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DI PIETRO PRESIDENTE. ECCO PERCHE' SI'

Antonio Di PietroAntonio Di Pietro

Ieri sera su IlFattoQuotidiano.it ha preso il via un sondaggio che indica sei personaggi, compreso Antonio Di Pietro, tra i quali votare il più idoneo a sostituire Silvio Berlusconi, il cui governo volge al termine. Ciascun personaggio, oltre che da una foto, è accompagnato da due brevi note: “Perché Sì” e “Perché No” sarebbe adatto a sostituire il Presidente del Consiglio in carica. Sui due "Perché" che riguardano Antonio Di Pietro non sono d'accordo, anzi direi che proprio non c’azzeccano. A legger bene il "Perché Sì", poi, mi pare di trovarmi di fronte ad uno di quei vecchi stereotipi, sul modello che gli italiani sono tutti “pizza e mandolino”. Credo alla buona fede del giornalista del Fatto, testata che apprezzo. Ma vorrei utilizzare il blog per provare a riscrivere in un modo che mi pare più realistico le ragioni del si e quelle del no all’ipotesi di Di Pietro candidato premier alternativo a Berlusconi.

Perché Sì: Perché difende senza eccezioni o ambiguità il principio del rispetto delle regole in un paese che di assenza di legalità sta morendo. Rispetto delle regole che, assieme alla libertà individuale, sono i due pilastri sui quali tutte le grandi democrazie occidentali si fondano. E perché, grazie a Di Pietro, Italia dei Valori oggi è l’unico partito che ha un progetto coerente di rilancio del lavoro e dell’economia italiana. Un progetto presentato in occasione della nostra contromanovra alla finanziaria di Tremonti e che tutti i partiti del centrosinistra ci hanno scopiazzato (pardon …. hanno ripreso. Peccato che gli unici che non se ne sono accorti sono i media, Il Fatto compreso).

Perché No: Perché se diventasse Presidente del Consiglio realizzerebbe per davvero le cose che dice di volere, senza guardare in faccia i potenti, i grandi salotti economici e finanziari, le mille caste d’Italia, le lobby di potere. E l'Italia, si sa, è allergica alle rivoluzioni, anche se pacifiche e, dal Gattopardo in poi, è un paese dove tutto cambia perché tutto possa restare uguale.

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UNA GRANDE SFIDA DAVANTI A NOI

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Sipario chiuso sul Primo Congresso Nazionale di IdV, porte aperte su un futuro che ci lancia una grande sfida. Il congresso ha segnato una svolta di straordinaria importanza, in cui mi riconosco pienamente.Intendiamoci, svolta non significa disconoscimento del passato. Italia dei Valori continuerà ad essere il partito intransigente e radicale sui valori della legalità che è stato fino ad oggi, partito di protesta di fronte allo scempio della libertà e del dettato costituzionale. Ma da oggi si assume una responsabilità nuova. Comincia a pensare ed agire anche come partito che si pone quale obiettivo strategico l’alternativa di Governo.Già per il semplice fatto di aver annunciato questa svolta, abbiamo fatto saltare il tavolo delle alleanze nel centrosinistra, dove i soliti alchimisti della politica stavano preparando ricette indigeste per il Paese. In ventiquatto ore, un Casini stizzito ed inferocito, si rende conto che con questa mossa gli abbiamo chiuso uno di questi forni con il quale voleva giocare e grida perché è rimasto con le dita chiuse dentro. Ora non gli riuscirà più il giochino delle alleanze ad assetto variabile, al solo scopo di far saltare il bipolarismo e di tornare all’orribile pratica delle alleanze fatte il giorno dopo del voto. Ora bisogna scegliere, o di qua o di là e confrontarsi sui progetti, sui programmi, sulle persone. Siamo noi, ora, il perno centrale dell’alleanza di centrosinistra insieme al Pd. Siamo noi, ora, che diamo le carte e decidiamo a che gioco giocare. Siamo noi, ora, a decidere, insieme al Pd, sui temi prioritari da porre all’alleanza: lavoro, scuola, università, ricerca, pari opportunità, diritti civili.Ci siamo smarcati dal ruolo di partito di sola protesta che ci volevano affibbiare. Intendiamoci, la protesta e l’opposizione di fronte ad un governo fascista e pidduista è una cosa importante ma ridurci a quello ci avrebbe condannato ad un’eterna irrilevanza politica. Questa è la direzione giusta: diventare un partito che incide nelle scelte future del Paese.C’è poi il capitolo De Luca. Non lo voglio nascondere. E’ stato per me e per molti di noi un boccone amaro ma vi posso garantire che non è il prezzo pagato sull’altare di questa svolta. Non è un metodo che si inaugura. E non lo dico per paura di perdere il consenso di quell’area movimentista che da sempre ci apprezza. Se il caso De Luca fosse l’inaugurazione di un metodo non perderemmo tanto il loro consenso ma qualcosa di ben più grave, la nostra stessa anima.Il caso De Luca è semplicemente una scelta unica ed irripetibile. E’ un atto di assunzione di responsabilità che un grande partito deve sapersi dare. Esaminiamo le cose con lucidità. Non c’è dubbio che se vi fosse stata la disponibilità di candidature di peso ed immacolate sul piano della legalità non solo le avremmo sostenute ma lo stesso Pd sarebbe stato costretto a convergere su di noi. Ma la verità è che questa candidature non c’erano. De Magistris per primo ha scelto, anche se per motivi rispettabili, di non metterci comunque la faccia. Ed altre candidature di un qualche spessore non sono emerse.A quel punto ci restavano due scelte. Potevamo restare fedeli, fino alle estreme conseguenze, alla nostra eburnea purezza e presentarci da soli con una candidatura di bandiera. Sicuramente come partito ci avremmo guadagnato e avremmo pure fatto un ottimo risultato. Ma avremmo anche avuto la certezza che questa scelta consegnava la Campania a quel Caldoro che altro non è che la faccia pulita di Cosentino. Avremmo avuto, in altre parole, le mani delle cosche sulla Campania. L’alternativa era solo una. Chiedere a De Luca quello che in Italia mai, prima di oggi, nessuna forza politica si era permessa di chiedere a nessun candidato. E cioè in caso di vittoria si sarebbe impegnato: -         a chiedere al tribunale una corsia preferenziale perché il suo processo sia trattato in pochi mesi;-         a dimettersi in caso di condanna;-         ad istituire un assessorato alla trasparenza;-         ad impegnarsi sin da ora ad eliminare quel mare di contratti, consulenze ed appalti, colalborazioni, e quant’altro ci si è inventati in questi anni in Campania per sperperare il denaro pubblico in un mare di interventi di tipo clientelare.A De Luca il riconoscimento di aver avuto il coraggio di venire davanti alla nostra assemblea per dichiarare di accettare tutti questi impegni, sia, ancor di più, di essersi rimesso, affrontandolo a viso aperto, al giudizio di un’assemblea congressuale di 4.000 persone.Noi non abbiamo assolto De Luca né lui ha avuto questa pretesa. Starà ai giudici stabilire se colpevole o innocente. Tanto per me quanto per i 4.000 delegati presenti a Roma, quello che è stato significativo è la consapevolezza che nelle azioni di De Luca nemmeno la magistratura ipotizza il tornaconto personale piuttosto che la collusione con poteri criminali. Ma semplicemente l’aver agito per difendere dei posti di lavoro. La magistratura stabilirà se per difendere questi posti di lavoro ha rispettato la legge ma se mi permettete c’è una bella differenza tra chi è accusato di aver rubato e chi di aver aiutato gli altri. In ogni caso, di fronte alla scelta finale tra il difendere la nostra purezza o di far tutti insieme argine di fronte alla camorra noi non abbiamo avuto dubbi.Sono consapevole che molti, anche tra i lettori di questo blog, non saranno d’accordo con questa scelta ma nessuno potrà dire che lo abbiamo fatto di nascosto secondo i vecchi riti della politica. E’ stata un’assunzione collettiva e pubblica di responsabilità di un intero partito e della sua classe dirigente.Credo che i nostri valori non ne escano indeboliti. Credo anche che la vicenda De Luca sarà una delle tante e dure prove del difficile e lungo percorso di crescita di IdV. Potevamo scegliere la strada facile e tutta in discesa del rigore intransigente ma che condanna all’irrilevanza e al settarismo. Oppure, optare per la seconda strada, irta di pericoli, con gradini incerti, scivolosa ma  da dove può iniziare tutta un’altra storia: essere protagonisti di una stagione di rinnovamento del Paese. Io ci credo davvero.

CENTO PASSI PER L'ALTERNATIVA DI GOVERNO

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La colonna sonora de 'I cento passi' come stacco musicale, e la platea dei delegati con le mani in alto "per mostrare a tutti che sono pulite". E' in questa cornice che Antonio Di Pietro ha preso posto sul podio per la relazione al primo congresso di Italia dei Valori.
"Dai, dai, al lavoro che c'abbiamo da fare. Dobbiamo ripulire la piazza per far tornare la democrazia". Sono queste le parole con le quali il presidente è salito sul palco.
LE ALLEANZE SONO FONDAMENTALI
"Non voglio invecchiare facendo opposizione a Berlusconi, aspettando che vada in pensione. Abbiamo dimostrato che sappiamo fare opposizione ma, come dice il mio amico Bersani, di opposizione si muore. È il momento dell'alternativa"... Io voglio sconfiggere la politica di Berlusconi. La sua persona l'affido ai magistrati...
... Non vogliamo fregare il vicino di casa ma fare si' che gli elettori capiscano che il nostro condominio e' meglio dell'altro". Dobbiamo evitare l'isolamento, perchè "da soli non si fanno figli"...
Dobbiamo "buttare a mare il governo Berlusconi" politicamente ma per farlo "abbiamo il dovere di trovare un punto d'incontro, tra il nostro programma e quello degli altri"... "Non ci collochiamo ne' a destra ne' a sinistra, vogliamo superare la barriere ideologiche", "e se sono comunisti perche' si preoccupano degli ultimi, allora anche Gesu' era comunista. Allora anche il Papa e' comunista...".
PRONTI PER ESSERE ALTERNATIVA
"In Campania e questo vale per tutte le altre regioni, se l'Idv va da sola fa una bella figura ma consegna tutte le 13 regioni a Berlusconi, questa e' la verita'". "Se vuoi essere forza del 2% che urla nelle piazze va bene come stiamo, ma il nostro zoccolo duro e' transitorio, se accettiamo solo il voto di pancia allora dipenderemo solo dal mal di pancia di quel momento... Questo ci vuole se vuoi essere una forza di governo...."
"Passare dalla fase dell'opposizione alla fase dell'alternativa, questo il nostro obiettivo per il futuro. Perche' oggi? Perche' oggi abbiamo la forza per farlo, riteniamo di essere in gradi di costruire questa alternativa. Ma da soli non ce la possiamo fare, dobbiamo cercare un'alleanza per costruire un'alternativa, perche' sennò restiamo a fare opposizione. E io non voglio restare a fare opposizione, perche' si puo' finire a morire di opposizione... La nostra sfida e' l'obiettivo delle elezioni del 2013: riconquistare il governo del Paese per riportarlo in mani democratiche. Dopo il 2013, ci saro' ancora ma il mio obiettivo e' portare la nave dell'Idv, naturalmente insieme ad altri comandanti di altre flotte, in mari democratici"...
"Rafforzare l'Idv, nella consapevolezza pero' che diventare piu' forti, fare 'bella figura' anche, ma senza riuscire a battere il nemico, e' una vittoria che non vale nulla. Peggio e' come 'bere l'olio di ricino'. Per questo bisogna avere ben chiaro che per battere 'politicamente' Berlusconi serve stringere alleanze, non 'serve a nulla dire solo di no, senza alternative'. Magari mettendo dei 'paletti', nelle proprie alleanze, anche con il Pd, consapevoli che il 'paradiso' di una fusione con le forze del centrosinistra e' ancora lontano e che oggi bisogna accontentarsi del 'purgatorio'. Ma forti anche della certezza che l'obiettivo vero, ancora piu' di quello di 'buttare a mare Berlusconi' e' quello delle elezioni politiche del 2013, vincerle per 'riconsegnare il Paese alla democrazia' e sfilarlo dalla politica 'che fa schifo', quella 'xenofoba, razzista e fascista delle destre' mentre la concezione della politica che guida l'alternativa dell'Idv e' quella della 'difesa delle fasce piu' deboli".

CARO PRESIDENTE STAVOLTA DISSENTO

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Pubblico il testo della lettera che ho inviato oggi al presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

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Caro Presidente,

rispettosamente, ma totalmente, dissento dal contenuto della lettera da Lei inviata ai familiari dell’on. Craxi.

Innanzitutto, perché constato che le sue parole non stanno servendo affatto ad una serena e più condivisa considerazione della figura di Craxi e di quel periodo della storia repubblicana ma, semplicemente, stanno dando un’insperata forza a quelle mille interessate voci che tentano oggi, unilateralmente e strumentalmente, di riscrivere la storia “a senso unico”.

Come si può immaginare, Signor Presidente, di giungere ad una memoria condivisa fino a quando a definire i contorni di questa memoria sono, Lei compreso, i protagonisti politici di quel tempo, protagonisti ancora oggi, e in tanti, della vita politica?

La serenità di una visione condivisa non potrà nascere altrimenti che dall’analisi distaccata di chi quegli anni non li ha vissuti in prima persona. Lasciamo, quindi, alla storia questo compito. Per questo, la mia sensazione, leggendo la Sua lettera è che, forse non intenzionalmente, in Lei per un giorno sia prevalsa la memoria di chi di quei giorni è stato autorevole testimone, piuttosto che il giusto distacco necessario per raggiungere il pur nobile obiettivo che Lei si è proposto.

Non si spiega, altrimenti, come del Craxi politico e uomo di governo Lei possa ricordare soltanto le innegabili positive intuizioni, dimenticando totalmente ed incomprensibilmente, di ricordarne anche il ruolo di assoluta primaria grandezza nel consentire e realizzare quel “sacco” della ricchezza pubblica che, in quindici anni, portò il debito pubblico dal 60 al 120%, togliendo a due generazioni future di italiani la speranza di un futuro migliore.

Un vero e proprio assalto alla diligenza, con il quale una classe politica già screditata e compromessa cercò di mantenere il consenso spendendo soldi che non c’erano. In quegli anni scellerati si mandarono in pensione quarantenni, si aumentò di un milione il numero dei dipendenti nelle pubbliche amministrazioni, si diede vita ad un sistema assistenziale di matrice clientelare e di illegalità diffusa che misero il paese in ginocchio. Caro Presidente, Le chiedo, come si può tacere tutto questo?

Non ho condiviso, Signor Presidente, nemmeno la parte nella quale Lei, oggettivamente, ribadisce il fatto che non si possono cancellare le responsabilità penali ma, ciò nondimeno lascia intendere, con le Sue parole, che anche quelle furono frutto di un clima che portò a far pagare a Craxi un prezzo più alto che a chiunque altro e La spinge ad evocare possibili ingiustizie, nei limiti in cui gli fu negato “un processo equo”, come stabilirebbe una sentenza della Corte di Giustizia Europea.

No, Signor Presidente, la mia memoria dei fatti, e quella di milioni di italiani che ieri non si sono ritrovati nelle sue parole, è diversa.

Craxi pagò oggettivamente più degli altri grandi leader di partito, ma solo perché soltanto Craxi risultò inequivocabilmente aver fatto ampio uso personale dei proventi di reati, compiendo quindi atti di corruzione e non semplice finanziamento illecito.

Quanto all’allora sentenza della Corte di Giustizia Europea questa si limitò a giudicare negativamente non il processo a Craxi ma una norma del diritto italiano. Norma che si applicò a tutti gli italiani imputati in processi penali, fino alla sua riforma.

Anche da questo punto di vista mi pare quindi che si rischi, ancora una volta, di avallare l’idea che la giustizia che vale per i cittadini comuni non debba essere la stessa che vale per i potenti.

Credo, Signor Presidente, che sia una china davvero pericolosa.

Conclusivamente, Signor Presidente, Le voglio dire che da Lei mi sarebbe piaciuto sentire un discorso diverso, che potesse contribuire a riedificare moralmente questa martoriata Repubblica. Un discorso che dicesse con chiarezza, una volta per tutte, che il politico, tanto più se uomo di governo, presta un giuramento solenne verso il popolo che rappresenta. Un giuramento di onestà, di trasparenza e di lealtà. E che quando vìola, così gravemente e durevolmente, questo giuramento, come fece Craxi, tradisce il suo Paese ed il suo popolo e niente, nemmeno il tempo, lo può riscattare.

Purtroppo, per la riedificazione morale del nostro paese, dovremo aspettare ancora a lungo.

Con rispetto,

                                                           Massimo Donadi

IL PARTITO DELLA COSTITUZIONE NON E' LA VIA GIUSTA

Antonio Di PietroAntonio Di Pietro Ieri, Paolo Flores d'Arcais, sulle colonne de il Fatto quotidiano, ha lanciato una provocazione: ha chiesto di sciogliere Italia dei Valori in un movimento di più ampio respiro che raccolga l'ala movimentista del popolo viola, la società civile, i sindacati, per dar vita ad un grande partito della Costituzione.Per quanto mi riguarda, come ho già avuto modo di rispondere in parte sul quotidiano diretto da Antonio Padellaro, ritengo la proposta di d'Arcais inaccettabile e spiego il perchè.Silvio Berlusconirappresenta un grave pericolo per la Costituzione. Su questo non ci piove, così come non piove sul fatto che il Pd sia in preda ad un grande sonno e che l'Italia dei Valori sia l'unico partito a fare vera opposizione al totalitarismo devastante del premier. Il Partito democratico, in questo momento storico, non è solo afflitto da divisioni e contraddizioni interne strutturali, ma da anni ormai fatica a dare un'elaborazione adeguata della complessa situazione della società italiana. Con Bersani, oggi, scopre, la socialdemocrazia, quando è ormai scomparsa in tutt'Europa.Premesso questo, la soluzione che propone Flores d'Arcais risente di un vizio di forma. I movimenti, per definizione, si evolvono continuamente. Non sono statici. Ingabbiarli in un sistema come quello dei partiti, irreggimentarli, ne svilirebbe l'anima e li condurebbe a rapida morte. Quello che, invece, i partiti devono fare è cogliere le istanze e fare da pontieri con la società civile. Insomma, svolgere quel ruolo e quella funzione che la storia assegna ai partiti, ovvero essere valvola di collegamento tra la società e la politica.Italia dei Valori, a differenza di tutti gli altri partiti ormai ridotti a casta autoreferenziale, già svolge questo ruolo, è già valvola che cerca, aggrega e seleziona il meglio tra i movimenti e i sindacati. Prova ne è il fatto che il 95% dei candidati di IDV alle ultime elezioni europee proviene proprio dalla società civile. Ognuno, dunque, nella sua sfera di competenza ed appartenenza, ha e svolge un ruolo preciso. Semmai, dobbiamo chiederci perchè tutti i partiti, a cominciare dal Partito democratico, siano ormai scollegati dalla realtà, a differenza della Lega che, però, non parla alla testa ma alla pancia dei suoi elettori. C'è poi un altro aspetto non trascurabile per il quale ritengo il partito della costituzione una via non praticabile. I partiti non possono nascere in contrapposizione a o in difesa di qualcosa. Lo devono fare nei fatti, con un'opposizione seria ed intransigente. Se nascessero solo su questo humus, sarebbero destinati ad essere partiti per una stagione sola e mai partiti di governo.E' questa l'ambizione che Italia dei Valori deve avere oggi. Berlusconi, che conduca o meno a termine questa, è alla sua ultima legislatura. Lunga vita al premier, per carità, ma è nell'ordine anagrafico delle cose. Noi, da oggi, dobbiamo prepararci a diventare un partito di governo, in grado di proporre alternative moderne e soluzioni efficaci per il Paese. Dobbiamo diventare un partito post-ideologico, a vocazione maggioritaria, che confronta le sue scelte e strategie con il Pd, suo alleato, e dare ad esso, all'occorrenza, la scossa, ponendoci come baricentro nell'alleanza.Ci attende una grande sfida ma dobbiamo sapere guardare sempre oltre l'oggi, puntare lo sguardo su orizzonti sempre nuovi e più lontani. Italia dei Valori non è e non sarà mai il partito di una stagione sola. Sarà tra i partiti protagonisti di una nuova stagione, di una nuova primavera non lontana.

BETTINO CRAXI ERA UN POLITICO, UN CONDANNATO E UN LATITANTE

 Bettino Craxi e Silvio BerlusconiBettino Craxi e Silvio Berlusconi   E così la politica, quella con il vizietto di autoassolversi e dalla memoria corta, ci riprova. Il sindaco di Milano, Letizia Moratti, in occasione del decennale della scomparsa di Craxi che ricorrerà il prossimo 19 gennaio, propone di intitolare a Bettino qualcosa: una strada, una piazza o un parco, quello che sia, l’importante è riabilitare ed uscire da anni che definire “squallidi”, secondo il Paolo Pillitteri, sindaco di Milano alla vigilia dello scoppio di Tangentopoli e cognato del leader socialista, inquisito anche lui, è dir poco.Punti di vista. Ovviamente, per noi lo squallore è una politica che, per anni, ha rubato e truffato i cittadini. Per questo, l’idea di intitolare a Bettino Craxi una strada, una piazza o un parco è fuori dalla nostra concezione etica della politica e delle vita sociale e civile. Perché per noi, per Italia dei Valori, c’è un limite invalicabile tra onestà e criminalità e quando un politico commette crimini la sua immagine si infanga per sempre. Non c’è una via di mezzo e la politica dovrebbe rendersene conto una volta per tutte. Un politico corrotto è solo un corrotto, non può essere scisso in due, per dimostrare che è stato anche uno statista. Un chirurgo, per quanto bravo, se fa esperimenti su cavie umane, non è un bravo chirurgo è un assassino e basta. Anzi, forse è il peggiore dei chirurghi.E’ questo che alla politica proprio non va giù. Ed è per questo che a Di Pietro e a Italia dei Valori certa politica non perdona il fatto che ama ricordare ad essa quanto sia sporca. Bettino Craxi non merita l’intestazione di nulla perché non era un esiliato ma un latitante, una persona condannata per corruzione e illecito finanziamento ai partiti, responsabile di tanti debiti nelle casse dello Stato nella prima Repubblica. Ha ragione Antonio Di Pietro quando dice che c’è una distorsione della realtà e che se targa ha da essere allora ci si scriva sopra “Bettino Craxi, politico, condannato, latitante”, perché questa è la verità che una stagione, quella di Tangentopoli, ha consegnato alla storia.Italia dei Valori ritiene offensivo, indecoroso intitolare una via, una piazza o un parco o qualunque altra cosa ad un latitante. Nulla contro l’uomo. E’ rivoltante la strumentalizzazione che molti nella maggioranza stanno mettendo in atto in queste ultime ore. Ma nessuno sconto quando c’è il gioco la  verità.    

SIAMO DAVVERO ALLA RIVOLTA DELLA BASE?

Italia dei ValoriItalia dei ValoriSono convinto che Italia dei Valori abbia due strade davanti: avere un grande futuro o non averne nessuno. Per noi non ci sono vie di mezzo. O riusciremo a costruire un partito davvero innovativo e coerente con i principi che proclamiamo o scompariremo. La scommessa si gioca intorno a quattro pilastri fondamentali in cui credo e per i quali, da sempre, mi batto.1) Italia dei Valori dovrà continuare ad essere un partito di uomini liberi che non deve niente a nessuno, se non ai propri elettori. Nel suo futuro, così come nel suo passato, non dovrà esserci nessun compromesso, nessun pacchetto di scambio con i cosiddetti poteri forti, quei potentati economici e finanziari cui oggi molto devono altri partiti.2) Italia dei Valori dovrà essere il partito del nuovo Rinascimento della politica italiana, che concepisce la politica come servizio civile, come ricerca del bene del cittadino e non della poltrona per il dirigente politico di turno.3) Italia dei Valori dovrà essere il partito dei militanti e non dei tesserati. Per questo, il tesseramento dovrà basarsi su un principio imprenscindibile, ovvero il passare di un ragionevole lasso di tempo tra il momento in cui ci si iscrive e quello in cui ci si candida a incarichi pubblici o di partito. Solo così Idv potrà selezionare una classe dirigente coerente ed “appassionata” e non ridursi ad essere un autobus sul quale si sale per  fare carriera.4) Italia dei Valori dovrà continuare ad essere il partito delle regole, che significa una cosa sola. Chi sbaglia paga ed è fuori un secondo dopo, a tutti i livelli, qualunque sia il suo incarico o il suo ruolo. Solo così facendo, Idv potrà continuare ad essere quel partito integerrimo che fa del rispetto delle regole e della questione morale il suo punto qualificante e  di partenza per un vero rinnovamento della classe politica italiana.E’ questa Italia dei Valori oggi? In parte, non ancora del tutto. Quello che Italia dei Valori è oggi, grazie all’intuizione di un uomo solo e di 4 o 5 persone che ci hanno creduto sin dall’inizio, è comunque già un miracolo. La crescita tumultuosa ed esponenziale degli ultimi tempi ha rappresentato una sfida che, dobbiamo riconoscerlo, ci ha colti per molti aspetti impreparati ma non distratti.C’è ancora molto da fare sul piano del rispetto delle regole, sul consolidamento di una classe dirigente che ami a fondo questo partito, sulla democrazia interna. Nessuno deve tirarsi indietro, soprattutto chi più di altri ha responsabilità politiche importanti.Per parte mia, questo l’ho fatto da sempre nell’unico modo che credo corretto e, cioè, senza clamore, senza ricerca di momenti di “gloria”, convinto come sono che un partito non si rinnova con interviste sui giornali ma rimboccandosi le maniche e lavorando sodo, affinché, passo dopo passo, mattone dopo mattone, questo partito somigli sempre di più al modello ideale che molti di noi hanno nell’animo.Ho deciso di parlarvi di tutto questo, nel post di oggi, perché molti giornali e televisioni in questi giorni stanno dedicando grande spazio a quella che è stata definita “la rivolta della base” di Italia dei Valori per chiedere più democrazia e trasparenza. Di questo vorrei distinguere due aspetti, uno positivo, uno negativo. Quello negativo riguarda, esclusivamente, la strumentalizzazione che, di questa legittima e naturale forma di dissenso democratico, stanno dando i mezzi di informazione. Siamo di fronte ad una vera e propria disinformazione, da parte di media che non ci amano perché sanno di non poterci controllare. Giusto per capirci, alla riunione autoconvocata di Bologna, mi risulta ci fossero state una cinquantina di persone che, se fossero state di un qualunque altro partito che non fosse IDV, non avrebbero avuto neanche l’onore di una riga nel giornale locale. Ma l’altro aspetto, quello positivo, ci impone di non minimizzare e anzi, di rispettare, il dissenso che quelle persone hanno voluto esprimere. Perché il dissenso è democrazia e un partito come  l’Italia dei Valori non può aver paura del dissenso al proprio interno ma anzi deve fare ogni sforzo per creare occasioni ed opportunità affinché ogni ragione o dissenso trovi il suo spazio e si possa esprimere. Anche questo blog sarà sempre a disposizione di tutti, come è doveroso che sia nella rete che è l’unico spazio di democrazia privo di controlli e censure.Credo anche che il partito abbia il dovere di ascoltare questo dissenso e di interrogarsi sulle ragioni di chi lo esprime o sul fatto se siano stati commessi degli errori.Coerentemente con quello che dicevo prima credo, però, che tutto questo vada fatto nel dialogo e nel confronto e non sui giornali. Ma su questo vorrei davvero sentire il vostro parere. E se riterrete che, in questa fase, anche il parlare pubblicamente di questi problemi sia un mezzo di crescita, credetemi, non mi mancheranno né le idee, né il coraggio per esprimerle. Per sostenere anche pubblicamente l’impegno per migliorare il nostro partito che spesso, in questi dieci anni, mi è valso l’appellativo di “asburgico”, per l’intransigenza con la quale concepisco la realizzazione di questi valori.

LA CASTA SALVA IL MINISTRO

Altero MatteoliAltero Matteoli Deputati, ministri, sottosegretari, tutti al gran completo. Non si vedeva uno spiegamento di forze così imponente da parecchio tempo alla Camera. Ieri, in Transatlantico, i cellulari della maggioranza sembravano impazziti. Dall’alto, era partito l’ordine: tutti in Aula, c’è un uomo da salvare. Ma non si trattava di un uomo qualunque, magari un precario della scuola o un operaio licenziato. L’uomo da salvare era ed è il ministro delle Infrastrutture, Altero Matteoli che ieri Pdl, Lega e Udc hanno salvato dal giudizio dei magistrati. Salvato dalla casta e da un artificio tecnico, messo in campo dall’on. Consolo, avvocato difensore di Matteoli, nonché membro della Giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera. Et voilà, l’ennesimo conflitto di interessi è servito.Questo in breve il fatto. Altero Matteoli, all’epoca dei fatti contestatigli ministro dell’Ambiente, avvisò il prefetto di Livorno di un procedimento penale per abusi edilizi sull’isola d’Elba a suo carico, consigliandogli “di non usare il cellulare e di distruggere la memoria del suo computer”.Questa è l’accusa. Vero o no, in un paese normale spetterebbe alla magistratura il compito di accertare la veridicità dei fatti, tanto più se a compiere il reato è stato un ministro della Repubblica. In un paese normale, dove tutti i cittadini sono uguali davanti alla legge. In Italia no. Se in ballo c’è un ministro che “sembrerebbe aver commesso un reato” si invoca l’immunità, ci si nasconde dietro l’artificio giurisprudenziale, degno del peggior azzeccagarbugli.C’è solo una ragione per la quale la Camera avrebbe avuto ragione ad impedire di procedere contro il ministro Matteoli, ovvero, “in presenza di tutela dell’interesse dello Stato”. Non so voi, ma personalmente non ravviso nessuna ragion di Stato dietro al fatto che il ministro Matteoli abbia avvisato “di guai in vista” l’amico prefetto.Invece, ieri, con 375 voti a favore e 199 contrari, ciò che non è riuscito a Berlusconi con il lodo Alfano, è riuscito al ministro Matteoli con il lodo Consolo: assicurarsi l’immunità, anzi, l’impunità davanti alla legge. Una beffa quasi insopportabile per il povero Silvio. In questo Paese, essere ministri è meglio che essere semplici cittadini, ma è anche meglio che essere presidenti del Consiglio.

5 DICEMBRE IN PIAZZA: SERVE UNITA'

 Vasto 2009Vasto 2009


DOVEROSA CORREZIONE


 

 

Non c'è dubbio alcuno che la manifestazione sia nata dalla rete, grazie all'impegno e alla dedizione di alcuni blogger che hanno avviato un gruppo - al quale io stesso ho aderito - che conta oggi più di 100.000 iscritti. IDV si è soltanto aggiunta a questa iniziativa e non ha alcuna intenzione di metterci il cappello sopra. Tantomeno possiamo decidere se la manifestazione si debba tenere o meno.

Detto questo nel mio post mi ponevo la domanda se è opportuno che IDV sia presente (con le proprie bandiere) dato che alla manifestazione non ci saranno tutti i partiti di opposizione e c'è il rischio di dare un segnale di un'opposizione ancora una volta divisa. Ovviamente in quel caso si dovrebbe partecipare senza simboli di partito, ognuno a titolo individuale.

Mi dispiace davvero se la mia riflessione ha ingenerato un simile equivoco. In ogni caso, sbagliare è umano, correggere è doveroso

 

 

Oggi è stata presentata da Di Pietro e Ferrero la manifestazione nazionale del 5 dicembre per denunciare il grande inganno di questa maggioranza e chiedere le dimissioni di Berlusconi. Alla manifestazione, oltre a Idv e Prc, ha garantito il suo entusiastico appoggio anche il Pdci di Diliberto. Il Pd, invece, attraverso Penati, coordinatore della mozione Bersani, ha fatto sapere che “quando ci saranno una piattaforma e contenuti comuni sulle questioni democratiche e sociali aperte nel paese e sulla prospettiva dell'alternativa, sarà il momento giusto per decidere tutti insieme forme di iniziative e mobilitazione”. Su questa questione mi sono permesso di sollecitare una riflessione all’interno di Italia dei Valori. E’ sbagliato dare al Pd il pretesto di poter dire ‘non veniamo perché l’avete organizzata senza consultare nessuno’. Dobbiamo agire con più ‘furbizia politica’ per ‘stanare’ le altre opposizioni e verificare le loro reali intenzioni.

E’ ormai evidente, nonostante il cumulo di bugie dette, che questo governo ha tradito gli impegni presi con i cittadini ed è altrettanto evidente che è incapace di affrontare la crisi economica. La conferma della sentenza di condanna per David Mills dimostra l’assoluta perdita di credibilità, anche internazionale, del presidente del Consiglio. Per questi motivi una manifestazione come quella del 5 dicembre è doverosa e sacrosanta, ma l’elezione di Bersani a segretario del Pd apre una nuova fase politica da cui non si può prescindere. Questo impone una riflessione all’Italia dei Valori: se privilegiare iniziative importanti ma parziali oppure iniziare da subito a ricercare momenti di unione di tutto il centrosinistra. Italia dei Valori ha la carte in regola anche per farsi promotrice di un incontro di tutte le forze del centrosinistra e lì verificare se vi è una comune disponibilità ad organizzare una grande manifestazione popolare per denunciare la deriva di questo governo, anche a costo di accantonare temporaneamente, la manifestazione del 5 dicembre. Da questo momento in poi, per dare la spallata vera e definitiva a Berlusconi, serve l’unione di tutte le opposizioni. Condurre una battaglia politica giusta senza avere, però, la capacità di coinvolgere tutti, diminuisce anche la nostra forza. Cosa ne pensate?

 

 

 

A PIERLUIGI DICO CHE...

 Pierluigi BersaniPierluigi BersaniIeri è stata scritta una bella pagina di democrazia. Tre milioni e mezzo di persone, che sono andate a votare, questa volta in una competizione vera e senza sconti, sono un successo straordinario, il segno evidente che la voglia di partecipazione è alta.Al neosegretario del Partito Democratico, Pierluigi Bersani, faccio i miei più sinceri auguri di buon lavoro con l’auspicio, però, che con l’elezione di Pierluigi si chiuda finalmente la fase costituente del Pd, che in realtà non si è mai chiusa, e si apra una stagione nuova, quella del partito solido, strutturato, punto di riferimento della coalizione di centrosinistra e dell’asse riformista. A Pierluigi dico due o tre cose per me fondamentali e sulle quali dovremo confrontarci al più presto. Innanzitutto, dico che serve una politica di alleanze serie, su linee programmatiche serie. A nulla serve una politica di alleanze vecchio stile, modello Unione per intenderci, con la quale magari si vincono le elezioni per un punto ma non si riesce a governare per i mille veti dei tanti rami ed arbusti. Il passato ci ha insegnato che a nulla serve vincere se poi non si riesce a governare, e Dio solo sa se questo paese ha bisogno di riforme e di essere ben governato.Italia dei Valori non solo è disponibile a far parte sin da adesso di questa nuova coalizione del centrosinistra, riformista, alternativa di Governo, ma di questa nuova coalizione si sente parte attiva e fondante, non meno del Partito democratico. Guarderemo con rispetto ed attenzione a qualsiasi ipotesi di alleanza ci sarà sul piatto, a patto però che non vengano meno quei punti fondanti e qualificanti della nostra politica sui quali non arretriamo di un passo: liste pulite, senza condannati e candidature irreprensibili.Non lo chiediamo perché abbiamo il pallino della giustizia o il complesso di superiorità riguardo alla questione morale. Lo chiediamo perché siamo convinti che i politici siano al servizio dei cittadini e non il contrario. E perché siamo convinti che i partiti ed i loro leader abbiano il dovere di assumersi la responsabilità delle loro scelte.