a vagonate da poliziotti e carabinieri per i trastulli del sultano. Tutti i nodi sono venuti al pettine. Ebbene, di fronte a tutto questo, abbiamo il dovere di fermarci un istante e riflettere se la strategia che avevamo fino ad oggi pensato sia ancora la più efficace per battere Berlusconi. Io non credo. Berlusconi non sarà, mai, più debole di quanto lo è oggi. Mai più la sua politica apparirà fallimentare agli occhi degli italiani come appare oggi. Mai più  le sue parole risuoneranno come vane promesse quanto risuonano oggi. La scelta di fondo tra elezioni subito o governo tecnico sta tutta qui. Tra il fare una campagna elettorale oggi tutta incentrata sull’abisso morale ed umano del premier, sull’immagine di un uomo malato, debole e ricattato, di una maggioranza deflagrata, di un governo incapace ormai di tutto, se è vero che ieri è finito in minoranza al primo voto sulla Finanziaria, oppure fare una campagna elettorale tra otto o nove mesi, dandogli tutto il tempo di far dimenticare quanto accaduto in questi tre anni e consentendogli di impostare tutta la campagna elettorale sulla presunta illegalità e antidemocraticità del governo tecnico. Lo faremo giocare proprio sul suo campo, anche perché, diciamocelo con chiarezza, non è che il governo tecnico in cinque o sei mesi potrà fare nulla al di là della legge elettorale. Quanto a quest’ultima, che noi vogliamo davvero cambiare, per tornare a quella precedente, che era di molto migliore e basata sui collegi uninominali, basterebbe una settimana in parlamento. La proposta, infatti, c’è già e consta di un solo articolo e ci sarebbe tutto il tempo di approvarla prima che vengano sciolte le camere. Credo che tutte le opposizioni dovrebbero iniziare una seria riflessione su questo, a partire dai lettori di questo blog.

FINI FACCIA MEA CULPA

Fini - Casini - BerlusconiFini - Casini - Berlusconi

“Si discute tanto sulle preferenze, ma noi abbiamo scelto di non votare con le preferenze, perché soprattutto in certe regioni la preferenza equivale alla clientela”. Sono parole di Gianfranco Fini, pronunciate nel 2005, alla vigilia dell’approvazione del cosiddetto Porcellum, lo stesso Fini che ieri, con aria decisa e combattiva, dal palco della festa di Mirabello, ha detto, testuale: “E’ semplicemente vergognoso che ci sia la lista ‘prendere o lasciare’”. Sempre da Mirabello il presidente della Camera ha detto che “sovranità popolare significa che le elettrici e gli elettori devono avere il diritto di scegliere i loro parlamentari”. Tornando alle sue affermazioni del 2005 sulla legge elettorale, si legge che “prevede una maggioranza scelta dagli elettori, impegna i partiti a dare vita alle rispettive coalizioni e a indicare i rispettivi leader ai quali, ferme restando le prerogative del capo dello Stato, sarà dato il mandato di formare il governo”. Non c’è molto da commentare, quanto diceva nel 2005 è l’esatto opposto di quanto, davanti ad una platea quasi in delirio e sicuramente speranzosa,  ha affermato ieri. Le stesse cose che il leader dell’Udc oggi gli accusa, in qualche modo a ragione, di aver copiato a lui. L’unica differenza è che il presidente della camera ha fatto il mea culpa, per quanto sterilmente, mentre il leader dell’Udc neanche quello.  “Sono determinato affinché la legge passi, è questo il segnale di discontinuità che aspettavamo. La riforma elettorale è una richiesta avanzata dall'Udc e non riesco a capire perché bisogna affossarla”. Ecco cosa diceva Casini del Porcellum, sempre nel 2005 ed oggi insiste nel rivendicare come sua la proposta di cambiare la legge elettorale. Ma allora come mai l’appoggiò nel 2005, quando, con lui presidente della Camera, la stessa legge fu approvata. A cosa serve, mi chiedo, demolire di punto in bianco, una legge elettorale per l’approvazione della quale si è insistito con ogni forza?. Cosa significa, da parte di Fini, contestare, per altro in modo politicamente ineccepibile, un presidente del Consiglio dinnanzi al quale fino al momento si è sdraiato supino e cui continua a dare l’approvazione come premier? In realtà quanto è successo ieri a Mirabello rende evidente quanto sia grave la posizione che Fini, come anche Casini, hanno mantenuto in questi anni. A cosa serve ora condannare una politica dell’illegalità che entrambi fino al momento hanno approvato? Anzi, direi che proprio il fatto di non avere impedito che queste politiche andassero avanti, li rende corresponsabili di quanto accaduto in questo ventennio. Già, perché, se da parte delle opposizioni vengono sollevate le stesse obiezioni alzate da Fini nell’ultimo periodo, è pur vero che il centro sinistra non avrebbe potuto fare molto più che opporsi e contestare, mentre la posizione di Fini lo rendeva, anche in questi anni, politicamente più attivo ed in grado di ottenere un risultato. E’ quanto ha confermato pochi giorni fa proprio un fedelissimo del presidente della Camera, che, a proposito del processo breve, ha detto che si è trattato di un loro successo e che hanno ottenuto più loro in pochi mesi che il centro sinistra in quasi tre anni. Ai Finiani noi diciamo che proprio questa considerazione rappresenta la prova provata di quello che è stato il grado d’irresponsabilità di An e Udc in questi anni. Se, anziché rimanere supini a guardare un Berlusconi che ora contestano e che di fatto ha rovinato il Paese, avessero agito per tempo, probabilmente ora la situazione sarebbe ben diversa. Tutto questo non significa che io abbia cambiato idea, sono ancora convinto che, se serve a mandare a casa Berlusconi, le alleanze si possono fare anche con il diavolo. Almeno però il diavolo faccia il mea culpa.

DUE INTERVISTE, TRE IDEE

Nella mia intervista a Repubblica di qualche giorno fa, ho espresso tre posizioni: sì ad un governo tecnico a tempo per fare la legge elettorale; rilancio della nuova alleanza di centrosinistra; apertura ad una alleanza ampia, un fronte di liberazione nazionale, per battere Berlusconi.  Ieri Bersani, in una lettera a Repubblica, ha detto, sostanzialmente, tre cose: governo tecnico per la legge elettorale, costruire il nuovo Ulivo, possibilità di un'alleanza democratica per mandare a casa Berlusconi. Sarà perché sono affezionato alle mie idee, ma non posso che condividere la posizione di Bersani. Alcune di queste cose, come la costruzione del nuovo centrosinistra, o nuovo Ulivo, dipendono da noi e siamo già in ritardo. Altre no, dipendono soprattutto da altri, dal fluire della situazione politica e dalla posizione delle diverse forze in campo. Antonio Di Pietro, intervistato dall'Unità, ha detto che il limite dell'alleanza è Casini. Sono d'accordo. Il limite della coalizione di centrosinistra è Casini. Ma se si dovesse andare al voto con questa legge elettorale porcata e di fronte al rischio di riconsegnare il Paese a Berlusconi, con una minoranza di voti, che cosa sarebbe giusto fare? Resto convinto che in questo malaugurato caso, e solo in questo malaugurato caso, la strada sia quella di un'alleanza di tutte le forze democratiche, di destra e di sinistra, per mandare a casa il videodittatore di Arcore. Su questo tema ci confronteremo all'interno del partito, con grande responsabilità. Sia chiaro, non sto parlando di allargare il centrosinistra all'Udc o a Fli di Fini, non sto parlando di una nuova coalizione, ma della possibilità di formare, una volta ed una volta soltanto, un fronte di liberazione democratico. Poi ogni forza politica tornerà nel suo schieramento. Un'alleanza costituente per riscrivere le regole della democrazia, che oggi è un campo di battaglia.