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Gli invisibili della crisi

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Va tutto bene. E’ questo il ritornello del ministro dell’Economia Tremonti. Il Paese è in ripresa, i conti tornano ma serve rigore. Così la Finanziaria che arriva proprio in questi giorni in Parlamento contiene solo tagli e tante bugie. Nessuna risorsa per l’Italia in crisi, quella vera, fatta di operai che stanno perdendo il lavoro, di famiglie che non arrivano alla fine del mese, di poliziotti che fanno sicurezza sul territorio senza soldi e risorse, di ricercatori che non ricercano più e vanno all’estero, nel migliore dei casi. C’è un’Italia in crisi fuori dalle stanze dorate dei palazzi, quell’Italia che telegiornali e tv asservite al padrone, continuano a negare e che noi testardamente continueremo a mostrarvi.Oggi, solo a Roma, c’erano quattro manifestazioni. C’erano gli operai dell’Alcoa, davanti al ministero dello Sviluppo Economico, azienda leader nel settore della produzione in alluminio, con 3.000 operai che rischiano di perdere il posto di lavoro, in una regione come la Sardegna già in grosse difficoltà occupazionali. C’erano i vigili del Fuoco, a piazza Navona, senza più risorse e mezzi. C’erano lavoratori di Eutelia, davanti a palazzo Chigi, società spezzettata e venduta a pluricondannati specializzati non nel rilanciare l’economia del Paese ma nel lucrare sullo smantellamento di aziende. C’erano, infine, i ricercatori dell’Ispra, in rivolta sui tetti dell’istituto, in procinto di essere tutti licenziati da uno Stato che ormai non investe più un euro in ricerca.Noi da tempo siamo al fianco di questi pezzi d’Italia dimenticati dalla tv di regime. E più assordante sarà il silenzio imposto dal Governo, più noi continueremo a gridare a voce sempre più in alta che in Italia le cose non vanno bene per niente.

LA FINANZIARIA CHE NON C'E'

 TremontiTremontiI ministri del Governo Berlusconi sono sul piede di guerra per i tagli inflitti ai loro dicasteri. Urlano e strepitano contro il collega dell’Economia. In realtà, è tutta una pantomima, un’ipocrita gioco delle parti. Il bastone del comando ce l’ha in mano Giulio. E’ lui che apre e chiude i cordoni della borsa e tutto è già stato deciso. Agli altri non resta che fingere di essere indignati.E’ avvilente dover constatare che la politica economico-finanziaria di questo Governo si riconferma essere solo una politica di tagli, che colpisce nel mucchio, senza andare a distinguere il grano dalla gramigna. Si taglia sulla sicurezza. A fronte dei 3 miliardi di euro soffiati alle forze dell’ordine negli ultimi tre anni, si ridà loro 100 milioni, una colossale presa per i fondelli.Si taglia sulla giustizia. In tre anni, hanno ridotto del 40 per cento le spese correnti, però di contro pretendono di fare i processi in sei anni. Si taglia sulla scuola. In quattro anni hanno tagliato 7 miliardi e mezzo di euro, dimezzando i fondi per le università e la ricerca, però di contro parlano di merito e qualità.Le risorse messe in campo dal Governo in questa Finanziaria sono solo di 3 miliardi di euro. Il resto è affidato dal gettito che verrà, se verrà, dallo scudo fiscale.Di sgravi fiscali per i cittadini e le famiglie si parla eccome, anzi si fa solo quello, perché non c’è un soldo vero. Come e quanto sgravare dipenderà dall’andamento dello scudo fiscale, ovvero, da quanti soldi evasi rientreranno in Italia, grazie alla garanzia dell’anonimato e dell’impunità. Con i soldi che forse verranno, quando e quanto non si sa, il Governo dice che farà di tutto, anzi di più. Rinnoverà il contratto del pubblico impiego, gli incentivi per il risparmio energetico, i fondi per l’Università, per le missioni all’estero, per diminuire le tasse sui lavoratori dipendenti e dei pensionati e la detassazione delle tredicesime. Tutte buone intenzioni, un po’ troppe forse, che, rimarranno tali, se il povero scudo non ce la farà, come è probabile, a coprire tutto.Del promesso taglio dell’Irap si è persa ogni traccia. Così come dello sblocco dei fondi per la ricerca, la detrazione fiscale per il risparmio energetico degli edifici, le misure fiscali a favore del lavoro chieste dai sindacati e, infine, le risorse per la sicurezza e la giustizia. Una cosa colpisce, però, di questa Finanziaria. Tremonti taglia qualunque voce di spesa, paralizza l’attività legislativa del Parlamento perché le leggi in discussione non hanno copertura finanziaria, ignora le legittime esigenze di tante famiglie e delle imprese, ma trova i soldi per rifinanziare la legge Mancia, quel caravanserraglio di  onorevoli prebende, con ben 50 milioni di euro. Alla faccia della finanziaria leggera e della gravità della situazione economica italiana.Noi non solo chiederemo, così come in passato, l’abolizione di questa scandalosa legge ma presenteremo la nostra Finanziaria che, con responsabilità e realismo, affronterà i reali problemi economici del Paese.

IL FUTURO "IN CASSA INTEGRAZIONE"

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Riparte dalla Calabria il nostro viaggio nella crisi, da quel Sud colpito due volte, da un lato da un crollo dell’economia spaventoso, che ha messo in ginocchio quelle poche realtà di piccola e media impresa che a fatica e tra mille difficoltà cercano di affermarsi in un ambiente per molti aspetti ostile a chi fa impresa e, dall’altro, da decenni di politica assistenzialista, fatta di soldi, tanti, ma priva di progettualità e sostegno reale.Una politica che ha spesso portato ad investire nel Sud d’Italia non le aziende più competitive ma i carrozzoni di tutta Europa, quelle aziende ambulanti che si trasferiscono ed aprono sedi dove c’è il contributo pubblico più ghiotto e che, al primo accenno di crisi o di contributi che non arrivano, chiudono i battenti. Sono state politiche di corto respiro che non hanno portato vero arricchimento e lavoro al Sud ma solo vantaggi ad imprese che ne beneficiano.In Calabria, fino a maggio di questo anno, erano 27.000 i posti di lavoro persi. Prima della fine dell’anno, secondo stime della Cgil, arriveranno a 35.000. Ad oggi, sono 5.655 i lavoratori in trattamento di sostegno al reddito. La percentuale di disoccupazione è al 12.78%. Nel 2009, sono stati 8.000 i calabresi emigrati, di questi 4.000 sono giovani. Migliaia di giovani e donne non hanno mai lavorato né potranno farlo.Il Governo nasconde queste verità. Le tv nazionali, insabbiano, silenziano, stendono veli pietosi. C’è solo il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi che, a reti unificate, dice che la crisi è finita. C’è solo Tremonti che, a reti unificate, sforna l’ennesima ricetta assistenzialista e miracolista, la Banca del Sud, ovvero l’ennesimo carrozzone pubblico di cui il Paese non sente e non ha alcun bisogno.Abbiamo incontrato a Roma gruppi di lavoratori calabresi durante una manifestazione. Sono dipendenti di aziende che hanno sedi su tutto il territorio nazionale. Molti sono in cassa integrazione, altri senza stipendio da mesi. Tutti sono preoccupati per il loro futuro e per quello delle loro famiglie. Tutti chiedono una sola cosa: una nuova politica per il Mezzogiorno del Paese.Noi crediamo che serva innanzitutto  una misura urgente di carattere nazionale, ovvero, il raddoppio della cassa integrazione, da 52 a 104 settimane, per tutto il tempo della crisi, affinché centinaia di migliaia di lavoratori non escano dal mercato del lavoro. Per il Sud, crediamo servano due cose contemporaneamente: grandi investimenti sulle reti infrastrutturali,  sia stradali che ferroviarie che telematiche, e grandi investimenti, umani più che economici, per sconfiggere la criminalità organizzata ed affermare finalmente la supremazia dello Stato e della legalità sulle mafie.

L'IRA(P) DI BERLUSCONI

 Silvio BerlusconiSilvio BerlusconiAbolire l’Irap non è una  priorità, ma modificarla si. E farlo non significa fare un favore alle imprese ma, semplicemente, cancellare un’ingiustizia e in tal modo tutelare l’intero mondo del lavoro.Così come è strutturata oggi, l’Irap contiene elementi di grave iniquità, che rappresentano un vero e proprio danno, oltre che per le imprese, anche – seppure indirettamente -  per il lavoro e per i lavoratori. L’imposta, infatti, viene calcolata in base al lordo del costo del personale, penalizzando le imprese ad alta intensità di manodopera, prime di tutte quelle del settore manifatturiero (che occupano la gran parte dei lavoratori nel settore industriale), e viene pagata anche quando l’esercizio si chiude in perdita, aggravando il conto economico di piccole e medie imprese già sofferenti per la crisi e la globalizzazione.Sono proprio questi i due aspetti perversi che andrebbero modificati, perché trasformano l’Irap in una sorta di tassa sul lavoro che danneggia l’intero mondo produttivo. E’ paradossale, ma un’azienda in perdita che licenzia o mette in cassa integrazione un gran numero di dipendenti, paga meno tasse di un’azienda virtuosa che, pur essendo in perdita stringe i denti e difende i posti di lavoro.Eliminare queste iniquità dell’Irap dovrebbe costare, secondo alcune valutazioni apparse in questi giorni, circa 5/6 miliardi di euro.Se poi il Governo ha davvero a disposizione tutti i 38 miliardi di euro necessari a coprire l’eliminazione l’eliminazione totale dell’IRAP, ben venga, ma allora, per quanto riguarda IDV, tutta la differenza, pari a 32/33 miliardi di euro deve andare a soddisfare l’altra grande priorità nazionale che è l’incremento dei salari. Per questo chiediamo al governo che, se i  soldi ci sono (ma ne dubitiamo fortemente) siano interamente destinati, per i residui 32/33 miliardi, a ridurre il carico fiscale sul lavoro, producendo così un sensibile incremento del netto in busta paga per i lavoratori dipendenti.Non vi nascondo la nostra disponibilità al confronto  è anche un modo per smascherare le bugie di Berlusconi che, compresa questa, ha abolito “televisivamente” l’IRAP già 5 o 6 volte negli ultimi 10 anni!!!!!Il problema è che per Berlusconi la politica è una sorta di partita a poker, fatta solo di rilanci, senza avere in mano nemmeno una misera coppia.Peccato che sia una partita che gioca con sprezzante cinismo sulla pelle degli italiani.