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AUTO BLU, IL PRIVILEGIO CHE RESISTE

C'è inchiesta e inchiesta. Quelle fatte bene, quelle fatte male e quelle fatte per altre finalità, più o meno dichiarate o lecite. Capita anche che uno stesso quotidiano possa pubblicare un'inchiesta ben fatta e una decisamente appannata. Capita oggi a il Giornale che parte con un duro attacco al Quirinale (male) e uno alle auto blu dello Stato (bene). La tesi è che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, anche nel suo discorso di fine anno, abbia chiesto agli italiani di affrontare sacrifici per il futuro dei nostri figli, mentre la presidenza della Repubblica non abbia fatto nessuna riduzione di spesa. In realtà, il Quirinale i tagli alle spese li ha fatti. Nel luglio scorso, il Capo dello Stato ha annunciato di rinunciare all'adeguamento del suo stipendio all'indice dei prezzi al consumo. Non solo. Oltre al blocco dello stipendio di Napolitano, risparmi per lo Stato arriveranno anche dalla riduzione delle pensioni del Quirinale.  Sempre l'estate scorsa, infatti, il Capo dello Stato ha firmato anche i decreti per l'applicazione del contributo di solidarieta' sulle pensioni e per la riforma delle pensioni di anzianita', completando cosi' l'attuazione dei tagli del 5 e del 10% delle retribuzioni e delle pensioni, del blocco delle progressioni automatiche e della riduzione delle spese per beni e servizi, previsti dalle manovre economiche di quest'anno e dell'anno scorso. Nei prossimi anni, quindi, il Colle restituira' al ministero dell'Economia 15.048.000 euro. Infine, a meta' dicembre, il Colle gia' dal gennaio 2008 ha introdotto il regime contributivo per tutto il personale assunto a partire da quella data, bloccando inoltre "ogni forma di indicizzazione per le pensioni di qualsiasi importo maturate al 31 dicembre 2007 fino a tutto il 2013, nonche' a riformare i requisiti necessari per il collocamento in quiescenza di tutto il personale in servizio, anche anticipando per alcuni aspetti quanto stabilito successivamente dall'ordinamento generale".Sulle auto blu dello Stato, il Giornale fa invece bingo. Il ministero della Funzione pubblica, sei mesi fa, annunciò il censimento delle auto blu di tutta la pubblica amministrazione. Ogni amministrazione pubblica avrebbe dovuto comunicare all'amministrazione centrale il numero delle auto blu in dotazione. Ebbene, il censimento è un mezzo flop. Su 10.354 amministrazioni cui è stato spedito il questinario, solo in 4.627 hanno risposto. 5.727 amministrazione hanno fatto come le tre scimme, non vedo, non sento, non parlo. Morale della favola? In Italia, nonostante decreti, censimenti obbligatori, circolari, norme e direttive, non si riesce proprio a sapere quante auto blu scorrazzano in giro. Male i ministeri dell'Interno, Giustizia e Difesa, le Asl e i comuni non capoluogo. Male il Sud, maglia nera al Lazio. Dai tagli alle auto blu si potrebbero risparmiare milioni di euro - Italia dei Valori lo ha proposto nella sua contromanovra e nell'ultimo decreto Salva Italia - forse è per questo che qualche amministrazione ed ente fa orecchie da mercanti. Qualcuno ha tagliato, altri invece hanno tagliato facendo il gioco delle tre carte: tutto cambi affinchè nulla cambi davvero. Morale della favola: sono 71.662 le auto blu in Italia, 800 milioni i km effettuati con benzina a carico dei cittadini, 1.2 i miliardi di euro spesi per il personale, soltanto 600 milioni per gli autisti. Il nuovo ministro della Funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi, ha detto di voler procedere nel solco tracciato dal suo precedessore ma ad oggi dice che esiste ancora una certa confusione nella conoscenza degli usi delle auto pubbliche. Ministro, faccia luce lei. Ha il potere di farlo. Mettiamo una volta per tutte fine a questo assurdo e inaccettabile privilegio.

 

QUANDO IL FANGO COLPISCE DI PIETRO

Antonio Di PietroAntonio Di PietroL’Italia sta diventando il paese del fango. Palate di fango da gettare addosso agli avversari politici con la poderosa macchina del discredito costruita dagli sgherri di Berlusconi. E Di Pietro è, nella speciale classifica dei nemici del Cavaliere di Hardcore (come lo chiama Travaglio) il primo della lista. Libero (di denigrare) ieri gli ha dedicato la prima pagina. Quale onore. Il titolo è ‘Ombre sull’ex Pm. 'Di Pietro: un libro svela i suoi segreti’. E poi: i servizi, le foto americane e una misteriosa valigetta a Hong Kong, ecco il racconto che Tonino ha cercato di fermare in tutti i modi. Oggi, invece, il presidente di Italia dei Valori, è finito soltanto a pag.14 con l’articolo ‘Il libro su Di Pietro è già finito in tribunale’. A Libero (d’infangare) sembra addirittura strano che Di Pietro quereli l’autore del libro. Già, avrebbe dovuto accettare di farsi diffamare senza battere ciglio. Sono anni che questa campagna diffamatoria va avanti. Si attaccano a tutto pur di scrivere male di Di Pietro e di infangare l’Idv. Tonino spia dei servizi segreti, della Cia, uomo del Vaticano, che frequenta criminali internazionali e mafiosi. Uno 007 scaltro e inafferrabile. Ve l’immaginate? My name is Di Pietro, Antonio Di Pietro...E questi articoli sono solo gli ultimi di un’interminabile serie. Ormai scrivono sempre le stesse cose (utilizzo la parola ‘cose’ per non essere volgare), aria fritta e rifritta. E’ la macchina del fango. Una delle tecniche è ripetere sino alla nausea delle bugie, che, nel corso del tempo, si sedimentano nella coscienza popolare, diventano una sorta di sfondo a talvolta persino delle verità per molti. ‘Una bugia ripetuta un milione di volte diventa una verità’. Lo diceva quel criminale di Goebbels. E lo mettono in pratica i rimestatori di fango prezzolati. C’è un’altra considerazione, purtroppo dolorosa. La macchina del fango colpisce bersagli sempre diversi, accomunati da un unico elemento: l’essere nemici di Silvio Berlusconi. Quando toccò a Gianfranco Fini furono in molti, anche fuori dalla politica, ad indignarsi per le tonnellate di fango sparse sulla sua persona e sui suoi familiari. A torto o a ragione, il presidente della Camera ed il suo entourage, finirono nel tritacarne. Tutto il mondo politico (berlusconiani a parte) s’indignò ed espresse solidarietà. Quando il fango è gettato, ingiustamente, su Di Pietro e sull’Italia dei Valori, però, nessuno, o quasi, s’indigna. Come se insultare la seconda forza dell’opposizione fosse uno sport lecito. Non è difficile capire il perché: siamo una forza scomoda, non partecipiamo alle spartizioni del sistema, non scendiamo a bassi compromessi. I motivi per cui le altre forze politiche non s’indignano è anche la ragione della nostra identità, della nostra diversità, della nostra forza. Il fango si toglie con l’acqua pulita.

SE IL FANGO ARRIVA AL CSM

Matteo BrigandìMatteo BrigandìLa macchina del fango si infiltra dappertutto, addirittura nel Csm, il consiglio superiore della magistratura. Il consigliere laico della Lega Matteo Brigandì è indagato per abuso d’ufficio. Sarebbe stato lui a passare al Giornale un dossier riservato su Ilda Boccassini. Una storia del 1982 conclusasi con l’assoluzione del magistrato che oggi indaga sullo scandalo Ruby. Metodo Boffo, metodo Mesiano, chiamatelo un po’ come vi pare, ma la sostanza non cambia: killeraggio mediatico contro gli avversari. Politici e non. La ‘colpa’ della Boccassini sarebbe stata quella di aver avuto rapporti con un giornalista di Lotta Continua. Il teorema del Giornale (di famiglia) è chiaro: la Boccassini, che ‘flirtava’ con un giornalista di Lotta Continua, è evidentemente un magistrato politicizzato, che non può giudicare il presidente del Consiglio. Siamo alla barbarie istituzionale, giornalistica ed umana. Di fronte abbiamo gente senza scrupoli che non si ferma neanche davanti alle alte istituzioni del Paese. Infanga per salvare se stessa, come nei regimi. Se fossero provate le accuse nei confronti di Brigandì, sarebbe un fatto gravissimo, senza precedenti. Abbiamo scritto una lettera al Capo dello Stato, che del Csm è presidente ed abbiamo presentato un’interrogazione parlamentare al ministro della Giustizia. Se fosse un uomo delle istituzioni, Brigandì dovrebbe dimettersi ora. Ma non lo farà, perché lui nel Csm ha il compito di ‘guastatore’. E lo si sapeva da molto prima della sua elezione. Le sue uscite sulla giustizia sono sempre state in linea con il pensiero e gli interessi di Berlusconi. Non ha mai perso occasione per difendere leggi indegne, come quelle sulle intercettazioni e sul legittimo impedimento o per attaccare i giudici ed anche il Consiglio in cui oggi siede. Queste, ad esempio, sono parole sue: “Senza legittimo impedimento oggi il presidente del Consiglio non sarebbe potuto intervenire alla conferenza stampa congiunta con il presidente dell’Autorita’ nazionale palestinese, Abu Mazen. Nel nostro Paese sembra ormai palese che vi sia una giustizia ‘contra personam’ piu’ che ‘ad personam’ come qualcuno vorrebbe far credere”. Anche queste: “Il Csm e l'Anm ancora una volta stanno occupando e invadendo spazi che non gli spettano. Purtroppo la magistratura oggi si pone non come ordine, come stabilito dalla Costituzione, ma come potere sovraordinato”. Niente male per uno che ora sta nel Csm. Davvero niente male. Questo spinge ad una riflessione: il problema a monte non è la diffusione di dossier riservati alla stampa amica, ma proprio la sua presenza nel Csm. Il berlusconismo, che ha come corollario il disprezzo per le istituzioni democratiche, ha avvelenato ogni settore della vita pubblica, mettendo a rischio gli equilibri istituzionali. In altri tempi non sarebbe stata possibile l’elezione di un Brigandì in un ruolo così delicato. Le sue, pur necessarie, dimissioni, non bastano, è indispensabile aprire una nuova stagione politica.

FANGO AD OROLOGERIA. FERMIAMOLI!

 

E’ agghiacciante la sequenza. 15 settembre 2010. Emma Marcegaglia, all’inaugurazione del nuovo quartier generale della Diesel, dichiara: " Basta litigare e occuparsi di beghe interne. Facciamo le riforme serie che servono al Paese. L'Italia vive un momento di politica brutta che per mesi ha parlato di cognati, amanti e appartamenti: non e' questo che ci interessa". E’ finita la luna di miele tra il governo e Confindustria. Anche per gli industriali, la misura è colma. 16 settembre 2010. Alessandro Sallusti, direttore de il Giornale, scrive nel suo editoriale: “Con buona pace della Marcegaglia, i sondaggi dicono che i cittadini non si rassegnano ai silenzi e alle bugie sull’affaire monegasco”. Lo stesso giorno, il vicedirettore Porro, invia un sms al portavoce della Marcegaglia: “Ciao Rinaldo. Domani super pezzo giudiziario sugli affari della family Marcegaglia”. Passano poche ore e Porro invia un secondo sms: “Spostati i segugi da Montecarlo a Mantova”. Il portavoce chiede se sia vero o una boutade. Porro risponde: “Eh, un po’ è vero, un po’ è vero”. Porro replica accusando la Marcegaglia di non aver mai avuto un rapporto con il Giornale. C’è tempo anche per un insulto alla presidente di Confindustria. Il portavoce della Marcegaglia chiama Crippa, il suo omologo in Mediaset, e gli esprime la sua preoccupazione per i toni e i contenuti. Crippa risponde: “Devi chiamare subito Confalonieri. Se parte Feltri va avanti due settimane”. Emma Marcegaglia, avvisata dal suo portavoce, chiama Confalonieri che a sua volta chiama Feltri. Passa qualche minuto e Confalonieri rassicura il presidente di Confindustria: tutto a posto, il Giornale desisterà e ribadisce anche lui la necessità e l’opportunità che la Marcegaglia rilasci un’intervista al Giornale. 22 settembre 2010. Porro invia un sms al portavoce del presidente di Confindustria: “W il Conf”. Viva la Confindustria, o viva il Confalonieri? Fate voi. Porro chiama il portavoce della Marcegaglia: “La signora se vuole gestire i rapporti con noi deve sapere gestire”. E poi aggiunge: “Dobbiamo cercare di capire come disinnescare in maniera reciprocamente vantaggiosa nel senso delle notizie, delle informazioni, della collaborazione”. Come ha detto monsignor Fisichella, per giustificare le bestemmie del premier, bisogna contestualizzare. Bene. Ecco il contesto: Lario, Boffo, Mesiano, Marrazzo, Fassino, Caldoro, Fini. La libertà di informazione non c’entra nulla in questa vicenda. C’è altro in ballo. Ebbene, io mi chiedo cosa deve succedere di più perché si alzi in questo paese un moto di indignazione corale? Cosa altro serve perché si fermi questa spregevole, infame macchina del fango?

IL METODO BOFFO DIVENTA UNA SUONERIA

video: 

L’orrore corre sul filo. Il metodo Boffo diventa una suoneria per cellulari. Su “il Giornale” di oggi, a pagina 10, trovate l’ultima puntata di questa squallida guerra, senza esclusione di colpi, tra Fini e Berlusconi che, da quest’estate ha trasformato la politica del centrodestra in patetico teatrino. 'Aveva una casetta piccolina a Monteca’. Vuoi l’ironica canzoncina sulla famosa casa di Montecarlo subito in regalo sul tuo telefonino? Manda un sms con scritto cognato al 48182, oppure chiama lo 011.6910090. Si, avete capito bene. Non so se l’autore è Apicella. Magari c’è lo zampino pure del Berlusca. Certo è che più in basso di così si muore. Noi abbiamo chiamato e abbiamo scoperto che ci sono due opzione di scelta. O “la casetta a Monteca’” oppure una più suadente “io c’ho la casa a Monteca’”, in versione partenopeo-chic. Chiami e la suoneria dello sputtanamento globale di Fini è servita. Ovviamente, non è gratis. Si paga un abbonamento e sarebbe interessante capire chi c’è che ci guadagna in tutto questo. Perché la suoneria ti arriva solo se ti abboni. Chissà come avrebbe reagito Berlusconi se la Repubblica avesse osato tanto, ai tempi di Noemi. A corredo di una così nobile e pregnante inchiesta giornalistica, un articolo che riferisce su tutte le barzellette, sms, giochi di parole che stanno rimbalzando sui telefonini di mezza Italia. Questo, secondo il giornale della famiglia di Berlusconi, è il lato comico dei guai di Gianfry. Quando si arriva a tanto è finita. Questo, secondo noi è il segnale evidente di una crisi irreversibile. Sono mesi che non si parla di altro, che il paese è paralizzato per colpa loro. Sono mesi che il presidente del Consiglio e la terza carica dello Stato si scambiano accuse reciproche di mascalzonaggine. Berlusconi lo accusa di aver svenduto i beni di An per avvantaggiare se stesso e la sua famiglia. Fini accusa Berlusconi di fare affari con società off-shore e di utilizzare i servizi segreti per fare killeraggio nei suo confronti. E’ la verità? Forse sì, in entrambi i casi ma a noi non interessa. Non ci importa di stabilire chi ci fa o ci è. Chi ha più ragione o meno torto. Entrambi ne risponderanno davanti ai cittadini-elettori ed eventualmente davanti alla magistratura. Quello che a noi interessa, oggi, ora, per il futuro e soprattutto per il bene di questo Paese, è che questi signori dovrebbero governare il paese e invece lo stanno devastando. Scriveva ieri Eugenio Scalfari: “l’economia è ansimante, la coesione sociale è a pezzi e nessuno se ne dà carico. Un bilancio che dire sconfortante è dir poco”. Ha ragione Eugenio Scalfari, ragione da vendere. E’ per questo che questo governo e quello che rimane di questa maggioranza devono togliersi dai piedi. Italia dei Valori è pronta a dare loro il benservito. Lo faremo mercoledì.

SQUADRISMO FASCISTA "A MEZZO STAMPA"

 E' quello che è stato definito il metodo Boffo. Per il quotidiano Il Giornale, fare giornalismo è mettersi al servizio del padrone e pubblicare articoli frutto di dossieraggi squallidi, commissionati e appositamente tenuti nel cassetto, fino a che i tempi per la loro pubblicazione non si fanno maturi. E' squadrismo fascista a mezzo stampa, con l'obiettivo di denigrare il nemico fino a distruggerlo. Il metodo è sempre lo stesso. Prima vengono le minacce, per costringere l'avversario a più miti consigli, poi comincia una campagna infamante, a colpi di titoli a caratteri cubitali, che infangano e trascinano tutto con sè, non solo gli ideali e la storia politica, ma anche quella privata e personale. Il presidente del Consiglio non guarda in faccia a nessuno quando l'obiettivo è la distruzione dell'avversario. Il grande manovratore dei gioielli d'informazione di famiglia, Silvio Berlusconi, usa a suo piacimento i giornali di sua proprietà e le tv, quelle che possiede e quelle che comanda come presidente del Consiglio. E' l'unico oligopolista televiso al mondo a controllare, in qualità di politico, l'altro oligopolista. Con i media di sua proprietà racconta al mondo le malefatte del nemico, con quelle che comanda (la Rai, ndr), invece, racconta agli italiani le cose buone e belle fatte in due anni e mezzo di governo, tra cui da ultimo l'indispensabile e prestigioso nuovo codice della strada. Dopo mesi e mesi di copertine ed intere paginate dedicate a inchieste inesistenti, piene zeppe di balle spaziali su Antonio Di Pietro ed il nostro partito - puntualmente smentite dalle procure della repubblica di tutt'Italia, con tanto di condanna al risarcimento dei danni per il quotidiano della famiglia Berlusconi e dei pseudo-accusatori- ora è il turno dei finiani, i grandi traditori, quelli che non ci stanno ad abbassare il capo e mandare giù il verbo berlusconiano. Bocchino per primo, poi Chiara Moroni, sbertucciati, umiliati e messi alla berlina. Man mano seguiranno tutti gli altri. Questo è quanto comanda il padrone, Silvio Berlusconi, e questo è quanto esegue il direttore Feltri, lontano anni luce dal rigore morale e professionale di Indro Montanelli. Oggi il nemico numero uno da abbattere, quello su cui concentrare tutte le mitragliatrici mediatiche di famiglia, è Gianfranco Fini e tutto quello che ruota intorno a lui, al suo passato e al suo presente, anche familiare. Bene ha fatto il presidente della Camera a dirsi sereno auspicando che sia fatta luce al più presto. E' quello che abbiamo sempre fatto noi, di fronte anche alle più infamanti ed astruse delle accuse. Ma quello che serve a questo paese per la vera svolta è cancellare questa anomalia tutta italiana, rappresentata dal gigantesco conflitto di interessi di Silvio Berlusconi, che pesa come un macigno sull'informazione, la democrazia e la libertà in questo paese. "Immaginate un paese dove un solo uomo unisce il potere politico del presidente Bush, l'influenza sui media di Rupert Mardoch e la ricchezza e l'ambizione di Ross Perot e Steve Forbes. Quel Paese è l'Italia e quell'uomo è il primo ministro Silvio Berlusconi" (Wnet Thirteen tv, New York). Per questo, prima se ne andrà a casa, prima questo Paese tornerà a respirare aria di libertà.