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CALCIO E POLITICA, PASSIONI E SPERANZA
Un grande pagina di sport. Battendo la Germania, paese simbolo dell’austerità, e raggiungendo la finale, la nazionale di Prandelli ha reso l’Italia finalmente
un paese unito. Ha unito gli italiani, come una grande famiglia, con un unico obiettivo. E con un grande sogno. Tutti sappiamo qual è ma non ne parliamo per
un minimo di scaramanzia. Super Mario non è più Mario Monti, ma Mario Balotelli (per fortuna). L’Italia non subisce i diktat tedeschi, ma impone il suo gioco
alla Germania (e gli rifila due pappine). Che altro desiderare? Che la metafora del calcio sia capita anche dalla politica. L’Italia è un paese vitale e pieno
d’energie. E ha bisogno di una speranza. Anche e soprattutto politica.
Berlusconi vinse nel ’94 promettendo un milione di posti di lavoro, ma quella non era speranza, era truffa. Oggi abbiamo bisogno di una coalizione di
centrosinistra che rimetta al centro dell’agenda la giustizia sociale, le legalità, i diritti. Abbiamo bisogno di una nazionale, pardon, di una coalizione che non abbia paura di tirare un calcio di rigore, che metta insieme
gregari e fuoriclasse per tirare il Paese fuori dalle secche. Il rilancio è a portata di mano, ma bisogna creare le condizioni.



O SI FA L’EUROPA O SI MUORE
Questo pomeriggio il presidente del Consiglio, Mario Monti, incontrerà il presidente francese Francois Hollande, il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Un vertice atteso, complesso e di importanza vitale per il futuro non solo dell’Italia ma dell’intera Europa.
O si fa l’Europa o si muore, è questa la verità. In questo momento, non c’è azione di governo che tenga se non c’è un’Europa unita, politicamente ed economicamente. Oggi, è un vaso di coccio, fragile e tenuto insieme su basi fragili, perché in realtà è divisa su tutto.
Non serve nascondersi dietro alle parole. La speculazione finanziaria continuerà finché l’Europa non diventerà un fortino inespugnabile. E per farlo, occorre trasformare quel vaso di coccio in una botte di ferro.
Come? Procedendo, a passo spedito, verso una unificazione delle politiche fiscali, industriali e dei mercati, che ancora oggi hanno messo in atto un percorso incompleto, serve una Banca centrale europea davvero sovrana ed indipendente. Finché non ci saranno queste condizioni, non ci sarà politica di rigore che tenga.
Solo se l’Europa sarà davvero unita, diventerà un fortino inespugnabile, in grado di fermare la speculazione e diventare uno dei grandi player dell’economia mondiale, superando per importanza l’esportazione come Stati Uniti, Cina e India.
Serve uscire dall’angolo. Serve superare quella progressiva marginalizzazione che stiamo subendo perché, in un mondo dove contato i grandi player, o anche l’Europa entra nel vivo del gioco e se la gioca alla pari o finiremo per essere spazzati via.
Il presidente del Consiglio Monti ha il dovere di svolgere ogni tentativo in questa direzione. Deve far valere con forza queste ragioni, che sono le ragioni dell’Italia. Monti vada al vertice forte non solo delle posizioni dell'italia ma di posizioni che sono di buon senso.



CALCI DI RIGORE
Due manager - banchieri - squali chiacchierano. Uno dice "abbiamo vissuto troppi anni al di sopra delle loro possibilità". Una battuta, una freddura letta qualche tempo fa su Internazionale che spiega meglio di un libro la crisi economica. Ma i cittadini stanno dicendo basta. Dappertutto. Anche ieri hanno dato un calcio al rigore. O meglio, a questo rigore, cha fa pagare ai più deboli il conto lasciato da altri.
I cittadini tedeschi dei lander tedeschi più importanti hanno bocciato senza appello la politica della Merkel. Se persino i tedeschi non ne possono più del rigore privo di attenzione sociale vuol dire che è proprio ora di una sterzata. Il vento in Europa è cambiato e non spinge più le vele del centrodestra, le cui politiche sono responsabili di una crisi economica senza precedenti.
I cittadini di Francia, Grecia, Italia e ora Germania hanno detto basta a manovre impopolari che fanno scontare il peso della recessione non ai responsabili, ma ai poveri cristi. E in Italia ancora non si muove una foglia sulla riduzione della ‘cattiva spesa pubblica’. Tagli e sacrifici per tutti ma senza veri interventi strutturali. Questo governo di ‘tecnici’ ha ridato un po’ di credibilità internazionale al Paese (peraltro commissariato da anni) ma non ha prodotto praticamente nulla di buono sul fronte interno.
Oggi, intanto, arriva in Aula la legge sul finanziamento dei partiti. Chiamata pomposamente ‘norme in materia di riduzione dei contributi pubblici in favore dei partiti e dei movimenti politici’. Presenteremo emendamenti, daremo il nostro contributo se c’è l’intenzione di fare una legge seria, se, invece, si tratterà di un maquillage tanto per gettare fumo negli occhi dei cittadini, saremo pronti all’opposizione e alla denuncia.
E non solo: oggi siamo passati dalle parole ai fatti ed abbiamo consegnato alla Camera 200.000 firme a sostegno di una legge di iniziativa popolare per l’abrogazione del finanziamento pubblico. Se dal parlamento non verrà fuori una buona legge, non lavoreremo sulla legge d’iniziativa popolare. Se neanche questa passerà, ci penseranno i cittadini col referendum. Un calcio al rigore ed un altro alle cattive spese.



MONTI TRA HOLLANDE MERKEL E SPINELLI
Salutiamo François Hollande, nuovo presidente della Francia. Riflettiamo sul voto greco, che ha bocciato il rigore ma ha portato i neonazisti in Parlamento per la prima volta nella storia ellenica. Gioiamo per il raggiungimento del quorum in Sardegna per il referendum regionale sull’abolizione delle province. E aspettiamo l’esito di questa tornata elettorale italiana.
I francesi e soprattutto i greci hanno lanciato un messaggio all’Europa, alla Germania della Merkel in particolare. L’Europa, così com’è, non piace più. Il grande sogno di Spinelli e di generazioni di europei si sta rivelando incapace di gestire gli effetti sociali della crisi economica.
Siamo tra coloro che vogliono un’altra Europa, più giusta, più attenta alle esigenze dei cittadini, meno a quelle della finanza e delle banche. I francesi hanno tracciato una nuova rotta di cui dovrà tener conto anche il governo Monti.
Dovrebbe tener conto, perché sembra che il premier italiano, in realtà, intenda sostituirsi a Sarkozy nel rapporto privilegiato con la Merkel. Una sorta di asse Roma-Berlino. A parte il fatto che rievoca un periodo drammatico e nero della storia contemporanea, quest’asse è un errore grave.
Il contenimento della spesa (giusto e necessario) attraverso l’aumento della pressione fiscale e la riduzione degli investimenti è una scelta suicida. Monti, d’accordo con la Merkel, ha fatto questo, alimentando la spirale recessiva che sta strozzando l’economia italiana.
Con la vittoria di Holland e con il voto greco (vittoria degli estremismi che condannano l’Ellade all’ingovernabilità) cambia lo scenario. L’Europa deve cambiare se vuole davvero diventare il grande e nobile sogno di Altiero Spinelli e del Manifesto di Ventotene.



HOLLANDE BATTE ANCHE MERKOZY
Il successo di Hollande alle presidenziali in Francia apre una nuova stagione per tutti i paesi dell’Unione Europea. O, almeno, questo è l’auspicio al momento, in attesa del ballottaggio. La politica di tagli e di contenimento della spesa pubblica che il duo Merkel-Sarkozy (Merkozy per i critici) è stata in parte necessaria, ma è stata poi spinta all’eccesso, in particolare dal governo Monti. L’Europa ha bisogno di dare impulso ad una nuova politica economica che stimoli la crescita, altrimenti la contrazione dei consumi e degli investimenti provocherà una nuova fase recessiva.
Con i soli tagli non si esce dalla crisi. Lo dice, giustamente, anche il presidente Obama. In ogni caso il voto francese pone degli spunti di riflessione. La crescita ed una nuova politica europea innanzitutto. Ma anche il successo di Le Pen, della destra nazionalista e xenofoba, pone inquietanti interrogativi. Per troppi anni il dogma liberista, insufflato dai grandi potentati economici, ha imposto il proprio pensiero unico. La supremazia del mercato e la sua capacità di autoregolarsi sembrava una verità incontestabile. Questa idea è fallita miseramente alla prova dei fatti.
I soldi chiamano soldi e se non c’è un organismo terzo (lo Stato e gli organismi sovranazionali) a regolamentarne i flussi, i cittadini non ne traggono alcun beneficio. Senza voler richiamare in alcun modo vecchie idee anch’esse fallite alla prova della Storia, è però innegabile che serve studiare un nuovo modello di sviluppo, che ponga alla sua base il bene comune, non l’accumulazione di risorse nelle mani di pochi. Sembra, e a pensarci bene è, una banalità. Ma nell’applicazione pratica questo principio viene quasi sempre disatteso, in nome di indicatori economici che non sempre coincidono con l’interesse generale.
Da tempo Italia dei Valori sostiene in Parlamento la necessità di manovre per la crescita. Ora che il voto francese ha rimesso in discussione l’assetto europeo, è tempo di pensare ad un cambiamento delle politiche economiche.



GLI EUROPEI CI SONO, FACCIAMO L’EUROPA
Da soli, arrivati a questo punto, non ci salviamo. La vera chiave di volta per uscire dalla crisi è politica ed europea, non solo economica ed italiana, perché la risposta alla speculazione internazionale può essere efficace solo se supportata dall’Unione Europea e dalla Banca Centrale Europea.
Quando dico che arrivati a questo punto non ci salviamo intendo che è tardi, molto tardi. Dovevamo intervenire almeno un anno e mezzo fa. Allora avremmo innescato un meccanismo virtuoso che forse, e dico forse, ci avrebbe salvati. Ma quando potevamo, un governo indecente non ha fatto quello che doveva fare.
Ora i ‘compitini a casa’ dell’Italia, come li definisce la Merkel, non garantiscono la salvezza economica del nostro sistema nazionale. La manovra del governo, infatti, per quanto iniqua e criticabile, dal punto di vista contabile centra l’obiettivo prefissato, ma non basta a garantire all’Italia di uscire dalla crisi.
Non basta perché dobbiamo prendere atto che la speculazione sull'Italia è troppo forte, pressante e a un livello tale che i mercati hanno iniziato a speculare sul nostro Paese non più come anello debole dell'Europa ma come grimaldello per scardinare definitivamente l'euro.
Per fronteggiare questa speculazione servirebbe un accordo politico, ma i presupposti non sono certo incoraggianti. Il vertice Ue di questo fine settimana è stato una delusione e non è riuscito a dare risposte certe. Soprattutto non le ha date ai mercati. Serviva un salto di qualità che non c'è stato.
L’ Europa esiste solo come insieme di stati che hanno una moneta in comune ed un'area di libero scambio, ma ancora non è un’entità politica riconosciuta e forte. Una precondizione per dare un indirizzo politico anche alla Bce, che, come fanno le banche centrali dei grandi paesi, potrebbe intervenire per contrastare la speculazione. Come? Comprando per esempio il debito pubblico dei paesi sotto attacco degli speculatori. Nessuno speculatore, per quanto grande e potente, potrebbe competere con la potenza monetaria della Bce e gli assalti degli ‘squali’ della finanza sarebbero respinti senza eccessive difficoltà, garantendo la stabilità dell’area Euro.
Invece scontiamo gli errori di un’Europa costruita solo dal punto di vista burocratico e tecnocratico, priva di un indirizzo politico omogeneo. E scontiamo anche la politica della Germania, che confonde i suoi interessi con quelli dell’Europa tutta.
So che definire l’ Europa un’istituzione ‘burocratica’ e ‘tecnocratica’ ricorda un po’ il linguaggio leghista, ma è solo un caso perché le nostre conclusioni sono diametralmente opposte: serve più Europa, non meno. La crisi non si affronta con risposte localistiche, che hanno un certo appeal populista, ma nella realtà sono pericolose. Se realizzate, infatti, getterebbero sul lastrico le aree in questione. Nel 1861, agli albori dell’Unità d’Italia Massimo D’Azeglio disse: "L’ Italia è fatta ora facciamo gli italiani". Oggi è il contrario: "Gli europei sono fatti, facciamo l’Europa".



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