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A BERLUSCONI FANNO SCHIFO L’ITALIA E GLI ITALIANI

berlusconiberlusconiA Berlusconi fanno schifo l’Italia e gli italiani. E’ per questo che da quindici anni li inganna, gli mente, fa e promette di tutto senza mantenere mai nulla, solo per perseguire un disegno personale di impunità.Dileggia le istituzioni, le offende, le delegittima, basta solo che si permettano di incrociare le sue scelte, i suoi  voleri o i suoi obiettivi.Di questo ha pagato il prezzo soprattutto la magistratura, rea di aver osato mettere il naso nei suoi “affari di famiglia”. Di aver cercato di scoperchiare il pentolone delle società off-shore, dei fondi neri Mediaset, delle tangenti pagate con quei soldi, delle corruzioni commesse con quei soldi.Da qui LA VERITA’  personale che Berlusconi si è costruito e che ha propagato ai quattro venti con la sua armata di televisioni e giornali: i giudici sono tutti bravi TRANNE quelli che si occupano di lui o degli amici suoi. Le sentenze vanno tutte rispettate TRANNE  quelle che condannano lui o gli amici suoi. Non c’è speranza  che un giudice lo condanni  a ragione. No. Perché solo i giudici comunisti cercano di processarlo, anzi, lo perseguitano. Se un giudice è “perbene” sa che Berlsuconi  è innocente per definizione e quindi se ne tiene alla larga.Noi di Italia dei Valori abbiamo chiamato questo:  nuovo fascismo. Ovvero la sistematica rimozione dei fatti e delle verità per sostituirle con una verità imposta. Non più imposta con la forza ma con la pervasività delle televisioni che trasformano qualsiasi frottola, ripetuta fino all’ossessione, in una verità. Con lo stesso meccanismo con cui la pubblicità ripetuta trasforma qualsiasi “cazzata” di prodotto in un bisogno assoluto.Oggi la VERITA’ personale di Berlusconi si arricchisce di un nuovo passaggio.  Dato che io sono innocente per definizione e che chiunque indaga su di me è conseguentemente un comunista  e un mascalzone, anche se sarò condannato non mi dimetterò. Non c’è dubbio che nei prossimi mesi questo nuovo capitolo della verità del  nostro  caro leader sarà ripetuto fino alla nausea dai cento lacchè che per suo conto popolano quotidianamente ogni possibile contenitore televisivo, per sedare preventivamente le coscienze dell’ODIATA ITALIA e degli ODIATI ITALIANI all’eventuale condanna.Noi non avevamo molti dubbi sul fatto che Berlusconi non si sarebbe dimesso in caso di condanna. Qualche dubbio ora comincia a venirci sul fatto che si dimetterà alla fine della legislatura, dopo le nuove elezioni!!!

ANCHE IL SIGNOR ROSSI ORA VA ALLA CARITAS

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Le famiglie italiane sono sempre più povere. Nel secondo trimestre del 2009, il reddito lordo disponibile per le famiglie è diminuito dell’1% rispetto al trimestre precedente, con una perdita in termini assoluti di 11 miliardi di euro. E’ quanto emerge dallo studio dell’Istat “Reddito e risparmio delle famiglie e profitti della società”.Nel febbraio del 2008, la Caritas di Roma ha aperto un emporio della solidarietà, un supermercato dove persone con difficoltà economiche possono recarsi a fare la spesa gratuitamente. Lo abbiamo visitato, incontrando i responsabili e parlando con loro. C’è una cosa, sopra tutte, che colpisce come un pugno nello stomaco e che dimostra come quei dati Istat siano drammaticamente veri. A venire a fare la spesa all’emporio non sono i poveri del nostro immaginario collettivo, i disperati, gli abbandonati, i barboni. Ci sono anche quelli ma ci sono soprattutto “ le famiglie normali”, quelle del piano di sotto, monoreddito, con figli che studiano, che pagano la rata del mutuo o l’affitto e che non arrivano più alla fine del mese. C’è il piccolo imprenditore o il commerciante che la crisi economica ha ridotto sul lastrico. C’è l’operaio che è stato licenziato o è stato messo in cassa integrazione. C’è quel ceto medio, insomma, che la crisi sta schiacciando inesorabilmente. Ma c’è anche tanta dignità.Gli empori della solidarietà, frutto della straordinaria collaborazione tra la Caritas, il Comune di Roma, benefattori privati e grandi aziende,  stanno nascendo in altre città. E se da una parte Roma rivendica la paternità dell’iniziativa con orgoglio, dall’altra sottolinea che la proliferazione degli empori è il segno evidente di una vera e propria emergenza povertà a livello nazionale.Quando governava il centrosinistra, le tv bombardavano i telespettatori con la notizia che le famiglie italiane erano sempre più povere. Ora non se ne parla più. C’è solo il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che, a reti unificate, dice che la crisi è finita. Lasciamo alle immagini e alle parole dire se è vero o no.

LA CASTA SALVA IL MINISTRO

Altero MatteoliAltero Matteoli Deputati, ministri, sottosegretari, tutti al gran completo. Non si vedeva uno spiegamento di forze così imponente da parecchio tempo alla Camera. Ieri, in Transatlantico, i cellulari della maggioranza sembravano impazziti. Dall’alto, era partito l’ordine: tutti in Aula, c’è un uomo da salvare. Ma non si trattava di un uomo qualunque, magari un precario della scuola o un operaio licenziato. L’uomo da salvare era ed è il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli che ieri Pdl, Lega e Udc hanno salvato dal giudizio dei magistrati. Salvato dalla casta e da un artificio tecnico, messo in campo dall’on. Consolo, avvocato difensore di Matteoli, nonché membro della Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. Et voilà, l’ennesimo conflitto di interessi è servito.Questo in breve il fatto. Altero Matteoli, all’epoca dei fatti contestatigli ministro dell’Ambiente, avvisò il prefetto di Livorno di un procedimento penale per abusi edilizi sull’isola d’Elba a suo carico, consigliandogli “di non usare il cellulare e di distruggere la memoria del suo computer”.Questa è l’accusa. Vero o no, in un paese normale spetterebbe alla magistratura il compito di accertare la veridicità dei fatti, tanto più se a compiere il reato è stato un ministro della Repubblica. In un paese normale, dove tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. In Italia no. Se in ballo c’è un ministro che “sembrerebbe aver commesso un reato” si invoca l’immunità, ci si nasconde dietro l’artificio giurisprudenziale, degno del peggior azzeccagarbugli.C’è solo una ragione per la quale la Camera avrebbe avuto ragione ad impedire di procedere contro il ministro Matteoli, ovvero, “in presenza di tutela dell’interesse dello Stato”. Non so voi, ma personalmente non ravviso nessuna ragion di Stato dietro al fatto che il ministro Matteoli abbia avvisato “di guai in vista” l’amico prefetto.Invece, ieri, con 375 voti a favore e 199 contrari, ciò che non è riuscito a Berlusconi con il lodo Alfano, è riuscito al ministro Matteoli con il lodo Consolo: assicurarsi l’immunità, anzi, l’impunità davanti alla legge. Una beffa quasi insopportabile per il povero Silvio. In questo Paese, essere ministri è meglio che essere semplici cittadini, ma è anche meglio che essere presidenti del Consiglio.

LA SICUREZZA NON SI TAGLIA

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“La sicurezza e' un diritto. E i diritti non si tagliano”. E’ questo l’urlo che ha percorso questa mattina le strade di Roma. A urlare il loro disagio e la loro rabbia c’erano migliaia di uomini e donne appartenenti alle forze dell’ordine. Trentamila persone della Polizia di Stato,  della Polizia Penitenziaria, del Corpo Forestale dello Stato, della Guardia di Finanza eMarina Militare e Aeronautica militare hanno sfilato per le strade della capitale contro il Governo Berlusconi che in due anni non ha fatto altro che tagliare i fondi al comparto sicurezza. Questa volta non abbiamo voluto proporvi un nostro commento. Questa volta a parlare saranno i loro volti, le loro storie e i loro drammi quotidiani. Il Governo Berlusconi continua a riempirsi la bocca con la parola sicurezza, ma la verità è che in tre anni ha tagliato tre miliardi di euro agli operatori del settore con drammatiche ripercussioni sull’operatività e sull’organizzazione del lavoro delle forze dell’ordine. Tutto questo significa meno sicurezza per i cittadini, significa meno pattuglie in servizio, meno volanti a disposizione, tagli ai commissariati minori, meno poliziotti a perlustrare le nostre città o a rispondere al centralino del 118 per le emergenze. Questa volta non siamo noi a dirlo, non possono accusarci di fare propaganda. A dirlo è la voce di chi ogni giorno resta in strada a proteggerci e a servire il nostro Paese.

5 DICEMBRE IN PIAZZA: SERVE UNITA'

 Vasto 2009Vasto 2009


DOVEROSA CORREZIONE


 

 

Non c'è dubbio alcuno che la manifestazione sia nata dalla rete, grazie all'impegno e alla dedizione di alcuni blogger che hanno avviato un gruppo - al quale io stesso ho aderito - che conta oggi più di 100.000 iscritti. IDV si è soltanto aggiunta a questa iniziativa e non ha alcuna intenzione di metterci il cappello sopra. Tantomeno possiamo decidere se la manifestazione si debba tenere o meno.

Detto questo nel mio post mi ponevo la domanda se è opportuno che IDV sia presente (con le proprie bandiere) dato che alla manifestazione non ci saranno tutti i partiti di opposizione e c'è il rischio di dare un segnale di un'opposizione ancora una volta divisa. Ovviamente in quel caso si dovrebbe partecipare senza simboli di partito, ognuno a titolo individuale.

Mi dispiace davvero se la mia riflessione ha ingenerato un simile equivoco. In ogni caso, sbagliare è umano, correggere è doveroso

 

 

Oggi è stata presentata da Di Pietro e Ferrero la manifestazione nazionale del 5 dicembre per denunciare il grande inganno di questa maggioranza e chiedere le dimissioni di Berlusconi. Alla manifestazione, oltre a Idv e Prc, ha garantito il suo entusiastico appoggio anche il Pdci di Diliberto. Il Pd, invece, attraverso Penati, coordinatore della mozione Bersani, ha fatto sapere che “quando ci saranno una piattaforma e contenuti comuni sulle questioni democratiche e sociali aperte nel paese e sulla prospettiva dell'alternativa, sarà il momento giusto per decidere tutti insieme forme di iniziative e mobilitazione”. Su questa questione mi sono permesso di sollecitare una riflessione all’interno di Italia dei Valori. E’ sbagliato dare al Pd il pretesto di poter dire ‘non veniamo perché l’avete organizzata senza consultare nessuno’. Dobbiamo agire con più ‘furbizia politica’ per ‘stanare’ le altre opposizioni e verificare le loro reali intenzioni.

E’ ormai evidente, nonostante il cumulo di bugie dette, che questo governo ha tradito gli impegni presi con i cittadini ed è altrettanto evidente che è incapace di affrontare la crisi economica. La conferma della sentenza di condanna per David Mills dimostra l’assoluta perdita di credibilità, anche internazionale, del presidente del Consiglio. Per questi motivi una manifestazione come quella del 5 dicembre è doverosa e sacrosanta, ma l’elezione di Bersani a segretario del Pd apre una nuova fase politica da cui non si può prescindere. Questo impone una riflessione all’Italia dei Valori: se privilegiare iniziative importanti ma parziali oppure iniziare da subito a ricercare momenti di unione di tutto il centrosinistra. Italia dei Valori ha la carte in regola anche per farsi promotrice di un incontro di tutte le forze del centrosinistra e lì verificare se vi è una comune disponibilità ad organizzare una grande manifestazione popolare per denunciare la deriva di questo governo, anche a costo di accantonare temporaneamente, la manifestazione del 5 dicembre. Da questo momento in poi, per dare la spallata vera e definitiva a Berlusconi, serve l’unione di tutte le opposizioni. Condurre una battaglia politica giusta senza avere, però, la capacità di coinvolgere tutti, diminuisce anche la nostra forza. Cosa ne pensate?

 

 

 

A PIERLUIGI DICO CHE...

 Pierluigi BersaniPierluigi BersaniIeri è stata scritta una bella pagina di democrazia. Tre milioni e mezzo di persone, che sono andate a votare, questa volta in una competizione vera e senza sconti, sono un successo straordinario, il segno evidente che la voglia di partecipazione è alta.Al neosegretario del Partito Democratico, Pierluigi Bersani, faccio i miei più sinceri auguri di buon lavoro con l’auspicio, però, che con l’elezione di Pierluigi si chiuda finalmente la fase costituente del Pd, che in realtà non si è mai chiusa, e si apra una stagione nuova, quella del partito solido, strutturato, punto di riferimento della coalizione di centrosinistra e dell’asse riformista. A Pierluigi dico due o tre cose per me fondamentali e sulle quali dovremo confrontarci al più presto. Innanzitutto, dico che serve una politica di alleanze serie, su linee programmatiche serie. A nulla serve una politica di alleanze vecchio stile, modello Unione per intenderci, con la quale magari si vincono le elezioni per un punto ma non si riesce a governare per i mille veti dei tanti rami ed arbusti. Il passato ci ha insegnato che a nulla serve vincere se poi non si riesce a governare, e Dio solo sa se questo paese ha bisogno di riforme e di essere ben governato.Italia dei Valori non solo è disponibile a far parte sin da adesso di questa nuova coalizione del centrosinistra, riformista, alternativa di Governo, ma di questa nuova coalizione si sente parte attiva e fondante, non meno del Partito democratico. Guarderemo con rispetto ed attenzione a qualsiasi ipotesi di alleanza ci sarà sul piatto, a patto però che non vengano meno quei punti fondanti e qualificanti della nostra politica sui quali non arretriamo di un passo: liste pulite, senza condannati e candidature irreprensibili.Non lo chiediamo perché abbiamo il pallino della giustizia o il complesso di superiorità riguardo alla questione morale. Lo chiediamo perché siamo convinti che i politici siano al servizio dei cittadini e non il contrario. E perché siamo convinti che i partiti ed i loro leader abbiano il dovere di assumersi la responsabilità delle loro scelte.

L'IRA(P) DI BERLUSCONI

 Silvio BerlusconiSilvio BerlusconiAbolire l’Irap non è una  priorità, ma modificarla si. E farlo non significa fare un favore alle imprese ma, semplicemente, cancellare un’ingiustizia e in tal modo tutelare l’intero mondo del lavoro.Così come è strutturata oggi, l’Irap contiene elementi di grave iniquità, che rappresentano un vero e proprio danno, oltre che per le imprese, anche – seppure indirettamente -  per il lavoro e per i lavoratori. L’imposta, infatti, viene calcolata in base al lordo del costo del personale, penalizzando le imprese ad alta intensità di manodopera, prime di tutte quelle del settore manifatturiero (che occupano la gran parte dei lavoratori nel settore industriale), e viene pagata anche quando l’esercizio si chiude in perdita, aggravando il conto economico di piccole e medie imprese già sofferenti per la crisi e la globalizzazione.Sono proprio questi i due aspetti perversi che andrebbero modificati, perché trasformano l’Irap in una sorta di tassa sul lavoro che danneggia l’intero mondo produttivo. E’ paradossale, ma un’azienda in perdita che licenzia o mette in cassa integrazione un gran numero di dipendenti, paga meno tasse di un’azienda virtuosa che, pur essendo in perdita stringe i denti e difende i posti di lavoro.Eliminare queste iniquità dell’Irap dovrebbe costare, secondo alcune valutazioni apparse in questi giorni, circa 5/6 miliardi di euro.Se poi il Governo ha davvero a disposizione tutti i 38 miliardi di euro necessari a coprire l’eliminazione l’eliminazione totale dell’IRAP, ben venga, ma allora, per quanto riguarda IDV, tutta la differenza, pari a 32/33 miliardi di euro deve andare a soddisfare l’altra grande priorità nazionale che è l’incremento dei salari. Per questo chiediamo al governo che, se i  soldi ci sono (ma ne dubitiamo fortemente) siano interamente destinati, per i residui 32/33 miliardi, a ridurre il carico fiscale sul lavoro, producendo così un sensibile incremento del netto in busta paga per i lavoratori dipendenti.Non vi nascondo la nostra disponibilità al confronto  è anche un modo per smascherare le bugie di Berlusconi che, compresa questa, ha abolito “televisivamente” l’IRAP già 5 o 6 volte negli ultimi 10 anni!!!!!Il problema è che per Berlusconi la politica è una sorta di partita a poker, fatta solo di rilanci, senza avere in mano nemmeno una misera coppia.Peccato che sia una partita che gioca con sprezzante cinismo sulla pelle degli italiani.

LA QUESTIONE MORALE

Enrico BerlinguerEnrico BerlinguerL’indice 2008 di Trasparenza pone l’Italia al 55° posto nella lotta contro la corruzione nel mondo  e al 26° posto in Europa. L’organismo d’Europa che monitora il livello di corruzione ha detto che in Italia “la corruzione è un fenomeno diffuso, dall’urbanistica, allo smaltimento dei rifiuti, agli appalti fino al settore della sanità”. Nel suo rapporto sottolinea che in Italia esiste “la volontà della magistratura di combattere la corruzione ma che nonostante questo il fenomeno è generalizzato”.E’ tutto terribilmente vero. Negli ultimi due anni, si è aperta nel Paese una nuova stagione di inchieste giudiziarie che da Firenze a Napoli, da Pescara a Catanzaro, passando per Potenza e Milano, ha coinvolto e coinvolge amministratori locali e politici nazionali.E’ stata definita la nuova Tangentopoli ma rispetto a 15 anni fa, oggi, non tremano solo i palazzi romani e non trema solo una parte politica. Tangentopoli ha traslocato, da Roma si è trasferita in periferia, nei comuni, nelle province e nelle regioni italiane, anche in quelle amministrazioni guidate dal centrosinistra che fino a qualche anno fa erano sinonimo di buona amministrazione. I politici locali, con spirito bipartisan, hanno attinto alle casseforti locali, ambiente e sanità in testa, spartendosi la fetta dei soldi pubblici. La corruzione, dunque, non è più solo a Roma e non è più appalto di una sola parte politica. Tangentopoli è diventata periferica e trasversale.Di fronte a tutto questo, occorrono due cose urgenti. La prima: più controlli e poteri alla magistratura. Serve fermare, subito, la scellerata legge sulle intercettazioni che ha in mente il centrodestra. E’ grazie a questo indispensabile strumento di indagine se i magistrati hanno scoperto spaventose sacche di malaffare. Privare la magistratura di tale strumento equivale alla resa dello Stato di fronte alla corruzione.La seconda: il rinnovo della classe dirigente. E’ impensabile che, da una parte, alla guida della regione Campania ci sia ancora quel Bassolino, travolto da spaventose inchieste, così come dall’altra è impensabile che la risposta sia la candidatura di quel Cosentino che i suoi stessi compagni di partito definiscono impresentabile.E’ triste e avvilente constatare che, in questi ultimi 15 anni il degrado morale non abbia risparmiato il centrosinistra. Quella diversità morale che da Berlinguer in poi ha caratterizzato il centrosinistra, è stata persa, anzi, tradita. Indigna constatare che quel concetto di buongoverno e di sana amministrazione che un tempo aveva caratterizzato le amministrazioni di centrosinistra abbia lasciato il posto al degrado morale, al consenso creato attraverso il sistema clientelare. Non pretendiamo di avere rispetto agli altri una sorta di superiorità morale. Mele marce ce ne sono state e ce ne saranno anche in Idv. Ma la differenza è che Italia dei Valori le mele marce vengono allontanate, negli altri partiti fanno carriera o vengono candidate.Italia dei Valori non ci sta e, se necessario, scenderà in piazza insieme ai cittadini per urlare il suo sdegno. Dobbiamo e vogliamo riportare il centrosinistra a quel senso etico smarrito. Non si può continuare a parlare di questione morale e lasciare che un cumulo di amministratori disonesti che ha tradito Berlinguer affoghi e sparisca sotto un mare di inchieste giudiziarie. La posta in gioco è il futuro del Paese, una posta troppo alta. Io non intendo lasciare la parte sana di questo Paese in mano a corrotti e delinquenti. Io non ci sto.

GIU' LE MANI DALLA PAR CONDICIO

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La maggioranza vuole cambiare la legge sulla par condicio, cancellando per sempre l’ultimo baluardo contro lo strapotere mediatico del premier.La par condicio è quella legge che, seppure con tutti i suoi limiti, soprattutto burocratici, garantisce, in campagna elettorale, a tutte le forze politiche pari opportunità di accesso ai mezzi televisivi. In poche parole, la legge sulla par condicio fa in modo che tutti i partiti politici che si sfidano siano, al via della campagna elettorale, allo stesso punto sui nastri di partenza e se la giochino “democraticamente”. Ovviamente, questo principio di democrazia, giusto e sacrosanto, non piace a Berlusconi che vuole la legge di natura, quella in base alla quale il più ricco, il più forte, il più prepotente, il più arrogante fa l’asso piglia tutto. Incassati gli ordini del capo, la maggioranza sta cercando di assaltare i tre principi cardini della legge sulla par condicio.Il primo assalto è al principio della parità, sostituito dalla proporzionalità. I partiti saranno presenti in tv in base al loro peso elettorale. Se un partito avrà preso un terzo dei voti, avrà un terzo degli spazi televisivi. Questo è un principio che all’apparenza può sembrare giusto ma che in realtà è profondamente antidemocratico. La ragione per la quale oggi è garantito pari accesso in campagna elettorale è per dare a eventuali partiti nuovi la possibilità di farsi conoscere e a forze extraparlamentari, momentaneamente escluse dalle istituzioni, di ritrovare il consenso perduto illustrando il proprio programma agli elettori. Il secondo assalto, solo in apparenza innocuo, è quello relativo al divieto in vigore oggi per i politici di frequentare trasmissioni televisive di  intrattenimento nel periodo di campagna elettorale. Apparizioni senza contraddittorio, in contenitori mattutini o pomeridiani, destinati a particolari fasce della popolazione, soprattutto giovani, casalinghe e pensionati, ha il potere di catturare consensi enormi, soprattutto in una società come la nostra dove la decisione sul voto si forma per lo più attraverso la televisione. Senza considerare il fatto che controllare le apparizioni in tutte le trasmissioni radiotelevisive diventerebbe impresa improba per qualunque controllore e che eventuali risarcimenti arriverebbero, come spesso accade, troppo tardi, quando ormai i giochi elettorali sono fatti.Il terzo assalto passa attraverso la volontà di reintrodurre gli spot a pagamento sulle tv nazionali durante il periodo di campagna elettorale, che ci riporterebbe di colpo indietro di 15 anni, a quel far west normativo che ha caratterizzato la discesa in campo di Silvio, quando l’Italia era sommersa da spot berlusconiani. Con la beffa , per di più, che essendo il premier il padrone della più grande concessionaria pubblicitaria del Paese ad ogni spot elettorale si arricchirebbe di più.Di fronte ad un progetto come questo, lo diciamo sin da adesso, l’opposizione deve essere compatta e, tanto per essere chiari, non accetteremo nessun tentennamento da parte del Pd. Non vorremmo mai che si lasciasse ingannare per egoismo personale e che, per prendersi il vantaggio di qualche apparizione in più garantito al secondo partito del paese, lasciasse passare gli aspetti devastanti di questa legge. Significherebbe, davvero, svendere la democrazia per un piatto di lenticchie. A buon intenditore poche parole: stavolta, occorre essere uniti senza tentennamenti. E’ in gioco la democrazia.

SFIDA A GIULIO SUL POSTO FISSO

“La flessibilità? Molto meglio il posto fisso”. Banalità o demagogia? Entrambe ma la vera vergogna è che a dirlo oggi è Giulio Tremonti, il superministro dell’Economia, il campione dell’ideologia liberista e liberale, quello che per quindici anni ci ha raccontato il mito dell’America, la favola del turbo capitalismo, il sogno della finanza creativa e la leggenda del lavoro flessibile, atipico, interinale.Giulio Tremonti non è un ministro qualunque di una stagione qualunque. E’ colui che, per quindici anni, con qualche fugace parentesi, ha dettato la linea economica del nostro Paese, improntata al liberalismo più sfrenato. E’ quello stesso signore che, con disinvoltura e cinismo, ha smantellato l’impianto garantista del diritto del lavoro italiano, varando nel 2001 la legge che ha istituzionalizzato il lavoro a tempo determinato; che, sempre nel 2001, ha rimosso tutti gli ostacoli normativi al ricorso di lavori atipici; che, infine, nel 2003, ha “elasticizzato la disciplina del part-time e del lavoro interinale, istituendo il contratto di inserimento. E’ quello stesso signore che, solo 10 giorni fa, ha licenziato 150.000 precari della scuola, senza battere ciglio.Ad occhio e croce, dunque, c’è un problema grande quanto una casa. O il ministro Giulio Tremonti fa demagogia da quattro soldi perché ha capito che l’emergenza lavoro è oggi la principale preoccupazione degli italiani, oppure, se davvero improvvisamente crede nel mito del posto fisso, dovrebbe dimettersi domani, confessando agli italiani di averli presi per i fondelli negli ultimi 15 anni. Anzi, le dimissioni non bastano. L’esilio sarebbe più giusto, meglio se a vita.Io sfido il ministro Tremonti su una cosa concreta e non sulla luna. Se davvero crede ad un decimo di quello che ha detto non può dire di no a due richieste di Italia dei Valori, contenute in una proposta di legge che abbiamo depositato in Parlamento. Il raddoppio della cassa integrazione per tutto il periodo della crisi, per tutelare coloro che al momento un posto fisso ce l’hanno ancora, ed un limite a quell’anomalia tutta italiana del precariato istituzionalizzato, con l’obbligo per l’azienda di assumere a tempo indeterminato il lavoratore dopo tre anni di flessibilità.