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Le proteste dei pescatori alla Camera
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COSTI POLITICA: DIAMOCI UN TAGLIO MA VERO
Oggi, sul sito del ministero della Funzione Pubblica, sono stati resi noti i risultati dell'indagine della commissione presieduta da Giovannini, presidente dell'Istat. La commissione, istitutita nel luglio scorso, aveva il compito di comparare gli stipendi dei parlamentari italiani a quelli europei per operare eventuali adeguamenti. Dai risultati emerge che i parlamentari italiani ricevono un'indennità superiore rispetto ai loro colleghi tedeschi, inglesi e spagnoli ma i meccanismi e i criteri per il calcolo delle indennità parlamentari nei vari paesi sono talmente diversi da renderli imparagonabili. Attendiamo sviluppi dalla Commissione, augurandoci che non finisca con un nulla di fatto.
Nell'attesa, sui costi della politica, possiamo dire un bel po' di cose perché Italia dei Valori non ha mai tentennato e non si è mai tirata dietro, anzi, ha spesso corso in solitaria. Due esempi su tutti: la riduzione del numero dei parlamentari, l'abolizione dei vitalizi e quello delle province. Se le istituzioni, come è giusto che sia, devono diventare palazzi di vetro è giusto che si proceda quanto prima a fare un bella azione di pulizia nella giungla di regolamenti, norme, leggine e codicilli vari che ostacolano l'operazione di trasparenza e confronto. E' lì, infatti, in quella giungla di norme sovrapposte ed incomprensibili, che si annidano mille insidie.
Tutto questo, però non basta. Se si vuole affrontare la questione seriamente, occorre agire a 360 gradi. Si devono affrontare anche altri dolorosi capitoli di sprechi e privilegi che regnano sovrani nella pubblica amministrazione: province, enti inutili, auto blu, acquisti di beni e servizi, regioni e province a statuto speciale, stipendi dei manager pubblici e via discorrendo.
Si proceda, dunque, con coraggio, senza inutili cacce alle streghe ma con buonsenso e determinazione. Bandita l'ipocrisia o i finti aggiustamenti, la Camera e il Senato, d'altronde, sta già procedendo in tal senso. Noi abbiamo le nostre proposte all'insegna dell'equita', della serieta' e della trasparenza, ferme nelle commissioni, che sono l'unica via per riconquistare la fiducia dei cittadini e ridare dignita' alla politica e le mettiamo sul tavolo. Chi ha buone orecchie ci ascolti.



PERCHE' VOTIAMO NO A QUESTA MANOVRA
Noi il governo Monti lo abbiamo voluto. Abbiamo votato con convinzione la fiducia perché questo governo potesse nascere. Lo abbiamo detto dall’inizio con grande chiarezza: la stangata, di cui si fa un gran parlare, era ed è qualcosa di cui purtroppo l’Italia non poteva e non può fare a meno, per le condizioni disperate in cui dieci anni di governo “non-governo” Berlusconi ci ha portato. Se il Pdl e la Lega avessero fatto anche solo due anni e mezzo fa le riforme e i tagli che servivano, oggi staremmo molto meglio.
Ieri a "Porta a Porta", in una suddivisione surreale, mi sono trovato seduto accanto all’onorevole Reguzzoni, capogruppo alla Camera della Lega Nord partito che, pur avendo governo il Paese fino a ieri e per dieci lunghi anni, andando a braccetto con Berlusconi e assecondandone tutte le richieste ad personam, oggi cerca di ricostruirsi la verginità perduta.
Vorrei spiegare perché, invece, ero seduto io lì, tra quella che nella semplificazione politica e giornalistica era la parte dell’opposizione, ovvero spiegare le ragioni del nostro no alla manovra del governo Monti.
Abbiamo votato no perché convinti che un’altra manovra era possibile farla, ugualmente rigorosa, ugualmente seria, a saldi invariati, e cioè che non rendesse un centesimo di meno rispetto a quello che l’Europa ci chiedeva. Una manovra che contenesse più equità sociale e che soprattutto distribuisse, in maniera più giusta, i sacrifici che non si potevano evitare.
Così non è stato. Non c’è stato nessun margine di trattativa con il governo affinché venissero accolti i nostri emendamenti. In questa manovra mancano troppe cose: a partire dalla lotta all’evasione fiscale, dall’equità e dall’asta sulle frequenze tv. Qualche passo significativo c’è pur stato ma non sufficiente a nostro avviso. Lo avevamo detto. “Daremo il nostro voto affinché il governo Monti possa nascere ma poi valuteremo nel merito ogni singolo provvedimento”.
Abbiamo esaminato, lavorato sodo sulla manovra ma giudicandola fortemente depressiva e ingiusta oggi votiamo no. Ciò non significa che, in futuro, faremo mancare il nostro voto positivo qualora dovessimo ritenere un provvedimento giusto e sacrosanto. Questa è la nostra coerenza.



SPIRAGLI DI EQUITA’: PRENDERE O NO?
Questa manovra l’abbiamo pesantemente criticata, perché era a “senso unico” e chiedeva sacrifici solo ad una parte del Paese. Intendiamoci, una riforma del sistema previdenziale andava fatta, perché è inaccettabile che nel nostro Paese, un padre di famiglia vada in pensione a 59 anni con il 90 per cento del suo stipendio e suo figlio, bene che vada, ci andrà a 70 anni con a malapena il 60 per cento. Ma la ragione del nostro giudizio profondamente negativo e contrario partiva soprattutto dalla constatazione di tutto quello che in questa manovra manca, ovvero, una patrimoniale vera, una seria lotta all’evasione fiscale ed altri provvedimenti come l’Ici alla Chiesa e l’asta sulle frequenze tv, di minore portanza ma di assoluta valenza.
Premesso ciò non possiamo negare che, dal governo, non siano giunti segnali positivi di apertura. Le modifiche introdotte ieri sera, durante i lavori della Commissione Bilancio, sono significative. Riguardano aspetti non marginali e introducono quelli aspetti di equità per i quali ci siamo battuti tanto in questi giorni. E’ vero, ci sono ancora troppe ombre, passi indietro sulle liberalizzazioni ed il solletico, intollerabile, fatto ai costi della politica. Mancano temi fondamentali, quelli cui accennavo poc’anzi, come l'assegnazione delle frequenze tv e la lotta all'evasione fiscale.
Ma non possiamo ignorare che la nostra domanda di equità ha trovato risposte, seppur minime, nel governo e che la situazione disastrosa del debito pubblico italiano impone scelte dolorose. Per questa ragione, io non dimentico che 20 giorni fa abbiamo votato la fiducia al governo Monti e che il fallimento è dietro l’angolo. Per questo, quello che ieri sembrava scontato, oggi non lo è più e deve necessariamente essere oggetto di un’attenta riflessione da parte nostra. Io stesso lo sto facendo. Contemperare la battaglia di maggiore equità, con l’Europa che guarda a quello che facciamo, ed il lavoro da fare per salvare il Paese.



LORO NON SONO CAMPIONI DI STILE...
Surreale quello che sta accadendo alla Camera dei Deputati. Mentre il Paese è in piena crisi e deve affrontare uno dei suoi passaggi storici ed economici più difficili, mentre il rischio recessione è alle porte e il governo è latitante, la Lega e il Pdl hanno impegnato e bloccato i lavori del Parlamento e delle istituzioni per una trasmissione televisiva!!! Sì, esatto, perché Reguzzoni, questa mattina, ha chiesto le dimissioni del presidente della Camera per le dichiarazioni che ha fatto ieri sera a Ballarò a proposito della baby pensionata moglie del ministro Bossi. E Cicchitto ha addirittura chiesto l’intervento del presidente della Repubblica Napolitano per cacciarlo. L’ho detto forte e chiaro in Aula: trasformare una giornata come quella di oggi in un incidente politico è un tentativo patetico di buttare la palla fuori dal campo di gioco. Hanno cercato in maniera puerile un dibattito politico sul nulla senza un minimo di dignità e senso di responsabilità.
Quanto alle contestazioni mosse a Fini, io credo che il comportamento di un presidente della Camera si misura dal come conduce i lavori dell’Aula. Ebbene, durante i tre anni trascorsi non c’è stata un’occasione nella quale il presidente Fini non sia stato presidente di tutti, non abbia tutelato gli interessi di tutte i gruppi parlamentari. Di cosa stiamo parlando? Di questioni di stile? Io accetterei pure una sfida sullo stile con il quale si rappresentano le istituzioni, su questioni di stile, se vivessimo in un paese in cui un ministro per le riforme, Umberto Bossi, non si esprimesse con dita medie alzate e pernacchie un giorno si e l’altro pure, e se non avessimo un presidente del Consiglio che organizza incontri sessuali a base di prostitute minorenni. Non hanno dignità, non hanno un minimo di decenza. L’unico senso di responsabilità che potrebbero mostrare è il giorno in cui si toglieranno di mezzo perché il vero problema del Paese è questo governo!



COMPRAVENDITE DA MERCATO BOARIO
Berlusconi sta pagando le sue cambiali politiche, lo dimostrano gli incarichi di governo regalati ieri dopo aver incassato la fiducia. Hanno tutti poco di che gioire. Esultano ma è la gioia degli stolti, di chi fa finta di niente ma sa che la fine è imminente. Sono appesi ad un filo. Ieri, Berlusconi ha dato vita al più triste spettacolo mai visto, un vergognoso mercato delle vacche. Siamo disgustati, non ci sono altre parole per esprimere lo sdegno. L’obiettivo delle opposizioni era ieri di dimostrare che la maggioranza è sgangherata, accidentata e si tiene insieme solo con lo scotch. Non ha speranza, non ha idee, né un progetto e che per avere i numeri deve aprire al rialzo il mercato. Ci siamo riusciti. Ci dicono che abbiamo fallito il colpo? Abbiamo troppo rispetto per le istituzioni per scendere così in basso. La verità è che ieri l’opposizione ha messo il dito nella loro piaga, ovvero l’incertezza dei numeri. Erano topi in trappola, intimoriti e paurosi. Gradasse le rivendicazioni a fiducia incassata ma la paura nelle fila della maggioranza si percepiva chiaramente. Ieri hanno ottenuto la fiducia, tra mille difficoltà, mettendo in campo azioni non degne di un parlamento e di un governo, indegne per le istituzioni di questo paese e per la democrazia. Se sentono di aver vinto è bene che sappiano che la loro è una fiducia di Pirro. Nel 280 a.c., Pirro, re dell’Epiro, sconfisse i romani a Eraclea e ad Ascoli Satriano ma sostenendo perdite così alte da essere incolmabili. Si narra che, dopo la battaglia, gli eserciti si separarono e Pirro rispose così ad uno che gli esternava la gioia per la vittoria: “Un’altra vittoria così e sono rovinato”. La storia insegna. I Romani, dopo aver condotto con valore la guerra contro Pirro ed averlo costretto ad abbandonare l'Italia insieme al suo esercito, continuarono a combattere e sottomisero tutte le popolazioni che si erano schierate dalla parte di quest'ultimo. (Polibio, Storie, I, 6, 7).
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