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Il governo s'è messo la coppola...

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Innanzitutto votate la fiducia a Saverio Romano, primo ministro nella storia della Repubblica indagato per fatti di mafia. E poi togliete quei fastidiosi certificati antimafia, che fanno solo perdere tempo. E basta chiacchiere. Questo è il governo che ha ottenuto i più grandi risultati nella lotta alle mafie e alla criminalità organizzata. E Silvio Berlusconi è il più grande politico degli ultimi 150 anni…In pochi giorni questo governo ormai allo sfascio ha sferrato un formidabile attacco alla cultura della legalità. Assicurare la fiducia a Romano, accusato di reati gravissimi, e aprire una polemica sull’utilità del certificato antimafia son cose che fanno venire i brividi a chi si è sempre battuto contro la mafia. Hanno offeso, continuano a offendere e offenderanno ancora la coscienza collettiva del Paese, la memoria delle vittime della mafia, e i loro cari e familiari. Il governo s’è messo la coppola in testa e non se ne vergogna. Per questo Italia dei Valori parteciperà alla mobilitazione prevista da varie associazioni e personalità antimafia oggi davanti a Montecitorio, in attesa del voto su Romano, e dalle 20 in poi a piazza SS. Apostoli per la Notte della Legalità. Il voto su Romano, purtroppo, sembra scontato. A parte la lodevole eccezione del repubblicano Nucara, voteranno tutti la fiducia a quel ministro. Due considerazioni: la prima riguarda la capacità ricattatoria di Saverio Romano, leader di uno pseduopartito che si chiama Pid e che controlla ben 5 voti in Parlamento. Un’enormità per una maggioranza che va sotto un giorno sì e l’altro pure. Il Pid ricatta il Pdl. Che brutta fine per un partito che ambiva alla maggioranza assoluta. Ma il vero punto politico è un altro: la Lega. La fiducia del Carroccio a Saverio Romano rende evidente la vera linea politica del Carroccio, che passa da ‘Roma ladrona’ ad un più soft ‘potere&poltrone’. Bel passo avanti, complimenti Bossi, complimenti Maroni, complimenti Reguzzoni. Sarà anche perché ormai la Lega è pratica di certe frequentazioni. Noi siamo diversi, e la distanza tra noi e loro è siderale. Almeno cento passi.

LA STUPIDITA' NON UCCIDE LA MEMORIA

In attesa di giovedì, oggi parlo d'altro. Volutamente. C'è una notizia in questi giorni piccola piccola ma dal significato dirompente e che fa accapponare la pelle, per stupidità e volgarità. Il sindaco di Parma, Pietro Vignali, con una apposita delibera, ha dedicato a Sandra Mondaini e Raimondo Vianello un'area che prima era dedicata a Falcone e Borsellino. Ai due giudici eroi, dice il sindaco, verrà intitolato apposito viale nei viali in fase di ultimazione nei pressi della stazione. Ebbene, io credo che una roba del genere non sarebbe piaciuta neanche a Raimondo e Sandra, coppia straordinaria della comicità, anzi credo che l'avrebbero bocciata senza pietà, perchè troppo intelligenti per non capire la sciocca politica fatta sfruttando il loro nome ed il loro straordinario talento. Vignali, magari, sarà un sindaco un po' appannato in cerca di notorietà. Dopo la performance dei suoi tre dirigenti comunali, accusati di peculato, corruzione e reati contro la pubblica amministrazione, era evidentemente in cerca di un piccolo posto al sole ma il sole deve picchiare forte in quel di Parma se il sindaco e la sua giunta hanno partorito un'idea così piccina, nel senso proprio del termine. Compiere un gesto del genere, così irrispettoso e irriverente, significa uccidere la memoria di un Paese. Non è solo offendere il ricordo di chi ha difeso la legalità ed è morto per onorarla ma significa rimuovere con il machete la storia, umiliandola. Ovviamente, per quanto ci riguarda, non sarà un parco ed un gesto stupido a cancellarla. La stupidità non uccide la memoria. Mai.

MINISTRI? NO, SOLDATINI DI SILVIO!

Processo breve, 15 mila processi per truffa, omicidio colposo e corruzione che rischiano di andare in fumo. Pur di chiudere subito il processo di Berlusconi il governo e la maggioranza è pronta a varare la più grande amnistia mascherata della storia. Ladri, corrotti, stupratori, evasori ringraziano. E c’è pure chi nel Pdl, con incredibile faccia tosta per non dire di peggio, chiama a testimonial di questo scempio Aldo Moro, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Sacrilegio puro nel tempo di Lele Mora. Di fronte a questo scempio della giustizia è imperativo categorico per noi dell’opposizione fare ostruzionismo. Provare a fermare questa porcata è un dovere morale. Lo abbiamo detto per primi, lo diciamo da sempre. La maggioranza terrà? Probabilmente sì ma la corazzata berlusconiana scricchiola da più parti e noi saremo pronti ad approfittarne, non gli daremo tregua, pronti a farli cadere al primo cedimento. Sarà una battaglia parlamentare all’ultimo sangue. L’opposizione c’è e può fare male. Sappiamo come mettergli i bastoni tra le ruote e lo abbiamo ampliamente dimostrato in questa settimana. Ieri, padron Berlusconi, dopo le incursioni di Corsaro, ha impartito severo e intransigente gli ordini ai suoi soldatini di latta: tornate in Aula! Mantenete la calma! E i soldatini hanno prontamente seguito. Come marionette guidate dal grande burattinaio sono rientrati a servire il loro signore e padrone. Che triste spettacolo vedere in Aula ministri e sottosegretari massicciamente schierati per votare il processo breve di Silvio Berlusconi. Pur di garantirgli l’impunità, hanno toccato il fondo, arrivando a fare consigli dei ministri in fretta e furia all’ora di pranzo per non perdere una votazione. E in questo panorama governativo desolante, brilla per servilismo la Lega, quella che in Padania fa la faccia feroce contro la criminalità e a Roma vara le amnistie rimettendo in libertà migliaia di criminali. Ma le elezioni prima o poi arriveranno. Il conto sarà presto servito.

VENDOLA SI’ O VENDOLA NO?

Nichi VendolaNichi Vendola

Ci sono due o tre cose che, a mio parere, rendono la discesa in campo di Niki Vendola paradossale. Il governatore della Puglia, perché questo è stato chiamato per il momento a fare, si candida a leader del centrosinistra senza un programma, senza un progetto, senza un’idea concreta per il Paese. Offre solo il suo corpo mediatico, senza dubbio fortemente carismatico, come mezzo per la conquista del consenso intorno a sé. Parla di narrazione, di sparigliamenti, di gare feconde, di nuova speranza in moto, di fiammate violente, di nuovo ossigeno da portare nell’obitorio della politica. Parole seducenti, suggestive, a forte impatto evocativo ed emozionale ma che, al netto della fascinazione, rimangono effimeri apparati retorici, roboanti e barocchi. C’è molto, troppo, Berlusconi, in questa paradossale discesa in campo di Vendola, in questo suo singolare modo di porsi in campo a fare il leader. Ai cieli azzurri e ai bambini felici di Silvio, Niki sostituisce la gramsciana connessione sentimentale con il popolo, le fabbriche di Niki, come luoghi di eruzione di buona politica, ma il modello offerto dai due è identico:  leaderismo allo stato puro senza idee né programmi. Quando, invece, al di là degli effetti speciali, si cercano frammenti di contenuti ed un’idea su cui ragionare e lavorare, crolla l’impalcatura. Come il tentativo compiuto da Vendola di mettere sullo stesso piano Carlo Giuliani, Falcone e Borsellino. Carlo Giuliani è un giovane ragazzo che ha perso la vita e che merita tutto il nostro rispetto e cordoglio, ma definire eroe chi partecipava ad un’azione violenta e che è stato colpito mentre si avventava a volto coperto contro un carabiniere brandendo un estintore, è francamente inaccettabile. Soprattutto, se si mettono sullo stesso piano Falcone e Borsellino, servitori dello Stato, massacrati dalla mafia che combattevano da una vita con intransigenza, coraggio e abnegazione totale di se stessi. Oppure, per fare un altro esempio, quando, in un’intervista di qualche giorno fa, discettando di economia, proponeva di sostituire tout court il modello di competizione capitalistica con quello della cooperazione che, per quanto sia importante e tuttora attualissimo, è una proposta che fa cadere le braccia e che, per dirla come Niki, è davvero il modo più vecchio che c’è nel mondo occidentale per pensare di dare una speranza di futuro a questo paese. Per queste ragioni, sono convinto che la candidatura di Vendola sarebbe disastrosa per il centrosinistra. E’ sicuramente oggi l’esponente più credibile, più moderno e carismatico di una sinistra radicale che rappresenta, però, una componente significativa ma nettamente minoritaria del centrosinistra, non certo un leader che possa guidare una coalizione capace di aggregare la maggioranza assoluta degli italiani. Sarò all’antica ma per me prima viene il programma, inteso nel senso nobile di una visione condivisa di sviluppo del Paese e dopo viene il leader che deve essere la persona capace di impersonare al meglio quel progetto e quelle idee. Per me, la proposta di governo alternativo del centrosinistra non parte dall’ostentazione del corpo carismatico di un leader ma dal coraggio e dalla generosità di partiti, movimenti, società civile, associazioni che finalmente scelgano di parlare con sincerità al paese e, così come fece Prodi nel ’96 – chiedendo sacrifici per portare l’Italia nell’euro – sappiano proporre al Paese una via d’uscita concreta dalle secche nelle quali si trova oggi.

I MAFIOSI SONO CRIMINALI NON EROI

Dell'Utri - BerlusconiDell'Utri - Berlusconi

Surreality show. Nel Pdl si discute sulla figura di Vittorio Mangano. Per Marcello dell’Utri è eroe. Per Fini, giustamente, no. A volte storici ed intellettuali dibattono e si confrontano sulla statura di personaggi controversi. Altre volte è la politica a farlo e gli esempi non mancano. Ma questo caso è davvero singolare. Nel giorno della commemorazione di Paolo Borsellino, un eroe vero, nel partito di Berlusconi c’è chi vede in un mafioso pluriomicida addirittura una figura eroica. E’ il segno dei tempi. Della decadenza culturale provocata dal berlusconismo e della degenerazione della politica. Provate ad immaginare una situazione analoga negli Stati Uniti. Se un membro del Congresso americano vicino ad Obama definisse John Gotti un eroe, cosa succederebbe? Non scommetterei un centesimo sulla sua permanenza in Parlamento. E non molto di più su quella di Obama alla Casa Bianca. Mi chiedo come sia possibile essere finiti così in basso. C’è una parte del Pdl che ha coperto questo paese di fango, di melma mefitica. Malaffare, cricche, camorra, mafia. Un disgustoso intreccio tra politica, malavita e affari che ha avvelenato il senso civico della nazione. A questo punto l’indignazione non basta più ed è indispensabile affermare i valori di legalità e giustizia in ogni sede. In Parlamento come facciamo noi, certo, ma anche per la strada, nelle chiacchierate con gli amici, sul posto di lavoro. E’ una chiamata alle armi per un risorgimento civile e capillare, per ristabilire la verità dei fatti e chiamare le cose col loro nome. Un mafioso non è un eroe, un mafioso è un criminale.

BORSELLINO, FERITA ANCORA APERTA

 

Falcone - BorsellinoFalcone - Borsellino

Nel giorno dell’anniversario della strage di via D’Amelio, il giorno del ricordo, del dolore ancora vivo, dell’onore alla memoria di Borsellino, che infaticabilmente ha portato avanti la sua battaglia in difesa dello Stato di diritto, fino a pagare con la vita, mi tornano in mente le parole del suo collega, altrettanto infaticabile nella lotta alla criminalità organizzata: “La mafia non è affatto invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio ed avrà una fine”.Questo concetto mi rimbomba in testa da giorni, tra l’ostinata e incontrollabile volontà di credere alle parole del giudice Falcone e l’amara consapevolezza che questo concetto diventi anno dopo anno più lontano.Sono passati diciotto anni dalla terribile strage di Via D’Amelio, da quella di Capaci, sono passati diciotto anni da quando un profondo conoscitore del complesso fenomeno della mafia diceva, credendoci, che essa sarebbe finita. Ebbene oggi Nicola Gratteri, procuratore aggiunto della Repubblica del tribunale di Reggio Calabria, da sempre protagonista nella lotta alla ‘ndrangheta, sotto scorta dal 1989, dichiara, in un’intervista pubblicata dal Corriere della sera pochi giorni fa, che “la ‘ndrangheta finirà quando non ci sarà più l’uomo sulla terra”. Ed ecco che la convinzione di Falcone diventa ancora più lontana dal concretizzarsi. Non sono solo le durissime parole di un altro magistrato impegnato in prima linea nella difesa della legalità a dimostrarlo, sono i fatti. Purtroppo, a diciotto anni di distanza, la battaglia intrapresa da Falcone e Borsellino non è ancora stata vinta. Quelle durissime ferite inflitte dalla mafia allo Stato non sono state ancora sanate e forse mai come adesso si è presentato il rischio che mafia, ‘ndrangheta e criminalità organizzata diventino vincenti sui territori.Oggi più che mai si avverte la minaccia che questo accada, oggi più che mai c’è il serio pericolo che i rapporti tra politica e criminalità organizzata non solo vengano fatti salvi, ma si diffondano a macchia d’olio sotto la sabbia dell’omertà. In un Paese in cui illustri esponenti della maggioranza e del governo esultano e cantano vittoria per la sentenza Dell’Utri, solo perché assolto per i reati successivi al ’92, viene il dubbio che non ci sia da parte dello Stato la seria volontà di combattere i fenomeni legati alla criminalità organizzata, né di fare luce su quelle stragi che oggi ricordiamo.In un Paese in cui esponenti della coalizione al governo, sostengono che la mafia è un problema del Sud, mi riferisco alla Lega, sorge il dubbio che, se nel Paese non si cambia radicalmente mentalità e non ci si prefiggono obiettivi precisi e costruttivi, quella battaglia che Falcone e Borsellino hanno portato avanti fino alla morte non potrà mai essere vinta.

CONDANNA DELL'UTRI GETTA OMBRE OSCURE

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Anche la Corte d’Appello, dopo il tribunale di Palermo, ribadisce la condanna di Marcello dell’Utri per concorso esterno in associazione mafiosa. L’amico della prima ora di Silvio Berlusconi, collega in affari, in tutti gli affari: quelli di Fininvest e quelli di Forza Italia - perché anche questi ultimi, per Berlusconi, sono stati sempre e solo affari - è un sostenitore della mafia. Questo dicono oggi i giudici della Corte d’Appello di Palermo. E ancora una volta un’ombra lunga e buia, un brivido lungo le schiene degli italiani si avverte legittimo. Marcello dell’Utri, nell’universo berlusconiano, non è una persona qualunque. E’ l’uomo che ha dato vita ai primi circoli di Forza Italia, è la persona  che con Berlusconi ha condiviso tutto, dall’ascesa economica alle relazioni politiche, per finire con la nascita del partito di Forza Italia. La condanna in Appello a Marcello dell’Utri è, in sostanza, la condanna ad un sistema di relazioni, ad un impianto di contiguità tra politica affari e mafia di una certa Sicilia, della quale attraverso Marcello dell’Utri lo stesso Berlusconi, volente o nolente, è stato coinvolto. A questo punto ancora più di prima resta l’esigenza di fare luce sui tanti episodi oscuri e ancora irrisolti della storia italiana. In particolare su quella stagione delle bombe della mafia: dalla strage di via dei Georgofili a Firenze, nel maggio del 93, all’attentato a Maurizio Costanzo, che, come ripetono da anni tanti pentiti, sarebbero state strumento e mezzo per creare in Italia un nuovo equilibrio politico, per l’ascesa di nuovi protagonisti sulla scena politica italiana. Oggi, più che mai, si pone la necessità di fare chiarezza su quella sorta di testamento morale lasciato da Paolo Borsellino. Nell’ultima intervista concessa ad una televisione francese, disse che le indagini per tarpare le ali ai vertici di Cosa Nostra si stavano spostando dalla Sicilia a quel sistema di relazioni che la mafia aveva intessuto con una certa imprenditoria milanese. In quella stessa intervista, Borsellino, nel ricordare il ruolo del famoso stalliere Mangano, rinviava alla figura di Berlusconi e di Mediaset. L’Italia non può più essere il paese dei misteri irrisolti, il paese delle ombre, dei poteri occulti. Deve a pieno titolo diventare una grande democrazia occidentale, trasparente, una casa di cristallo. La sentenza dell’Utri potrebbe essere il primo passo verso una nuova stagione di verità non più celate.

LA STRATEGIA DELL’IMPUNITA’

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 Oggi vi svelo un vero scoop. Niente a che fare con la bufala delle foto Di Pietro immortalato insieme a Contrada, sparate oggi sulla prima pagina del Corriere della Sera. Quella è spazzatura montata ad arte perché Italia dei Valori è un partito che dà sempre più fastidio.Il vero scoop di oggi è che il ddl sul processo breve non si farà. L’avvocato Taormina, quello che un tempo scriveva le leggi ad personam per il premier e che oggi è stato sostituito dalla coppia del goal Ghedini - Pecorella, ha spiegato in un’intervista sul blog dell’Espresso quella che noi conosciamo da tempo e che chiamiamo strategia dell’impunità. E se lo dice Taormina, che di fini strategie se ne intende, c’è da credergli. La tattica consiste in questo. Minacciare il parlamento con una legge che è una bomba atomica, come il ddl sul processo breve, per portare a casa quello che gli serve davvero, ovvero, il legittimo impedimento. Il retropensiero è più o meno questo: o mi approvate il legittimo impedimento o io vi faccio scoppiare la bomba atomica del processo breve. E per farvi capire che faccio sul serio, intanto lo faccio approvare in uno dei due rami del parlamento. Armo la spoletta, dunque, e resto a guardare. Un vero e proprio ricatto che l’ex avvocato del premier conferma in pieno, una vera e propria strategia dell’impunità che si ripete sistematicamente. L’obiettivo di Berlusconi è far approvare una legge palesemente incostituzionale, come il legittimo impedimento, che resterà in vigore il tempo che gli serve, circa un anno e mezzo, fino alla bocciatura della Corte Costituzionale, per arrivare al vero obiettivo, il lodo Alfano bis per via costituzionale, quindi intoccabile.Ma la strategia dell’impunità non si ferma qui. Sarà un caso fortuito ma proprio nei giorni in cui Massimo Ciancimino, rivela i legami tra il padre Vito, Mangano, Dell’Utri  e Berlusconi, rapporti di cui aveva già parlato  il giudice Borsellino nella sua ultima intervista alla tv francese, una testa di legno nella maggioranza di centrodestra presenta la solita anonima leggina che stravolge il ruolo processuale dei pentiti, quegli stessi pentiti su cui Falcone e Borsellino hanno costruito il successo della lotta a Cosa Nostra. Non male davvero per un premier che ha detto di voler sconfiggere la mafia entro la fine della legislatura.

UN QUADRO INQUIETANTE E OSCURO

Il pentito Gaspare SpatuzzaIl pentito Gaspare Spatuzza Oggi è stato il giorno della deposizione del pentito Gaspare Spatuzza al processo per mafia a carico del senatore del Pdl, Marcello Dell’Utri. La sua testimonianza riapre quel capitolo doloroso delle stragi degli anni Novanta, avvenute a Roma e Firenze, stragi anomale secondo il pentito Spatuzza. Nella testimonianza di questo killer spietato, oggi collaboratore di giustizia, c’è un’accusa pesante: Silvio Berlusconi, l’uomo di Canale 5, e Dell’Utri, il compaesano Marcello, fecero favori alla mafia. Anzi, grazie alla serietà di queste due persone “la mafia ottenne praticamente il Paese nelle sue mani”.E poi c’è il racconto delle terribili stragi, quelle compiute e quelle evitate per un soffio, che svelano il volto più feroce della mafia che nessun sceneggiato o libro potrà mai eguagliare. Come quando il boss Giuseppe Graviano avrebbe chiesto al pentito Spatuzza “morti per smuovere qualcuno”. Oppure, quando il pentito Spatuzza dice che nella bomba dello stadio Olimpico, furono messi 50 chili di tondini “per fare più male possibile”. Neanche i talebani, ha detto oggi Spatuzza nell’aula bunker di Torino, sono arrivati a tanto. Oppure quando dopo le stragi di Capaci e di via D’Amelio  la mafia festeggiò “perché Borsellino e Falcone erano nemici”. O come il racconto dell’incontro avvenuto nel ’94 al bar Doney di via Veneto a Roma, prima  del fallito attentato allo stadio Olimpico, quando il boss Graviano arrivò “con un atteggiamento gioioso, come chi ha vinto all’enalotto o ha avuto un figlio” perché “abbiamo chiuso e ottenuto tutto quello che cercavamo grazie a due persone serie” che non erano “come quei quattro crasti socialisti che avevano preso i voti dell’88 e dell’89 e poi ci avevano fatto la guerra”.Le frasi di Spatuzza dipingono un quadro inquietante ed allarmante. Si riallacciano alle dichiarazioni dei pentiti rese durante le inchieste che partirono all’indomani degli attentati del ’94, poi archiviate. In realtà, quelle dichiarazioni, a differenza delle inchieste, non furono archiviate ma congelate, in attesa di riscontri più oggettivi. Rimasero, come tante spade di Damocle, a pendere sulle teste degli imputati.Oggi è venuto il momento di fare chiarezza. Nessuno, a parte la magistratura, può o deve emettere sentenze di accusa o di assoluzione. Per questo, è opportuno che la politica faccia un passo indietro, fino al momento della verità, perché è la verità l’unica cosa che conta. La politica taccia  e lasci lavorare la magistratura. Siamo sicuri che i giudici lavoreranno con scrupolo per accertare la verità dei fatti e verificare le dichiarazioni rese dal pentito Spatuzza. Certo è che, da quelle parole, pesanti come macigni, emerge un quadro inquietante ed oscuro.