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GHEDDAFI, SPETTACOLO OLTRE OGNI LIMITE

In una Roma ancora assopita dalle ferie estive che volgevano al termine, è andato in scena ieri lo spettacolo semiserio della visita di Gheddafi. Non mancava nulla rispetto alla pagliacciata cui il leader libico è abituato. Dal codazzo di amazzoni, alla portentosa auto bianca, la tenda, le centinaia di cavalli, il pubblico di sole donne, pagate per star lì ad ascoltare i vaneggiamenti di chi ieri ha davvero superato se stesso e ogni limite. "L'Islam deve diventare la religione di tutta l'Europa" ha avuto l'ardire di affermare nel cuore più vivo del cattolicesimo, scatenando le reazioni niente di meno che della stessa maggioranza di governo. Qualcuno, tra i berlusconiani più fedeli, si è sentito talmente oltraggiato dal fanatismo del leader libico, che ha addirittura avuto il coraggio di esprimere pubblicamente la propria disapprovazione, con Palazzo Chigi che si affrettava a minimizzare dicendo che "non c'è nessun oltraggio, è solo folklore " e, soprattutto, che "le commesse che il governo ha concordato con i libici hanno aiutato le imprese italiane a fronteggiare la crisi". Di fronte a ciò che l'accordo con la Libia rappresenta per il nostro paese, insomma, ogni cosa passa in secondo piano per il governo, addirittura quel rapporto con il Vaticano cui tanto tiene. Anche la Lega trova i propri buoni motivi per restare in silenzio, a parte poche, flebili, voci di dissenso che rimangono in secondo piano. Il Carroccio ha l'obbligo di restare zitto perché grazie ai libici è stato possibile bloccare gli sbarchi dei clandestini sulle coste italiane. E' la solita coerenza del governo, quella cui questo esecutivo ci ha abituati, quella che funziona al contrario. Niente di cui stupirsi, dunque, nelle mancate reazioni allo sfoggio di onnipotenza fornito ieri da Gheddafi, anche nel parlare della libertà delle donne in Libia, con la stessa faccia tosta con cui il cavaliere di casa nostra invoca l'amore che vince sempre sull'odio. Ora, posso capire che in un momento di crisi economica come quello attuale, un governo, spinto da doveroso spirito di responsabilità nazionale, debba tentare il tutto per tutto pur di aprire nuovi scenari alle imprese del proprio paese. Resta però un limite da rispettare, un livello etico oltre il quale un governo serio non dovrebbe andare e l'impressione è che quel limite ieri sia stato ampiamente oltrepassato.

LE BATTAGLIE DI LAICITA' SONO ALTRE

 crocifissocrocifissoIntervengo, anche se tardivamente, sulla questione della sentenza della Corte di Giustizia Europea, che ha sancito il divieto di esporre crocifissi nelle scuole pubbliche. In questi ultimi giorni, infatti, ho letto due cose che mi hanno fatto trasalire, per opposte motivazioni. La prima è la frase chiave contenuta nella motivazione della sentenza  della Corte di Giustizia Europea, dove si legge: “La presenza del crocefisso nelle aule scolastiche costituisce una violazione del diritto dei genitori a educare i figli secondo le loro convinzioni”. La seconda è del cardinale Bertone che per tutta risposta asserisce: “Questa è l’Europa del terzo millennio. Ci lascia solo le zucche di Halloween”. La mia sensazione, devo dire piuttosto istintiva, è che entrambi abbiano davvero perso il senso della misura lasciandosi trascinare in contrapposte crociate ideologiche. L’ha perso, secondo me, innanzitutto la Corte di Giustizia Europea, che ha scambiato un’istanza ideologica per una battaglia di laicità. E lo affermo proprio perché sono convinto che in un paese come il nostro, con gerarchie ecclesiastiche sempre più invadenti ed invasive rispetto alla politica e alle libertà dei cittadini, di battaglie di laicità da fare ve ne sarebbero ben altre. Tra tutte, questa mi sembra la più pretestuosa e insensata, visto che nessuno pensa di mettere il crocifisso lì dove non c’era, ma semplicemente di lasciarlo, lì dove c’è sempre stato. Sarebbe un po’ come se io andassi, che so, a vivere in Egitto e pretendessi non solo o non tanto la piena libertà di esprimere e praticare i miei convincimenti religiosi, ma che pretendessi pure di togliere i simboli dell’Islam da tutti i pubblici uffici egiziani in quanto, in quei simboli non mi ci riconosco. Sinceramente non mi passerebbe mai per la mente, né me ne sentirei turbato sapendo che è la loro cultura. Il senso della misura però lo ha perso anche la Chiesa. Forse teme di avere sempre meno peso nella società e per questo, a mio avviso, è troppo incline, negli ultimi anni, a trasformare in veri e propri scontri di civiltà quelli che in modo del tutto normale e fisiologico sono conflitti  tra la sua dottrina e quelle che sono le libere scelte di liberi stati. Per cortesia: parliamo di cose serie.