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PROCESSO LUNGO, LADRI DI GIUSTIZIA

Non è bastata la dichiarazione di esasperazione  resa della gran parte degli italiani che alle ultime amministrative ha negato la fiducia al governo. Non sono bastati gli appelli delle opposizioni. Non è bastata neanche la lunga lista di richiami alla responsabilità da parte del Capo dello Stato. No, perché la responsabilità questo governo non sa neanche cosa sia e prosegue indisturbato, tra varie tempeste che pure rischiano di far naufragare la barca già semidistrutta, a pensare agli interessi del premier imputato. Ed ecco che, a pochi giorni dalla pausa estiva, sul vassoio governativo, viene servita, tramite l’ennesima fiducia, l’ennesima scelleratezza in fatto d’ingiustizia. Perché di questo si tratta. Non c’è nessuna giustizia nella norma del processo lungo, che permetterà a Berlusconi di aggiustare i suoi processi  allungando, fino all’inverosimile, decine di migliaia di procedimenti per non farli arrivare a sentenza. Ed è così che, pur di salvare il Cavaliere, gli esponenti della maggioranza sottraggono alla legge delinquenti e farabutti. Se non ladri di giustizia come possono essere definiti?L'approvazione del provvedimento allunga e ammazza processi è uno sfregio alla volontà dei quasi 28 milioni di cittadini che hanno detto no alle norme ad personam. E' la fiducia numero 48: morto che parla, verrebbe da dire, visto che questo governo comatoso riesce a mala pena a fare da ufficio legale del premier. La legge sul processo lungo devasta il sistema giudiziario italiano, impedisce alla giustizia di funzionare e serve solo a far scappare il premier dalla porta di servizio dei tribunali. Questa legge è un macigno posto sulla strada della democrazia italiana, un macigno che va a vantaggio di mafiosi e delinquenti, oltre che del premier, un ostacolo che va rimosso al più presto. Fermo restando che le bugie del centrodestra hanno le gambe corte e non sfuggiranno all'indignazione degli italiani che si riprenderanno presto la democrazia, noi siamo pronti anche alla mobilitazione di massa pur di fare in modo che questa vergogna abbia presto fine.

SILVIO, LA CUCCAGNA E’ FINITA!

BerlusconiBerlusconiCosa fa un animale quando si sente braccato? Soffia più forte, ringhia, ruggisce per spaventare l’avversario. In realtà ha solo una fottutissima paura. Dalla natura alla politica, l’istinto è lo stesso. L’animale è il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, che, nel weekend appena trascorso, ha toccato il fondo, stupendo persino i suoi yes man: “ma perché tanta rabbia?”, si sono chiesti anche i suoi colonnelli che, solitamente, ubbidiscono e basta. I sondaggi danno il presidente del Consiglio ed il suo governo in caduta libera e, è cosa nota, un sondaggio negativo per Silvio Berlusconi è come la maledizione della luna nera. Qualcosa sta cambiando: il cavaliere è al minimo storico. Pdl e Lega pagano il prezzo dei loro errori ed orrori, Libia, gestione dei rifugiati tunisini e soprattutto la giustizia. Il nostro duro lavoro di opposizione ha lasciato il segno nel Paese. Potrà continuare a comprarsi la maggioranza in Parlamento, ma è diventato minoranza nel Paese. Per questo, il Cavaliere è tanto arrabbiato. L’escalation di violenza verbale al limite dell’eversivo cominciata sabato è la dimostrazione palese della sua frustrazione e della sua rabbia cieca e sorda ma, soprattutto, della sua fottutissima paura. Prima ha proposto l’istituzione di una commissione parlamentare d’inchiesta su una presunta associazione a delinquere nella magistratura, quando l’unica commissione che ci vorrebbe è quella per verificare la sua sanità mentale. Non pago, ha attaccato l’istruzione pubblica, un attacco ignobile, privo di qualsiasi giustificazione reale, svelando il vero obiettivo del suo governo: tagliare i fondi alla scuola pubblica per aiutare quella privata. Domenica ha raggiunto il top: c’è un patto scellerato tra il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ed i magistrati. In accordo con alcuni magistrati, il presidente della Camera avrebbe stoppato ogni provvedimento sulla giustizia. Accuse deliranti, infami, eversive che ogni giorno si fanno più ossessive  tanto che anche il cardinale Tettamanzi è intervenuto, pronunciando parole inequivocabili: c’è chi agisce con ingiustizia ma non  vuole essere giudicato. In un tranquillo weekend di paura, Berlusconi ha inanellato una serie encomiabile di casi di ordinaria follia. Pur di sfuggire ai suoi processi il presidente del Consiglio, colui che più di tutti ha responsabilità istituzionali enormi, gioca allo sfascio per distruggere lo Stato e ridurre in un cumulo di macerie le istituzioni di questo paese. A nulla gli servirà urlare, insultare, berciare contro la legalità, la democrazia, la costituzione e lo Stato. L’età dell’oro è finita, l’albero della cuccagna con cui ha scambiato il Paese portandolo allo sfascio non gli darà più frutti. Se le opposizioni, unite, continueranno a contrastare con tutti i mezzi i suoi ultimi deliri sulla giustizia, l’allunga processi e la norma blocca Ruby, nel Paese crescerà la presa di coscienza e si potrà aprire una stagione di nuova speranza.

PAROLE INFAMI E TERRORISMO MEDIATICO

OCCORSIO VITTORIO, Roma 24.07.1976 (Ordine Nuovo);

COCO FRANCESCO, Genova 08.06.1976 (Brigate rosse);

PALMA RICCARDO, Roma 14.02.1978 (Brigate rosse);

TARTAGLIONE GIROLAMO, Roma 10.10.1978 (Brigate rosse);

CALVOSA FEDELE, Patrica (Frosinone) 8.11.1978 (Unione comunisti combattenti);

ALESSANDRINI EMILIO, Milano 20.01.1979 (Prima Linea);

BACHELET VITTORIO, Roma (università Sapienza) (Brigate rosse);

GIACUMBI NICOLA, Salerno 16.03.1980 (Brigate rosse);

MINERVINI GIROLAMO, Roma 18.03.1980 (Brigate rosse);

GALLI GUIDO, Milano 19.03. 1980 (Prima Linea);

AMATO MARIO, Roma 23.06.1980 (Nuclei armati rivoluzionari).

Sono i magistrati uccisi in Italia dai terroristi. Molti dalle Brigate Rosse. La loro memoria è stata offesa ed oltraggiata dalle parole di Silvio Berlusconi, che ha equiparato i giudici alle Br, affermando che vogliono sovvertire lo Stato. Parole di una violenza senza precedenti, anche per chi, come lui, è abituato all’ingiuria ed all’aggressione verbale. Parole che pesano come macigni, che offendono la memoria collettiva di tutti gli italiani. Sono sdegnato e disgustato da quelle infami affermazioni come cittadino prima ancora che come uomo politico dell’opposizione. Le parole di Edmondo Bruti Liberati, il procuratore capo di Milano, sono un monito: “A Milano le Br ci sono state davvero: per uccidere i magistrati”. Berlusconi si dovrebbe vergognare, e come lui chi ha affisso i manifesti con la scritta “Via le Br dalle procure”. Si firmano ‘associazione dalla parte della democrazia”, ma sono dei delinquenti. L’Italia civile e libera deve ribellarsi ed opporsi con tutti i mezzi che la democrazia consente per cambiare questo stato di cose. Berlusconi sta compiendo un vero scempio istituzionale ed è ora di fermarlo. L’Italia è una repubblica democratica, non una satrapia d’altri tempi. E chi dice certe assurdità fa del terrorismo mediatico.

E’ AMNISTIA, IN NOME DI SILVIO!

 

Questo è l’elenco dei processi a rischio con la prescrizione breve, la vergognosa amnistia in nome del presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi. Ieri, nell’Aula di Montecitorio, Italia dei Valori ha sbattuto in faccia al ministro della Giustizia Angelino Alfano la lista degli orrori di cui saranno responsabili, complice la Lega.

L’AQUILA, NOI NON RIDEVAMO

Il 6 aprile 2009 alle ore 3:32, questa è l'ora del terremoto che due anni fa ha distrutto L'Aquila, 309 le vittime, ingenti i danni in tutta l'area. Con il sisma la Casa dello Studente si è spaccato in due tronconi ed un'intera ala è crollata sugli studenti che si trovavano nelle loro stanze e che non sono riusciti a fuggire in tempo. Il crollo della Casa dello Studente rimarrà uno dei simboli di questa tragedia che ha colpito l'Abruzzo. Ragazzi che da diverse parti dell'Italia si erano trasferiti a L'Aquila per inseguire il loro sogno, per studiare e cercare di costruirsi un futuro. I capi di imputazione per gli indagati sono omicidio colposo e disastro colposo reati puniti dal Codice con una pena fino a 10 anni.

TUTTI GLI IMPUTATI SONO INCENSURATI. TUTTI POTRANNO BENEFICIARE DELLA PRESCRIZIONE BREVE. I FAMILIARI E LE VITTIME NON AVRANNO MAI GIUSTIZIA

STRAGE DI VIAREGGIO

Nella notte del 29 giugno 2009, la città di Viareggio è colpita da un gravissimo disastro ferroviario. Alla fine si contano ben 33 vittime innocenti. Nell'inchiesta sono 38 gli indagati: incendio e disastro ferroviario colposo, omicidio e lesioni colpose plurime. Solo per alcuni, vengono altresì ipotizzate una serie di violazioni al Testo unico in materia di tutela della sicurezza e della salute sui luoghi di lavoro, in particolare per la mancata valutazione dei rischi connessi al trasporto di una sostanza pericolosa come il Gpl.

TUTTI GLI IMPUTATI SONO INCENSURATI. TUTTI POTRANNO BENEFICIARE DELLA PRESCRIZIONE BREVE. I FAMILIARI E LE VITTIME NON AVRANNO MAI GIUSTIZIA

LA CLINICA DEGLI ORRORI

 Tra il 2005 e il 2008, a Milano, presso la Clinica Santa Rita, venivano effettuati interventi abnormi e invasivi su pazienti eseguiti ‘in totale disprezzo delle condizioni di fragilita” del malato. Le accuse sono di truffa, falso ideologico, falsificazione delle cartelle cliniche e sopratutto, una serie di interventi inutili o dannosi che hanno provocato lesioni gravi o gravissime per circa novanta persone, oltre alla morte di cinque pazienti. Infatti, tra le accuse mosse agli indagati (in tutto, non meno di diciotto), figura anche l'omicidio volontario aggravato da crudeltà.

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IL ROGO DELLA THYSSEN KRUPP

A Torino il 6 dicembre 2007 scoppia un incendio nello stabilimento della Thyssen Krupp. Muoiono sette operai. Gli imputati sono sei: omicidio volontario. Le richieste finali del pm Raffaele Guariniello, al termine di una maxi-requisitoria durata una decina di udienze al processo, sono di sei condanne. Omicidio volontario per il dirigente, imputati di omicidio colposo e omissione dolosa di cautele antinfortunistiche, per gli altri cinque dirigenti.

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IL CASO TARANTINI

A Bari, dal maggio 2009, Ginapaolo Tarantini ed altre 78 persone sono imputate per corruzione, favoreggiamento della prostituzione, spaccio di sostanza stupefacenti e falso nell’ambito dell’inchiesta sugli scandali della sanità pugliese.

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FINCANTIERI

A Palermo, 15 febbraio 2010 muoiono 40 operai. 11 ex rappresentanti legali di Fincantieri e di una serie di imprese dell’indotto sono accusati di omicidio colposo e di lesioni  colpose gravissime. A Palermo, le morti da amianto è giunto a conclusione il 25 febbraio anche un altro processo, anche in questo caso a carico degli ex rappresentanti legali di Fincantieri,  e il  giudice monocratico della prima sezione del Tribunale  per le accuse di omicidio colposo plurimo e lesioni gravi colpose ha condannato Luciano Lemetti, condannato a 7 anni e mezzo, Giuseppe Cortesi, a 6 anni, e Antonino Cipponeri, tre anni.

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ETERNIT

Dal 1907 al 1986 a Casale Monferrato ha operato la multinazionale Eternit, specializzata nella produzione di prodotti in cemento amianto per l'edilizia. Il male d’amianto ha colpito migliaia di persone a Casale, a Cavagnolo, a Rubiera, a Bagnolo, tutti stabilimenti della società Eternit. Gli indagati sono accusati dalla procura di Torino di disastro doloso permanente ed omissione dolosa di misure anti infortunistiche.

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ILVA DI TARANTO

Il 9 settembre 2005 nello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto, ha perso la vita Gianluigi Di Leo, 25enne operaio di Mottola, schiacciato e ucciso da una trave, subito dopo che aveva terminato il proprio turno e si accingeva a timbrare il cartellino. Il giudice dell’udienza preliminare, ha rinviato a giudizio 24 persone con le accuse di omicidio colposo e omissione di cautele contro gli infortuni sul lavoro.

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CRAC PARMALAT

A Parma e Milano, nel 2004 si realizza  il più grande scandalo di bancarotta fraudolenta e aggiotaggio perpetrato da una società privata in Europa. Il fallimento della Parmalat è costato l'azzeramento del patrimonio azionario ai piccoli azionisti, mentre i risparmiatori che avevano investito in bond hanno ricevuto solo un parziale risarcimento. Callisto Tanzi, patron della Parmalat è stato condannato a diciotto anni di reclusione il patron della Parmalat, Calisto Tanzi, nonché numerosi suoi collaboratori tra dirigenti, revisori dei conti e sindaci.

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TRUFFA CIRIO

A Roma, il 14 marzo 2008 a sei anni dal default da 150 miliardi di vecchie lire è cominciato il processo a Cragnotti e ad altri 32 imputati, tra cui l’attuale presidente di Mediobanca Cesare Geronzi. Tutti accusati di bancarotta per distrazione e truffa aggravata ai danni dei risparmiatori della Cirio.

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MINISTRI? NO, SOLDATINI DI SILVIO!

Processo breve, 15 mila processi per truffa, omicidio colposo e corruzione che rischiano di andare in fumo. Pur di chiudere subito il processo di Berlusconi il governo e la maggioranza è pronta a varare la più grande amnistia mascherata della storia. Ladri, corrotti, stupratori, evasori ringraziano. E c’è pure chi nel Pdl, con incredibile faccia tosta per non dire di peggio, chiama a testimonial di questo scempio Aldo Moro, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Sacrilegio puro nel tempo di Lele Mora. Di fronte a questo scempio della giustizia è imperativo categorico per noi dell’opposizione fare ostruzionismo. Provare a fermare questa porcata è un dovere morale. Lo abbiamo detto per primi, lo diciamo da sempre. La maggioranza terrà? Probabilmente sì ma la corazzata berlusconiana scricchiola da più parti e noi saremo pronti ad approfittarne, non gli daremo tregua, pronti a farli cadere al primo cedimento. Sarà una battaglia parlamentare all’ultimo sangue. L’opposizione c’è e può fare male. Sappiamo come mettergli i bastoni tra le ruote e lo abbiamo ampliamente dimostrato in questa settimana. Ieri, padron Berlusconi, dopo le incursioni di Corsaro, ha impartito severo e intransigente gli ordini ai suoi soldatini di latta: tornate in Aula! Mantenete la calma! E i soldatini hanno prontamente seguito. Come marionette guidate dal grande burattinaio sono rientrati a servire il loro signore e padrone. Che triste spettacolo vedere in Aula ministri e sottosegretari massicciamente schierati per votare il processo breve di Silvio Berlusconi. Pur di garantirgli l’impunità, hanno toccato il fondo, arrivando a fare consigli dei ministri in fretta e furia all’ora di pranzo per non perdere una votazione. E in questo panorama governativo desolante, brilla per servilismo la Lega, quella che in Padania fa la faccia feroce contro la criminalità e a Roma vara le amnistie rimettendo in libertà migliaia di criminali. Ma le elezioni prima o poi arriveranno. Il conto sarà presto servito.

PROCESSO NUOVO STORIA VECCHIA

Alfano - GhediniAlfano - GhediniProcesso nuovo, storia vecchia. Cambiano i processi, ma il modo in cui Berlusconi si comporta di fronte ad essi è sempre lo stesso. Sarà che di fare il normale imputato proprio non se lo può permettere, fatto sta che la sua sfrontatezza non conosce limiti. Appena si presenta un rinvio a giudizio per il premier, è tutto un fiorire d’iniziative legislative o para-legislative per far si che il cavaliere davanti ai giudici non ci arrivi mai o comunque ci arrivi il più il più tardi possibile, giusto il tempo per far scattare la “meritata” prescrizione. Così, anche questa volta,  si è messa in moto, puntualissima, la solita task force giudiziario-legislativa del cavaliere. Il primo tentativo è stato quello di sollevare un conflitto di attribuzione tra i magistrati e il Parlamento. Precisiamo, intanto, per  coloro i quali non dovessero  saperlo, che il tribunale dei ministri non è diverso dagli altri, non è composto da giudici diversi da quelli dei normali tribunali. Esso è un tribunale come tutti gli altri, con l’unica particolarità che si costituisce appositamente per giudicare un ministro, in merito a reati che riguardano la sua attività di ministro. Berlusconi e i suoi sanno benissimo che il reato in questione non è un reato ministeriale. Fare una telefonata in questura per far scarcerare una minorenne che ci si è portati a casa perché non venga fuori il fango, che, di fatto, ora è sotto gli occhi di tutti, non ha nulla a che vedere con l’attività di presidente del Consiglio. L’unico motivo per cui hanno tentato, come prima cosa, di portare la competenza davanti al tribunale dei ministri, è che l’autorizzazione a procedere, la vecchia immunità parlamentare, non esiste più per i reati normali, esiste ancora solo per i reati ministeriali, per cui il tribunale dei ministri, prima di poter procedere nei confronti di un ministro, deve avere l’autorizzazione del Parlamento, che, in questo caso, sicuramente non gli darebbe. Questa è stato il primo tentativo di azione per tenere il cavaliere lontano dalla giustizia. Siccome, però, hanno talmente poca fiducia nella loro maggioranza, stanno già pensando a soluzioni alternative. Allora la prima opzione è far fare un voto diverso e meno impegnativo alle camere, che si chiama improcedibilità. Sarebbe una pronuncia delle camere, le quali dichiarerebbero di essere convinte che il presidente del Consiglio ha agito per tutelare gli interessi superiori del Paese. In questo modo costringerebbero i magistrati, e non il Parlamento, a chiedere il conflitto di attribuzione davanti alla Corte Costituzionale. Quindi costringerebbero il tribunale di Milano a perdere circa un anno di tempo. Tanto ci vuole, infatti, perché la Corte Costituzionale decida sul conflitto di attribuzione. Guarda caso è proprio un anno che gli ci vuole per reintrodurre l’immunità parlamentare, che è l’altra opzione che stanno prendendo in considerazione in questi giorni. Tutti questi di cui abbiamo parlato sono solo strumenti preparatori per prendere tempo. Ancora una volta appare chiaro qual è la filosofia processuale di Berlusconi: non farsi giudicare, mentre i suoi avvocati parlamentari preparano gli strumenti perché lui davanti ai giudici non ci finisca mai. So che leggendo queste righe sale il solito senso di sconforto e d’impotenza di una politica che ormai da quindici anni è bloccata a discutere dei processi del premier, però, come direbbe Grillo, loro non si fermeranno mai. Dunque la domanda che mi faccio è: possiamo smettere noi? Possiamo noi dire adesso basta, siamo stufi, smettere di denunciare queste cose? Io credo che uno dei punti fermi fondamentali della battaglia di democrazia che sta facendo Italia dei Valori è quello di crederci. Anche a noi costa caro continuare a denunciare queste cose. Anche noi, anzi noi per primi, vorremmo parlare d’altro, vorremmo affrontare argomenti come l’economia, le riforme, a partire da quella della legge elettorale. Ma che senso ha parlare di riforme e di economia, fino a che alla guida del paese c’è qualcuno che saccheggia le istituzioni e la democrazia? E, dunque, se da un lato, purtroppo, loro non smetteranno mai, dall’altro, state tranquilli, neanche noi smetteremo mai di credere nella giustizia, nelle istituzioni e nella democrazia e di combattere perché esse tornino ad essere rispettate.

ENRICHETTO, PER NON DIMENTICARE

Alla vigilia di Natale, un giorno che mi sembra particolarmente indicato, voglio portare alla vostra memoria una vicenda che mi sta particolarmente a cuore, perché parla la lingua della realtà, quella grave, dolorosa e ingiusta realtà cui la politica degli ultimi anni ci ha portato. Non so quanti di voi ricorderanno il caso di Enrichetto, Enrico Gallo all’anagrafe, “55 anni e un cuore di bambino” aveva scritto di lui Massimo Gramellini portando la questione all’attenzione della stampa. Me ne sono occupato diverse volte su questo blog, sono andato a trovarlo in carcere, ad Asti, spinto quasi più da spirito umano che politico, tanto è grave l’ingiustizia dell’intera vicenda che lo riguarda. Per chi non dovesse ricordare, provo a riassumere in breve. Dietro le sbarre Enrichetto ci era finito per essere andato a comprare un salamino sotto casa, mentre era agli arresti domiciliari a scontare la pena per guida in stato di ebbrezza. Guida di bicicletta. Ne era uscito qualche settimana dopo la mia visita, con grande sollievo mio e di tutte le persone che gli si sono affezionate all’interno e fuori dal carcere. E veniamo ad oggi. Già, perché la storia continua. Enrichetto non potrà rimanere a casa sua, che oltre tutto mi informano essere un sottotetto senza elettricità e senza vetri alle finestre. Ora dovrà tornare in carcere per scontare quella pena per la quale era evaso dai domiciliari. Una sorta di li semilibertà che lo costringe a passare la notte in carcere, per uscirne la mattina alle 7 ed arrivare a casa non prima di mezzogiorno dopo un viaggio in pullman e un altro in treno, cosa che, per altro, da solo non è in grado di fare. Il problema, però, è che il Comune non ha i soldi per provvedere a farlo accompagnare. Quest’uomo, in sostanza, condannato prima per esser andato in bicicletta dopo qualche bicchiere e dopo per essere uscito per comprare un salame, ora non è nelle condizioni pratiche di scontare la pena che gli è stata inflitta. Questa è l’Italia. Il paese di Berlusconi, dei festini e di Ruby rubacuori. Il paese del governo ballerino e della giustizia a comando. Il Paese dove la bontà d’animo è dettata dall’aurea regola del 90-60-90. Ed allora, mi domando, dal momento che il presidente del Consiglio parla tanto di bontà d’animo, perché, per una volta e fino a che è in suo potere, non muove anche solo un dito per questa, che è una giusta causa? Perché non aiuta chi davvero lo merita, in quanto vittima di un ingranaggio infernale che salva i criminali veri e schiaccia le persone deboli?

Vi auguro con tutto il cuore Serene Festività

L'ABOMINEVOLE LODO

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Lodo Alfano costituzionale. Questa sconcezza giuridica che serve solo a Berlusconi per sfuggire ai processi, è una vera indecenza politica. Per due motivi principali. Il primo è che dimostra il totale disinteresse del governo e della maggioranza nei confronti dei reali problemi del Paese. Il Parlamento non lavora più, non perché deputati e senatori siano dei fannulloni, ma perché non arrivano più leggi da discutere. Solo quelle sulla giustizia hanno tenuto inchiodati deputati e senatori in Aula o in commissione. Vediamo. La legge sulle intercettazioni ha impegnato il Parlamento per 18 mesi. 18 mesi, un anno e mezzo! 6 mesi per il processo breve, un mese per il Lodo Alfano e da un mese si discute di Lodo Alfano costituzionale. Tutto questo mentre l’Italia affronta una tempesta economica senza precedenti. Il secondo motivo è che questo Lodo Alfano è un abominio giuridico che non ha eguali in nessun paese al mondo. Non ci sono paragoni, nonostante ciò che dice la propaganda berlusconiana. In tutti i paesi dove sono previste tutele per le alte cariche dello stato, in genere il presidente della repubblica, queste valgono solo per i reati commessi nell’esercizio delle funzioni proprie della carica. Solo in Francia è prevista la tutela per il capo del governo e per il presidente della Repubblica. Perché, semplicemente, nel sistema presidenziale francese, è la stessa persona a svolgere le due funzioni. La reiterabilità (la possibilità di usufruire più volte dello scudo), poi, è un abominio nell’abominio. Poniamo il caso che un cittadino diventi presidente della Repubblica dopo essere stato per due volte presidente del Consiglio: non potrebbe essere processato per 17 anni. Alla faccia dell’uguaglianza dei cittadini davanti alla legge prevista dalla Costituzione. Ci volgiono far credere che lo scudo serva a proteggere la funzione e non la persona. Tradotto. Non serve a Berlusconi (nooo), ma a proteggere il presidente della Repubblica ed il capo del governo. Bugia. Lasciando per un momento fuori Berlusconi dal discorso, è chiaro a tutti che questo scudo renderebbe più deboli queste funzioni. Sarebbe una sorta di spada di Damocle perché delegittimerebbe questa carica se un eventuale presidente della Repubblica o del Consiglio fosse indagato per gravi reati e non potesse essere processato. Il Lodo Alfano delegittima e scredita le istituzioni, non le rafforza. Quasi tutte le opposizioni, Idv in testa,  sono fermamente contrarie al Lodo. Futuro e Libertà non si capisce bene cosa voglia. Hanno una posizione ipocrita perché sono favorevoli al Lodo costituzionale, ma non alla sua reiterabilità.  Fanno le candide verginelle, ma sono immersi nel fango. Innanzitutto dicono che il Lodo serve a proteggere le cariche dello Stato invece sanno benissimo che è per Berlusconi. Poi fanno una battaglia per impedirne la reiterabilità, ma se il Lodo, con il loro assenso, entrasse in vigore dalla prossima legislatura, sortirebbe, di fatto, lo stesso effetto nel caso Berlusconi occupasse una delle due cariche. Che tristezza.

ALFANO MINISTRO DELLA GIUSTIZIA AD PERSONAM

"Siamo pronti ad investimenti straordinari nel sistema giustizia per adeguare la macchina alle nuove esigenze del processo breve". Parola del ministro Alfano. Ministro della giustizia ad personam. Si' perche' il processo breve serve solo a Berlusconi per salvarsi dai processi, non per velocizzare la giustizia italiana. C'e' infatti, una norma transitoria nel Ddl che da' la possibilita' di applicare la nuova legge ai processi in corso per i reati con pene sotto i dieci anni commessi prima del 2 maggio 2006, cioe' dall'ultimo indulto. Alfano dice che l'opposizione dice no per pregiudizio politico. Io non so quale sia il pregiudizio politico cui fa riferimento Alfano. Forse si riferisce al fatto che non siamo disponibili ne' a salvare Berlusconi dai processi ne' a consentire un'amnistia mascherata. Il processo breve, infatti, fissa un limite di tempo massimo per tutte le sentenze. Scaduto il termine, il processo e' concluso, senza la sentenza.Significa che, nel caso passasse questa sciagurata norma, migliaia di reati resterebbero impuniti. Liberarne mille per salvarne uno...Miglior invito a delinquere non potevano inventarselo. Berlusconi, comprensibilmente, tiene molto a questa norma, che e' una delle cinque su cui passera' la verifica di governo. Mi auguro che dopo aver parlato di legalita' e questione morale, i parlamentari di Fli siano coerenti e non votino questa porcata.Noi daremo battaglia, come abbiamo sempre fatto, per impedire che passi questa ennesima aggressione alla giustizia ed allo Stato di diritto.  

QUALI RIFORME HANNO IN TESTA?

riformeriforme

Sono tre anni che, il giorno dopo le elezioni, va in scena lo stesso rituale. Il centrodestra dice facciamo le riforme ed il Partito democratico risponde subito “si grazie”. Mi sfugge questa logica. Io ritengo che, alla domanda facciamo le riforme, la risposta giusta sia “quali riforme?”. Perché se le riforme che hanno in mente sono la liquidazione della giustizia e dei magistrati, se è il presidenzialismo per celebrare il delirio di onnipotenza di Berlusconi che brama il Colle più di ogni altra cosa, dire subito di sì non solo è sbagliato ma è una colossale scemenza e con questo centrodestra non  c’è nulla di cui ben sperare. Non siamo preclusi concettualmente alle riforme. Se, nei prossimi tre anni, si apre una discussione seria sulla riforma fiscale, invertendo la tendenza attuale che avvantaggia pochi a danno di molti, se la maggioranza intende superare il bicameralismo perfetto, riducendo contestualmente il numero dei parlamentari, se si pensa ad un federalismo fiscale serio e responsabile, e non a quello egoista e secessionista che ha in testa la Lega, allora noi ci siamo e vogliamo esserci. Ma non si può dire subito di sì, senza conoscere le carte in tavola. Mi domando. Agli italiani frega qualcosa di eleggere direttamente il capo dello Stato? E se a qualcuno comunque fregasse, è questa la priorità? Oppure, hanno bisogno di un governo che metta finalmente mano ai loro problemi, come il lavoro, la disoccupazione, la riforma delle pensioni, la riduzione dei tempi della giustizia e lo snellimento della burocrazia? Se il Partito democratico pensa di scendere a patto con il centrodestra sulle riforme che interessano a Berlusconi, e non al Paese, vuol dire che non ha capito la lezione che arriva forte e chiara dalle urne. Basta alchimie, basta costruire, come dice bene oggi Ezio Mauro su la Repubblica, il meccano delle alleanze. Bisogna mettersi ventre a terra. I partiti devono uscire dalle loro rocche eburnee, dalle stanze dorate dei bottoni, buttarsi in mezzo alla gente e sporcarsi le mani con i loro problemi. Solo così si potrà pensare di tornare a vincere un giorno. I prossimi tre anni saranno forse più difficili di quelli che sono già trascorsi. Le insidie saranno numerosissime e acquattate dietro ogni angolo, nascoste nelle pieghe dei provvedimenti che presenteranno. In tutto questo, noi non possiamo rimanere a guardare o semplicemente a limitare il danno. Dobbiamo inchiodarli alle loro responsabilità. E se è vero che l’agenda la stabilisce il governo è vero anche che possiamo disturbare il manovratore, indicando una nuova direzione da prendere e andare porta a porta a spiegarla alla gente. Dobbiamo impegnare il tempo che resta a scrivere un programma di governo, a gettare le basi per la costruzione di un’alternativa possibile e bussare nelle case degli italiani per spiegare cosa abbiamo in mente e nel cuore. Non possiamo perdere altro tempo. Non possiamo rimanere a guardare mentre l’onda verde cresce  e si radica anche al centro Italia, colmando un vuoto lasciato dal centrosinistra per colpa di un Pd che sull’immigrazione e sulla legalità si ostina a parlare una lingua diversa rispetto a quella degli italiani. Non possiamo lasciare a Berlusconi quel poco che ci rimane, solo perché il Pd non mostra il coraggio di fare pulizia nella sua classe dirigente. Dobbiamo costruire insieme un nuovo centrosinistra, a cominciare dalla ricerca di un candidato premier credibile, che non necessariamente deve essere espressione di nomenclature o frutto di alchimie e fusioni a freddo. Bisogna ritrovare la passione. Noi ce l’abbiamo. Se il Pd ce l’ha batta un colpo ma non alla porta di Berlusconi.