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I COLLEZIONISTI DI POLTRONE

I collezionistiI collezionistiDice il proverbio che “tropa carna ar fogu, la brusa”. Vuol dire che a far troppe cose contemporaneamente si corre il rischio di farle male. Gli antichi adagi non sbagliano mai e sarebbe buona regola attenersi ai saggi consigli dei padri, a maggior ragione se si svolgono funzioni pubbliche importanti su mandato dei cittadini e per le quali si viene pagati tanto e bene.In Parlamento, invece, sono in molti a fare l’esatto contrario e, in barba alle regole del Comitato parlamentare che stabilisce le incompatibilità tra mandato parlamentare e incarichi in società pubbliche e private, fanno mambassa di incarichi. Il primo è Lucio Stanca che fa il deputato della Repubblica per il Pdl e contemporaneamente l’amministratore delegato dell’Expo 2015. Maurizio Lupi, vicepresidente della Camera dei Deputati per il Pdl e amministratore delegato di Fiera Milano congressi. Vincenzo Galioto, senatore del Pdl e amministratore dell’Amia, l’azienda municipalizzata dei rifiuti di Palermo, in dissesto finanziario e chissà perché. Claudio Fazzone, senatore del Pdl e presidente di Acqualatina, la società che gestisce il servizio idrico, che ha aumentato la bolletta dell’acqua del 500% ai cittadini di Latina e che fa parte di quella stessa maggioranza che, qualche giorno fa, ha approvato la legge sulla privatizzazione dell’acqua.Poi c’è chi riveste più incarichi istituzionali, cioè fa il parlamentare e il sindaco o il vicesindaco contemporaneamente (Mauro Cutrufo, Riccardo De Corato, Raffaele Stancanelli, Adriano Paroli, Vicenzo Nespoli); il parlamentare e il presidente della provincia (Maria Teresa Armosino, Antonio Pepe, Luigi Cesaro). C’è chi addirittura fa il ministro e il sindaco contemporaneamente (Altero Matteoli), il sottosegretario e il presidente della provincia contemporaneamente (Daniele Folgora), il viceministro e l’assessore contemporaneamente (Paolo Romani). I collezionisti di poltrone sono in tutto 100. C’è una norma che vieta il doppio incarico fra il parlamento e i comuni oltre 20 mila abitanti e le province ma non viene rispettata. Siamo al paradosso: il legislatore fa le leggi ma poi non le rispetta.Come fanno questi signori a fare tutto e bene? Sono tutti Superman, Nembo Kid, Speedy Gonzales? Che fine ha fatto il rispetto delle norme? La risposta la lascio a voi. Noi chiediamo una cosa semplice e chiara: il rispetto delle regole. Non si possono rivestire doppi incarichi. E siamo convinti che, in paese civile, le norme, al di là che esistano o meno, non possano sostituirsi al senso civico e morale.E del resto, dietro a ogni malefatta italiana, fa capolino il presidente del Consiglio SilvioBerlusconi che, invece di strigliare i suoi per le vistose assenze a causa dei doppi incarichi, li ha giustificati abbondantemente sostenendo che hanno tutti un altro lavoro. Come se accumulare poltrone, pagati profumatamente con i soldi dei cittadini, fosse un titolo di cui andare fieri.

LA CASTA SALVA IL MINISTRO

Altero MatteoliAltero Matteoli Deputati, ministri, sottosegretari, tutti al gran completo. Non si vedeva uno spiegamento di forze così imponente da parecchio tempo alla Camera. Ieri, in Transatlantico, i cellulari della maggioranza sembravano impazziti. Dall’alto, era partito l’ordine: tutti in Aula, c’è un uomo da salvare. Ma non si trattava di un uomo qualunque, magari un precario della scuola o un operaio licenziato. L’uomo da salvare era ed è il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli che ieri Pdl, Lega e Udc hanno salvato dal giudizio dei magistrati. Salvato dalla casta e da un artificio tecnico, messo in campo dall’on. Consolo, avvocato difensore di Matteoli, nonché membro della Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. Et voilà, l’ennesimo conflitto di interessi è servito.Questo in breve il fatto. Altero Matteoli, all’epoca dei fatti contestatigli ministro dell’Ambiente, avvisò il prefetto di Livorno di un procedimento penale per abusi edilizi sull’isola d’Elba a suo carico, consigliandogli “di non usare il cellulare e di distruggere la memoria del suo computer”.Questa è l’accusa. Vero o no, in un paese normale spetterebbe alla magistratura il compito di accertare la veridicità dei fatti, tanto più se a compiere il reato è stato un ministro della Repubblica. In un paese normale, dove tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. In Italia no. Se in ballo c’è un ministro che “sembrerebbe aver commesso un reato” si invoca l’immunità, ci si nasconde dietro l’artificio giurisprudenziale, degno del peggior azzeccagarbugli.C’è solo una ragione per la quale la Camera avrebbe avuto ragione ad impedire di procedere contro il ministro Matteoli, ovvero, “in presenza di tutela dell’interesse dello Stato”. Non so voi, ma personalmente non ravviso nessuna ragion di Stato dietro al fatto che il ministro Matteoli abbia avvisato “di guai in vista” l’amico prefetto.Invece, ieri, con 375 voti a favore e 199 contrari, ciò che non è riuscito a Berlusconi con il lodo Alfano, è riuscito al ministro Matteoli con il lodo Consolo: assicurarsi l’immunità, anzi, l’impunità davanti alla legge. Una beffa quasi insopportabile per il povero Silvio. In questo Paese, essere ministri è meglio che essere semplici cittadini, ma è anche meglio che essere presidenti del Consiglio.