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ORE 15.00, SCATTA L'ORA X. CAMBIARE SI PUO'!

 Alle 15,00 scatta l’ora x. La chiusura dei seggi oggi ha un significato particolare. Queste amministrative sono una sorta di elezioni Midterm, di medio termine, ed il voto si esprimerà anche sul governo nazionale. Non avranno dirette ripercussioni parlamentari, ma sicuramente influenzeranno la politica e gli equilibri del governo. A Milano, in particolare, il centrodestra si gioca tutto. L’asse Pdl Lega sembra incrinato da tempo ed un risultato negativo (potrebbe essere tale anche un ballottaggio) potrebbe portare all’implosione della coalizione di governo. La maggioranza politica, di fatto, non c’è più. Mentre Berlusconi va a festini, fa spot e comizi davanti ai tribunali, Bossi s’impossessa del governo e Tremonti fa il vero premier. Povero Silvio, li ha creati ed ora se li ritrova quasi antagonisti…In ogni caso dopo queste elezioni sarà indispensabile avviare la costruzione di una nuova alleanza per l’alternativa di governo. I tempi sono maturi ed è diventato un dovere nei confronti del Paese, che è paralizzato da un esecutivo debole e diviso, proiettato notte e giorno sulle vicende processuali del presidente del Consiglio. Cambiare si può e si deve.

LE FURBATE DI TREMONTI CON IL DL PROPAGANDA

Il pacco sola è servito. Ieri, il Cdm, ha annunciato un nuovo mirabolante decreto che svilupperà, udite udite, lo sviluppo. Come? Rimane una fitta nube di mistero. Per ora, lo hanno solo annunciato in pompa magna in conferenza stampa, con la grancassa come sono soliti fare. Non c’è traccia del provvedimento ma già si sente puzza di insidie. A cominciare dalle spiagge. Si perché Tremonti ha deciso di venderle ai privati, regalando concessioni per 90 anni, praticamente un secolo. In realtà, le norme che riguardano la gestione degli stabilimenti balneari sono per metà una bella polpetta avvelenata, per l’altra una vergogna. Ecco la polpetta. Il diritto di superficie, infatti, non potrà riguardare gli stabilimenti balneari situati su spiagge che appartengono al demanio indisponibile dello Stato che, guarda caso, sono circa il 90 per cento degli stabilimenti. Cosa significa? Che questo provvedimento non risolverà il problema di fondo degli operatori del settore, ovvero, l’esigenza di avere concessioni di una durata sufficiente per mettere in atto una seria programmazione finanziaria dei propri investimenti. Ed ora la vergogna. Al rimanente 10 per cento, che insiste sul demanio disponibile, sui quali si potrà attivare, si attribuisce un privilegio inaccettabile. Altro giro, altra insidia. Nel comunicato stampa relativo all’annuncio del decreto sviluppo, il governo annuncia l’istituzione di un’autorità per l’acqua. La Prestigiacomo ha spiegato la ratio: serviva la necessità di creare un organismo di controllo forte. Ci saranno più garanzie per i cittadini e per l’ambiente, più poteri regolatori sulle tariffe e sanzionatori per perseguire ogni possibile abuso. Non ci vuole molto a capire che, in realtà, l’obiettivo è affossare i referendum ed isolare in particolare quello sul legittimo impedimento, dando rassicurazioni che il governo sta vegliando sull’acqua e che quindi è inutile recarsi alle urne perché il governo sta già provvedendo. A questo si aggiunga il vergognoso ed inaccettabile oscuramento mediatico sui referendum che Italia dei Valori sta denunciando con forza e per il quali abbiamo chiesto l’immediata riconvocazione della vigilanza ed abbiamo presentato immediatamente ricorso al Tar. Dunque, alla fine della fiera sullo sviluppo di Tremonti, la sensazione forte, che è quasi certezza, è che questo ennesimo decreto tutto chiacchiere e distintivo servirà solo a sviluppare la propaganda elettorale del premier.

GOVERNO 'MAGNONE' AGGIUNGE POSTI A TAVOLA

Galan - RomanoGalan - RomanoAggiungi un posto a tavola che c’è un responsabile in più…E questi responsabili hanno appetito, . Questo governo diventa ogni giorno parodia di qualcosa. Arriverà ad essere la parodia di se stesso. E’ bastata una conferenza stampa del gruppo dei cosiddetti ‘Responsabili’ per mettere Berlusconi con le spalle al muro: si farà il rimpasto e saranno aumentati i posti di governo. Significa che l’immobile, inutile e dannoso esecutivo di Berlusconi per continuare a fare ciò che fa, cioè nulla, potrà contare almeno su due nuovi viceministri e sette o addirittura otto sottosegretari. Alla faccia dei costi della politica. Tanto pagano i cittadini. Siamo arrivati davvero alla farsa se dobbiamo pure sentirci dire da La Russa che si tratta di un ‘completamento, non di un rimpasto come viene erroneamente chiamato’. Berlusconi va ripetendo da tempo, come un disco rotto, che la maggioranza è compatta e che quota 330 deputati è vicina. Se fosse vero non avrebbe bisogno di precettare i ministri in Aula per non andare sotto ad ogni votazione importante. Se fosse vero la tenuta del governo non dipenderebbe da qualche prezzolato capace di alzare il prezzo del proprio sostegno ad ogni occasione. Se fosse vero, appunto, ma non lo è. Non solo: è partita anche la campagna stampa del Giornale (di famiglia) contro Tremonti. Titolo di prima pagina: ‘Scoppia il caso Tremonti. Bufera nel Pdl. Galan si ribella ‘un socialista all’economia ha commissariato il governo’. Sotto il titolo la ‘riabilitazione’: Il ministro si pente e promette: basta con le persecuzioni fiscali. Insomma, il messaggio spedito da Berlusconi è chiaro: Giulio stai manzo. E’ noto che il superministro dell’Economia ha il pallino del gioco in mano e non risponde a nessuno, neanche a Berlusconi. Ed è a lui che si guarda quando si pensa ad un cambio in corsa nel centrodestra, anche per i suoi ottimi rapporti con Bossi e la Lega. In questo quadro si inserisce la proposta di cambiare l’Art. 1 della Costituzione. No comment, per carità di patria. Berlusconi, politicamente, è alla frutta, dobbiamo essere pronti.

POLIZIOTTI IN MUTANDE, RAZZI E SCILIPOTI SCORTATI

Sicurezza. Sicurezza. Sicurezza. Lo slogan di più campagne elettorali berlusconiane. Più sicurezza per tutti, città più sicure. Parola buona, ottima, in tutte le sue declinazioni, per riempirsi la bocca davanti agli elettori. Una volta eletti, però, dimenticano rapidamente le promesse. E così accade che persino i poliziotti scendano in piazza a manifestare contro i pesanti tagli al comparto sicurezza. E in questo strano e berlusconiano paese capita anche che due parlamentari ‘responsabili’ (è straordinario come l’italiano permetta di plasmare il significato delle parole anche impropriamente), i ben noti Razzi e Scilipoti, ottengano la scorta. Nonostante la carenza drammatica di fondi. Per estrema semplificazione accade questo: promettono soldi alle forze dell’ordine e sicurezza per i cittadini; vanno al governo e tagliano i fondi alle forze dell’ordine e diminuisce la sicurezza dei cittadini; i poliziotti scendono in piazza per protestare contro i tagli e perché è impossibile lavorare in queste condizioni, sotto organico e senza mezzi; due bellimbusti parlamentari ottengono la scorta. Per loro non è una necessità, - non si ricordano epiche battaglie contro la malavita, la mafia, la ‘Ndrangheta, la camorra -  ma uno status symbol da esibire. ‘Guardate, guardate qua – sembra voler significare questa scorta - quanto sono diventato importante’. Nel mare magnum degli sprechi italiani, questa è solo una goccia, ma è talmente rappresentativa di come vanno le cose in questo paese che è utile parlarne. Il ministro Maroni, soprattutto, dovrebbe avere la dignità di spiegare agli italiani i motivi di questa scelta. Presenteremo un’interrogazione e gli chiederemo conto della decisione. Quali sono i criteri con cui si assegna una scorta ministro? La scorta è per caso un benefit da aggiungere a qualcos’altro con cui premiare chi dall’opposizione passa in maggioranza? Lancio anche una proposta: facciamo l’election day, accorpiamo amministrative e referendum e diamo i soldi risparmiati (300 milioni di euro) alle forze dell’ordine. Questa è una proposta seria, non come la sceneggiata di Berlusconi che ha promesso ai poliziotti che protestavano sotto la sua villa ad Arcore che avrebbe risolto la situazione. Paternalismo patetico, il solito ‘ghe pens mì’ che ha portato allo sfascio l’Italia. Anche un’altra proposta: togliamo la scorta a Razzi e Scilipoti, che non ne hanno bisogno, e diamola ai servitori dello Stato che lavorano in territori ‘di frontiera’.

MILLEPROROGHE, QUEL PASTICCIACCIO BRUTTO CONTRO LA COSTITUZIONE

E alla fine con un milleproroghe indegno pasticcio fu, nel metodo e nel merito. Nel merito: non era mai accaduto nella storia della Repubblica che un provvedimento giungesse all’esame dell’Aula, senza il vaglio del Senato e della Camera. Non era mai accaduto nella storia della Repubblica che un governo ed una maggioranza facessero strame della Costituzione in modo così palese e volgare. Opposizioni umiliate, Parlamento vilipeso nelle sue funzioni e prerogative. Nel merito: le misure del milleproroghe, ovvero un delirio di aggravio per le tasche dei cittadini, favori a lobby e società di proprietà del premier e ad aumentare i costi della politica. Nello specifico: il regalo agli allevatori che hanno violato la legge imposto dalla Lega, il consistente regalo alle banche, il favore reso a Mediaset, con la norma  sul divieto di incroci fra stampa e tv, la nuova tassa sul cinema, in base alla quale le agevolazioni fiscali a favore dei produttori cinematografici saranno pagate dagli spettatori, la tassa sulle calamità naturali, che prevede che le regioni vittime di catastrofi dovranno aumentare le tasse ai cittadini. Per non parlare dell'aumento di consiglieri comunali ed assessori nelle grandi città, chiesto da Alemanno per mantenere in piedi la sua giunta. Questo fino a lunedì. Poi, l’intervento di Napolitano, di una durezza senza precedenti: il decreto milleproroghe presenta profondi e irreparabili vizi di costituzionalità. In Aula, una maggioranza imbambolata che non sa che pesci prendere. Italia dei Valori è la prima a chiedere di interrompere una discussione farsa, di porre fine alla presa dei fondelli della democrazia. Le altre opposizioni si accodano alla nostra richiesta. Ieri, martedì, arriva in Aula il ministro dell’Economia Tremonti che annuncia la disponibilità del Governo a modificare il decreto milleproroghe, modifiche irrilevanti nei fatti, che lasciano in piedi tutte le questioni da noi denunciate, ovvero, banche, tassazione dei fondi di investimento, tutta una serie di misure sbagliate che non hanno avuto un iter parlamentare. Ieri, dopo ore ed ore di imbarazzanti stop and go, il governo presenta un maxiemendamento e annuncia di porre la fiducia. Berlusconi non ci mette la faccia, si sfila e scarica la palla sul ministro dell’Economia. Nella sostanza, niente è cambiato. Il Governo ha sostanzialmente ignorato l’appello del Colle, costringendo il Parlamento al voto di fiducia su un provvedimento che rimane palesemente e irrimediabilmente incostituzionale. Nonostante il monito di Napolitano, viene ancora calpestata la democrazia parlamentare. Il governo e la maggioranza hanno utilizzato un provvedimento di proroga dei termini per presentare una sorta di “pseudo-finanziaria”, vietata dalla Costituzione. Questa è la democrazia ai tempi di Berlusconi.

GOVERNO? GOME OVER

Tremonti - BerlusconiTremonti - BerlusconiLa crisi non c’è. Oppure: è un’invenzione dell’opposizione, la gente riempie i negozi. O anche: spendete e siate ottimisti, il peggio è alle spalle. E ancora: l’Italia è messa meglio degli altri paesi, la crisi non ci ha danneggiato. Bum! Sono frasi prese a caso dal repertorio tipico di Silvio Berlusconi, presidente del Consiglio italiano. Giulio Tremonti, ministro dell’Economia, invece, la pensa in maniera opposta e dice “la crisi non è finita, è come un videogame: sconfitto un mostro ne arriva un altro”. La situazione economica del Paese è troppo seria per oiter fare dell’ironia sulle fregnacce da cabarettista di Berlusconi, che scambia la politica economica per uno spot sull’ottimismo. Abbiamo già parlato tante volte della pericolosa irresponsabilità del capo del governo e i fatti continuano a ripetersi e a dar ragione a chi sostiene che questo è il peggior governo della storia repubblicana. Mentre la disoccupazione raggiunge livelli record, toccando l’8,7% quella totale e addirittura il 28,9% quella giovanile, nel governo si discute dei rapporti tra Berlusconi e Tremonti. Non perché propongano due differenti ricette per affrontare la crisi, ma perché Berlusconi pensa che Tremonti possa sfilargli la poltrona. Con la complicità del comune amico Umberto Bossi per giunta. E la prima pagina di Libero, giornale collaterale al premier, diretto dai fidi Belpietro e Feltri, lancia subito un messaggio al ministro con una vignetta su di lui in prima pagina. Niente di particolare per chi ha fatto del ‘metodo Boffo’ uno stile, ma in questo clima a pensar male ogni tanto si può far centro…Una situazione, dunque, ai limiti del grottesco: mentre la crisi attanaglia l’Italia, impoverisce la famiglie, colpisce le imprese e i lavoratori, Berlusconi ha paura solo delle mosse politiche di Tremonti. Teme anche che chiuda i cordoni della borsa per le riforme che ha promesso. E dice ‘stavolta Giulio va a sbattere’. La situazione è drammatica ma non seria, come avrebbe detto il grande Flaiano. Il dato politico è uno solo: questo governo non è in grado di affrontare la crisi e varare misure per il rilancio e politiche economiche che incentivino la crescita italiana. Non ce la può fare, purtroppo. Solo un governo di irresponsabili può vedere nella riforma (ad personam) della giustizia una priorità in questo momento. Un governo senza numeri (non basta comprare qualche deputato allo squallido mercato che hanno inventato per avere la maggioranza politica), senza idee e senza progetti. Se è innegabile che Berlusconi debba andare a casa, è altrettanto vero che le opposizioni devono organizzarsi e lavorare da subito all’alternativa di governo, A partire dal programma. Lo diciamo da tempo, ora non ci sono alibi né scuse che tengano.

BOSSI: BUGIE E... MICROSPIE

Tremonti, Bossi, CalderoliTremonti, Bossi, CalderoliQuando c’è la fiducia c’è tutto…Bel clima nella maggioranza, proprio un bel clima. Berlusconi non si fida più di Bossi e Tremonti, che, a loro volta, vorrebbero andare al voto secondo alcuni quotidiani. Ed allora il Giornale (di famiglia, quella di Berlusconi naturalmente) titola in prima pagina, con raffinata eleganza: Tremonti, non fare Fini. Un appello al ministro dell’Economia affinché non si faccia trascinare in giochi di palazzo. Un appello che in realtà sembra più un avvertimento. Insomma, un tutti contro tutti facendo finta di andare d’amore e d’accordo. E in questo clima si inserisce la vicenda delle cimici. Le microspie che Bossi avrebbe trovato nelle stanze del ministero e nella sua casa. Il leader del Carroccio si è guardato bene dallo sporgere denuncia, rivolgendosi prima ad una ditta privata per la bonifica e dopo al fido ministro dell’Interno Maroni. Un comportamento ambiguo che lascia spazio a molti dubbi. Forse Bossi ha mentito (un comportamento non nuovo a ministri leghisti, vedi Calderoli sul Lodo Salva-Lega) per avere un po’ di visibilità, qualche pagina di giornale e pubblicità a buon mercato sulle reti televisive. Sarebbe un caso grave, ma non una novità,  purtroppo. Se, invece, è vero quanto raccontato, perché non si è rivolto immediatamente alla magistratura? Un caso di spionaggio ai danni di un ministro e importante leader politico non è affare da poco, anche in questa torbida Italia berlusconizzata. Ed allora viene spontaneo chiedersi chi e perché abbia piazzato le cimici. Gli eventuali mandanti non andrebbero di certo cercati nell’opposizione, che non avrebbe né i mezzi né l’interesse a fare una cosa del genere. Il mandante, se c’è,un altro. E stiamo tutti pensando alla stessa persona. Che questa storia sia vera o falsa, la sostanza non cambia. Dopo il metodo Boffo portato all’estremo, con la macchina del fango sempre pronta ad entrare in azione per screditare, colpire, ricattare e delegittimare i nemici del Capo, i finti attentati a Belpietro, è il turno delle microspie. Questa maggioranza sembra sempre di più un’armata Brancaleone (il compianto Monicelli non ce ne voglia per il paragone) che pur di mantenere il potere farebbe qualsiasi cosa. La realtà è che l’Italia ha un governo allo sbando e senza numeri. Ogni voto parlamentare si trasformerà in un incubo per il centrodestra e parlare delle riforme che servono al Paese è pura illusione. In queste condizioni è impossibile governare e affrontare la crisi, per questo  è meglio andare al voto.

2011:GOVERNO COLPISCE E AFFONDA LA FAMIGLIA

Il 2011 si preannuncia non proprio roseo, ad essere ottimisti, per le famiglie italiane. Le associazioni dei consumatori riunite hanno fatto due conti ed il risultato è forti rincari per cibo, benzina, trasporti, polizze e tariffe che, messi tutti insieme, peseranno su ciascuna famiglia nel prossimo anno per circa 1.000 euro. Una vera stangata. Al primo posto della classifica dei rincari stilati dal Casper - il comitato contro le speculazioni e per il risparmio formato da Adoc, Codacons, Movimento per la difesa dei consumatori - c'è la voce trasporti, treni, benzina, pedaggi autostradali che comporterà un aggravio per le famiglie di circa 195 euro. Al secondo posto, troviamo gli alimentari con 191 euro in più l'anno. A seguire, la voce bollette, luce, acqua, gas, elettricità e rifiuti che costeranno alle famiglie 189 euro in più. Ma anche altri settori saranno la croce delle famiglie italiane nel prossimo anno: banche e assicurazioni, in particolare secondo l'indagine dei consumatori aumenterà la responsabilità civile per le auto per un importo pari a 33 euro per polizza. Non meno confortanti sono le previsioni di Adusbef e Federconsumatori che parlano di una stangata a famiglia di 1.106 euro per il prossimo anno: 267 euro per gli alimentari, 122 euro per i treni, compresi quelli dei pendolari, 41 euro per il servizio di trasporto pubblico locale, 65 euro per i servizi bancari, 105 euro per Rc auto, 3 euro per le tariffe autostradali, 161 euro per le bollette, 131 euro per i carburanti e infine, 87 euro per la benzina. Questa è la fotografia reale del futuro che attende migliaia di famiglie italiane per colpa di un governo che, impegnato ad occuparsi di legittimo impedimento e di campagna acquisti di parlamentari per rimanere ben saldi sulle poltrone, ha trascurato le famiglie ignorandone le difficoltà, creando un'iniquità e un'ingiustizia sociale senza pari. Avevano annunciato, in campagna elettorale, che mai e poi mai avrebbero messo mano nelle tasche dei cittadini e lo hanno ripetuto incessantemente in questi due ultimi anni di governo irresponsabile. La realtà dimostra, invece, che l'hanno fatto eccome e per di più senza che le famiglie ottenessero nulla in cambio. I tagli del governo e di Tremonti agli enti locali hanno fatto sì che questi non avessero altra scelta che scaricare sulle famiglie la maggior parte della riduzione dei trasferimenti, aumentando i costi dei servizi. Il risultato è che le mani nelle tasche dei cittadini le hanno messe eccome, soprattutto in quelle dei soliti noti, ovvero, dipendenti e pensionati, non sfiorando invece quelle sempre più piene di ricchi ed evasori fiscali. La verità è che si sta creando, ogni giorno di più, una disuguaglianza sociale preoccupante, dove i ricchi sono sempre più tali ed aumenta sempre di più, invece, il numero di famiglie che si impoveriscono. Occorre, ripartire in fretta, prima che sia troppo tardi. Non si può dire a parole che la famiglia è al centro dell'azione di governo e poi infischiarsene nei fatti facendo scelte di politica economica che vanno in tutt'altra direzione. Quello che serve è innanzitutto un vera rivoluzione del sistema fiscale, con processi di detassazione riservate a quelle famiglie a reddito fisso, lavoratori dipendenti e pensionati, che sono i più colpiti dalle scelte tutte sbagliate di questo governo. Serve, poi, andare a colpire i grandi patrimoni, le speculazioni finanziarie e le rendite produttive perchè è inaccettabile che la crisi economica e l'immobilismo del governo colpisca in maniera profondamente disuguale i cittadini e che a pagarne il prezzo più alto siano le fasce più deboli, dipendenti e pensionati. E' anche per questo che se ne devono andare a casa.

LIBERA CHIESA IN LIBERO STATO. MA DOVE?

 

In Italia la maggior parte delle scuole private sono cattoliche. Il governo ha tagliato i fondi alla scuola pubblica ma non ha toccato quella privata, vale a dire non ha toccato le scuole cattoliche. In Italia, la Chiesa detiene il 22% del patrimonio immobiliare nazionale. Oltre un quinto del patrimonio immobiliare italiano fa capo alla Chiesa: 200 mila posti letto sono gestiti da religiosi, con 3.300 indirizzi, tra case per ferie, hotel, centri di accoglienza per pellegrini. Il giro d’affari è stimato in 4,5 miliardi. Solo a Roma sono 5.000 i posti letto ufficialmente disponibili in ex conventi e collegi religiosi. Nulla contro la Chiesa e la sua funzione sociale svolta dalle parrocchie e dagli altri enti cattolici, nulla neppure con tante delle attività che molti soggetti cattolici svolgono in linea con lo spirito missionario. Ma bisogna fare delle distinzioni. Certamente non siamo contro l'agevolazione da parte dello stato alla Chiesa, ma il Governo non può saccheggiare risorse, già limitate come per esempio quelle del 5 per mille, e poi utilizzare i pochi fondi che ci sono continuando a deviarle alla Chiesa che attinge già da più parti. Un esempio è quello che è successo con l'Ici. Il Governo Berlusconi ha esentato la Chiesa dal pagamento dell’Ici sul patrimonio immobiliare del Vaticano cosa che non ha senso se tra quelli che non dovranno più pagare  ci sono anche esercizi commerciali o ristoranti. Inoltre, un conto è agevolare le scuole paritarie, un altro è tagliare le risorse alla scuola pubblica e lasciando intatti quelli alle scuole cattoliche, perchè, caro ministro Tremonti, se i soldi non ci sono non per tutti. Entro il 13 dicembre di quest’anno, poi, la Commissione bilancio deve esprime il suo parere sulla distribuzione della quota complessiva dell’8 per mille devoluto allo Stato che, per il 2010, è di circa 145 milioni di euro. I soldi sono stati così ripartiti: 5 milioni per 40 interventi a favore della lotta contro la fame nel mondo, 11 milioni per 13 progetti di assistenza ai rifugiati, 20 milioni per 22 interventi a favore delle popolazioni colpite da calamità naturali e, infine, 107 milioni di euro per 262 interventi volti a conservare beni culturali. Ma c’è un “ma” grande come una casa. Nella voce “conservazione dei beni culturali”, infatti, la maggior parte degli interventi concerne il restauro di chiese e conventi, spesso richiesto da parrocchie ed ordini religiosi. Si tratta di 105 interventi, pari al 40% degli totali. La somma impiegata è pari a circa 66 milioni di euro, ossia il 61% della somma destinata alla conservazione dei beni culturali e al 46% della quota complessiva riservata allo Stato. Non è una novità. Già nel 2009 la deviazione dei fondi spettanti allo Stato verso la Chiesa cattolica fu ingente. Silvio Berlusconi, reduce dall’incidente diplomatico del 28 agosto, dispose che i 10 milioni di euro assegnati al capitolo beni culturali fossero finalizzati a interventi in favore di 26 immobili ecclesiastici. Persino i deputati del centrodestra in commissione Bilancio di Montecitorio storsero il naso, contestando carenze ed incongruenze ma il copione sta per andare di nuovo in scena. Eppure Santa Romana Chiesa, proprio riguardo all’8 per mille, la fa già da padrone, in virtù del concordato del 1984 e anche grazie ad un’opzione che stabilisce che l’otto per mille di quei cittadini che non firmano viene ridistribuito secondo le percentuali calcolate in base a chi ha espresso la scelta. Con tutto il rispetto per Santa Romana Chiesa, già ampiamente beneficiata, perché lo Stato deve dare due volte? Perché con l’ingente somma che la Chiesa già introita grazie all’8 per mille non provvede da sola al restauro dei suoi beni culturali? Italia dei Valori, il prossimo 13 dicembre, in Commissione bilancio chiederà che, tali risorse siano destinate a ripristinare il fondo del 5 per mille al volontariato, brutalmente taglieggiato dal ministro Tremonti. Dalle parole ai fatti.

LE VOLPI NEL POLLAIO DELLE AUTORITA’

ConsobConsobUn inverecondo gioco dell’oca. Un sistema di porte girevoli.  Un indecente giro di valzer. Il vecchio ma sempre verde gioco della sedia: un giro di musica e via, si lascia una sedia per occuparne un’altra appena lasciata libera. Non c’è altro modo per descrivere il vergognoso spettacolo offerto dal governo sulle nomine ai vertici di Consob, Antitrust e Authority per l’energia di questi ultimi giorni. Le autorità sono, o meglio, dovrebbero essere istituzioni di garanzia decisive per il funzionamento dei mercati. In tutte le democrazie, come ha scritto bene Massimo Giannini su la Repubblica, sono custodi dei principi di uguaglianza delle regole e dei bilanciamenti dei poteri. Chi le presiede deve avere rigorosissimi requisiti di autorevolezza, professionalità e, soprattutto, indipendenza. In tutte le democrazie, per accedere ad una di queste delicate funzioni, bisogna essere lontani da incarichi politici. In Italia no. Da noi, vale la regola opposta, poca autonomia e molta politica, autorevolezza e professionalità quanto basta, se non c’è fa lo stesso, indipendenza optional non richiesto. Giovedì scorso, in un’Aula entusiasta e tra cori di osanna da sinistra, destra e centro, con l’unica eccezione di IdV, il sottosegretario Vegas, viceministro di Tremonti, senatore di Forza Italia per due legislature e mezza, con vasta esperienza di finanza pubblica e poca di finanza privata, è stato nominato presidente della Consob, l’organo di vigilanza sulla Borsa e sui mercati finanziari, da 5 mesi senza presidente. Nulla da ridire sul piano personale a Vegas, ma non ci vengano a parlare di indipendenza. Sulla sua nomina si è consumata una vera e propria guerra tra bande all’ultimo sangue, tanto che il sottosegretario, ascoltato suo malgrado da orecchie indiscrete in Transatlantico, qualche giorno fa si era lasciato andare ad un amaro sfogo con chi gli chiedeva a che punto fosse la sua nomina: “hanno deciso che decideranno. Stanno superando davvero tutti i record italiani in tempi d’attesa”. Sì, perché mentre Vegas attendeva, nelle stanze dei bottoni di palazzo Chigi, grande burattinaio Gianni Letta, si stabilivano gli altri giri di valzer alle Autorità. Alessandro Ortis, che in questi anni ha gestito con grande autonomia e professionalità l’Autorità per l’energia, quel signore con il senso della misura il cui primo atto da presidente è stato la rinuncia all’auto blu, è stato fatto fuori. Al suo posto, arriva Antonio Catricalà, che lascia libera la poltrona dell’Antitrust. E chi arriva sulla poltrona dell’Antistrust? Già si dice che giungerà tal Antonio Pilati, attuale vicepresidente della stessa autorità, tra i cui meriti si annovera la legge Gasparri, quella piccola leggina ad aziendam che forse qualcuno ricorderà, servita a far grande Mediaset a danno della Rai. Dunque, l’autore della legge Gasparri sarà il nuovo presidente dell’organo che dovrebbe verificare l’applicazione della legge sul conflitto di interessi? Questa è una colossale presa per i fondelli. Non è tutto. Il nuovo quarto commissario, che mancava alla Consob, sarà Paolo Troiano, consigliere di Stato, vicesegretario generale di palazzo Chigi con Berlusconi nel 2001-2006, che, insieme a Pilati, ha scritto la legge Gasparri. Questa transumanza dei soliti noti da una poltrona all’altra, che da controllati diventano controllori, che da nominati passano a servitori dei nominanti, è inconcepibile, antidemocratica e incostituzionale. Per questo, Italia dei Valori si opporrà con tutte le sue forze. Noi chiediamo che le nomine avvengano alla luce del sole, che di discuta apertamente e liberamente in Parlamento di chi a fare cosa, e non che questo avvenga di nascosto, nelle segrete stanze dei bottoni. Lo diremo forte e chiaro, nei prossimi giorni quando, in Commissione Attività produttive, voteremo no alla nomina di Catricalà. Vogliano garanti, non volpi nel pollaio.