Taggati con: welfare
AL VOTO: PERCHE’ SCEGLIERE CENTRO DEMOCRATICO
Ci siamo. Tra pochi giorni l’Italia avrà un nuovo governo e la possibilità di ripartire con il piede giusto, verso una strada che porti al benessere, al lavoro e alla moralità. In questo governo, Centro Democratico – Diritti e Libertà avrà un ruolo fondamentale, perché lotteremo per la giustizia, la democrazia e il welfare. Lotteremo per riportare lavoro, sostenere le imprese e diminuire con equità la pressione fiscale.
Lotteremo affinché il nostro Stato diventi più snello ed efficiente e metta in campo un welfare degno di un Paese dell’Europa del 2013. E sia ben chiaro: il welfare non inteso come misura caritatevole, ma come settore fondamentale della crescita, così com’è in tutti i grandi Paesi occidentali. Pensiamo ad esempio alla Francia, dove il welfare delle famiglie ha portato diversi punti di Pil.
Lotteremo strenuamente per le pari opportunità. Vogliamo un’uguaglianza vera tra uomini e donne, al di là degli slogan. Da questo punto di vista siamo un Paese di pazzi, che spende risorse immense per portare le donne ai livelli più alti di istruzione e poi dice loro che per il lavoro e le posizioni dirigenziali non se ne fa niente. Serve una svolta.
Sono certo che gli elettori sceglieranno con responsabilità nelle mani di chi riporre questo progetto e premieranno il centrosinistra di Pd, Sel e Centro Democratico. Siamo l’unica coalizione che ha sottoscritto una comune carta d’intenti e che sulla base di questa garanzia potrà dare vita a un governo stabile e responsabile, capace di riportare stabilità e crescita nel Paese. Dateci la possibilità di farlo. Votate “Centro Democratico – Diritti e Libertà”.
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CHE FINE HANNO FATTO I SERVIZI SOCIALI?
Forse a qualcuno (Berlusconi, Monti) potrebbe essere sfuggito, ma i cittadini se lo stanno chiedendo: che fine hanno fatto i servizi sociali? Gli ultimi cinque anni di governo hanno visto una progressiva riduzione dei servizi sociali che ha lasciato senza sostegno le fasce più deboli della società. Ha detto bene Bersani: le prime risorse che si renderanno disponibili devono andare a chi ha bisogno, dobbiamo guardare in faccia chi è in difficoltà. Sì, guardare in faccia, perché altri invece che affrontare le criticità sociali hanno preferito tagliare i servizi, come se non pensandoci i problemi sparissero. Lo abbiamo visto nel campo dell’assistenza, della sanità, delle carceri. Ma che Stato è quello che taglia il welfare per far quadrare i conti? E al welfare aggiungiamo anche la cultura e la ricerca.
Questo non è un programma di progresso e crescita. No, questo suona più come una condanna. E se guardiamo la disperazione di alcune famiglie, ci chiediamo quale sia stata la colpa che stanno espiando. Ma la verità, lo sappiamo, è che i veri colpevoli sono altri. Sono quelli che guardano le statistiche e i propri interessi personali dimenticandosi che dall’altra parte ci sono persone in carne e ossa. Sono quelli che sprecano le risorse pubbliche in apparati mastodontici, cattedrali nel deserto e logiche clientelari.
Abbassare le tasse e aumentare il welfare si può. Il problema del nostro Paese non è che non produce ricchezza, ma che il sistema deputato a gestirla lo fa male. L’ho già detto più volte: allo Stato serve una cura dimagrante che ci faccia recuperare una buona parte delle risorse che ogni anno i cittadini onesti versano nelle casse dello Stato. Serve un programma serio che dia una sterzata e lasci la strada della mala gestione protagonista degli ultimi anni. E il futuro governo di centrosinistra è l'unico in grado di garantire un reale cambiamento.



TAGLI AGLI SPRECHI, NON AL WELFARE




DONNE E FIGLI NELL'ANNO DELLA CRISI
Donne e Welfare
E' da giorni che la politica si arrovella su se stessa. Elezioni o non elezioni, governi tecnici, governi di transizione, comitati di liberazione, fronti nazionali, crisi o non crisi di governo, dimissioni e case a Montecarlo: sono questi i temi che occupano le prime pagine dei giornali. Con tutto il rispetto per la democrazia e le sue dinamiche, credo che tutto questo stia facendo perdere di vista il paese reale ed i problemi veri della gente. Disoccupazione all'insù, immigrazione clandestina in aumento, famiglie, pensionati e ceti medio-bassi soffocati da una crisi economica che non retrocede di un passo. Sono questi i problemi della gente e di questo la politica dovrebbe occuparsi primariamente. Come uomo e come politico, mi fa profonda tristezza constatare, invece, che le questioni che interessano la vita delle persone sono da troppo tempo sullo sfondo, così come i temi etici, aborto, fecondazione, fine vita, diventano importanti solo quando servono ad accendere la polemica tra fazioni rivali. C'è un dato contenuto nella relazione di ieri al Governo del ministero della salute sulla legge 194 che mi ha colpito profondamente. In Italia, c'è scritto nella relazione, si abortisce meno ma le donne che scelgono di farlo sono in quasi la metà dei casi lavoratrici. I dati provvisori del 2009 confermano il calo costante delle interruzioni di gravidanza, con un decremento del 3,6 per cento rispetto al 2008. Ma se da una parte conforta una diminuzione dei casi di interruzione volontaria di gravidanza, dall'altra colpisce che quasi la metà degli aborti è fatta su donne con un lavoro: il 48,6% fra le italiane, il 46,7% fra le straniere. Solo l'11,9% degli aborti fra italiane e il 22% fra straniere e' di donne disoccupate o in cerca di prima occupazione. Io credo che questi dati ci impogano una riflessione. Se in Italia, nel ventunesimo secolo, una donna su due decide di rinunciare ad avere un figlio è il segnale evidente che non solo lo spettro della crisi economica spaventa il futuro delle giovani famiglie ma è la dimostrazione palese che il nostro sistema di assistenza alle giovani donne, madri lavoratrici è fallimentare o meglio, è inesistente. C'è come la sensazione che, nonostante il lavoro, i figli siano un lusso che una famiglia, con magari già un figlio, non possono permettersi e questo anche per colpa di uno Stato che non esiste. Tutto ciò fa accapponare la pelle. Mentre il governo perde tempo ad interrogarsi se sia moralmente lecito dare in via a nuove procedure abortive, come quella farmacologica, c'è una donna ed una famiglia che rinuncia ad un figlio perchè non ce la fa. Non ci sono asili - il fondo per il piano nazionale di asili nido varato da Prodi è stato dimezzato dal governo Berlusconi - non c'è sostegno alle famiglie, non c'è una vera politica a loro sostegno, cioè l'esatto contrario di quello che avviene negli altri paesi europei. Il Governo parla delle donne, ma solo di aumentarne l'età pensionabile per fare cassa. Ebbene, Italia dei Valori ha fatto la sua proposta in materia di maternità, sostegno alle famiglie ed eventuale aumento dell'età pensionabile. C'è una mia proposta di legge, sottoscritta da tutti i parlamentari di IDV, che intende fornire una risposta concreta. Vorremmo parlarne e affrontare la questione in Parlamento, sperando di trovare dall'altra parte interlocutori credibili, non come il sottosegretario alla Salute, Eugenia Roccella, che ieri commentando i dati della relazione, ha annunciato un piano federale per la vita. Ecco, sì un piano federale per la vita è proprio quello di cui le mamme lavoratrici hanno bisogno. Non di sostegno economico, non di supporto sociale, non di asili nido, non di assistenza. Serve un piano federale per la vita. Cosa sia e a cosa serva Eugenia solo lo sa.



DONNE, PARITA' ANCHE NEL LAVORO
Donne e Lavoro
L’Europa ha ragione: le donne e gli uomini devono andare in pensione alla stessa età. Tutti lo sapevano, anche io ne sono convinto da sempre, tanto da aver presentato una proposta di legge in tal senso già nella scorsa legislatura. Non è certo un giorno che se ne discute. Il governo finge, invece, di scoprirlo solo ora e si nasconde vigliaccamente dietro gli ordini di mamma Europa, quella stessa che ignora su molte altre materie, come il conflitto di interessi o la libertà d’informazione. Nella stragrande maggioranza dei Paesi europei gli uomini e le donne vanno in pensione alla stessa età, mentre l’Italia è uno dei pochi paesi che mantiene la differenza. Il problema è che tra noi e loro, tra l’Italia e gli altri paesi europei intendo, in materia di occupazione femminile, sostegno alle famiglie, maternità e pari opportunità c’è una differenza grande come una casa, anzi un abisso. L’Italia è il paese con il minor numero di donne occupate. Ha uno dei più bassi indici di natalità e con la più bassa percentuale del Pil destinata al sostegno delle famiglie. I servizi, le opportunità e le norme a sostegno delle donne che lavorano in Italia fanno ridere e non sono certo a livello europeo. C’è di più. Le donne in Italia raggiungono difficilmente i vertici del comando e, a pari responsabilità, guadagnano mediamente meno dei loro pari grado maschi. In Europa, Francia, Inghilterra, Germania – per non parlare dei paesi scandinavi che ci fanno vergognare definitivamente al confronto - si suona tutta un’altra musica. Le donne guadagnano tanto quanto i loro pari grado maschi. Hanno sostegni economico-finanziari adeguati, siano esse donne madri o famiglie. Hanno servizi sociali adeguati, asili nido di prima qualità, scuole pubbliche eccellenti e non certo quel deserto di qualità e quantità in cui l’ineffabile ministro Gelmini ha ridotto la scuola italiana. Il paradosso è che in Italia che è il paese più imbevuto di familismo e mammismo dell’intero globo terracqueo, tutto questo non c’è, non esiste e se se ne parla è solo perché qualcuno ci può guadagnare. Se, dunque, il governo ha intenzione di adeguare l’età pensionabile delle donne a quella degli uomini non per fare cassa ma per adeguarsi in tutti i sensi all’Europa, investa parte dei risparmi di spesa che ne deriveranno in maggiori risorse da investire per le famiglie, per le donne, allunghi il tempo di congedo di maternità, preveda una serie di interventi, anche di tipo fiscale, per privilegiare l’occupazione e il lavoro delle donne. Se, invece, con la scusa dell’Europa, vuole fare cassa sulla pelle delle donne è una vigliaccata, un’arma contro le donne che ostacoleremo con tutte le nostre forze.



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