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La corsa a ostacoli delle riforme
Il taglio dei deputati passato l'altro ieri al Senato desta più di una perplessità.
La prima, mi sia consentito di passar sopra alle frasi di routine che sarebbero naturali in casi del genere come “sempre meglio di niente”, è che sul serio si sarebbe potuto fare di più.
La seconda perplessità è determinata dal fatto che parlare adesso di taglio dei parlamentari è un po’ come riempirsi la bocca di fumo. Già, perché per rendere effettiva anche solo questa esigua sforbiciata bisognerà aspettare che vada in porto la riforma complessiva in cui essa è incardinata.
Il fatto positivo è che, per ora, le resistenze del presidente del Senato su questo articolo 1, che riguarda appunto la riduzione delle poltrone, per ora è stata arginata. Il tentativo, da parte di Schifani, di assecondare la linea Pdl-Lega, facendo passare il taglio dei parlamentari in secondo piano, è stato vanificato forse dal bisogno dello stesso centro destra di smentire le impressioni diffuse nei giorni scorsi sul fatto che non volessero ridurre il numero degli onorevoli.
Diciamo, insomma, che hanno voluto salvare la faccia. Ma, mi chiedo, riuscirà quest’opera a vedere la luce, se, com’è probabile, gli ostacoli che la separano dalla conclusione continueranno a farsi sempre più numerosi e insidiosi? E viene spontaneo il paragone con il taglio dei finanziamenti pubblici ai partiti, che, pure, era cosa ben più semplice da rendere effettiva.
Anche lì, pur di salvare se stessi, i partiti hanno quasi preferito perdere la faccia di fronte agli elettori, ormai malati, forse a ragione, di antipolitica. Ed allora, noi pazientiamo, aspettiamo ed osserviamo, ma restiamo convinti che questa classe politica, pur di salvaguardare se stessa, farà fatica, come ha già dimostrato, ad ascoltare le esigenze vere del Paese. Sicuramente, però, non smetteremo di combattere perché le esigenze dei cittadini tornino in primo piano, come ormai da troppo tempo non avviene.



RIFORME? GOVERNO CHIEDA A NOI
La conferenza stampa di Monti è stata una maratona record di 2 ore e 40 minuti. Ad essere del tutto sinceri, però, a parte tante enunciazioni e tanti buoni propositi, di concreto non è uscito fuori proprio nulla. Il presidente del Consiglio è stato insignito del tesserino di giornalista ad honorem, ma non ha dato una notizia una. E noi non abbiamo intenzione di commentare annunci, promesse e impegni. Vogliamo giudicare soltanto i fatti, che al momento ancora non ci sono. Però vogliamo ancora una volta essere costruttivi. Se il governo ha interesse al nostro contributo in materia di lotta alla corruzione e di riforma del processo civile, come annunciato dal ministro della Giustizia Paola Severino, piuttosto che di lotta all’evasione fiscale e di efficienza della pubblica amministrazione, ce lo chieda e saremo ben lieti di mettere a disposizione i nostri progetti di riforma. Sono anni che ci impegniamo su questi temi, che presentiamo proposte di legge e facciamo iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica. Con Berlusconi al governo non se ne poteva neanche parlare, ora attendiamo che Monti e i suoi ministri diano un vero segno di discontinuità rispetto al passato. La palla, adesso, è nel loro campo. Vediamo come la giocano.



CRISI, NESSUNO INGOI LA POLPETTA AVVELENATA DI TREMONTI




ENTRO UN ANNO SCEGLIAMO LEADER
Pubblico la mia intervista di oggi sul quotidiano l'Unità.
“La maggioranza, finché c' è, ha il dovere politico e, più ancora, etico e morale di governare e risolvere i problemi del paese. Non di fare chiacchiere, come è stato finora. L' opposizione ha il dovere altrettanto politico ma anche etico e morale, di rimettersi insieme, prendendo atto che in questo momento non c' è una coalizione avversa a quella del Pdl e Lega". Questo in estrema sintesi il pensiero di Massimo Donadi, capogruppo dell' Italia dei valori alla Camera, che però avverte: "Se questa maggioranza implodesse ci potremmo trovare di fronte a un' emergenza nazionale, di fronte al problema di creare una maggioranza diversa o andare alle elezioni".
Cosa si dovrebbe fare in questo caso? "Ci sono questioni gravi legate alla crisi economica ma, poiché si vota in tre mesi, io penso che sia meglio avere un governo che sia espressione della volontà degli elettori con un mandato chiaro, piuttosto che uno pseudo governo tecnico. Però, prima di andare a votare, bisognerebbe fare, in tre o al massimo sei mesi, una riflessione sulle regole, perché in Italia c' è una democrazia taroccata.In una democrazia dell' informazione non si può andare alle elezioni quando forze economico-editoriali, che fanno riferimento al presidente del consiglio, condizionano alla radice la trasparenza e l' obiettività del formarsi del pensiero politico nel paese".
E cosa propone? "Tre leggi fondamentali: una sulla libertà dell' informazione che stabilisca l' informazione libera ma anche la politica libera dall' informazione, ci deve essere incompatibilità fra chi fa una cosa e chi fa l' altra. Secondo: servirebbe una riforma delle legCosa si dovrebbe fare in quel caso? E cosa propone? ge elettorale che ridia pienezza del diritto di voto ai cittadini e, tre, una riforma dei regolamenti parlamentari perché non si accampino pretesti sulle leggi che non vengono approvate, passando stancamente da un ramo all' altro dal parlamento".
Si dovrebbe creare una maggioranza diversa, quando Bersani parla di patto repubblicano anche con Fini, lei pensa che dovrebbe servire a questo? "Esattamente, ma senza perdere di vista che sono due i profili su cui lavorare. Il primo è quello di lunga prospettiva, della costruzione di una coalizione che si candidi a governare con una visione riformatrice del paese. L' altro è essere pronti a fronteggiare il rischio che questa maggioranza imploda e, in questo caso, ci si deve dare il compito di riscrivere due o tre regole per restituire veridicità a una democrazia taroccata e, al tempo stesso, fare fronte alle urgenze economiche e sociali prodotte dalla crisi".
Quale opposizione? "Sono un po' stufo dell' etichetta di centro sinistra. Nella politica italiana destra e sinistra sono concetti da radare al suolo e da ricostruire sulla base di progetti nuovi. Abbiamo bisogno di passione e generosità e di pochi calcoli politici fatti a tavolino, di quelli che hanno visto indulgere il Pd su pallottolieri magici che gli elettori hanno rifiutato. E abbiamo bisogno di trovare presto, sulla base di valori trainanti, un leader, poiché nelle democrazie moderne non si può fare a meno di incarnare il progetto in una leadership".
Un leader non si compra su e bay. "E' vero ma va riconosciuto al Pd il merito di avere imposto un metodo di grande partecipazione come le primarie. Bisognerebbe avere il coraggio di trasformarle in qualcosa di ancora più americano di quanto non siano state fino adesso. Diamoci tempo un anno in cui candidati della società civile e dei partiti si confrontino sulle idee, poiché l' unico modo di fare emergere una leadership è il confronto delle idee. Se aspettiamo le segreterie dei partiti, non dico un Obama ma nemmeno un Tony Blair verrà mai fuori”.
di Jolanda Bufalini, dal quotidiano l'Unità



SULLE RIFORME FANN0 IL GIOCO DELL'OCA
Non ci vuole poi molto a fare le riforme quando si hanno le idee chiare. Non capisco perché in questo strano paese ogni volta che si affronta questo argomento, sembra di giocare al gioco dell’oca: punti l’obiettivo, tiri il dado, fai un giro e poi ritorni al punto di partenza. Nel frattempo, sono passati vent’anni, gli altri paesi crescono e noi restiamo a guardare. Da noi si naviga a vista, le lunghe rotte e le grandi scoperte le lasciamo agli altri. In Italia, dunque, si è aperta ufficialmente la stagione delle riforme e sembra quasi che basti la parola per far sentire tutti appagati riformisti. Con l’aria che tira e le premesse che circolano, a cominciare dagli stracci in faccia che volano nella maggioranza per l’incoronazione del futuro comandante delle riforme, sarà una stagione oscena. Noi proseguiamo per la nostra strada, convinti come siamo che la rotta riformista tracciata nel nostro primo congresso nazionale sia la direzione giusta da prendere. Leggi anticorruzione, come quelle lanciate ieri da Travaglio, sono la premessa della nostra rivoluzione riformista. Anzi, sono il nostro Dna costitutivo. Abbiamo depositato molte proposte di legge in tal senso, perché convinti da sempre che solo una classe politica credibile può proporre riforme credibili. La maggioranza ha solo l’imbarazzo della scelta con Italia dei Valori. Ma tutte le leggi anticorruzione del mondo da sole non bastano. Sono uno straordinario punto di partenza, certamente ineludibile per un Paese dove la corruzione ogni anno si mangia 60 miliardi di euro. Ma occorre andare oltre, osare di più, se davvero si vuole avviare una vera rivoluzione riformista che punti al bene del Paese e che ponga la ricerca dell’equilibrio come faro e guida del suo percorso. Serve un Parlamento più snello, con una sola Camera, un Senato federale e la riduzione del numero dei parlamentari. Serve snellire le procedure parlamentari, a partire da quelle relative al voto, riconducendole in alcuni casi alla sola Aula. Serve un sistema fiscale più equo che vada di pari passo ad una lotta all’evasione fiscale senza tregua. E’ una vergogna che nel nostro paese vi sia un sistema di tassazione che prosciuga gli onesti, mentre i disonesti riescono bellamente a farla franca e ad arricchirsi sempre di più. Serve fare bene il federalismo, a cominciare dai suoi decreti attuativi, per renderlo solidale e non egoistico come vorrebbe la Lega “che ha messo l’Italia su un tavolo di anatomia patologica per segarla a pezzi”. Serve una serie legge sul conflitto di interessi, se davvero si vuole parlare di presidenzialismo vero, semi o intero che sia, ed evitare quello di stampo sudamericano che vorrebbe tanto Silvio Berlusconi. Serve equilibrio, buona volontà e saggezza. Ce ne è abbastanza per i prossimi tre anni. Ma non facciamone passare altri dieci.



RIFORME VERE NON INCIUCI DI BASSA LEGA
Napolesconi
Voi affidereste i vostri risparmi alla banda Bassotti? E’ la domanda che mi frulla in testa da quando è cominciato il balletto delle riforme. Il paragone può sembrare semplicistico o impertinente ma la questione è: voi affidereste, serenamente e pacatamente, le riforme costituzionali al Pdl e alla Lega? Quello che preoccupa, al di là di strategie golpiste o meno, è che le riforme costituzionali verrebbero di fatto affidate a due partiti che non hanno una visione complessiva ed alta dello Stato. Da una parte, infatti, c’è il Pdl che ha una visione di riforma monoteista, che gira intorno ad un uomo solo, Berlusconi, che smania per il presidenzialismo, non perché lo ritenga la forma migliore di governo, ma perché gli garantirebbe poteri assoluti e lo svincolerebbe dal fastidioso controllo di altri organi a garanzia della democrazia, presidenza della Repubblica e Corte costituzionale in testa. Con una visione così miope ed egoistica c’è il forte rischio di deragliare alla prima curva pericolosa. Il presidenzialismo di Berlusconi per Berlusconi è una follia impraticabile, dannosa e pericolosa. Dall’altra parte, c’è la Lega che, ringalluzzita dall’ottima perfomance elettorale, lancia l’Opa sulle riforme e dice che esse spettano di diritto al perito elettrotecnico Bossi e al dentista Calderoli, il leader che voleva usare il tricolore come carta igienica e il ministro che portava il maiale a passeggio sul terreno per la moschea. Due esempi fulgidi che ci ricordano l’alto senso dello Stato e delle istituzioni e la politica illuminata, moderna e riformatrice della Lega, detentrice di quella sensibilità culturale che l’ha portata, negli anni, a costruire steccati ideologici su tutto, immigrazione, concorrenza e libero mercato. Insomma, con queste premesse, fatte di miopia ed egoismo, rischiamo di volare basso e di brutto, anzi di non riuscire neanche ad alzare la testa. Con questa visione di corto respiro il disegno di riforma costituzionale rischia di fare la fine dei fagiani durante la stagione della caccia. Noi, per il momento, restiamo a guardare nella speranza che facciano sul serio. Né apertura totale, né chiusura preconcetta ma con il ruolo e la coscienza critica che ci contraddistinguono da sempre. Sulle intercettazioni, sul presidenzialismo alla Berlusconi e sulla magistratura sottoposta al controllo dell’Esecutivo, tanto per capirci, non facciamo sconti. Ma se all’orizzonte si prefigurasse davvero una riforma del sistema fiscale in senso più equo, una riduzione del numero dei parlamentari, un patto anticorruzione bipartisan sul modello di quello realizzato in Spagna da Zapatero, dopo l’ondata di scandali che ha travolto la Spagna, ci faremo in quattro per portarle avanti ma alla luce del sole. Sul piatto della bilancia, solo l’interesse del Paese, non accordicchi che puzzano di merce di scambio.



QUALI RIFORME HANNO IN TESTA?
riforme
Sono tre anni che, il giorno dopo le elezioni, va in scena lo stesso rituale. Il centrodestra dice facciamo le riforme ed il Partito democratico risponde subito “si grazie”. Mi sfugge questa logica. Io ritengo che, alla domanda facciamo le riforme, la risposta giusta sia “quali riforme?”. Perché se le riforme che hanno in mente sono la liquidazione della giustizia e dei magistrati, se è il presidenzialismo per celebrare il delirio di onnipotenza di Berlusconi che brama il Colle più di ogni altra cosa, dire subito di sì non solo è sbagliato ma è una colossale scemenza e con questo centrodestra non c’è nulla di cui ben sperare. Non siamo preclusi concettualmente alle riforme. Se, nei prossimi tre anni, si apre una discussione seria sulla riforma fiscale, invertendo la tendenza attuale che avvantaggia pochi a danno di molti, se la maggioranza intende superare il bicameralismo perfetto, riducendo contestualmente il numero dei parlamentari, se si pensa ad un federalismo fiscale serio e responsabile, e non a quello egoista e secessionista che ha in testa la Lega, allora noi ci siamo e vogliamo esserci. Ma non si può dire subito di sì, senza conoscere le carte in tavola. Mi domando. Agli italiani frega qualcosa di eleggere direttamente il capo dello Stato? E se a qualcuno comunque fregasse, è questa la priorità? Oppure, hanno bisogno di un governo che metta finalmente mano ai loro problemi, come il lavoro, la disoccupazione, la riforma delle pensioni, la riduzione dei tempi della giustizia e lo snellimento della burocrazia? Se il Partito democratico pensa di scendere a patto con il centrodestra sulle riforme che interessano a Berlusconi, e non al Paese, vuol dire che non ha capito la lezione che arriva forte e chiara dalle urne. Basta alchimie, basta costruire, come dice bene oggi Ezio Mauro su la Repubblica, il meccano delle alleanze. Bisogna mettersi ventre a terra. I partiti devono uscire dalle loro rocche eburnee, dalle stanze dorate dei bottoni, buttarsi in mezzo alla gente e sporcarsi le mani con i loro problemi. Solo così si potrà pensare di tornare a vincere un giorno. I prossimi tre anni saranno forse più difficili di quelli che sono già trascorsi. Le insidie saranno numerosissime e acquattate dietro ogni angolo, nascoste nelle pieghe dei provvedimenti che presenteranno. In tutto questo, noi non possiamo rimanere a guardare o semplicemente a limitare il danno. Dobbiamo inchiodarli alle loro responsabilità. E se è vero che l’agenda la stabilisce il governo è vero anche che possiamo disturbare il manovratore, indicando una nuova direzione da prendere e andare porta a porta a spiegarla alla gente. Dobbiamo impegnare il tempo che resta a scrivere un programma di governo, a gettare le basi per la costruzione di un’alternativa possibile e bussare nelle case degli italiani per spiegare cosa abbiamo in mente e nel cuore. Non possiamo perdere altro tempo. Non possiamo rimanere a guardare mentre l’onda verde cresce e si radica anche al centro Italia, colmando un vuoto lasciato dal centrosinistra per colpa di un Pd che sull’immigrazione e sulla legalità si ostina a parlare una lingua diversa rispetto a quella degli italiani. Non possiamo lasciare a Berlusconi quel poco che ci rimane, solo perché il Pd non mostra il coraggio di fare pulizia nella sua classe dirigente. Dobbiamo costruire insieme un nuovo centrosinistra, a cominciare dalla ricerca di un candidato premier credibile, che non necessariamente deve essere espressione di nomenclature o frutto di alchimie e fusioni a freddo. Bisogna ritrovare la passione. Noi ce l’abbiamo. Se il Pd ce l’ha batta un colpo ma non alla porta di Berlusconi.



AL PD SERVONO IDEE CHIARE
Il Pd dia risposte concrete
Pubblico una mia intervista apparsa questa mattina sulle pagine de Il Tempo.
"A distanza di tre mesi dalla sue elezione non ho capito qual è la sua politica. Mi pare che Bersani non abbia le idee molto chiare". Il capogruppo dell' Idv alla Camera Massimo Donadi risponde così alle perplessità, espresse ieri dal vicepresidente del Pd Marina Sereni sulle pagine de Il Tempo , nei confronti del suo partito. "Le parole di Marina Sereni - spiega - ci hanno amareggiato perché sono le parole di un alleato che non ha ancora capito qual è la posta in gioco. Si possono fare tutte le riforme del mondo, ma non ci sarà una vera pacificazione fino a quando non si risolve il vero problema del Paese: quello del Quarto potere che è nelle mani di una parte politica. È come se in una partita di calcio l' arbitro fosse il dodicesimo giocatore in campo. Questo è il vero problema.
Fino a quando il Pd non lo capirà si farà trascinare in fantomatici tavoli delle riforme".
Lei ha capito cosa pensa Bersani dell' alleanza con l' Idv? "Questo lo dovrebbe chiedere a Bersani".
Ma sono tre mesi che è segretario del Pd. Qualcosa dovrebbe aver capito della sua linea...
"Finora non è dato sapere quali sono gli elementi portanti che dovrebbero caratterizzare la sua politica. Abbiamo preso atto che Bersani ha fatto prendere le distanze del Pd dall'Idv. A noi interessa la chiarezza e la riforma sui mezzi di informazione televisivi".
Voi pensate di essere degli alleati affidabili per il Pd? "Noi siamo molto affidabili. Si deve trovare un accordo su come andare avanti insieme. Se vogliamo essere un' alternativa a Berlusconi dobbiamo esserla domani. Bersani continua a dire che il più antiberlusconiano sarà quello che lo batterà nelle urne. Ma questo accadrà tra tre anni. Un' opposizione seria è anche un' opposizione che evita di fare danni permanenti alla democrazia e alle istituzioni del Paese. Mi pare che Bersani non abbia ancora le idee molto chiare".
Se è così chi è il vosto interlocutore nel Pd? "È Bersani. Lui è il solo interlocutore con il quale cercheremo il dialogo. Il Pd dovrebbe comprendere le ragioni dell' Idv come alleato, invece di cercare di ridimensionarci. Altrimenti rischia di fare la fine di Massimo D' Alema con la Bicamerale e quella di Walter Veltroni all' inizio della scorsa legislatura. Speriamo che Bersani non segua la stessa strada".
Lanfranco Palazzolo. Il Tempo



TRA LA PALICE E LIBERTA’ D’INFORMAZIONE




BUON NATALE A TUTTI



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